Storia della medicina attraverso i santi

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\"\"Paolo Gulisano, L' arte del guarire. Storia della medicina attraverso i santi, Ancora 2011, pagine 176, ISBN 9788851409302 , Euro € 15,00

 

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È opinione ancora purtroppo diffusa che il Cristianesimo sia stato un ostacolo al progresso delle scienze, compresa quella medica. Questo libro, scritto da un medico, ci rivela un volto diverso della storia della medicina, che non è soltanto la storia di invenzioni, di scoperte, di progressi scientifici. È anche la storia di uomini che nel corso dei secoli hanno dedicato la propria vita a prendersi cura di chi soffre. Medici, ma anche infermieri, farmacisti o altre figure che fin dall’antichità praticarono in modo eroico, fino alla santità, l’arte del guarire. Il compito del curare ha a che fare ogni giorno con il singolo segnato dalla malattia, nel corpo e nello spirito. I protagonisti di questa storia non ebbero mai paura di dedicare a questo scopo la loro vita, affrontando il tanto male che c’è nel mondo, valorizzando il tanto bene che vi è ancora.

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«Uno degli evangelisti, uno dei primi discepoli di Cristo, era dunque un medico, il primo medico cristiano… La professionalità medica di Luca traspare dai suoi scritti per la particolare appropriatezza dei termini adoperati quando parla di malattie o descrive le guarigioni operate da Gesù Cristo… Luca è il solo evangelista che riporti la parabola del buon samaritano, icona e paradigma della pastorale sanitaria… In tale racconto Luca precisa che il samaritano "fasciò le lesioni del ferito e vi versò sopra dell'olio e del vino", curandolo, cioè, secondo i metodi del tempo: la fasciatura a scopo protettivo, l'olio come lenitivo e il vino come blando disinfettante. Fu, inoltre, l'unico evangelista a riportare l'espressione "Medico, cura te stesso", pronunziata da Gesù quando si mise a insegnare nella sinagoga di Nazaret… Dopo l'evangelista Luca, i primi santi medici della storia del cristianesimo, e della medicina, furono due fratelli gemelli, Cosma e Damiano… I fratelli medici usavano raccogliersi in preghiera dinanzi all'ammalato prima di procedere all'anamnesi, all'esame obiettivo e alla prescrizione della terapia… A Cosma e Damiano fece seguito, nella comunità cristiana delle origini, una lunga serie di medici martiri…». (dai capitoli II e III)

La storia della medicina non è soltanto la storia di invenzioni, di scoperte, di progressi scientifici.
È anche la storia di uomini che hanno dedicato la propria vita a prendersi cura di chi soffre.
Medici, ma anche infermieri, o altre figure che fin dall'antichità praticarono in modo eroico, fino alla santità, l'arte del guarire.
Da Gesù Cristo, che era anche medico, al Medioevo che inventa gli ospedali, fino al Rinascimento e infine alla modernità ipertecnologica, dove chi soffre ha bisogno anzitutto di una presenza umana accanto a sé.

Non mancano aneddoti, racconti originali e curiosità su un tema importante, affascinante e affrontato con lo stile preciso di un saggio divulgativo e la scorrevolezza di un lungo racconto.

INDICE
Introduzione. Santa Medicina. I. La medicina nel mondo antico. La medicina ebraica. La medicina ippocratica. II. L'avvento del cristianesimo. Gesù medico. I primi cristiani (medici) III. «Se vuoi, mi puoi salvare…». I santi medici Cosma e Damiano. Medici martiri. IV. I santi taumaturghi. Tra carcerati e derelitti. Oltre gli antichi confini. V. La medicina dei monasteri. Le ricette degli abati. Spiriti sapienti VI. La nascita dell'ospedale. Dalla corsia alla tiara. Ildegarda di Bingen VII. Medicina e rinascimento. Medici e umanisti. In terra di missione. La scienza del cuore.VIII. Assistere i dimenticati. Il santo farmacista. Il patrono degli infermieri. IX. Scienza e fede. Nuovi mali, santi rimedi. Il genio femminile. X. Medicina e modernità. Un Premio Nobel a Lourdes. Giuseppe Moscati. XI. Santi in corsia. Marcello Candia. Riccardo Pampuri. Gianna Beretta Molla. XII. Conclusione. Festa dei santi citati nel testo. Bibliografia.
 

