Cose dell’altro mondo: i Novissimi

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Padre Rocco Camillò, Cose dell’altro mondo. I Novissimi e dintorni, Edizioni Fede & Cultura , 2011, pp. 112, € 10

 

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INTRODUZIONE

Cosa sono i Novissimi?

Oggi che non si studia più il Catechismo di S. Pio X, questo termine non ci è più molto familiare. In latino, il termine novus significa ultimo. Novissimus è lo stesso termine al superlativo, ultimissimo.

Quando si parla dei Novissimi si intende, dunque, parlare delle cose ultime della nostra vita – nel senso di definitive – quelle realtà corporali e spirituali che si prospettano per noi a conclusione del nostro percorso terreno.

I Novissimi sono classicamente quattro nel catechismo: Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso. Ma ci sembra opportuno, in questa sede, aggiungere anche una riflessione sul Purgatorio e sulla Risurrezione dei Corpi, per completare il quadro delle realtà che ci attendono oltre questa vita.

Questo libro non ha la pretesa di essere un trattato di escatologia, ma nasce semplicemente dal desiderio di offrire delle meditazioni, che sgorgano dalla fede della Chiesa, circa le realtà future a cui andiamo incontro.

Oggi più che mai la cosa maggiormente necessaria a questo mondo è parlare dell’Altro. Il peggior inganno della modernità è quello, infatti, di farci pensare che tutto inizi e finisca quaggiù, che siamo già approdati nel paese delle meraviglie, fatto di prodigi scientifici e cullato da tante illusioni, allontanando da noi il pensiero che invece passa la scena di questo mondo (1Cor 7,31).

Che ci faccia piacere o meno, passerà anche questa nostra vita.

Una verità di cui tanto volentieri ci scordiamo.

Qualcuno è morto? Le uniche speranze sono che abbia sofferto il meno possibile e che fosse vecchio. Non si coglie più un minimo interesse circa la preparazione spirituale alla morte: ci si prepara ancora a morire, al di là di quanto siamo vecchi? Si prepara la coscienza all’incontro con Dio? Preoccupatissimi, anche giustamente, a mantenere la salute fisica quaggiù, ma non altrettanto preoccupati per la salute dell’anima in vista della nostra partenza da questo mondo, di cui ignoriamo il giorno.

Si muore. Muoiono sempre gli altri. E la vita va avanti. Ma è proprio questa frase a rivelarci che la vita è in cammino verso una meta. Questo è il punto: dove siamo diretti?

Non abbiamo una città stabile in questo mondo (Eb 13,14). Siamo tutti in cammino verso un’altra città, verso la Patria dei Cieli.

Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (1Cor 2,9).

È molto utile, allora, darsi da fare durante questa vita per conoscere e portare il pensiero a quelle realtà che ci attendono oltre questo nostro mondo visibile.

Anzi, visto che parliamo della vita eterna, è probabilmente la cosa più interessante da fare. Per questo mi pare necessario che, oltre all’attuale e morboso interesse per le riviste di gossip, spettacolo e cronaca mondana, le quali oggi sono attualità e domani avranno il compito – pur nobile – di foderare i cestini della pattumiera, l’interesse degli uomini e delle donne si rivolga anche, ogni tanto, alla lettura di un buon libro che abbia invece il compito di prepararli alla vita eterna.

Chi non sale spesso in Cielo col pensiero mentre è in vita,
corre grandemente il pericolo di non salirvi
neanche dopo la morte.
(San Filippo Neri)

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Tassati e mazziati: quando lo Stato ci mette le mani in tasca due volte

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Giuseppe Bortolussi, Tassati e mazziati. Le tasse nascoste: quando lo Stato ci mette le mani in tasca due volte, Sperling & Kupfer, CODICE EAN: 9788820049911, pagine 192, Euro 16,50

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Un libro che fa chiarezza sul sistema fiscale italiano, che abbandona il taglio tecnico, l’impostazione da dottrina commercialistica e affronta il tema partendo da due domande molto semplici: quanti soldi paghiamo, dove vanno a finire i nostri soldi?
 Tasse, tasse e ancora tasse. Tutti dicono che sono troppe.
 Ma quasi tutti ignorano che, oltre a quelle visibili, si pagano una quantità incredibile di imposte nascoste: dai fondi pensione, al project financing (con cui “finanziamo” due volte le opere pubbliche), dalle “tasse sulle tasse”, come l’Iva sulle accise della benzina, a quelle che cambiano nome (ma non sostanza).
 Un libro che intende smontare tutti i falsi miti sulla fiscalità in Italia e spiegare le ricadute concrete sulle «tasche» di cittadini e imprese.E affronta in questa chiave i temi più caldi: l’evasione, la reale pressione tributaria, il federalismo fiscale.

 Ogni mattina il signor Rossi fa colazione guardando le notizie in TV, poi si lava e si rade e, scendendo, butta la spazzatura. Va al lavoro in macchina e, prima di rientrare, passa al supermercato. Dopo cena, se resta a casa, si beve un amaro. Se si fermasse a contare quante tasse ha pagato nel corso della giornata, probabilmente non riuscirebbe a prendere sonno.

Ci sono quelle più note: l’IVA, la tassa rifiuti, le accise sulla benzina e sugli alcolici, il bollo auto, il canone RAI, più le varie addizionali IRPEF comunali e regionali? Tasse, tasse, e ancora tasse. 
Odiose, e soprattutto troppe. Quanti soldi transitano dalle nostre tasche verso le casse dello Stato? Dove vanno a finire? Oltre ai balzelli più conosciuti ci sono imposte più o meno nascoste: più di un centinaio, che fanno del nostro sistema fiscale uno dei più complessi, opprimenti e meno trasparenti al mondo.
 
In questo volume, Giuseppe Bortolussi smonta tutti i falsi miti della spesa pubblica in Italia e spiega le ricadute del nostro sistema tributario su cittadini e imprese; affronta senza mezze misure i temi della presunta evasione e della persecuzione fiscale proponendo la soluzione federalista come uno dei modi in cui sarà più facile svelare i “giochi di prestigio” del mago Stato, l’abile illusionista, che fa sparire ben il 51% dei nostri guadagni, ci impone di pagare due volte gli stessi servizi (è il caso del miracoloso Project Financing?) e nasconde dietro il paravento dell’evasione la grande inefficienza nella gestione della spesa pubblica.

