Il Padrone del Mondo

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Robert Hugh Benson, Il Padrone del Mondo,  Edizioni Fede & Cultura , 2011, pp. 357, € 14

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PREFAZIONE DI S.E. MONS. LUIGI NEGRI
Carissimi amici, sono lieto
di accompagnare con poche parole la riedizione de Il padrone del mondo, uno dei libri che ha inciso più profondamente nella mia personalità.
Peraltro, confidenzialmente, posso dirvi che parlando con il Santo Padre ho avuto la confidenza che anche per Lui, la lettura de Il padrone del mondo, nella prima edizione tedesca, fu un fatto di grande importanza.
Questo libro, scritto nel 1907 da un grande cristiano, è una profezia terribile per la concretezza e per la specificità del mondo in cui viviamo e del cammino che ha portato a questo mondo. Da un lato questo enorme apparato che omologa le persone, i gruppi sociali, le nazioni, i popoli, che li omologa sulla base di un umanismo sostanzialmente ateo, che ha dei riferimenti a valori comuni che sono valori cristiani profondamente laicizzati e secolarizzati.
Quindi una società dove non esistono più differenze, qualsiasi tipo di differenza: quella religiosa, quella sociale, quella culturale viene sentita come negativa e il tentativo che è quello di operare una unificazione o, come si potrebbe dire una omologazione dell’intero pianeta differenze che incombono minacciosamente come tutto L’EST, tutto l'oriente, ma al di là dello specificarsi delle cose l'intuizione di Benson e che si sarebbe andati verso una negazione di Dio attraverso la costruzione di una società obiettivamente senza Dio. Ora, per costruirsi questa società, anche questa è un'intuizione formidabile, occorre divinizzare il tentativo che si sta facendo, come ai tempi della costruzione della torre di Babele; si deve assolutizzare il progetto e si devono divinizzare coloro che realizzano questo progetto e siccome la logica dell'unità è una logica ferreamente umana, si deve assolutizzare colui che di fatto sta guidando questa grande operazione. Ecco l'immagine di Giuliano che è sostanzialmente l'anticristo, l'anticristo soft, ma l'anticristo di una società che vuole fare a meno di Dio e quindi vuole fare a meno di Cristo. Ma l'intuizione formidabile, vorrei dire non soltanto sul piano della disamina di carattere culturale e sociale, ma dal punto di vista ecclesiale è che Benson indica che la strada che la Chiesa non può non percorrere, anche nelle situazioni terribili in cui vive, è la strada della presenza, essere cristiani presenti come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI alla mia Diocesi, qualche giorno fa.
Di fronte a questa presenza che si riduce progressivamente, numericamente in modo spaventoso ma che non finisce, nonostante i tentativi contro questa differenza, servono tutti i mezzi, ma soprattutto viene riabilitata la violenza, una violenza cinica perché una volta che si sia tolta la peste del cristianesimo la società potrà veleggiare verso il futuro senza più remore o condizionamenti. Quindi, si persegue e si realizza la distruzione totale di Roma e qualsiasi emergenza della grande tradizione cattolica.
Umanesimo ateistico e violenza verso il cristianesimo, ma la Chiesa resiste, si riduce progressivamente, ma tenta di arrivare a distruggere il rifugio dell'ultimo papa e mantiene forte il senso dell’ unità attorno a Pietro e al suo successore. E comunque, per quanto gravissimamente condizionata, non muore e anche con proporzioni numericamente ridotte è ancora una realtà che esiste, coagulata attorno a quella grande idea di un unico ordine religioso del crocifisso, che è stata la grande intuizione del protagonista del romanzo che poi finirà per essere il Papa estremo. Ecco, io credo che la Chiesa di oggi debba imparare, non tanto dalla disamina di carattere socio-culturale ma da questo vigoroso richiamo alla verità della comunione ecclesiale, alla forza della testimonianza, alla necessità di andare in missione confrontandosi con tutti i tentativi di violenza, anche quella che scoppia all'interno del Sacro Collegio, ridotto a poche unità e che riproduce, in maniera drammatica il tradimento di Giuda.
Alla fine è il grande problema lasciato aperto, mentre si dei pochi Cardinali che si sono radunati con lui, quando la vittoria sembra già a portata di mano e anzi è quasi realizzata, scoppia qualche cosa di assolutamente escatologico, come una lotta escatologica fra il Cristo e l’Anticristo. Uomini di fede come ame amano pensare che alla fine di questa lotta escatologica in spe contra spem apparirà il Signore glorioso e trionfante.
Ma il cammino che ci è stato fatto percorrere da questo libro è comunque un cammino di sanità culturale, intellettuale e morale e per i cristiani può essere un aiuto a dell'esperienza della fede e della responsabilità alla missione.