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L’uomo che ride. L’avventura umana e letteraria di G.K.Chesterton

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\"\"Edoardo Rialti, L’uomo che ride. L’avventura umana e letteraria di G.K.Chesterton, Cantagalli-Il Foglio, Siena 2011, € 15,00

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I fans dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton, meglio noto come GKC, possono finalmente e comodamente avere in un solo libro tutti gli articoli apparsi sul quotidiano Il Foglio e dedicati all’araldo del buon senso e della gioia, al "difensore della fede" come lo definì il Papa Pio XI. E quanti ancora non lo conoscono hanno ora a disposizione una coinvolgente introduzione al personaggio. L’autore è lo studioso Edoardo Rialti, docente di Letteratura, e talmente in simbiosi con l’ingombrante oggetto della sua opera che se non fosse per le virgolette si farebbe fatica a discernere dove finisce Rialti e inizia Chesterton (o viceversa). La simbiosi è evidente già scorrendo l’indice e leggendo i titoli dei vari saggi – un solo esempio per tutti: "La pinta e la croce", sufficiente a mandare in stato di estasi (o almeno di ebbrezza letteraria) ogni spirito chestertoniano.

Rialti ripercorre la vita ma soprattutto lo spirito di quest’uomo che ha combattuto con la penna per «difendere quanto di buono, bello, amabile ci sia già nella vita dell’uomo, di ogni uomo», al punto da poter dire di GKC che tutto quello che c’era di buono in lui cantò. Un combattente e un cantore, dunque, che deplorava la separazione tra l’amore e la guerra tipica del mondo moderno. Al contrario, afferma GKC, «non si può amare qualcosa senza voler combattere per essa. Non si può combattere senza qualcosa per cui farlo». Un combattente che lottava innanzitutto in difesa – e per amore – della realtà, inclusa la realtà materiale (mai dimenticando che Dio si è fatto carne) anche nei suoi aspetti più quotidiani e apparentemente irrilevanti – e che invece dovremmo tornare a guardare con stupore e gratitudine, risvegliandoci all’alba di quel «mattino eterno» che è l’infanzia, e osservare il mondo con gli occhi dei bambini, poiché, come diceva quell’enorme bambino che era GKC, «ciò che è meraviglioso della fanciullezza è che in essa tutto è meraviglia. Non è semplicemente un mondo di miracoli, ma un mondo miracoloso». Non stupisce dunque che tra i tanti oggetti tuttora conservati nella casa di Chesterton, ci fosse (almeno) uno scatolone «pieno di figurine ritagliate nel cartone, draghi, principi, folletti».

Eppure il nostro "uomo che ride" era passato da adolescente attraverso «un periodo di nichilismo radicale» e di disperazione– come racconta egli stesso nella sua Autobiografia – al punto che i suoi compagni si chiedevano se stesse impazzendo. «Tuttavia non ero pazzo – risponde GKC – semplicemente portavo avanti, fin dove voleva andare, lo scetticismo del mio tempo. E parallelamente scherzava col fuoco dell’esoterismo imbattendosi in qualche strana e menzognera presenza sulla quale – commenta Rialti – «oggi chissà quanti cattolici storcerebbero il naso […]; la scrittrice Flannery O’Connor si sarebbe limitata a ribattere loro che per fare la prova dell’esistenza di satana basta provare a resistere a una qualsiasi tentazione per cinque minuti. Il problema è che probabilmente non ci provano mai».

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Vivere la Santa Messa

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Mons. Javier Echevarría, Vivere la santa Messa, Ares 2011, Codice ISBN: 978-88-8155-517-8, Pagine: 176, Euro 14.00

 

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Sulla scorta degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, mons. Javier Echevarría, prelato dell’Opus Dei, propone un itinerario spirituale per conoscere e amare ogni giorno di più la santa Messa.
Il testo, ripercorrendo i singoli momenti della liturgia, offre profondi spunti di riflessione personale per i sacerdoti e per i laici; è arricchito, inoltre, da numerose espressioni di san Josemaría Escrivá che, ricordando la chiamata universale alla santità, indicò il santo Sacrificio come «il centro e la radice» della vita di ogni cristiano.