E il rischio è che “Il circuito perverso che si e’ creato tra spesa pubblica inefficiente, evasione fiscale e tassazione occulta rischia di disgregare le basi stesse della nostra famiglia”
Fonte: bloverbooking.wordpress.com/category/recensioni

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Oltre l’omosessualità. Ascolto terapeutico e trasformazione

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Joseph Nicolosi, Oltre l'omosessualità. Ascolto terapeutico e trasformazione, San Paolo Edizioni, ISBN: 8821557537, Pagine 312, Euro 16,00

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Il seguente brano è stato tratto dall’introduzione del dottor Nicolosi al suo libro Oltre l’omosessualità. Il dottor Nicolosi scrive:


"Questo libro illustra i principi fondamentali della mia opera Reparative Therapy of Male Homosexuality. Qui troverete descrizioni chiare del modo in cui lavoro con i clienti quando affronto le distorsioni che oscurano il vero Io mascolino"…

"… Il movimento di liberazione gay ha avuto grande successo basandosi sul dramma della testimonianza personale. Quando nel 1973 sono stati sottoposti all’associazione americana di psichiatria tutti gli argomenti teorici, sia a favore, sia contro l’idea dell’omosessualità come patologia, è stata la prospettiva sociopolitica che ha esercitato la maggiore influenza. Dopo aver ascoltato alcune delle storie personali di uomini gay frustrati nel corso della terapia, l’associazione di psichiatria ha tolto l’omosessualità dalla lista delle categorie diagnostiche.
Ora noi offriamo il genere opposto di testimonianza personale, quella di uomini omosessuali che hanno cercato di accettare un’identità gay, ma che sono rimasti insoddisfatti e poi hanno tratto vantaggio da una psicoterapia che li aiuta a liberarsi dal conflitto relativo all’identità di genere che, per lo più, si trova alla base dell’omosessualità.
Sebbene ogni cliente abbia una storia unica, ho scelto otto uomini a rappresentare le personalità che ho incontrato nei 12 anni durante i quali ho seguito più di 200 clienti omosessuali. Ciascuno di noi possiede aspetti di quegli otto uomini come la fragilità di Albert, l’integrità di Charlie, la rabbia di Dan, il narcisismo di Steve e l’ambivalenza di Roger.
Alcuni lettori potrebbero rimanere sorpresi dallo stile diretto del mio intervento terapeutico. In parte, questo potrebbe essere dovuto alla sintesi della trascrizione per ragioni editoriali. Per motivi di brevità e chiarezza, alcune delle sottigliezze potrebbero essere andate perse.
Dall’altro lato, la terapia riparativa richiede davvero un terapeuta più coinvolto, un "provocatore benevolo", che abbandona la tradizione dell’analista non coinvolto, opaco, per diventare una presenza maschile importante. Il terapeuta deve saper tenere in equilibrio le obiezioni attive con l’incoraggiamento caloroso a seguire il modello padre-figlio, mentore-discepolo. Questo è un principio fondamentale della terapia riparativa.
La terapia riparativa non spiega tutte le forme di omosessualità, ma solo i sintomi predominanti che ho incontrato durante la mia attività. Questa terapia non è adatta a tutti gli omosessuali. Alcuni potrebbero preferire la terapia di affermazione gay (TAG). Molti omosessuali preferiscono affermare: "Sono nato in questo modo", evitando, quindi, la sfida lanciata dai temi che affronteremo qui.
Tuttavia, non è mai stata riscontrata una prova definitiva del fondamento biologico dell’omosessualità. Sebbene alcuni uomini siano caratterialmente predisposti alla passività e alla suscettibilità (e, quindi, al danno nell’identità di genere che può condurre all’omosessualità), mi è sempre sembrato che espressioni come: "Sono nato in questo modo" siano un altro modo per dire: "Non voglio approfondire le questioni legate allo sviluppo che hanno fatto di me un omosessuale".

Questo libro è stato scritto in un momento in cui si assiste a un dibattito senza precedenti sulle questioni politiche, legislative e psicoterapeutiche legate all’omosessualità.
Non mancano tentativi di etichettare la terapia riparativa come illegale e contraria alla morale, sostenendo che non produce alcun cambiamento e in effetti fa più male che bene ai clienti.
Ogni psicoterapia che tenti di sottoporre a trattamento l’omosessualità rischia di suscitare scetticismo. Una tale reazione è comprensibile, data la storia del trattamento. L’ostilità del passato verso l’omosessuale, nel nome della cura, ha comportato la terapia con elettroshock, la castrazione e la chirurgia cerebrale. Un’ingiustizia sociale è stata perpetrata sugli omosessuali da coloro che usano come giustificazione il fatto che l’omosessualità sia un disordine nello sviluppo.
Non è nostro scopo contribuire a un’ostilità reazionaria. Tuttavia, va fatta una distinzione fra scienza e politica, e la scienza non dovrebbe venire piegata alle pressioni politiche gay…"

Joseph Nicolosi

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L’Unità d’Italia e il Risorgimento

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Francesco PAPPALARDO, L'Unità d'Italia e il Risorgimento, D'Ettoris Editore, Crotone 2011, pp. 76, € 7,90.

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Nel centocinquantesimo anniversario dell’unificazione politica della penisola italiana non sono mancate opere e ricostruzioni storiografiche di pregio (già segnalate peraltro su queste pagine online dell’Istituto) intese a rileggere i complessi eventi che portarono alla famosa proclamazione del 17 marzo 1861 in chiave più obiettiva, quando non semplicemente realistica, anche a costo di toccare qualche nervo scoperto. Il pericolo, con il passare inesorabile degli anni, è infatti quello di sposare e avallare — magari inconsciamente — delle letture storiche parziali — da cui derivano però, inevitabilmente, delle scelte politiche e sociali valide hic et nunc — per il semplice fatto che provengono dalle massime istituzioni del Paese o su cui, almeno superficialmente, tutte le principali agenzie politiche e culturali oggi si dichiarano, grosso modo, d’accordo.

Il nuovo, agile lavoro di Francesco Pappalardo, autore di numerosi volumi sulla storia del Risorgimento e sul cosiddetto «brigantaggio» nel Mezzogiorno, si presenta a tal proposito — soprattutto per il pubblico più «profano» e per chi abbia necessità di conoscere sinteticamente le coordinate generali del Risorgimento — come un efficace compendio su «quel che c’è da sapere» relativamente all’unificazione, avvenuta esattamente centocinquant’anni or sono.

