26 febbraio – I dom. di quaresima

Omelia per la Prima Domenica di Quaresima

Sacra Scrittura
I Lettura: Gn 9,8-15;
Salmo: Sal 24,4-9;
II Lettura: 1Pt 3,18-22;
Vangelo: Mc 1,12-15

 

NESSO TRA LE LETTURE

Gesù arrivò in Galilea proclamando il Vangelo di Dio: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Pentitevi e credete al Vangelo". La Chiesa ci invita ad ascoltare la proclamazione iniziale della buona novella di salvezza come se fosse la prima volta e a fare dell'inizio del nostro viaggio quaresimale un nuovo inizio per seguire Cristo. La promessa di un'alleanza irrevocabile (seconda lettura) fatta a Noè è realizzata completamente in Lui attraverso il mistero della sua morte e resurrezione, in cui noi siamo battezzati (seconda lettura).


Messaggio dottrinale

Il viaggio verso la Pasqua. Il riferimento battesimale dirige il nostro sguardo verso la Pasqua. La Quaresima ha avuto origine come un periodo intenso per terminare la preparazione dei catecumeni in vista del loro Battesimo, nella vigilia di Pasqua. Con il tempo, è stato estesa all'intera comunità cristiana, e questo è importante perché il nostro Battesimo merita molto più dell'attenzione superficiale che molti gli rivolgono. È l'evento più importante della nostra vita! In questa Quaresima il nostro compito è quello di far sì che il rinnovamento dei nostri voti battesimali, in occasione della Pasqua, sia reale ed efficace e non un semplice simbolo rituale.

Il regno è vicino. Com'è successo durante i quaranta giorni del Diluvio Universale, "animali selvatici" convivono pacificamente con un figlio dell'uomo, un segno evidente che le leggi del regno sono ancora in vigore (cf. Is 11,6-9). Questo è ancora presente in tutta la sua essenza nella persona di Gesù. La cosa più importante e significativa, quindi, è il fatto che l'importante annuncio della salvezza – finalmente vicina! – è preceduto dal digiuno di quaranta giorni nel deserto di Gesù ed è seguito non da un banchetto nuziale o da uno squillo di trombe, ma da un invito a pentirsi e a cambiare completamente il proprio cuore. Non si tratta di un calcolo errato di Dio o di una coincidenza irrilevante: è stato lo Spirito che "Lo ha portato nel deserto". Non si è trattato di un ritiro calmo ed idilliaco, ma di una lunga lotta contro l'assalto aggressivo del tentatore, Satana.

Il viaggio con Cristo. Nonostante tutto, ciò che viene proclamato da Gesù è il Vangelo, la buona novella! La Quaresima non è un periodo di tristezza, così come la vita cristiana non è una lotta triste e severa contro la tentazione e i desideri della carne. Sono entrambe un invito a seguire Cristo, ed è su questo che si basa la chiamata alla conversione e a credere e aderire completamente al messaggio del Vangelo. Ci dobbiamo convertire non a qualcosa di severo, noioso o avvilente, ma alla vita con Cristo e a somiglianza di Cristo, una vita meravigliosa, piena di tutto il significato e della massima dignità a cui possiamo aspirare, come fratelli e sorelle di Cristo, al punto che perfino gli angeli, riconoscendoLo in noi, si sentiranno spinti ad aiutarci come hanno fatto con Lui. L'alleanza di Dio con noi è definitiva: Egli non revocherà mai la Sua decisione, grazie a Suo Figlio, che è morto per noi ed è risorto perché noi possiamo seguirLo non solo in teoria, ma nei fatti.

Catechesi: il Regno dei cieli, inaugurato in terra da Gesù e fondamentale per la sua predicazione (CCC 541-53), è un argomento importante spesso trascurato nella catechesi. Ci si può soffermare sulla grazia del Battesimo (CCC 1262-74; cfr. 1219).

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19 febbraio – VII domenica del tempo ordinario

Commento al Vangelo – VII Domenica del Tempo Comune

Può l’uomo perdonare i peccati?

Cos’è più difficile: perdonare i peccati o curare un paralitico? Questa interessante questione sollevata da Gesù nel Vangelo che oggi commentiamo, ci mostra la grandezza e l’efficacia del Sacramento della Riconciliazione.

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
http://www.salvamiregina.it

 

1 Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao, e si seppe che Egli era in casa 2 Si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. 3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. 4 Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. 5 Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati". 6 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7 "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?". 8 Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: "Perché pensate così nei vostri cuori? 9 Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? 10 Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, 11 ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua". 12 Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!" (Mc 2, 1-12).

 

I – Introduzione

"Assueta vilescunt", si dice in latino, il che vuol dire: l’uso frequente di qualcosa, quasi sempre, finisce per usurarla, non importa quale sia la grandezza dell’oggetto usato e neppure la sua sostanza. Per esempio, non c’è niente di più banale, per noi, della quotidianità del corso solare ciò che invece Sant’Agostino considera come uno dei miracoli naturali di Dio.

Neanche i miracoli sovrannaturali sfuggono a questa regola. Da circa duemila anni, il Sacramento della Confessione è a disposizione di qualunque penitente, nondimeno, perdiamo con facilità la nozione della misteriosa grandezza del perdono che riceviamo attraverso questo sacramento. La stessa nozione della gravità del peccato, facilmente, si dissolve in noi quando la nostra vigilanza e la nostra vita di devozione non sono sufficientemente determinate. E può succedere che siamo chiamati ad aderire con fede integra a panorami sovrannaturali inediti, subito dopo aver elaborato sofismi per giustificare la nostra permanenza nel vizio. In questo caso, è di fatto difficile per noi reagire con piena rettitudine.

Questi presupposti spiegano in un certo qual modo il comportamento degli scribi, additato nel Vangelo di oggi.