Scrive l’Autore nella Presentazione: «Ho desiderato promuovere lo spirito liturgico, che porta a curare il rapporto con Cristo non solo durante la Messa, ma lungo tutta la giornata, e a comunicarlo ad altre persone. Sono stato mosso, in definitiva, dal desiderio di aiutare a concretizzare – per me stesso e per molte altre persone – la grande aspirazione di san Josemaría: “Dobbiamo, anzitutto, amare la santa Messa, che deve essere il centro della nostra giornata. Se si vive bene la Messa, come è possibile poi, per tutto il resto del giorno, non avere il pensiero in Dio, non aver la voglia di restare alla sua presenza per lavorare come Egli lavorava e amare come Egli amava?”».

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Il mistero del Male e i castighi di Dio

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\"\"Roberto de Mattei, Il mistero del Male e i castighi di Dio, Edizioni Fede & Cultura , 2011, pp. 96, € 10

 

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PREFAZIONE

Il 16 marzo 2011, nel corso della sua rubrica mensile a Radio Maria "Radici Cristiane", il prof. Roberto de Mattei svolgeva una riflessione teologica e spirituale sul mistero del male prendendo spunto dall’allora recente terremoto-maremoto che aveva colpito il nord del Giappone.

Pochi giorni dopo, per iniziativa dell’UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), partiva una violenta campagna di aggressione mediatica, amplificata nelle settimane successive dai principali organi di comunicazione italiani, giornali, radio e televisione, con l’obiettivo di screditare ogni cattolico che osi ricordare pubblicamente le verità più "scomode" della nostra fede.

Si giunse a raccogliere migliaia di firme per chiedere le dimissioni del prof. de Mattei da vice-presidente del CNR, a causa di una presunta incompatibilità tra le sue affermazioni e il suo ruolo nel maggior ente di ricerca scientifica in Italia.

Agli attacchi laicisti se ne sono aggiunti anche alcuni provenienti dalla parte cattolica, in particolare: da padre Raniero Cantalamessa, in una omelia tenuta a San Pietro il 22 aprile, da Gianni Gennari (in arte "Rosso Malpelo") su "Avvenire" il 31 marzo, da padre Giandomenico Mucci su "La Civiltà Cattolica" il 21 maggio e dal priore di Bose, Enzo Bianchi, a "Rai Tre" il 12 giugno 2011.

Queste critiche sono state l’occasione per un chiarimento delle posizioni della Chiesa sul mistero del male e sui castighi divini, da parte non solo del prof. de Mattei, ma da autorevoli esponenti della cultura cattolica, tra i quali padre Serafino M. Lanzetta F.I., mons. Antonio Livi, Corrado Gnerre, […] , Cristina Siccardi. Ne riportiamo in questo volumetto gli interventi per contribuire all’approfondimento di un punto centrale della teologia e della filosofia cristiana della storia.

Giovanni Zenone

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L’Alfiere: il risorgimento visto dai vinti

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\"\"Carlo Alianello, L' Alfiere, Rizzoli 2011, pp. 496, ISBN: 17050838,  Prezzo: 11,90

 

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Questo popolo va in sfacelo per eccesso d’intelligenza. Tu gli dici patria, e lui vede il gendarme borioso, il generale traditore e il Re truffato. Facce dello stesso Pulcinella.”

Pino Lancia è alfiere nell’esercito delle Due Sicilie, “un giovanottone alto e quadro a cui l’uniforme turchina dei Cacciatori a piedi stava come un guanto”, un novellino che si ritrova nella battaglia di Calatafimi contro le camicie rosse. È il 1860 e la spedizione dei Mille squassa l’Italia. Liberale nell’animo, Pino servirà il suo re, Francesco II di Borbone, sino alla fine, a dispetto di ogni convenienza. Attraversando l’Italia in guerra in compagnia di un giovane francescano, mentre intorno a lui si dipana un’animatissima “commedia umana” di eroismo, amore e viltà, l’alfiere assiste alla caduta del regno e all’unificazione del paese sotto le insegne sabaude.

Classico letterario da riscoprire, il romanzo racconta il Risorgimento dalla prospettiva inedita dei vinti.
Perché chi l’ha detto che i buoni – e i cattivi – fossero tutti da una parte?
Chi era il vero nemico dell’Italia, in quei tempi tumultuosi?
Garibaldi e i piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino a ora e han tollerato il sopruso, il raggiro, la corruzione?