Composto da otto brevi capitoli e una conclusione, il saggio di Pappalardo fa luce anzitutto sulla genesi e sul significato storico dei termini (fin troppo) abusati della questione: così, «Risorgimento» «[…] indica generalmente il periodo della storia d’Italia durante il quale la Penisola viene unita politicamente. Il concetto richiama l’idea di una risurrezione della nazione italiana attraverso la conquista dell’unità politica perduta da tempo immemorabile ed è accompagnato quasi sempre da considerazioni negative sulla lunga serie di inadeguatezze e di occasioni perdute che avrebbero caratterizzato la storia peninsulare» (p. 7). In questo senso il Risorgimento costituirebbe quindi il radioso riscatto della civiltà italica dopo secoli di decadenza dovuti a — e segnati soprattutto dalla — presenza sul territorio italiano della sede universale della Chiesa cattolica. Ora, se è vero che l’unificazione politica è ormai un fatto acclarato — si è resa a suo tempo necessaria e forse inevitabile per impedire guai ben peggiori — e oggi sicuramente da difendere, il Risorgimento che ha accompagnato quel processo di unificazione, in quanto «Rivoluzione culturale», che aveva l’obiettivo di modernizzare il Paese, costruendo ex nihilo «una nazione nuova caratterizzata da una nuova cultura» (p. 9), rappresenta invece oggettivamente più una cesura che un segno di continuità nella millenaria storia degli italiani e della cultura italiana, più un momento di divisione che di unione, più un aspetto problematico che un valore condiviso. Pappalardo lo spiega in dettaglio nei primi capitoli, rievocando la variegata e multiforme storia della nazione italiana, non a caso ricordata ancora oggi come la terra dei «mille campanili» e certamente come soggetto con ben più di centocinquant’anni. Il termine «nazione», peraltro, in questo senso veniva utilizzato già con cognizione di causa dallo scrittore e poeta fiorentino Giovanni Boccaccio (1313-1375): siamo nel Medioevo e l’identità italiana è dunque già viva e riconosciuta con tutta evidenza come un unicum, il che non è poco per una nazione che — soprattutto nelle sue élite più progressiste e «alla moda» — ha sempre coltivato l’autodenigrazione pubblica come una sorta di passatempo preferito. Insomma, per esprimersi correttamente, mentre lo Stato italiano è sorto nel 1861, «la nazione Italia esiste da quasi un millennio come unità culturale, pur nella diversità delle sue componenti, e si è formata all'interno della Cristianità occidentale, nei secoli dellAlto Medioevo, sulla base di una preziosa eredità romana, a sua volta maturata in un complesso mosaico di lingue e di stirpi» (p. 12). Il secolare pluralismo socio-culturale della Penisola emerge qui non solo come un mero dato storico-fattuale circoscrivibile, più o meno rilevante a seconda della prospettiva storiografica adottata, ma come valore in sé e peculiare tratto distintivo dell’«essere italiani»: «eredi dell’universalismo romano e cristiano, [essi] hanno oscillato sempre fra l’apertura all’universale e l’attenzione al particolare, fra il senso dell’appartenenza nazionale e l’attaccamento alla comunità locale, e hanno dato vita a una comunanza di cultura e di civiltà che trascendeva le singole formazioni politiche» (p. 13). Questo diffuso — e ovunque spontaneo — idem sentire, pur ripetutamente attaccato e messo alla prova, nel corso dei secoli non si è mai dissolto e non scompare nemmeno di fronte alla discesa di Napoleone Bonaparte (1769-1821), quando centinaia di migliaia d’italiani «[…] prendono le armi […] contro gli eserciti rivoluzionari […] dando vita all’ampio e poco conosciuto fenomeno dell’Insorgenza, con la quale i popoli [della Penisola] si schierano ancora una volta in difesa della patria comune» (p. 16). L’Insorgenza antigiacobina e antinapoleonica rappresenta infatti — anzitutto per le sue dimensioni e la sua capillare capacità di mobilitazione, nonché per l’elevato numero di vittime — un movimento di popolo senza eguali nella storia italiana, Risorgimento compreso.

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Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare

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Paola Mastrocola, Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare, Guanda 2011, ISBN 978-88-6088-164-9, pag. 271, Euro 17,00

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Mastrocola: studiare non serve?

«Theodor Wiesengrund Adorno. Qualcuno, per caso, ancora se lo ricorda? Criticava la condiscen­denza per gli uomini come sono, vista come falsa virtù… 'Il bor­ghese – diceva – è tollerante. Il suo amore per la gente così com’è nasce dall’odio per l’uomo come dovrebbe essere'». È una delle provocazioni contenute nel libro di Paola Mastrocola, Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare (Guanda), che af­fronta il drammatico problema di una scuola che ha smesso di inse­gnare. Il problema, spiega abil­mente l’autrice, che oltre a essere una nota scrittrice è anche do­cente di Lettere al liceo, è il frutto di una società essenzialmente e­donista, che non intende impe­gnarsi a far crescere i propri figli.

La frase di Adorno fotografa con i­nusitata efficacia questo stato di cose e ha il grande pregio di ob­bligare alla discussione.

«Lui so­steneva che il consumismo di massa ci avrebbe ridotto a restare quello che eravamo, cioè massa amorfa. Il sospetto è che abbia a­vuto ragione. E la scuola ne è una diretta conseguenza. Oggi un ra­gazzo può agevolmente chiedersi se lo studio serva ancora. Il dram­ma è che noi adulti abbiamo ri­sposto di no. Così i giovani non studiano. Al liceo ho molti stu­denti che si interessano alle lezio­ni, bravi ragazzi, che però a casa non aprono libro. E non c’è nes­suno che faccia loro comprendere l’importanza dello studio».

Non lo fa la scuola, non lo fa la famiglia, non lo fa la società. Ne consegue, pare di capire, una sorta di grande inganno i cui i nostri ragazzi sono le vere vittime.