Formati in scuole serie, conoscevano i segnali che precedevano ed indicavano l’avvento del Messia e persino la sua stessa nascita (). Ma non si era soltanto infiacchita la fede in questi dottori della Legge, – peggio ancora – essi avevano modellato alle loro convenienze egoistiche tutti i concetti appresi. Avevano elaborato un sistema dottrinario ed etico a margine della vera ortodossia.

Ora, poiché desiderava la salvezza di tutti, inclusi gli scribi, Gesù, penetrando divinamente nel loro pensiero, dimostrava loro che è Lui il Cristo e che può perdonare i peccati come Dio e come uomo, e confermando il suo potere con uno sprepitoso miracolo.

Qual è la reazione della moltitudine lì presente? Quale quella degli stessi scribi? La Liturgia di oggi ci risponderà.

San Matteo (9, 2-8) e San Luca (5, 18-26) raccontano l’episodio in questione. A parte differenze di cronologia – Luca e Marco collocano l’avvenimento all’epoca in cui le autorità giudaiche cominciano a lanciare invettive contro Gesù -, i tre si mostrano impegnati a trasmettere il grande obiettivo del Signore, ossia, la prova del suo potere di perdonare i peccati.Dei tre narratori del fatto, San Marco, come accade sempre con lui, è quello che renderà più vivi i colori della sua presentazione.

 

II – Commento al Vangelo

1 Dopo alcuni giorni, Gesù entrò di nuovo a Cafarnao, e si seppe che Egli era in casa.

Maldonato () ipotizza che Gesù debba essere entrato in città di notte ed in modo molto discreto, facendolo sapere soltanto ai discepoli e a nessun altro, così da poter riposare. Il suo intento non fu raggiunto, poiché l’annuncio del suo arrivo corse velocemente per la città.

Probabilmente si trattava della casa di Pietro, e non si può scartare l’ipotesi che la notizia sia stata diffusa da qualche amico, o addirittura da un suo parente. Non è facile far passare inosservata la presenza di Gesù, visto che la stessa virtù partecipata – quella dei santi -, nessuno riesce a nasconderla.

Il periodo di assenza da Cafarnao non deve essere stato solo di "qualche giorno", ma di settimane, perché si deduce che Egli predicò nei giorni di sabato in varie Sinagoghe, prima di far ritorno alla casa di Pietro.

2 Si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la Parola.

Era talmente tanta la quantità di persone, che queste ostruivano il passaggio a chinque. È comune, in tutti i tempi, il verificarsi della curiosità, compenetrata di egoismo, da parte della moltitudine che si accalca e si spinge a gomitate. Oltretutto, non doveva essere esiguo il numero dei rappresentanti di tutte le località. Lí ci dovevano essere anche dei farisei della Giudea e della stessa Gerusalemme, ansiosi di fare di Gesù uno dei loro o altrimenti, di condurlo al Calvario.

Insomma, traspaiono in questo versetto, in una sintesi elegante, la fretta e l’impegno un po’ agitati nell’approssimarsi a Lui, da parte di tutti.

 

Il Paralitico, simbolo delle anime deboli

3 Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone.

Alcuni autori – come nel caso di Maldonado () – sono sostenitori dell’ipotesi che si trattasse di un paralitico di un certo potere e per questo probabilmente si faceva accompagnare dai suoi familiari e persino da amici.

Quanto al numero "quattro", puntualizzato da San Marco, c’è una controversia tra i commentatori. Alcuni, come San Beda, attribuiscono una certa allegoria al fatto, approssimandolo ai quattro Evangelisti o alle quattro virtù che ci conducono a Cristo. Altri, – tra i quali ritroviamo Maldonado – lo interpretano come risultato della preoccupazione di San Marco di mettere in risalto il carattere drammatico della paralisi dell’infermo. La sua capacità di locomozione era così ridotta che doveva essere caricato da quattro persone. Questa peculiarità darà al miracolo maggiore grandiosità.

C’è anche chi fa un parallelismo tra la paralisi fisica e la debolezza spirituale, perché la tendenza del debole è di raffreddarsi nella pratica della virtù, stancarsi nel suo progresso. Per non aver preso sul serio il peccato veniale, la sua volontà si debilita, conducendolo ad un lento e progressivo abbandono della preghiera e, infine, alla caduta nel peccato grave. Questo male è recriminato dal Signore: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca" (Ap 3, 15-16).

Nel considerare come valida quest’interpretazione, il Vangelo di oggi ci addita una soluzione per la paralisi spirituale: cercare Gesù, anche se attraverso l’aiuto di altri. Dove potrà meglio trovarLo un’anima debole? Nella confessione frequente, fatta con amore e serietà; in essa, oltre al beneficio del nostro pentimento, opererà in noi la stessa forza di Nostro Signore Gesù Cristo. Chi applica in tal modo questo metodo non sarà mai colpito da una terribile infermità spirituale.

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12 febbraio – VI domenica del tempo ordinario

Commento al Vangelo — VI Domenica del Tempo Ordinario

Quale lebbra è la peggiore?

La "lebbra" dell’anima è più contagiosa e terribile del male di Hansen. Essa strappa la pace della coscienza, rende amara la vita e prepara la morte eterna. Se fosse così visibile quanto la lebbra fisica, quanto più repellente sarebbe ai nostri occhi!

 

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
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"Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: ‘Se vuoi, puoi guarirmi!’. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio, guarisci!’. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: ‘Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro’. Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte" (Mc 1, 40-45).

 

I – Onnipotenza del Verbo

Gesù Cristo ha fatto notare la Sua umanità nascendo in una grotta a Betlemme, con la sua fame, sete o stanchezza, e addirittura quando ha dormito nella barca. Inoltre, ha manifestato la Sua divinità attraverso innumerevoli miracoli realizzati, per esempio, quando ha calmato i venti e i mari con l’imperio della voce, o quando ha risuscitato Lazzaro. In quanto Essere Infinito, Egli è onnipotente,

 

1 e per questo, escluso ciò che sia contraddittorio, tutti i possibili sono oggetto del Suo potere. "Onnipotente" è il nome proprio di Dio (cfr. Gen 17,1), poiché la Sua Parola è sufficiente, per se stessa, a produrre tutte le creature (cfr. Gen 1, 3-30).