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Un libro in dono al vostro parroco, per Natale

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Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, Redemptionis Sacramentum: Istruzione su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia, Libreria Editrice Vaticana 2004, ISBN-13: 978-88-2097-577-7 , Euro 2,50

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Tra i tanti doni che stiamo per acquistare, abbiamo ricordato il nostro parroco?
Ecco un piccolo volumetto dal valore inestimabile che sicuramente gli sarà gradito, gli farà un gran bene e guadagnerà a voi qualche anno di purgatorio in meno.

Si tratta di una Istruzione di una Congregazione Romana che va letta in continuita con l'enciclica di Giovanni Paolo II "Ecclesia de Eucharistia". Essa offre l'insieme delle norme relative alla Santissima Eucaristia e riprende alcuni elementi che canonicamente sono sempre in vigore.
Il vostro parroco sicuramente la rispetterà, la liturgia domenicale riprenderà ad essere orientata all'adorazione di Gesù Eucarestia e vi sarà un grande giovamente per le anime dei fedeli e dei celebranti.

Di seguito alcuni esempi di ciò che la Sede Apostolica suggerisce nelle celebrazioni eucaristiche:

  • «Regolamentare la sacra Liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo Sacrae»
     
  • Mentre il Sacerdote celebrante recita la Preghiera eucaristica,«non si sovrappongano altre orazioni o canti, e l’organo o altri strumenti musicali tacciano»
     
  • L’omelia si incentri strettamente sul mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri della fede e le regole della vita cristiana
     
  • È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada
  • Non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi.
     
  • Non è lecito unire il sacramento della Penitenza con la santa Messa in modo tale che diventi un’unica azione liturgica. Ciò non impedisce, tuttavia, che dei Sacerdoti, salvo coloro che celebrano o concelebrano la santa Messa, ascoltino le confessioni dei fedeli che lo desiderino, anche mentre si celebra la Messa nello stesso luogo, per venire incontro alle necessità dei fedeli

 

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Assassinio nella cattedrale

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Stefano Maccarini Foscolo. Con una presentazione di mons. Nicola Bux, Assassinio della cattedrale. Ipotesi, drammi e lacerazioni di una chiesa sfigurata: il caso di Reggio Emilia, Edizioni Fede & Cultura , 2011, pp. 80, € 9,00

 

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…Ed ora ciò che rimane da mostrare a voi
della mia storia, a molti sembrerà
nient’altro che una futile vicenda,
l’insensato suicidio di un lunatico,
l’arrogante passione di un fanatico.
E vi dico: in tutti i tempi la storia
ha tratto le più strane conseguenze
dalle cause più remote. Ma alla fine
per ogni male, per ogni delitto,
per ogni sacrilegio, per ciascuna
ingiustizia, per le molte oppressioni,
.…tu, tu e ancora tu, dovrete tutti
conoscere il momento del castigo.

[T. S. Eliot, Assassinio nella Cattedrale,Parte I, Tommaso]

 

 

Questo piccolo libro non sarebbe mai stato scritto
se chi poteva ascoltare voci, dubbi e pensieri avesse ascoltato,
se chi doveva vigilare su idee, proposte, progetti avesse vigilato,
se chi voleva dialogare in serenità, scienza, coscienza avesse dialogato.

Un sincero ringraziamento a tutti gli amici, i conoscenti e i parrocchiani dell’Unità Pastorale Cattedrale – San Prospero che, condividendo idee, opinioni, giudizi, mi hanno sostenuto nell’elaborazione delle seguenti note e a cui spero, indegnamente, di aver dato voce.

 

PRESENTAZIONE

Nell’ambito del dibattito apertosi dopo il noto discorso alla Curia Romana di Benedetto XVI, circa l’interpretazione del Concilio Vaticano II, si deve collocare l’incipiente confronto tra i sostenitori del cosiddetto adeguamento degli antichi edifici di culto alla liturgia moderna e i fautori della preservazione della tradizione liturgica antica. Un tale confronto prende quota e diventa ineludibile in presenza del Motu Proprio Summorum Pontificum, recentemente "tradotto" nell’Istruzione Universae Ecclesiae, che consente la celebrazione della Santa Messa secondo il Rito Romano antico, con le implicazioni rituali che esso comporta, specialmente in merito all’orientamento del sacerdote versus Dominum.