«Un inganno dai tanti volti. La scuola fa lavorare in gruppo quando sappiamo benis­simo che si tratta di un modo per non studiare. Insegna a lavorare sfruttando il web e questo è vera­mente il massimo che si potesse fare per fre­gare i giovani: dire lo­ro che tanto c’è il computer, che si può sempre mettere la pa­rola giusta sul motore di ricerca e poi si sca­rica, si copia e incolla e il compito del gior­no è fatto. Non c’è nemmeno bi­sogno di leggere quello che si è scaricato».

Sono i professori, per­sino i libri di testo che chiedono agli studenti di studiare in questo modo con internet.

«E così si a­valla la logica che per studiare non serve fatica. Anzi, non serve proprio studiare. Servono solo le nuove abilità: utilizzare i nuovi programmi, navigare in rete, chattare, collegarsi a facebook».

Se si avanzano critiche su questi ar­gomenti c’è sempre il professore che con tono di compatimento ti fa notare che forse sei retrogrado, antiquato, reazionario.

«Ma è una falsità. Siamo noi i più moderni. Noi che usiamo tranquillamente tutte le nuove tecnologie cono­scendo Dante e Petrarca, avendo letto Tasso, Leopardi e Montale, sapendo di latino e di sintassi. Insomma, vogliamo o no che i nostri ragazzi abitino anche una sfera mentale, spirituale, del­le idee e non siano interamente calati nel più puro materialismo? Vogliamo che la scuola serva an­cora a qualcosa? Cosa vogliamo che facciano i nostri figli?».

Biso­gnerebbe chiederlo alle famiglie, che oltre a non far studiare i figli a casa se la prendono con maestri e professori quando danno troppi compiti o pretendono qualcosa di più dagli studenti.

«È quella che nel libro ho definito l’inversione delle responsabilità. Se le famiglie remano contro gli insegnanti che vogliono lavorare la scuola non serve più. Meglio che tolga il di­sturbo, appunto. I genitori sem­pre schierati dalla parte dei figli sono il fenomeno più deva­stante del mondo scolastico. Del resto la scuola e il modo di approcciarsi alla scuola sono il rifles­so della società».

Viene da chiedersi come sia potuto ac­cadere tutto questo.

«Le rispondo con una provocazio­ne: forse siamo un Paese troppo progredito per credere ancora nella scuola».

Un’affermazione drammatica.

«Drammatica, ma realista. La nostra società, cioè tutti noi, è troppo concentrata sul suo ombelico, è troppo rivolta al piacere. La famiglia media pensa a come impiegare il tempo libero nei divertimenti, nello sport, pen­sa ad avere due auto, due telefo­nini, la tv dell’ultima generazio­ne… in tutto questo la scuola è un disturbo. Ci sono i compiti da fa­re, c’è da impegnarsi a seguire i fi­gli, a spronarli… Molto più facile affidarli alle badanti tecnologiche, come la tv, internet, le play sta­tion. Si sono perduti i valori peda­gogici della fatica, dell’umiltà. Studiare è un impegno e le fami­glie non vogliono più che i figli studino. Pensano alla scuola co­me a un contenitore».

Detta così sembra una delle pessime conse­guenze del ’68?

«Questa situazio­ne è certamente figlia anche delle ideologie, delle letture cattive e distorte degli scritti di don Milani, quello che nel libro chiamo il donmilanismo, che ha portato a una scuola appiattita verso il bas­so. Della lettura di comodo dei li­bri di Gianni Rodari, che defini­sco rodarismo e che ha portato al­l’inganno criminale della scuola creativa, che lascia spazio alla fantasia, ma non insegna la gram­matica, la struttura del pensiero e del discorso. Ma per per diventare grandi bisogna prima aver molto letto, molto pensato e molto stu­diato, poi ci si può aprire alla creatività vera».

 

di Roberto I. Zanini
da Avvenire del 17 febbraio 2011, pag. 27

    

 

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L’enigma del sangue

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Joseph Thornborn, L'enigma del sangue, Piemme 2010, Pagine 378, ISBN 978-88-566-0229-6, Euro 19,00

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E' notte. Nella cattedrale di Torino scoppia un incendio. Il fuoco lambisce la cappella dov’è conservata la Sacra Sindone.
Una squadra di pompieri sottrae alle fiamme la teca contenente la reliquia e la sostituisce con una copia perfetta. In realtà il furto è opera di una setta satanica, il cui obbiettivo è dimostrare che Gesù era soltanto un uomo, e quindi che non è risorto.
Nel frattempo don Sebastiano Blodbodj, un sacerdote dell’Archivio Segreto Vaticano, viene mandato a San Giovanni Rotondo per rintracciare un antico vasetto di terracotta che contiene tracce di sangue ed è misteriosamente legato al segreto della Sindone.
L’omicidio di un uomo, studioso dei Templari, porta sulle tracce della setta anche una giovane detective francese che, entrata in contatto con don Sebastiano, scopre che entrambi perseguono lo stesso scopo, quello di snidare l’organizzazione occulta che trama per ferire al cuore la cristianità.
Con l’aiuto provvidenziale di John Costa, giornalista italo-americano amico del sacerdote, don Sebastiano e Claudine Mathieu affronteranno un percorso a ostacoli, fitto di pericoli e di misteri, per combattere il male e salvare il destino della Chiesa.

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I nipotastri di Voltaire

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\"\"Edmondo Coccia, I nipotastri di Voltaire. Fango sulla Chiesa, Fede e cultura 2010, Isbn: 978-88-6409-049-8, pagg. 160, € 15.00

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Un excursus sui principali personaggi che popolano l’ambiente anti-cattolico odierno, raccontato con linguaggio graffiante e satirico che però non cela al lettore la verità.

La definizione dei contemporanei libellisti contro la Chiesa cattolica come “nipotastri di Voltaire” è motivata dal fatto che questo grande filosofo, scrittore, drammaturgo e poeta francese del diciottesimo secolo viene giustamente ritenuto l’antesignano di ogni atteggiamento ostile nei confronti del cristianesimo in genere, della Chiesa cattolica in particolare.
Si consenta d’affermare, però, che nessuno degli attuali eredi e continuatori del suo pensiero e del suo spirito appare all’altezza dell’illustre antenato, né per originalità d’idee né per lo stile letterario, caratterizzato da sorprendenti doti d’umorismo, ironia, satira, sarcasmo, difficilmente riscontrabili nella produzione letteraria dei suoi nipotastri.
In questo libro troviamo, allora, una carrellata di tali individui, puntualmente smontati dall’Autore: Dan Brown, Piergiorgio Odifreddi, Corrado Augias, Claudio Rendina, Marco Politi ed Emma Bonino, Gianluigi Nuzzi.
Quello che apparirà chiaro alla fine della lettura sarà il bilancio, sia pure sommario, di ciò che l’idea religiosa in genere ha prodotto nella storia dell’umanità e di quanto invece hanno prodotto atei e agnostici.