I miracoli di Gesù sono prova della Sua divinità

Ora, secondo quanto ci insegna San Tommaso, per il fatto che la Sua natura umana è unita a quella divina, Gesù ha ricevuto come Uomo la stessa onnipotenza che il Figlio di Dio ha dall’eternità, poiché entrambe le nature possiedono ipostaticamente una sola e unica Persona.2 La stessa anima adorabile di Cristo, in quanto strumento del Verbo — e non solo per se stessa — ha ogni potere.3 Essa è la ragione per la quale Cristo Gesù dominava qualsiasi infermità (cfr. Mt 8, 8), perdonava i peccati (cfr. Mt 9,6; Mc 2, 9-11), scacciava i demoni (cfr. Mc 3, 15), ecc. Per questa ragione Egli ha potuto affermare: "Mi è stato dato ogni potere in Cielo e in Terra" (Mt 28, 18); e più tardi, San Paolo ha potuto insistere su questo punto fondamentale della nostra fede: "Per noi, è forza di Dio" (I Cor 1, 18); "Cristo è forza di Dio e sapienza di Dio" (I Cor 1, 24); e più avanti: " risusciterà anche noi con la sua potenza" (I Cor 6, 14).

La fede in questa onnipotenza di Dio ci permette di ammettere più facilmente le altre verità, specialmente le azioni che oltrepassano l’ordine naturale. A un Dio onnipotente, sono proprie le opere eccellenti e mirabili: "Perché a Dio nulla è impossibile!" (Lc 1, 37).

Ci dice San Tommaso d’Aquino: "Col potere divino è concesso all’uomo di fare miracoli per due ragioni: la prima, e principale, per confermare la verità che uno insegna. Le cose che appartengono alla fede sono superiori alla ragione umana e per questo non si possono provare con ragioni umane; è necessario che si provino con dimostrazioni di potere divino. In questo modo, quando la persona realizza opere che soltanto Dio può realizzare, si può credere che ciò che dice viene da Dio; come quando uno presenta un documento col sigillo del re, si può credere che quanto contenuto nel documento provenga dalla volontà del re. In secondo luogo, per mostrare la presenza di Dio nell’uomo con la grazia dello Spirito Santo. Quando la persona fa le opere di Dio, si può credere che Dio in lei abita per la grazia. Si dice nella Lettera ai Galati: ‘Quello che vi dà lo Spirito e realizza miracoli tra voi’ (Gal 3, 5).

Ora, in Cristo, bisognava dimostrare l’una e l’altra cosa, cioè che Dio stava in Lui per mezzo della grazia, non di adozione, ma di unione; e che il suo insegnamento soprannaturale proveniva da Dio. Per questo, era del tutto conveniente che Cristo facesse miracoli. Egli stesso affermò: ‘Se non volete credere in Me, credete nelle mie opere’ (Gv 10, 38). Ed anche: ‘Le opere che mio Padre Mi ha concesso di realizzare, sono quelle che danno testimonianza di Me’" (Gv 5, 36).4

Questi sono i motivi che hanno portato gli Apostoli a credere in Gesù dopo il miracolo da Lui operato alle Nozze di Cana di Galilea (cfr. Gv 2, 11); e molti altri sono stati portati a credere, dopo la resurrezione di Lazzaro (cfr. Gv 11, 1-44).

Lo stesso Gesù giunge a citare le Sue opere come prova della Sua divinità: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella" (Mt 11, 4-5), "Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre" (Gv 10, 25; 37-38).

La Chiesa: un miracolo permanentemente rinnovato

Sì, Gesù Cristo è il Figlio di Dio vivo, come ha affermato Pietro a Cesarea di Filippo (Cfr. Mt 16, 16), pertanto, onnipotente quanto il Padre. Tra la moltitudine dei Suoi miracoli, quale sarà stato il più straordinario? Difficile dirlo con piena sicurezza ma si può fare un’ipotesi di considerevole sostanza che appare come la più probabile.

La Santa Chiesa è passata attraverso numerosi drammi lungo i suoi venti secoli di esistenza; drammi capaci di far sparire qualsiasi stato o governo. Già ai suoi primordi, essa ha dovuto affrontare il "fissismo" religioso del popolo giudeo.

La Redenzione si è operata nell’ambito di questa nazione: le prime azioni, organizzazioni, proselitismo sono stati effettuati da giudei — lo stesso Fondatore, gli Apostoli, ecc. — ed esclusivamente sugli israeliti. Tuttavia, trattandosi di una mentalità blindata nelle proprie concezioni, c’era da temere che la Chiesa venisse ad essere soffocata al suo nascere. Chi avrebbe potuto prevedere le decisioni del primo concilio, quello di Gerusalemme, che rifiuta il giudaismo e si apre ai gentili? Se lo Spirito Santo non avesse ispirato gli Apostoli in questo senso, quanti anni di vita sarebbero stati concessi alla Chiesa?

Pari passu, è sorta l’eresia della Gnosi che assecondava le cattive inclinazioni di quei tempi. I suoi adepti dicevano di aver ricevuto la missione di spiegare e risolvere il problema dell’esistenza del male nel mondo. È stato un grande pericolo per la Chiesa in quell’epoca storica.

Non si finirebbe più, se cercassimo di enumerare tutti gli attacchi subiti dalla Chiesa nel corso dei suoi due millenni. Ci basti ricordare le persecuzioni romane, l’invasione dei barbari, l’arianesimo, i catari e gli albigesi, Avignone, il Rinascimento, il protestantesimo e umanesimo, la Rivoluzione Francese, il comunismo. In altre parole, la Santa Chiesa ha via via ricevuto i più violenti attacchi che la Storia abbia conosciuto, sia esternamente che internamente.