+ Luigi Negri
Vescovo di San Marino­Montefeltro

PREFAZIONE DELL’AUTORE
Questo libro produrrà senz’altro sensazioni di sconforto e sarà (per ciò e per altri motivi) oggetto di ogni tipo di critica;; ma mi è sembrato che il mezzo migliore per esprimere valori e princìpi che mi stanno a cuore e che io credo veri ed infallibili fosse quello di tradurli in avvenimenti che possono commuovere.
Non ho inteso fare la voce grossa ed ho sempre trattato con deferenza e con rispetto, per quanto possibile, le opinioni opposte alle mie. Non sta a me dire se abbia conseguito l’intento o meno.
R.H. Benson
1907

PRESENTAZIONE
Questo romanzo profetico, che un protestante inglese convertitosi al cattolicesimo scrisse per glorificare la Chiesa e la civiltà di Roma, non è, come potrebbe parere al lettore superficiale, un romanzo politico. È, invece, un romanzo religioso: un libro di apologetica, tra i tanti, che Robert Hugh Benson compose in difesa e per l’esaltazione del cattolicesimo romano.
I richiami a una situazione politica mondiale e il quadro degli avvenimenti sociali non hanno nessun riferimento a una particolare teoria politica professata da Benson, il quale fu e rimane nella sua letteratura un apologeta e un mistico.
Il misterioso protagonista di questo romanzo, il capo dei popoli finalmente pacificati e definitivamente traviati, dominatore delle potenze umane, l’uomo dal trasparente nome di Giuliano Felsenburgh incarna lo spirito del mondo ed è perciò l’Anticristo. Al di sopra di ogni teoria politica e di ogni dottrina sociale, egli trionfa nel secolo, perché sarà lo sconfitto per tutta l’eternità. Il partito ha il nome generico di «umanitarismo». E a guardar bene, non si tratta neppure di un partito.
Felsenburgh, lo spirito del mondo, domina e signoreggia su tutto ciò che è di questo mondo. Egli potrebbe dire: «Il mio regno è di questo mondo». Ecco, perché a lui s’inchina tutto ciò che al mondo appartiene.
Soltanto i seguaci di Colui che affermò il contrario, dicendo che il suo regno non era di questo mondo, non si piegano alla sua potenza. E sono pochi, anzi pochissimi: un pugno di uomini stretti attorno all’ultimo Papa. Essi sembrano gli sconfitti, i superstiti di una società morente, mentre lo spirito del mondo finalmente trova sotto la direzione dell’Anticristo, la sua pace e la sua salute.
Se non che, proprio nel momento del suo apparente trionfo, il mondo passa. La pienezza del mondo coincide con la sua morte. Con una espressione volgare, si potrebbe dire che il mondo crepa di salute. Il faustiano attimo fuggente segna la fine della creazione. Unico, mentre il mondo passa, il superstite Vicario di Cristo, con la Chiesa militante ridotta a pochi membri, ma perfetta e immortale, entra nella gloria e nella vita che non declina.
Forse, per intendere a pieno il significato di questo strano romanzo occorrerebbe aver letto e meditato un sermone di Benson, pubblicato nei suoi Paradossi del Cattolicesimo.
Con audacia piena di equilibrio e con spirito realisticamente paradossale, Benson affronta nel suo sermone il problema della guerra e della pace. Come mai, egli si chiede, il Cristianesimo, che si propone la pace e che chiama «figli di Dio» i pacificatori, ha portato e porta tanto spesso la guerra nel mondo! La Chiesa, risponde Benson, è umana e divina insieme. Essendo umana «essa risiede fra i regni di questa terra, i quali, almeno ai giorni nostri sono costituiti su basi esclusivamente umane. Uomini di governo e re, ai tempi presenti, non fondano la loro politica su considerazioni soprannaturali; il loro oggettivo è di governare i propri sudditi, di promuovere la pace e l’unione fra essi, di dichiarare la guerra a chi vi attentasse, seguendo criteri unicamente basati su princìpi naturali».
Se la Chiesa fosse soltanto un’istituzione puramente umana potrebbe accordarsi con le altre istituzioni mondane, assecondando i loro tentativi di pacificazione e di benessere materiale, come nel presente romanzo farà il potente Felsenburgh, incarnazione dello spirito del mondo. Ma la Chiesa è anche divina: «Essa non considera il mondo come principio e fine di ogni cosa; al contrario, mette risolutamente il regno di Dio innanzi a quello del mondo e la pace di Dio innanzi all’armonia degli uomini. Perciò, ogni qualvolta i suoi princìpi soprannaturali vengono in conflitto coi princìpi naturali, essa si vede costretta a divenire occasione di discordia».
Nel romanzo pare che il mondo abbia raggiunto la sua pace e la sua felicità fuori del Cattolicesimo, anzi, a dispetto di tutte le religioni, ma la sua pace è un quietismo mortificante, la sua felicità è puramente naturale. Il mondo è ridotto come un corpo senza più anima, o per lo meno pronto a espellere totalmente, dal suo complesso, l’anima. Ma quando quest’ultima parte dal corpo, esso muore. La pace e la felicità promosse dallo spirito del mondo non possono durare. E’ illusione del mondo che perisce.
Solo i veri cristiani, raccolti nella legittima Chiesa, sanno che la pace e la felicità naturali, ottenute mediante l’astuta politica del Felsenburgh non sono segni di vita, ma annunci di morte. La pace del mondo è labile; la felicità nel tempo è transitoria. «Noi desideriamo la pace sopra ogni cosa – dice Benson nel suo sermone – ma la pace di Dio, non quella pace che il mondo, dal momento che può dare, può anche ritogliere, non la pace che dipende dall’armonia della natura con la natura, ma della natura con la Grazia!». E conclude con spietata sincerità: «Fino a che il mondo o una contrada, o una famiglia o anche una sola anima individuale, si fonderà su principi naturali discordanti dai divini, la religione soprannaturale cattolica porterà non pace, ma guerra. E questo avverrà fino alla fine del mondo, fino alla catastrofe di Armageddon che lo distruggerà».
Il padrone del mondo, come si è già detto è un romanzo religioso. L’Autore vi descrive con ardita e anche ingenua fantasia proprio la catastrofe di Armageddon.