In occasione dei restauri della Cattedrale di Reggio Emilia si è sviluppato, da un ambito locale fino a conquistare la scena nazionale, un grande dibattito sul tema della conservazione, della tutela e dell’adeguamento liturgico delle chiese storiche. Da molti osservatori, sia esterni che interni alla comunità ecclesiale, sono stati espressi dubbi e perplessità sul percorso – innovativo e sperimentale – intrapreso per l’adeguamento dell’antica chiesa madre della diocesi reggiana, con discutibili o distorte interpretazioni attuative delle indicazioni liturgiche "postconciliari".

Fra gli interventi che hanno destato maggiore preoccupazione citiamo sia la rimozione dell’antico altare maggiore, che l’eliminazione dei tradizionali banchi ottocenteschi in legno, così come lo spostamento della cattedra vescovile all’interno della navata centrale, ma soprattutto l’introduzione di opere d’arte contemporanea che dovrebbero "arricchire" l’interno dell’edificio.

Al dire di molti, si è trattato di una operazione "verticistica" ispirata da un ristretto gruppo di esperti che hanno eluso ogni confronto, ogni colloquio e ogni dialogo con la comunità, cercando addirittura di proporre il "modello" di Reggio Emilia quale meditata soluzione esemplare.

Il saggio dell’architetto Stefano Maccarini Foscolo controbatte puntualmente, sia sotto il profilo storico architettonico, che più propriamente ecclesiologico, con documenti e analisi critiche alla mano, l’attuale adeguamento liturgico della cattedrale di Reggio Emilia, da qualcuno ritenuto un vero "stravolgimento". L’esame delle varie tappe, che hanno condotto all’attuale sistemazione liturgica della cattedrale, ha messo in evidenza come queste "sperimentazioni" possano compromettere tanto l’armonia delle strutture, quanto la serena partecipazione dei fedeli al mistero dell’Eucaristia.

Ci si deve augurare che questo studio, scaturito dalla conoscenza storico-artistica e dalla passione verso un monumento così insigne e significativo, riapra un confronto rispettoso e sincero all’interno della chiesa reggiana, perché il dialogo che si cerca di instaurare su tutti i livelli del vivere civile, diventi anche e soprattutto prerogativa di noi cattolici.

Mons. Nicola Bux

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La legge naturale nella dottrina della Chiesa

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Cardinale Zenon Grocholewski, La legge naturale nella dottrina della Chiesa, Consult Editrice, Roma 2008, pag. 68, Euro 15,00.

 

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Il cardinale Zenon Grocholeski, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica e membro della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha dato alle stampe una sua ampia conferenza sul tema filosofico e giuridico della cosiddetta “legge naturale” dal titolo La legge naturale nella dottrina della Chiesa (Roma, 2008, 15 €), tema assolutamente imprescindibile nell’odierna cultura relativista e nichilista.

Sul medesimo tema il Cardinale ha tenuto conferenze in varie parti del mondo come per esempio a Parigi, a Buenos Aires o a Roma, cercando sempre di sensibilizzare l’uditorio cattolico circa la «riaffermazione della lex naturalis» (p. 15). In un mondo caratterizzato da «un pensiero metafisicamente debole», come recita il titolo del primo capitolo dell’opera, è dovere della Chiesa ribadire la necessità di innervare le leggi, il diritto e gli stessi costumi sulla base non di un vago consenso sociale e “dal basso”, sempre effimero e in perpetuo movimento, ma sui fondamenti oggettivi e universali dell’etica, sia naturale che rivelata.

Pregio specifico dell’opuscolo è quello di rammentare la fondazione patristica e scolastica dell’etica cristiana la quale, se è andata progressivamente sviluppandosi in tutte le sue conquiste teoretiche e virtualità storiche, non procede però a salti e per rotture, come vorrebbe il pensiero moderno post-cartesiano, bensì con uno sviluppo armonico e nella fedeltà a ciò che la fede e la ragione con certezza stabiliscono.

L’identificazione della legge naturale non con la “mera” ragione, ma con la “retta” ragione è un punto assolutamente decisivo ed è sempre toccante rileggere il celebre passo ciceroniano citato in proposito: «Certamente esiste una vera legge: è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si trova in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna (…). È un delitto sostituirla con una legge contraria» (p. 25).

Il Cardinale poi, citando la Veritatis splendor di Giovanni Paolo II, ricorda che il rifiuto dell’idea di legge naturale si è sviluppato persino «entro la stessa comunità cristiana» e ciò secondo il pontefice ha per causa «l’influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità» (pp. 27-28): segno che mostra ancora una volta che la presenza del neo-modernismo nella teologia e nel pensiero cattolico non è né un errore di valutazione né una profezia di sventura, purtroppo.