Tuttavia, non si può mai dire che sia arrivata la fine. Questo avverrà soltanto quando si compirà la profezia di Gesù: "Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine" (Mt 24, 14). Fu in funzione di questa profezia che Egli inviò i Dodici a percorrere il mondo intero, per predicare e battezzare, persino nelle persecuzioni, ma sempre convinti che "le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18).

Il Redentore ha anche categoricamente affermato: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. […] Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18. 20). Vediamo, in questi due versetti, quanto la Chiesa sia esistita, esiste ed esisterà sempre per un miracolo permanentemente rinnovato dalle divine e adorabili mani del suo Fondatore.

È in considerazione dell’onnipotenza divina, tanto chiaramente confermata dai miracoli dell’Uomo-Dio, Gesù Cristo, in maniera speciale o dall’immortalità della Santa Chiesa, che si deve comprendere la guarigione del lebbroso narrata nel Vangelo di questa VI Domenica del Tempo Ordinario.

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29 gennaio – IV domenica del Tempo Ordinario

\"\"Quarta Domenica del Tempo Ordinario


I Lettura: Dt 18,15-20
II Lettura: 1 Cor 7,32-35
Vangelo: Mc 1,21-28


 

SCHEMA RIASSUNTIVO

Tema: Gesù il grande Maestro d'Israele
Obiettivo: Far sì che vediamo più facilmente i segni di credibilità che indicano che Cristo è Dio

1. Erano stupiti dal suo insegnamento
a) Gli scribi insegnavano la legge di Mosè. Ma con la loro vita mettevano in cattiva luce gli insegnamenti della stessa legge di Dio.
b) Cristo è veramente "il profeta in mezzo ai suoi fratelli" e Dio Padre ha posto sulle sue labbra le sue parole di vita eterna (prima lettura).

2. Una dottrina nuova
a) Questa dottrina nuova è quella promessa da Dio nel Deuteronomio: "non proferiranno menzogna; non si troverà più sulla loro bocca una lingua fraudolenta" (prima lettura).
b) La dottrina antica è la legge dell'amore, della carità verso il prossimo.
I) Questa carità è distintiva del cristiano autentico: "Guardate come si amano!" diranno i pagani a proposito dei cristiani a Gerusalemme.
II) È il suo comandamento nuovo: "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato".


LA CATECHESI E IL MAGISTERO

"Cristo" viene dalla traduzione greca del termine ebraico «Messia» che significa «unto». Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché egli compie perfettamente la missione divina da esso significata. Infatti in Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una missione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, dei sacerdoti e, in rari casi, dei profeti.
Tale doveva essere per eccellenza il caso del Messia che Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno. Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore, ad un tempo come re e sacerdote ma anche come profeta. Gesù ha realizzato la speranza messianica di Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re (CCC, 436).


I PADRI

Di fronte alla grandezza del miracolo, ammirano la novità della dottrina del Signore, e sono spinti dalle cose che hanno viste a far domande su quello che hanno udito. Non c'è dubbio, infatti, che a questo miravano i prodigi che il Signore stesso operava servendosi della natura umana che aveva assunta, o che dava facoltà ai discepoli di compiere. Per mezzo di questi miracoli gli uomini credevano con maggior certezza al vangelo del regno di Dio che veniva loro annunciato: infatti coloro che promettevano agli uomini terreni la felicità futura mostravano di poter compiere in terra opere celesti e divine. In verità, mentre i discepoli operavano ogni cosa per grazia del Signore, come semplici uomini, il Signore operava miracoli e guarigioni da solo, per virtù della sua potenza, e diceva al mondo le cose che udiva dal Padre. Dapprima infatti il Vangelo attesta che «egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi»; e ora la folla testimonia che egli «con autorità comanda agli spiriti immondi ed essi gli obbediscono» (Beda il Venerabile, In Evang. Marc, 1, 27).

"Ed entrarono a Cafarnao" (Mc 1,21). Significativo e felice è questo cambiamento: abbandonano il mare, abbandonano la barca, abbandonano i lacci delle reti ed entrano a Cafarnao. Il primo cambiamento consiste nel lasciare il mare, la barca, il vecchio padre, nel lasciare i vecchi vizi. Infatti nelle reti, e nei lacci delle reti, sono lasciati i vizi. Osservate il cambiamento. Hanno abbandonato tutto questo: e perché lo hanno fatto, per trovare che cosa? «Entrarono — dice Marco — a Cafarnao»: cioè entrarono nel campo della consolazione. "Cafar" significa campo, "Naum" significa consolazione. Oppure (dato che le parole ebraiche hanno vari significati, e, a seconda della pronunzia, hanno un senso diverso), "Naum" vuol dire non solo consolazione, ma anche bellezza. Cafarnao, quindi, può essere tradotto come campo della consolazione o campo bellissimo… (Girolamo, Comment. in Marc, 2).

LA BIBBIA

«Un grande profeta è sorto tra noi: Dio ha visitato il suo popolo» (Lc 7,16).

«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1,4).

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22 gennaio – III domenica del tempo ordinario

\"\"Terza Domenica del Tempo Ordinario


I Lettura: Gio 3,1-5.10
II Lettura: 1 Cor 7,29-31
Vangelo: Mc 1,14-20


SCHEMA RIASSUNTIVO

Tema: Vocazione: chiamata all'amore
Obiettivo: Far sì che i fedeli scoprano che la vocazione all'apostolato laicale è una chiamata d'amore

1. Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini.
a) La chiamata di Cristo e imprevedibile:
I) Nel quotidiano.
II) Nella realtà della nostra vita abituale.
b) Diventeranno pescatori di uomini:
I) Cristo chiama i suoi a fare ciò che facevano prima (i pescatori), ma con una nuova sfumatura: la salvezza degli uomini.
II) La vocazione consegna all'uomo un orizzonte imprevisto di realizzazione personale.
Pescare uomini per la salvezza eterna dà una profonda gioia spirituale.
Gli stessi uomini "pescati" sono grati, già in questa vita, per il generoso sforzo di chi li ha aiutati ad avvicinarsi a Dio.
c) In ogni caso, questo testo manifesta l'interesse di Dio nell'avvicinarsi alle sue creature ed è una preparazione al grande miracolo dell'Incarnazione del Verbo divino.