 

"ATEI E AGNOSTICI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI CONTRO LA CHIESA"

Il mese scorso ho così modificato un moto di Voltaire: Infanga, infanga, qualcosa resta. Ora leggendo il libro di Edmondo Coccia, I Nipotastri di Voltaire, edito da Fede & Cultura la mia idea si rafforza.

Recensire un libro dove l’autore a sua volta è recensore di altri libri, forse è una novità. Una significativa caratteristica di questo libro è che l’autore ti offre una sintesi in 155 pagine, delle baggianate, delle idiozie, delle bubbole, del pensiero-filosofia (si fa per dire) dei più illustri atei, agnostici dei nostri tempi: Dan Brown, Piergiorgio Odifrddi, Corrado Augias, e poi Claudio Rendina, Marco Politi e Gianluigi Nuzzi, senza la necessità di leggere migliaia di pagine dei loro libri, spesso a tratti anche un po’ noiosi, e magari perdendo tempo utile per leggere altro.

Il professore Edmondo Coccia li ha letti tutti, e ci tiene a scriverlo, non li ha comprati, li ha presi in prestito in biblioteca, naturalmente non per tirchieria ma per non dare soldi a chi diffama la Chiesa. Quindi per averci “liberati” dalla noiosa lettura dei testi, credo che bisogna ringraziarlo, non solo ma occorre anche ringraziare l’editore Giovanni Zenone di Fede & Cultura, che ha individuato nel dotto professor Coccia un ottimo e gioioso recensore che riesce a confutare nella logica cattolica dell’apologetica, le bubbole propagate da somari messi in cattedra dai mass media, per meriti ‘culturali’ di fare il tiro a bersaglio (col fango) contro la Chiesa.

I libri presi in esame da Coccia sono: Il Codice da Vinci, di Brown, Perchè non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) edito da Longanesi di Odifreddi, Inchiesta su Gesù (2006), Inchiesta sul cristianesimo (2008), Disputa su Dio e dintorni (2009), di Augias, mentre di Rendina, ha letto La santa casta della Chiesa, edito da Newton Compton. La Chiesa del NO, di Politi e Vaticano S.p.A. Di Nuzzi.

Si tratta di una “libellistica” di moda e di sicuro successo economico. Infatti basta entrare da Feltrinelli o da Mondadori, o in qualsiasi altra libreria più o meno fornita, per vedere addirittura nei pressi delle casse, con evidente scopo pubblicitario-economico, intere cataste di libri (“80.000 copie vendute in una settimana!”). Un successo ormai garantito dalla redditizia moda del ‘gossip’.
Naturalmente di questo genere esistono altri libri, una produzione letteraria – puntualizza Coccia – che non può essere liquidata, naturalmente, con un rifiuto generico e preconcetto di quanto vi viene proposto: si cadrebbe nella stessa dimensione del pregiudizio e dell’ostilità intenzionale che ispirano, a quanto pare, certi autori nello scrivere le loro opere.

Per questo è necessario, per stabilire la Verità, un confronto diretto con tutti gli elementi contenuti nelle rispettive opere. Così Coccia si è letto tutti i volumi “regalandoci” le recensioni. Prima di recensirli, Coccia giustifica il titolo che ha messo al libro, “I Nipotastri di Voltaire”, è motivata dal fatto che questo grande filosofo, scrittore drammaturgo e poeta francese del diciottesimo secolo viene giustamente ritenuto l’antesignano di ogni atteggiamento ostile nei confronti del cristianesimo in genere, della Chiesa cattolica in particolare.
Però sottolinea Coccia, nessuno degli attuali eredi e continuatori del suo pensiero e del suo spirito appare all’altezza dell’illustre antenato, né per originalità d’idee né per lo stile letterario, caratterizzato da sorprendenti doti d’umorismo, ironia, satira, sarcasmo, difficilmente riscontrabili nella produzione letteraria dei suoi nipotastri.

Certo Voltaire seppe vedere della Chiesa solo gli aspetti negativi, come la superstizione e il fanatismo, lui ormai è morto e sepolto, mentre la Chiesa ancora esiste è vegeta ed ha prodotto tutta una serie straordinaria di pontefici e di santi. Se vogliamo fare un bilancio storico di quello che hanno prodotto gli atei e agnostici e gli uomini di Chiesa non c’è partita. Di fronte a tutti i tesori prodotti dalla fede in Dio, in qualsiasi “dio”, in ogni epoca storica, in ogni luogo, in ogni religione, mi sa dire che cavolo hanno prodotto atei e agnostici?

 

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Ero gay

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Luca di Tolve, Ero gay, a Medjugorje ho ritrovato me stesso, Ed. Piemme 2011, EAN 9788856615616, pagg. 208, Euro 15,00

 

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Tra i tanti disagi psichici che caratterizzano larga parte della gioventù contemporanea, un peso non irrilevante è dovuto a disturbi di derivazione familiare, affettiva e sessuale. Mancanza di solide famiglie alle spalle, assenza del padre, ricomposizioni familiari traumatizzanti, violenze e umiliazioni subite e tante altre situazioni estreme, possono facilmente sfociare in degenerazioni del comportamento, fino alle più gravi devianze e a tormentosi e insuperabili sensi di colpa.

In questo quadro angosciante e terribile, Luca Di Tolve ci racconta, in un libro appena uscito, e in modo fin troppo dettagliato, la sua discesa verso l’abisso morale ed umano, in cui l’omosessualità da tendenza adolescenziale si trasformò poco a poco in un vanto, e persino un mezzo di lucro e di potere, per giungere poi alla resurrezione, grazie all’incontro con ottimi psicologi e soprattutto all’approdo nella fede cattolica (cfr. L. Di Tolve, Ero gay, ed. Piemme, Milano 2011, euro 15).