Apprezzabilissima allora, proprio nel contesto di una rimessa in causa della legge naturale in quanto non biblica, “razionalistica”, “integralista”, in ogni caso superata e sottomessa al consenso delle maggioranze, la ripresentazione della stessa attraverso l’esposizione delle sue caratteristiche precipue e cioè la sua “conoscibilità” dovuta alla sua razionalità (che dunque non giustifica affatto i sostenitori del relativismo o del pluralismo etico), l’“universalità” (contro chi mette questa o quella “cultura” avanti all’umana “natura”) e l’“immutabilità” (contro ogni forma di progressismo ed evoluzionismo nel senso di superamento della tradizione e di quanto già accertato – una volta per sempre – come i dogmi di fede e le verità prime della ragione umana).
 

(c) Corrispondenza Romana, 8/9/08

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Il fumo di satana e l’uomo di Dio

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Walter Martìn, Habemus Papam – Il fumo di satana e l'uomo di Dio, Ediz. Fede e cultura, Isbn: 978-88-6409-094-8, pagg. 382, Euro 24,00

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Recensione
Un papa che non vuole assumere la carica… ma poi acceta e compie cose straordinarie… Un romanzo fatto di abile narrazione, di suspense, di sana teologia e di tanta buona dottrina cattolica. Per raccontare che cosa? L’eterna guerra che il Nemico muove contro la Chiesa, fino a portarla sulla soglia degli inferi senza riuscire a vincerla. Nulla di nuovo, perché questo è il motore della storia da duemila anni a questa parte. Ma c’è modo e modo di raccontarlo, e l’Autore di queste pagine è uno che sa farlo conquistando anche il lettore distratto. E, soprattutto, c’è modo e modo di esserne consapevoli, e l’Autore di queste pagine è uno che mostra di aver colto fin nelle sue pieghe più intime la crisi nella quale si dibatte la Chiesa. Habemus Papam è, insieme, una storia di grande coinvolgimento e un compendio inossidabile della fede cattolica che, in certi punti, pare quasi uno Iota unum messo in prosa.

L'Autore
Walter Martìn è lo pseudonimo di don Giuseppe Pace (1911-2000). Sacerdote salesiano, don Pace fu un fiero oppositore della deriva che investì la Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. Si rifiutò di accettare la rivoluzione liturgica e dottrinale imposta a partire da quegli anni e per questo venne emarginato e ridotto a celebrare la Santa Messa tradizionale in clandestinità.

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Gnocchi-Palmaro: La Bella addormentata

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Alessandro Gnocchi-Mario Palmaro, La bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà, Editore Vallecchi  2011, ISBN: 8884272289, pp.248,  € 12,50

 

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Soltanto chi ha un po’ di dimestichezza con autori umoristi (e seri) cattolici come Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) e Giovannino Guareschi (1908-1968) può comprendere, fin dal titolo “La Bella Addormentata” l’allusività a quel mondo delle favole tanto decantato dai due grandi autori cristiani, sovente citati nel saggio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro.
Quella “morale delle favole” che emerge dalla lettura di Chesterton e Guareschi non ha solamente un valore etico adatto a grandi e piccini, ma ha soprattutto un valore teologico e metafisico profondo che parte da una considerazione semplice e sostanziale: Dio ha creato tutto in modo fantastico dal nulla e l’uomo per riconoscerne il segno della Sua presenza deve meravigliarsi della bellezza del Suo ordine anche attraverso l’ascolto o la visione delle grandi metafore fiabesche.
 
Per guardare al presente ed intravvedere il futuro serve quindi ritornare al passato, come ci ricordano le grandi favole che da sempre hanno accompagnato la crescita di tutti gli uomini. Con questo saggio gli Autori ci fanno assaporare il prezioso ricordo della nostra giovinezza, quando per risvegliare la Bella Addormentata si aspettava il Principe Azzurro che amandola sapesse ridestarla.
Il richiamo allusivo alla Chiesa “Bella” e “Addormentata” è da considerarsi quindi, nell’opera di Gnocchi e Palmaro, un passaggio di riferimento fondativo e costante imprescindibile.
 