2. Subito, lasciate le reti, lo seguirono.
a) La chiamata di Cristo esige una risposta:
I) se è affermativa: riempie di gioia il cuore di chi si mette a seguire il Maestro.
II) se è negativa: procura tristezza, come accadde al giovane ricco che non volle vendere tutto quel che possedeva.
b) Lasciare subito ogni cosa:
I) gli apostoli sono un esempio di come dare una risposta: subito! Essi lasciarono le reti e tutto quel che esse rappresentavano nella loro vita.
b) Seguire Cristo.
I) Questo è il fine della vocazione: seguire Cristo fin dove egli voglia portarci.
II) Seguire Cristo è quel che dà maggior felicità, perché chi segue Dio realizza se stesso.


LA CATECHESI E IL MAGISTERO

Le differenze stesse che il Signore ha voluto stabilire fra le membra del suo Corpo sono in funzione della sua unità e della sua missione. Infatti "c'è nella Chiesa diversità di ministeri, ma unità di missione. Gli Apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, santificare, reggere in suo nome e con la sua autorità. Ma i laici, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, nella missione di tutto il Popolo di Dio assolvono compiti propri nella Chiesa e nel mondo" [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 2]. Infine dai ministri sacri e dai laici "provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici. . . sono consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa" [Codice di Diritto Canonico, 207, 2] (CCC 83).

I PADRI

«Il tempo è compiuto», è un'espressione, questa, che concorda perfettamente con la frase dell'Apostolo: "Ma quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sottoposti alla legge" (Gal 4,4-5).
Il tempo dunque è compiuto, pentitevi. Da quanto tempo si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e «il regno di Dio è vicino, pentitevi e credete al vangelo»: cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente.
A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano. (Beda il Venerabile, In Evang. Marc, 1, 1, 14-15).

Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre.
Segui il vero Padre dell'anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo.
Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell'animo di colui che le abbandona.
Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo (Girolamo, Comment. in Marc, 1).

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15 gennaio – II domenica del tempo ordinario

\"\"Commento al Vangelo – II domenica del Tempo Comune

"Incontriamo il Messia"

La semplicità con cui il Battista ha indirizzato i suoi discepoli a Gesù; l’infiammato zelo di Andrea e Giovanni nell’incontrare il Redentore; Simon Pietro, magnifico frutto di questo apostolato…Nel Vangelo di questa domenica troviamo il paradigma dell’azione evangelizzatrice per tutti i tempi.

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
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35 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?". 39 Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)" 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)" (Gv 1, 35-42).

 

I – Tutti siamo chiamati a evangelizzare

Dio vuole che "tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della Verità" (1 Tim 2, 4). A questo scopo, Gesù ha creato la Chiesa, istituzione essenzialmente missionaria e apostolica, che, nel corso dei secoli, è andata a compiere in crescendo questa grandiosa missione. Egli stesso ci ha detto: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).

Il richiamo all’apostolato non è privilegio esclusivo dei religiosi. Esso si estende anche ai laici, come ci insegna il Concilio Vaticano II:

"L’apostolato dei laici, infatti, derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa. La stessa sacra Scrittura mostra abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa fosse tale attività ai primordi della Chiesa.

I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato diventi ancora più intenso ed esteso. Infatti l’aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell’apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche provocato problemi nuovi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo.

Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l’autonomia di molti settori della vita umana si è assai accresciuta, com’è giusto; ma talora ciò è avvenuto con un certo distacco dall’ordine etico e religioso e con grave pericolo per la vita cristiana. Inoltre in molte regioni, in cui i sacerdoti sono assai pochi, oppure, come talvolta avviene, vengono privati della dovuta libertà di ministero, senza l’opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e operante.

Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l’evidente intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa" (1).

In modo non meno incisivo del Concilio Vaticano II, il Dottor Angelico mette in risalto questa responsabilità dei laici, specialmente nelle situazioni di crisi di religiosità: "Quando la fede si trova in pericolo, tutti sono obbligati a propagarla fra gli altri, sia istruendoli e confermandoli, sia reprimendo e contrastando gli attacchi dei nemici" (2).

Già, Pio XII, a suo tempo, condannava l’inazione in materia di apostolato: "Il Papa deve, nella sua posizione, vigilare incessantemente, pregare, e con prodigalità, affinché il lupo non finisca per penetrare nel recinto per rubare e disperdere il gregge (…). i collaboratori del Papa nel governo della Chiesa fanno tutto quanto è nelle loro possibilità. Ma questo oggi non basta; tutti i fedeli di buona volontà devono risvegliarsi dal letargo e sentire la parte di responsabilità che compete loro per il buon esito di questa opera di salvezza" (3).

In sintesi, la nostra vita interiore esige – nella ricerca della sua più completa perfezione – che aiutiamo tutti coloro che si trovino alla portata della nostra attività apostolica, al fine di incamminarli nel seno della Chiesa.

Questa magnifica opera evangelizzatrice ha il suo paradigma nella Liturgia di oggi.

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Continua a leggere15 gennaio – II domenica del tempo ordinario

8 gen. – Battesimo del Signore

\"\"Il battesimo del Signore

Due massime figure si incontrano: il Precursore e il Messia. Chi è stato il Battista e perché Gesù ha voluto esser battezzato?

 

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
http://www.salvamiregina.it


 














Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo". [9] In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1, 6-11).