La sincerità del racconto, che inizia dalla prima adolescenza, si presta assai bene a mettere in luce la dinamica della “vita gay” e presenta una descrizione della comunità omosessuale davvero sulfurea: tutto, ma proprio tutto, dietro l’apparenza dei nobili ideali della tolleranza e dell’inclusione sociale, ruota attorno al sesso, al piacere ricercato nei peggiori modi, e al denaro a sua volta strumento di potere, di prestigio e di facili rapporti edonistici.

Dopo la separazione dei genitori e l’allontanamento del padre, il giovane Luca inizia a maturare una femminilità di modi e di giochi, preferendo relazionarsi con le compagne di classe che con i maschi. Giustamente si nota che «la separazione tra due genitori è quanto di peggio possa capitare a un figlio (…); una ferita profonda lo segnerà per tutta la vita» (p. 23).

La madre, sola e inesperta, commise vari errori, per esempio facendo circondare il figlio da sole donne o perfino educandolo, anche nel vestiario, «come (…) una bambina» (p. 25). Alle scuole medie subì il fascino del suo compagno di banco e questa passione giovanile lo tormentò per lunghi anni. Fino al punto che la madre decise di portarlo dallo psicologo, anzi da una psicologa, la quale rassicurò i due, asserendo dall’alto della cattedra, che l’omosessualità latente nel piccolo era «una variante naturale del comportamento» (p. 35). In realtà, secondo Di Tolve, tutto derivò dalla «mancanza di una guida (…) come modello di riferimento maschile positivo» (p. 34).

Dopo le scuole medie iniziò a prendere maggiormente coscienza del mondo, della cultura e della realtà. Scrive: «Edotto dagli psicologi e confermato dalla tv sulla normalità dei rapporti omosessuali, mi misi direttamente in cerca di altri gay» (p. 36). E da lì iniziò una discesa nell’abisso che durò lunghi anni, in attesa del sole. Conobbe un gay più grande d’età, fu introdotto negli ambienti omosessuali e perse ogni scrupolo.

«Il sesso era stata la chiave di accesso al mondo omosessuale ed era il linguaggio che ora mi permetteva di farne parte stabilmente» (p. 40). La vita divenne per lui una continua ricerca di esperienze, soprattutto notturne, all’insegna della trasgressione, nei locali gay milanesi. Così conobbe «ricchi imprenditori e importanti manager» (p. 42) e «oltre al consumo di sostanze stupefacenti e all’abuso di alcol, si praticava, ovunque e a qualunque ora, sesso facile e occasionale» (pp. 42-43).

Di tappa in tappa la sua vita divenne quella di un militante omosessuale, di un “prostituto” e di un imprenditore lanciato nella cultura gay. Ricorda per esempio il ruolo assolutamente vergognoso avuto da certi ambienti, tipo l’Arcigay, a cui si iscrisse «per liberare l’omosessualità dai vecchi tabù della morale cristiana» (p. 68).

In un parco di Milano «ci si scambiava il telefono per rivedersi, la notte, nelle discoteche dell’Arcigay, dei luoghi ben congegnati allo scopo: attrezzati con tendoni scuri e luci da penombra, si strutturavano nella forma di un labirinto, che ospitava all’interno moltissimi anfratti e siparietti» (p. 66). Nelle stesse riviste gay lesse in quegli anni oscuri che «su 156 coppie [omosessuali] prese a campione, solamente sette avevano retto un rapporto esclusivo per la durata massima di cinque anni» (p. 72).

La labilità dei rapporti umani gli fece notare tutta la fragilità di un “sentimento” che in realtà gli si rivelò poi come “una trappola” (p. 25). Nel tempo conobbe dall’interno quella insidiosissima «lobby magmatica e tutt’altro che silenziosa: essa si avvale dell’appoggio di una certa intellighenzia culturale, che affonda solide radici negli ambienti dello spettacolo e dei media, e mette insieme, in un unico cartello, tutte le tipologie umane che non brillano in esempio di fedeltà» (p. 79).

Rivolgendosi a genitori ed educatori, nota ancora: «L’influenza negativa dei media non viene compresa subito; ma una trasmissione televisiva può veramente eccitare i sentimenti, traviarli, agire sulla volontà e sull’intelletto» (p. 81). Omettiamo volutamente l’accurata descrizione dei vari stili gay che conobbe: feticismo, dominazione, sadismo, leather, etc. etc.

A poco a poco la nausea per la perversione lo fece tornare in sé. Così attraverso sane amicizie disinteressate, la lettura della Bibbia e l’ascolto di “Radio Maria”, in pochi mesi avvenne una difficile conversione con parallelo abbandono del peccato e del male. «L’Arcigay e le altre associazioni di categoria mi guardano come un rinnegato (…). Ho ricevuto minacce di morte» (p. 120).

Dopo aver notato le strabilianti somiglianze tra mondo gay e occultismo satanico (cfr. pp. 126-149), Luca Di Tolve ha superato importanti tappe di conversione, di pentimento e di nuovo inizio. Avendo ritrovato la fede e la norma morale, nel 2008 si è sposato e da allora, assieme alla moglie, dirige il Gruppo Lot (in omaggio di colui che fuggì da Sodoma…) e cerca di aiutare tutti coloro che a causa delle devianze psichiche soffrono di problemi umani, psicologici e spirituali.

 

da: ag. Corrispondenza Romana n.1198/05 2 luglio 2011

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L’Europa prima delle Crociate

  • Categoria dell'articolo:In libreria

Alberto Leoni, L'Europa prima della crociate, Fede & guerre nella formazione della Cristianità occidentale, Ares 2010, pagine 296, Euro 18.