La bellezza della Chiesa, ci ricordano gli Autori, è deturpata dai nostri peccati, dai nostri tradimenti, dalle nostre eresie ed è soprattutto il peso dei peccati dell’umanità intera che ha prodotto una crisi ed ha ridotto al lumicino il vigore dottrinale di tanti, troppi suoi figli. Dinanzi a questa evidente crisi (nel Prologo gli Autori sottolineano il fatto di non poter non chiamare critica la situazione ), Gnocchi e Palmaro cercano di comprendere lo stato reale della crisi attraverso la descrizione fenomenologica del sonno, che è l’emblema della crisi, proponendo una lettura attenta del Concilio Vaticano II a partire da quella contrapposizione geniale (scaturita dalla penna di Guareschi) tra Don Camillo e Don Francesco sintetizzata con poche ma espressive parole: «Non posso comprare niente» (Don Camillo) «Non ho niente da vendere» (Don Francesco). Quel “non posso” e quel “non ho niente” riassumono in modo impareggiabile, attraverso due figure antitetiche di sacerdoti, due visioni del mondo inconciliabili. Come hanno sottolineato gli Autori, Don Francesco aprendosi al mondo nell’illusione di convertirlo, ha finito per assumerne persino i tic intellettuali più grotteschi.
 
Il sottotitolo del saggio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro: “Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi” prelude ad una benefica iniezione di fiducia e di speranza: “Perché si risveglierà”, delicata metafora dell’evangelico “non praevalebunt”. Gli Autori si chiedono cosa poter fare per evitare di cadere nel torpore di un’esistenza senza Dio e rispondono ancora attraverso Don Camillo: «Bisogna salvare il seme: la fede. Bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più …».
 
Analizzando con dovizia di particolari il clima psicologico con cui venne presentato e preparato il Concilio Vaticano II, gli Autori hanno potuto constatare , anche attraverso numerose fonti, l’enorme influenza che il contesto storico degli anni ’60 ha prodotto sui lavori del Concilio e su alcuni testi conciliari, il tipo di linguaggio utilizzato nei documenti, le controversie interpretative, i silenzi del Concilio attorno ad alcune questioni fondamentali, il dilemma sulla natura dogmatica o pastorale del Concilio o di parti del Concilio. Interessante e stimolante la citazione di Romano Amerio, autore di Iota Unum, che commentando il discorso inaugurale del Concilio tenuto dal Beato Giovanni XXIII, laddove il Pontefice faceva riferimento alla Chiesa che avrebbe dovuto mostrarsi “madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati” ha osservato che non si possono contrapporre principio di misericordia e principio di severità, in quanto nella mente della Chiesa la condanna stessa dell’errore è opera di misericordia.
 
Gli Autori hanno rilevato così che il Concilio si apriva sotto auspici precisi: evitare di condannare, sforzarsi di capire, dialogare col mondo, guardare con ottimismo al futuro ma hanno evitato di attribuire al Concilio tutta la colpa dell’attuale crisi, in quanto c’era qualcosa che non andava già prima del Concilio (per esempio il modernismo, definito da San Pio X “sintesi di tutte le eresie”).
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro hanno posto all’attenzione dei lettori il ruolo di alcuni teologi (Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, Karl Rahner e molti altri) nell’ispirare e indirizzare i lavori conciliari. Richiamando ancora il linguaggio, gli Autori hanno evidenziato che alcuni concetti come “aggiornamento” e “segni dei tempi” siano diventate parole-chiave per rimarcare come l’ortoprassi avesse avuto il sopravvento sull’ortodossia. Dal punto di vista più istituzionale, hanno osservato Gnocchi e Palmaro, con la nascita delle Conferenze episcopali fra Papa e vescovo si è insinuata una nuova struttura che mediaticamente ha “rubato la scena” al singolo successore degli apostoli.
 
La denuncia degli Autori ha stigmatizzato l’opera incessante di teologi, periti, vescovi e cardinali, accomunati dall’obiettivo di utilizzare il Vaticano II per introdurre profondi cambiamenti nella dottrina della Chiesa. Questo ridimensionamento del papato a favore della collegialità episcopale, hanno ribadito gli Autori, è stato provvidenzialmente bloccato con la famosa Nota explicativa praevia di Paolo VI.
 