 

Nel passo del Vangelo di domenica, 12 gennaio, tratto da San Marco, abbiamo il racconto del battesimo più simbolico di tutta la storia. È interessante conoscere preliminarmente i retroscena in cui si è svolto questo fatto così significativo.

Una voce chiama nel deserto

Tagliando l’antica terra di Israele da nord a sud, il fiume Giordano deve la sua importanza agli eventi storici che si sono verificati lungo il suo corso, più che al fatto di essere un elemento indispensabile per il mantenimento della vita in quell’arido territorio.

Era stato palco di molti miracoli e aveva assistito a scene grandiose, nelle quali era brillata la giustizia di Dio. Tuttavia, intorno all’anno 28 della nostra era, quello che avvenne superò di gran lunga tutto il passato. Giovanni, figlio del sacerdote Zaccaria, lasciò il suo isolamento nel deserto e cominciò a percorrere la regione del fiume, "predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (Lc 3, 3).

A corroborare la sua autorità morale, il Battista aveva la sua vita di penitente del deserto, straordinariamente santa e mortificata: "Andava vestito di manto di cammello e portava una cintura di cuoio ai fianchi, e si alimentava di locuste e miele selvatico". Aumentava la sua reputazione, la sua nascita miracolosa, a molti ben nota.

Inoltre era noto tra il popolo eletto che era stata profetizzata la venuta di un precursore del Messia: "Com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri’" (Lc 3, 4).

Le sue esortazioni provenivano, così, da uno con tutte le credenziali di autenticità per condurre alla conversione.

Grande commozione in Israele

Erano circa 400 anni che nessun profeta faceva udire la sua voce in Israele.

Nulla di più esplicabile, dunque, dell’entusiasmo causato da San Giovanni Battista. Da tutte le parti affluivano moltitudini per ascoltarlo. Vedendole davanti a sé, egli le ammoniva, e le sue parole penetravano a fondo nelle anime, portando molti al pentimento: "Egli diceva: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3, 2).

Simbolo della purificazione della coscienza, necessaria per ricevere questo "regno dei cieli" che era "prossimo", il battesimo conferito da San Giovanni confermava la buona disposizione dei suoi ascoltatori. "Confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano", racconta San Matteo (3, 6).

Israeliti di tutte le classi accorrevano dal profeta della penitenza, ben disposti a purificare il loro cuore. Ma, vi erano anche gli oppositori. Sadducei, farisei e dottori della legge, che lo avevano visto inizialmente di buon occhio, non tardarono a votargli una profonda antipatia. Infastiditi per la sua straordinaria influenza, irritati per le predicazioni, nelle quali condannava i vizi in cui essi incorrevano, cominciarono ad agire contro Giovanni. Misero in discussione il suo diritto a battezzare e gli prepararono delle insidie. Dimostrando grande sagacità, San Giovanni non si lasciò imbrogliare.

Inesorabile verso gli ipocriti e i superbi, il profeta si mostrava dolce con i sinceri e gli umili. "Preparatevi!", ripeteva instancabilmente, "aprite la via del Signore!".

Gli si affiancarono discepoli, che lo assistevano nel suo ministero, e che passarono a costituire un modello di pietà più fervente.

Infine, la sua predicazione produceva un grande movimento popolare verso la virtù, come mai si era visto nella storia di Israele.

Incontro con il Messia

La missione del Precursore era preparare le vie del Messia. Viveva, pertanto, nell’attesa dell’incontro con Lui.

Non aspettò molto tempo. Un giorno notò la presenza di Gesù nel mezzo dei pellegrini. Preso da una soprannaturale emozione, si chinò verso il nuovo venuto, esimendosi dal darGli il battesimo: "Io ho bisogno di esser battezzato da te e tu vieni da me!".

Gli rispose, però, Gesù: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Obbediente, San Giovanni Lo immerse nel Giordano.

Non appena uscì dall’acqua, Gesù si mise a pregare. Allora il cielo si aprì e lo Spirito Santo scese su di Lui nella forma di una colomba. "E si udì dai cieli una voce: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".

Missione conclusa

Qualche tempo dopo aver battezzato il Messia, San Giovanni si avvia verso il martirio, lasciando la scena storica, come egli stesso aveva predetto: "Egli deve crescere ed io, invece, diminuire" (Gv 3, 30). Era entrato in scena il Salvatore, era compiuta la missione del Precursore. Gli restava soltanto l’ultimo atto della sua grandiosa vita: il martirio.

Come afferma San Tommaso d’Aquino, "tutto l’insegnamento e l’opera di Giovanni erano preliminari all’opera di Cristo, come l’opera del praticante e dell’operaio inferiore è preparare la materia perché riceva la forma introdotta poi dal principale artefice".

I grandi artisti ebbero apprendisti che dipinsero le parti meno importanti dei loro quadri, occupandosi appena degli aspetti essenziali. Anche i grandi intagliatori ebbero aiutanti che affilavano gli strumenti, pulivano l’atelier, compravano i legni adatti, ecc.

Questo fu il lavoro di San Giovanni: preparare la venuta di Nostro Signore.

Davanti all’altissima vocazione del Battista, i Dottori della Chiesa espressero sempre grande ammirazione. San Tommaso d’Aquino, per esempio, collocava Giovanni tra i profeti del Nuovo Testamento. Se lo considerassimo dell’Antico — diceva l’Aquinate — sarebbe più grande di Mosè.

Già San Francesco di Sales vede Giovanni come profeta dell’Antico Testamento, l’ultima luce della Legge mosaica e — dice senza titubare — la maggiore.

Comunque sia, la grandezza di Giovanni era tale che lo stesso Gesù dichiarò che lui era più che un profeta, aggiungendo questo elogio supremo: "Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista" (Mt 11, 11).