Si vuole qualche notizia sull’autore di questo romanzo?
Nacque a Wellington College nel 1871. Suo padre, vescovo anglicano di Canterbury, famoso teologo protestante e predicatore, l’avviò negli studi religiosi e l’ordinò diacono della Chiesa inglese. Un altro celebre predicatore anglicano lo spinse anche più innanzi negli studi teologici, tanto che presto il giovane illibato e intelligentissimo giunse al limite delle verità cattoliche.
Dopo la morte del padre i medici gli consigliarono un viaggio in Oriente. Uscendo dall’Inghilterra, il giovane diacono ebbe una grave delusione. Ciò che in patria gli era sembrato perfetto e ammirevole, fuori del suo ambiente gli appariva gretto e compassionevole. La Chiesa anglicana, legata a interessi nazionalistici e a mentalità filistee, non aveva nulla d’universale. Al contrario la Chiesa di Roma s’alzava al di sopra di tutte le sette, maestra di verità a tutte le genti, faro di civiltà a tutti i popoli.
Quando già combatteva nell’anima, temendo di tradire l’avita religione, gli giunse la notizia che il Padre Maturin, che venerava come un secondo padre, si era convertito al Cattolicesimo. Resistette a lungo, ricercando l’aiuto dei familiari e dei superiori, per non precipitarsi con troppa leggerezza nelle braccia del Papa romano. Ma la verità lo chiamava ormai con voce imperiosa; più studiava, più meditava, più pregava e più capiva che soltanto nella Chiesa Cattolica viveva ancora e sarebbe vissuto perennemente il Cristo. La sua conversione si compiva però senza entusiasmo, priva di conforti spirituali. Non era un dolce richiamo, ma un comando perentorio. «Da un lato la Chiesa anglicana mi chiamava con accenti patetici e affettuosi, mi avvinceva con tutti i legami della parentela e dell’amicizia; dall’altro quella che ormai non potevo più dubitare fosse la vera sposa di Cristo, imperiosa e dominante, avvolta in un raggio di luce abbagliante, quale si addice a una visione celeste, avanzava diritti sopra di me». Il figlio del vescovo di Canterbury, per passare dalla parte di coloro che il padre aveva chiamato con disprezzo «i missionari italiani», doveva vincere le resistenze dei vincoli familiari, superare i rispetti umani, perdere la posizione sociale, rinunciare alle amicizie più care. Con fermezza abiurò la fede dei padri e nel 1903 entrò nella Chiesa cattolica apostolica romana.
Scese in Italia, studiò a Roma, ove venne ordinato sacerdote nel 1904. Tornò quindi «missionario» in Inghilterra, dove iniziò la sua instancabile e geniale attività di predicatore, di polemista, di scrittore elegante ed efficace.
Nel 1914 la sua morte edificante valse quanto la sua opera di apologeta.
Converrà dire che gli scritti più originali di Benson sono quelli di carattere squisitamente dottrinale e acutamente polemico. Il suo romanzo, come si è detto nel principio di questa nota, ha lo scopo di rappresentare in maniera drammatica e fantastica uno dei motivi che ricorre spesso nei sermoni prima predicati, poi raccolti in volume: lo spirito del mondo sembra prevalere sullo spirito di Dio, ma la sua vittoria è apparente: un inganno del malefico seduttore. Soltanto la Chiesa del Dio vivente, sconfitta nel tempo, vincerà in eterno. «Questo libro – ha scritto Benson in una prefazione in fac-simile decifrata dal traduttore del romanzo – produrrà senza dubbio delle impressioni di sconforto, e sarà per questo, come per altri motivi, soggetto ad ogni sorta di critiche. Se non che, il miglior mezzo per esprimere i princìpi che mi stanno a cuore e che credo infallibilmente veri, mi è sembrato quello di tradurli in fatti che possano profondamente commuovere».

La prima edizione del Padrone del mondo vide la luce dopo la guerra mondiale, nel 1920, quando pareva che il mondo dovesse trovare la sua pace proprio nell’umanitarismo wilsoniano.
La seconda edizione appare che la terra è ancora crudelmente straziata da nuova guerra. S’invoca la pace, ma Robert Hugh Benson, ammonisce che la vera e duratura pace riposa soltanto sulla verità insegnata da Roma.