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IL LIBRO – I secoli compresi tra la fine dell’Impero romano d’Occidente e gli albori del secondo millennio segnano la nascita dell’Europa. Queste pagine narrano le vicende di Imperi e principati duraturi o effimeri, di popoli e stirpi, di eroici condottieri e di eccezionali individualità religiose, in uno spazio geografico che va dal Mediterraneo al mare del Nord, dalle coste dell’oceano Atlantico alle pianure germanico-slave, fino alle terre di Bisanzio e agli altipiani iranici. Su questo immenso scacchiere geopolitico si sono svolte nell’alto Medioevo battaglie decisive per la sopravvivenza della fede cristiana e della libertà. Nel descriverle in tutta la loro barbarica crudezza, Leoni spiega le tattiche e le strategie delle forze in campo, sottolineando con realismo come la resistenza armata dei cristiani prima e poi le loro vittorie su pagani e islamici siano state condizioni essenziali per l’opera di evangelizzazione e inculturazione promossa dalla Chiesa verso i popoli dell’intera Europa, progressivamente inglobati nell’universalismo cristiano. Nei ferrei secoli dell’Età di mezzo il cristianesimo occidentale fu spesso a rischio di estinzione: i saraceni dell’Africa settentrionale giunsero addirittura a Roma, saccheggiando la stessa basilica di San Pietro. Pochi decenni dopo, alle soglie del Mille, lo scenario muta radicalmente: terminate le invasioni, definita nei suoi contorni generali la mappa politico-territoriale del Continente, portata a compimento la riforma della Chiesa per iniziativa di grandi Pontefici, gli europei si accingono nel segno della Croce a varcare il mare diretti in Oriente.

 

DAL TESTO – “Con la vittoria di Costantino e il riconoscimento non più della semplice esistenza del Cristianesimo, ma della sua superiorità su tutte le altre religioni, l'atteggiamento della Chiesa davanti alla questione militare passò da «una rigorosa non ingerenza al riconoscimento della funzione positiva dell'esercito stesso». In realtà la svolta costantiniana è molto meno marcata di quanto possa sembrare. Non essendoci mai stata una pronuncia ufficiale della gerarchia ecclesiastica su questo argomento, il fatto che la fine della persecuzione fosse stata procurata dalle armi costantiniane non poté non far apparire l'elemento militare come decisivo nella storia della Chiesa e della salvezza. I tempi erano cambiati, poiché i cristiani, come fedeli del «Dio più forte», dovevano ora assumersi la responsabilità della sicurezza dell'Impero, e la risoluzione del Concilio di Arles del 314 ha proprio questo significato. La questione esaminata dai vescovi in quell'occasione era nata dalla diserzione di alcuni soldati cristiani dalle file di Massenzio. Tale atto, ben lungi dall'essere approvato, incorse nella condanna recisa da parte dei vescovi. Erano ormai maturi i tempi in cui Ambrogio, in una lettera a Paterno del 393, poteva esprimersi con la durezza di un veterano: «Hostem ferire victoria est, reum aequitas, innocentem homicidium». La Chiesa, di fronte a un mondo che scompariva in modo clamoroso e ineluttabile, raccoglieva la sfida che le veniva lanciata, assumendosi fino in fondo la responsabilità che era stata propria dell'Impero”.

INDICE DELL’OPERA – Premessa – Introduzione – Capitolo primo. Alle origini della tradizione militare cristiana: cittadini, legionari, martiri (l. La situazione militare nell'Impero romano da Traiano ai Severi & la risposta cristiana – 2. L'anarchia militare & l'avvento di Diocleziano – 3. Il soldato romano (& cristiano) al tempo di Costantino & la nascita della cavalleria medioevale – 4. I cristiani nel III secolo & la grande persecuzione di Diocleziano – 5. L'avvento di Costantino il Grande – 6. La campagna d'Italia & la battaglia di Ponte Milvio – 7. La rivoluzione costantiniana – 8. Marsa, la Persia, Adrianopoli: tappe della disfatta – 9. Lo scontro finale tra Cristianesimo & paganesimo: Ambrogio, Simmaco & l'altare della Vittoria – 10. La battaglia del Frigido) – Capitolo secondo. Gli eroi cristiani dei secoli «oscuri» (l. L'Armenia di Vardan Mamikoyan – 2. La Francia di Clodoveo – 3. San Germano, san Lupo & la battaglia dell'Alleluja – 4. Armi & battaglie di Artorius di Britannia) – Capitolo terzo. L'epopea di Eraclio & la guerra della Vera Croce (622-629) (l. La discutibile riconquista di un Impero: Giustiniano & Belisario – 2. L'Impero romano d'Oriente sull'orlo del crollo – 3. Eraclio, l'uomo del destino – 4. La riforma di Eraclio & l'esercito dei themi – 5. La guerra della Vera Croce – 6. Gli Avari assediano Costantinopoli – 7. L'offensiva finale di Eraclio) – Capitolo quarto. L'espansione islamica dalla Siria alla Francia (1. La catastrofe dello Yarmuk & la perdita della Palestina (633) – 2. I due assedi di Costantinopoli – 3. La rinascita dell'Impero bizantino – 4. L'Islàm alla conquista dell'Europa: l'invasione della Spagna dal Guadalete a Covadonga – 5. Poitiers & la fine dell'espansione musulmana) – Capitolo quinto. Carlo Magno & la formazione dell'Europa: la spada & la missione (I. L'avvento dei Franchi nella storia dell'Occidente – 2. L'evoluzione dell'esercito carolingio – 3. Dalla distruzione di Irminsul (772) alla conversione di Vitichindo (785) – 4. Dalla rivolta bretone (786) alla morte di Pipino (810)) – Capitolo sesto. La prima grande guerra europea: le invasioni barbariche del IX secolo (1. Un secolo di ferro – 2. Il monastero: da arca della cultura a bersaglio prioritario – 3. Il regno di Ludovico il Pio (814-840) & i primi segni del cedimento – 4 . La disintegrazione dell'Impero carolingio – 5. Le prime offensive saracene verso la Sicilia & Roma – 6. La resistenza in Irlanda & nei Paesi celtici all'invasione carolingia – 7. L'Inghilterra salvata dai santi guerrieri: il martirio di Edmondo & l'epopea di Alfredo – 8. La fine dell’Impero carolingio & l’inizio dell’Europa delle nazioni – 9. Il momento della riscossa: Saucourt, Parigi & Lovanio – 10. Dalla campagna del Tamigi alla battaglia di Brunanburh. Il trionfo del Cristianesimo sassone) – Capitolo settimo. Vittoria & rinascita dell'Europa cristiana nel X & XI secolo (1. Le ragioni di una ripresa – 2. Origine & affermazione della cavalleria medioevale – 3. Il flagello magiaro & la difesa dell'Europa centrale – 4. Enrico di Sassonia a Riade – 5. Ottone il Grande & la battaglia della Lech – 6. La conquista della Sicilia da parte dei Saraceni – 7. L'ascesa della potenza navale delle Repubbliche marinare – 8. La venuta dei Normanni in Italia – 9. La seconda invasione vichinga in Inghilterra – 10. Brian Boru, una vita per l'Irlanda – 11. La battaglia di Clontarf – 12. L'epopea della Reconquista iberica: da Alfonso I al saccheggio di Santiago di Compostela – 13. La lotta per le investiture & la libertas Ecclesiae: le imprese di Matilde di Canossa – 14. La seconda fase della Reconquista: l'avvento degli Almoravidi & il Cid Campeador – Capitolo ottavo. La nascita delle Crociate (1. La Cristianità alla vigilia della prima Crociata – 2. Il crollo della potenza bizantina – 3. La Crociata, sintesi di secoli di storia – 4. «Dio lo vuole!») – Indice dei nomi – Indice generale