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1 gennaio – Maria Madre di Dio

\"\"Questa traccia è di Padre Eamonn O´Higgins, LC 


Omelia per il 1° gennaio 2011
Solennità di Maria Madre di Dio

Letture
Num 6,22-27;
Salmo 67;
Gal 4,4-7;
Lc 2,16-21

TEMA DELLE LETTURE

Il libro dei Numeri presenta il modo in cui i sacerdoti israeliti solevano invocare le benedizioni del Signore sulla suo popolo. Il sacerdote deve chiedere la benedizione e la protezione del Signore. Così, è evidente che ogni pace e prosperità proviene dal Signore. Il salmo 67, un inno per il raccolto, è un adattamento di questa preghiera sacerdotale, con una differenza. Include il desiderio che tutte le nazioni lodino Dio e conoscano le sue vie, quando vedranno la sua bontà verso Israele. Il Salmo finisce col riconoscere che il raccolto è il segno della benedizione di Dio. Le letture del Nuovo Testamento parlano di Maria, ma con scopi diversi; Paolo ricorda ai Galati che Dio si è fatto uomini e nacque da una donna per liberare tutti coloro che erano sotto il vincolo della Legge ebraica, donando a loro e a noi il suo Spirito. Ora noi viviamo liberi in quanto figli di Dio. Il brano evangelico narra semplicemente di alcuni pastori che raccontano la loro visione a Maria e Giuseppe. Maria medita sul significato di tuto ciò. L´ultimo verso, piuttosto che la circoncisione di rito, sottolinea significativamente il fatto che il nome di Gesù sia di origine divina.

MESSAGGIO DOTTRINALE

Tutte le cose vengono da Dio. Per strano che sembri al nostro modo di pensare, il popolo ebraico considerava tutte le cose come provenienti dalla mano di Dio e che, perciò, occorre chiedere a Dio tutte le benedizioni necessarie. Questo è, infatti, quel che Dio vuole, perché è Lui che ispira a Mosè la formula sacerdotale. Se gli israeliti cercano il favore del Signore, se il Signore "farà splendere il suo volto su di loro" (cfr. v. 25), tutto andrà bene. Qui troviamo la religiosa convinzione che la pace, la protezione e un´esistenza felice sono doni, benedizioni di Dio. Il salmo 67 esprime la stessa convinzione, vedendo nel raccolto un segnale del favore di Dio. Il riconoscimento e l´adorazione del Signore sono, perciò, il fattore determinante nella vita del popolo ebraico. I profeti dell´Antico Testamento dimostrano continuamente che ciò è vero, nelle alterne fortune del popolo ebraico. I cristiani affermano la stessa convinzione. Il fattore determinante nella vita e nella società, il fattore dal quale in definitiva ogni altro dipende, è la misura in cui la persona, individualmente e collettivamente, riconosce e adora Dio.

Questo atteggiamento fondamentale e determinante ha un´altra conseguenza. Il salmo 67 desidera che tutte le nazioni possano conoscere e riconsocere Dio, vedendo il suo favore nei confronti del popolo eletto (v. 2). Noi cristiani affermiamo lo stesso. La gioia dell´esperienza autentica di Dio (il dono di Dio dello Spirito Santo) è la realtà che professiamo, "è incontro, dialogo, comunione di amore e di vita del credente con Gesù Cristo, Via, Verità e Vita" (n.88, Veritatis Splendore). È questa testimonianza il nostro miglior argomento, appello ed apologia.

Riferimenti nel catechismo: i paragrafi 279-301 parlano di Dio come Creatore di tutte le cose, e di Dio come fautore e sostenitore della creazione; i paragrafi 2084-2132 trattano dell´adorazione dovuta solamente a Dio, non avendo altri dèi al di fuori di Lui e non ponendo idoli; i paragrafi 2142-2159 trattano del rispetto per il nome del Dio; i paragrafi 2168-2188 si riferiscono al rispetto per il sabato, il giorno del Dio.

Maria, la Madre di Dio. Questo titolo sembra insolito e ha bisogno di essere compreso. La natura umana di Gesù Cristo trasse origine da Maria, così come la natura di un figlio attinge alla natura dei suoi genitori. In questo modo, possiamo parlare della maternità naturale di Maria. Lei è la madre naturale di Gesù come uomo. Ma la maternità è molto più della dipendenza naturale. Uno può dire che una madre è sempre intenta a plasmare suo figlio. La crescita del bambino e lo sviluppo della sua natura sono frutto dell´amore della madre. Anche in questo vero senso Maria è madre della natura umana di Gesù. Dio sceglie di apprendere la sua umanità attraverso Maria.

Riferimenti nel catechismo: i paragrafi 456-478 trattano dell´Incarnazione di Dio e di come il Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo; i paragrafi 484-507 parlano della maternità di Maria nel piano di Dio.

La Legge e lo Spirito. La lettera di Paolo ai Galati sottolinea la libertà cristiana dall´osservanza della Legge ebraica. Come Dio ha donato il suo Spirito al cuore del cristiano, il nostro adempimento del duplice comandamento d´amore di Dio e del prossimo è il risultato di un´esperienza interiore di desiderio piuttosto che un vincolo esteriore della legge. Il modo cristiano di vivere, la moralità, non è soltanto un insieme di regole. Piuttosto, è il modo di esprimere la realtà dello Spirito di Dio dentro di noi.

Riferimenti nel catechismo: i paragrafi 1961-1974 trattano della Legge Antica e della Legge Nuova del Vangelo.

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25 dicembre: Natale del Signore

\"\"IL SANTO GIORNO DI NATALE
di dom Prosper Gueranger O.S.B.

 

Il lieto giorno della Vigilia di Natale volge al termine. La santa Chiesa ha già chiuso i divini Uffici dell'Attesa del Salvatore con la celebrazione del grande Sacrificio. Nella sua materna indulgenza, ha permesso ai suoi figli di rompere, a mezzogiorno, il digiuno di preparazione; i fedeli si sono seduti alla tavola frugale, con una gioia spirituale che fa loro presentire quella che inonderà i loro cuori nella notte che darà loro l'Emmanuele.