Per quanto concerne l’attenzione verso i mezzi di comunicazione sociale, Gnocchi e Palmaro hanno analizzato e sostenuto gli studi di Marshall McLuhan (1911-1980) in rapporto ai valori e principii cristiani soprattutto attraverso una considerevole citazione tratta dal volume La luce e il mezzo di McLuhan: «L’uomo elettronico non ha essenza carnale;è letteralmente disincarnato. Ora, un mondo disincarnato come quello in cui ci troviamo a vivere è una minaccia formidabile per la Chiesa incarnata…».
La risonanza mediatica del Concilio, hanno annotato gli Autori, citando gli studi di uno storico progressista famoso come Giuseppe Alberigo (1926-2007), è stata orientata e pilotata da giornali e televisioni, i quali, ancora attraverso il pensiero di McLuhan, travisano il messaggio in quanto lo scopo non è la trasmissione del vero, ma la propria diffusione (il mezzo è il messaggio).
Ovvero, la scena è dominata dai mass-media che comunicano se stessi.
Conseguentemente, hanno rilevato gli Autori, affidando il proprio destino ai mezzi di comunicazione, il Concilio Vaticano II ha posto le premesse perché la lettera dei suoi documenti dovesse essere scritta e interpretata alla luce di altro, di un “trascendentale ideologico”… adottando così un linguaggio(“trascendentale tecnico”) di cui la Chiesa non era padrona.
 
Particolarmente interessante il riferimento al linguaggio filosofico di Immanuel Kant (1724-1804) anche nel considerare il “trascendentale ecclesiologico” prodottosi dal clima di svalutazione metafisica penetrata anche all’interno di alcuni membri della Chiesa che, assieme alla deriva marxista (dai preti-operai alla teologia della liberazione) ed a certe teorie maritainiane, hanno prodotto personaggi equivoci come ad esempio Giuseppe Dossetti (1913-1996), prima politico democristiano e poi monaco, in cui l’alleato naturale del cristiano è il comunista data la comune passione per l’uomo.
Giuseppe Dossetti, hanno ribadito gli Autori, ebbe un ruolo importante sui lavori conciliari in quanto perito del cardinale Giacomo Lercaro. Nell’ultima parte del saggio, Gnocchi e Palmaro hanno posto in evidenza come la Chiesa, nel corso dei tempi, avesse utilizzato tre armi formidabili: il latino, la predicazione apologetica per il popolo, lo stile definitorio e giuridico.
 
Quest’ultimo tratto, lo stile definitorio, hanno sottolineato gli Autori, ha permesso alla Chiesa di contrastare l’eresia e di precisare nel tempo la dottrina cattolica senza equivoci e senza ambiguità. Al contrario, hanno osservato Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, dal Concilio Vaticano II in poi, lo stile definitorio è stato progressivamente abbandonato … per sostituirlo con quello discorsivo. Continuando nell’analisi critica attraverso la terminologia kantiana, gli Autori hanno parlato di una “critica della ragion ecclesiologica” prodottasi da uno svilimento della ragione in quanto incapace di conoscere il vero, la cosa in sé portando ad un abbassamento della ragione in aperto contrasto con l’allargamento della ragione richiamato dall’attuale pontefice Benedetto XVI.
 
Dinanzi ad una ragione incapace di conoscere il vero, il risultato più evidente è stato, secondo gli Autori, una Chiesa intimidita davanti al mondo, al pari dell’uomo kantiano davanti al noumeno.
Con il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 e con il Compendio del 2005, hanno puntualizzato gli Autori, c’è stato un ritorno al ricorso dello stile definitorio essenziale per la dottrina cristiana. Sul valore del Concilio Vaticano II, hanno sostenuto Gnocchi e Palmaro, rimangono dubbi ed equivoci, nodi irrisolti, questioni aperte che soprattutto da coloro che hanno individuato nel Vaticano II le radici di un atteggiamento di apertura, di dialogo, di confronto dovrebbero essere considerate, anziché mostrare un volto di chiusura e di intolleranza nei confronti di chiunque sollevi dubbi intorno al Concilio.
 
In conclusione, hanno evidenziato gli Autori, per aiutare la Bella Addormentata bisogna innanzitutto amarla ricordando che la carità si accompagna alla verità, così come la verità si accompagna alla carità… tocca a ciascun cattolico dare ogni giorno quel bacio alla Bella Addormentata, se veramente la ama.
 
 
FABIO TREVISAN

 

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