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Il Padrone del Mondo

  • Categoria dell'articolo:In libreria

Robert Hugh Benson, Il Padrone del Mondo,  Edizioni Fede & Cultura , 2011, pp. 357, € 14

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Vesrione gratuita in formato elettronico: https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=viewdownload&cid=35

PREFAZIONE DI S.E. MONS. LUIGI NEGRI
Carissimi amici, sono lieto
di accompagnare con poche parole la riedizione de Il padrone del mondo, uno dei libri che ha inciso più profondamente nella mia personalità.
Peraltro, confidenzialmente, posso dirvi che parlando con il Santo Padre ho avuto la confidenza che anche per Lui, la lettura de Il padrone del mondo, nella prima edizione tedesca, fu un fatto di grande importanza.
Questo libro, scritto nel 1907 da un grande cristiano, è una profezia terribile per la concretezza e per la specificità del mondo in cui viviamo e del cammino che ha portato a questo mondo. Da un lato questo enorme apparato che omologa le persone, i gruppi sociali, le nazioni, i popoli, che li omologa sulla base di un umanismo sostanzialmente ateo, che ha dei riferimenti a valori comuni che sono valori cristiani profondamente laicizzati e secolarizzati.
Quindi una società dove non esistono più differenze, qualsiasi tipo di differenza: quella religiosa, quella sociale, quella culturale viene sentita come negativa e il tentativo che è quello di operare una unificazione o, come si potrebbe dire una omologazione dell’intero pianeta differenze che incombono minacciosamente come tutto L’EST, tutto l'oriente, ma al di là dello specificarsi delle cose l'intuizione di Benson e che si sarebbe andati verso una negazione di Dio attraverso la costruzione di una società obiettivamente senza Dio. Ora, per costruirsi questa società, anche questa è un'intuizione formidabile, occorre divinizzare il tentativo che si sta facendo, come ai tempi della costruzione della torre di Babele; si deve assolutizzare il progetto e si devono divinizzare coloro che realizzano questo progetto e siccome la logica dell'unità è una logica ferreamente umana, si deve assolutizzare colui che di fatto sta guidando questa grande operazione. Ecco l'immagine di Giuliano che è sostanzialmente l'anticristo, l'anticristo soft, ma l'anticristo di una società che vuole fare a meno di Dio e quindi vuole fare a meno di Cristo. Ma l'intuizione formidabile, vorrei dire non soltanto sul piano della disamina di carattere culturale e sociale, ma dal punto di vista ecclesiale è che Benson indica che la strada che la Chiesa non può non percorrere, anche nelle situazioni terribili in cui vive, è la strada della presenza, essere cristiani presenti come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI alla mia Diocesi, qualche giorno fa.
Di fronte a questa presenza che si riduce progressivamente, numericamente in modo spaventoso ma che non finisce, nonostante i tentativi contro questa differenza, servono tutti i mezzi, ma soprattutto viene riabilitata la violenza, una violenza cinica perché una volta che si sia tolta la peste del cristianesimo la società potrà veleggiare verso il futuro senza più remore o condizionamenti. Quindi, si persegue e si realizza la distruzione totale di Roma e qualsiasi emergenza della grande tradizione cattolica.
Umanesimo ateistico e violenza verso il cristianesimo, ma la Chiesa resiste, si riduce progressivamente, ma tenta di arrivare a distruggere il rifugio dell'ultimo papa e mantiene forte il senso dell’ unità attorno a Pietro e al suo successore. E comunque, per quanto gravissimamente condizionata, non muore e anche con proporzioni numericamente ridotte è ancora una realtà che esiste, coagulata attorno a quella grande idea di un unico ordine religioso del crocifisso, che è stata la grande intuizione del protagonista del romanzo che poi finirà per essere il Papa estremo. Ecco, io credo che la Chiesa di oggi debba imparare, non tanto dalla disamina di carattere socio-culturale ma da questo vigoroso richiamo alla verità della comunione ecclesiale, alla forza della testimonianza, alla necessità di andare in missione confrontandosi con tutti i tentativi di violenza, anche quella che scoppia all'interno del Sacro Collegio, ridotto a poche unità e che riproduce, in maniera drammatica il tradimento di Giuda.
Alla fine è il grande problema lasciato aperto, mentre si dei pochi Cardinali che si sono radunati con lui, quando la vittoria sembra già a portata di mano e anzi è quasi realizzata, scoppia qualche cosa di assolutamente escatologico, come una lotta escatologica fra il Cristo e l’Anticristo. Uomini di fede come ame amano pensare che alla fine di questa lotta escatologica in spe contra spem apparirà il Signore glorioso e trionfante.
Ma il cammino che ci è stato fatto percorrere da questo libro è comunque un cammino di sanità culturale, intellettuale e morale e per i cristiani può essere un aiuto a dell'esperienza della fede e della responsabilità alla missione.

+ Luigi Negri
Vescovo di San Marino­Montefeltro

PREFAZIONE DELL’AUTORE
Questo libro produrrà senz’altro sensazioni di sconforto e sarà (per ciò e per altri motivi) oggetto di ogni tipo di critica;; ma mi è sembrato che il mezzo migliore per esprimere valori e princìpi che mi stanno a cuore e che io credo veri ed infallibili fosse quello di tradurli in avvenimenti che possono commuovere.
Non ho inteso fare la voce grossa ed ho sempre trattato con deferenza e con rispetto, per quanto possibile, le opinioni opposte alle mie. Non sta a me dire se abbia conseguito l’intento o meno.
R.H. Benson
1907

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