Ma una solennità sì grande come quella di domani deve, secondo l'usanza della Chiesa nelle sue feste, avere un preludio nel giorno che la precede tra pochi istanti, l'Ufficio dei Primi Vespri nel quale si offre a Dio l'incenso della sera, chiamerà i cristiani alla Chiesa; e lo splendore delle cerimonie, la magnificenza dei canti apriranno tutti i cuori alle emozioni d'amore e di riconoscenza che li debbono disporre, a ricevere le grazie del momento supremo.

Aspettando il sacro segnale che chiamerà alla casa di Dio, impieghiamo gli istanti che ci restano a meglio penetrare il mistero di sì grande giorno, i sentimenti della santa Chiesa in questa solennità e le tradizioni cattoliche mediante le quali i nostri antenati la hanno così degnamente celebrata.

 

Sermone di san Gregario Nazianzeno.

Innanzitutto, ascoltiamo la voce dei santi Padri che risuonò con un'enfasi e una forza capaci di ridestare qualsiasi anima. Ecco per primo san Gregorio, il Teologo, il Vescovo, di Nazianzo, che inizia così il suo trentottesimo discorso, consacrato alla Teofania, o nascita del Salvatore. Chi potrebbe ascoltarlo e rimanere freddo davanti alle sue parole?

"Cristo nasce; rendete gloria. Cristo discende dai cieli; andategli incontro. Cristo è sulla terra; uomini, alzatevi. Tutta la terra canta il Signore! E per riunire tutto in una sola parola: Si rallegrino i cieli ed esulti la terra, per Colui che è insieme del cielo e della terra. Cristo riveste la nostra carne: siate ripieni di timore e di gaudio: di timore a motivo del peccato; di gaudio a motivo della speranza. Cristo nasce da una Vergine: o donne, onorate la verginità per diventare madri di Cristo.

Chi non adorerebbe Colui che era fin dal principio? chi non loderebbe e non celebrerebbe Colui che è nato? Ecco che le tenebre svaniscono; è creata la luce; l'Egitto rimane sotto le ombre, Israele è illuminata da una lucente nube. Il popolo che era seduto nelle tenebre dell'ignoranza, scorge il lume d'una scienza profonda. Le cose antiche sono finite; tutto è ridiventato nuovo. Fugge la lettera e trionfa lo spirito; le ombre sono passate, e la verità fa il suo ingresso. La natura vede le sue leggi violate: è giunto il momento di popolare il mondo celeste: Cristo comanda; guardiamoci bene dal resistere.

Genti tutte, battete le mani; perché ci è nato un Bambino, ci è stato dato un Figlio. Il segno del suo principio è sulla sua spalla: perché la croce sarà il mezzo della sua elevazione; il suo nome è l'Angelo del grande consiglio, cioè del consiglio paterno.

Esclami pure Giovanni: Preparate le vie del Signore! Per me, voglio far anche risuonare la potenza di sì gran giorno: Colui che è senza carne s'incarna; il Verbo prende un corpo; l'Invisibile si mostra agli occhi, l'Impalpabile si lascia toccare; Colui che non conosce tempo prende un principio; il Figlio di Dio è diventato figlio dell'uomo. Gesù Cristo era ieri, è oggi, e sarà sempre. Si senta pure offeso il Giudeo; se ne rida il Greco; e la lingua dell'eretico si agiti nella sua bocca impura. Crederanno quando lo vedranno, questo Figlio di Dio, salire al cielo; e se anche in quel momento si rifiutano, crederanno quando ne discenderà e comparirà sul tribunale di giudice.

 

Sermone di san Bernardo.

Ascoltiamo ora, nella Chiesa Latina, il devoto san Bernardo, che effonde una soave letizia in queste melodiose parole, nel iv sermone per la Vigilia di Natale.

"Abbiamo ricevuto una notizia piena di grazia e fatta per essere accolta con trasporto: Gesù Cristo, Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. La mia anima si è sciolta a queste parole: lo spirito ribolle in me, spinto come sono ad annunciarvi tanta felicità. Gesù significa Salvatore. Che cosa è più necessario di un Salvatore a quelli che erano perduti, più desiderabile a degli infelici, più vantaggioso per quelli che erano accasciati dalla disperazione? Dov'era la salvezza dov'era perfino la speranza della salvezza, per quanto debole, sotto la legge del peccato, in quel corpo di morte, in mezzo alla perversità, nella dimora d'afflizione, se questa salvezza non fosse nata d'un tratto e contro ogni speranza? O uomo, tu desideri, è vero, la tua guarigione; ma, avendo coscienza della tua debolezza e della tua infermità, temi il rigore del trattamento. Non temere dunque: Cristo è soave e dolce; la sua misericordia è immensa; come Cristo, egli ha ricevuto in eredità l'olio, ma per effonderlo sulle tue piaghe. E se ti dico che è dolce, non temere che il tuo Salvatore manchi di potenza; perché è anche Figlio di Dio. Esultiamo dunque, riflettendo in noi stessi, e facendo risplendere al di fuori quella dolce sentenza, quelle soavi parole: Gesù Cristo. Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda!".

 

Sermone di sant'Efrem.

È dunque veramente un grande giorno quello della Nascita del Salvatore: giorno atteso dal genere umano per migliaia di anni, atteso dalla Chiesa nelle quattro settimane dell'Avvento che ci lasciano così cari ricordi; atteso da tutta la natura che riceve ogni anno sotto i suoi auspici, il trionfo del sole materiale sulle tenebre sempre crescenti. Il grande Dottore della Chiesa Sira, sant'Efrem, celebra con entusiasmo la bellezza e la fecondità di questo giorno misterioso; prendiamo qualche brano dalla sua divina poesia, e diciamo con lui:

"Degnati, o Signore, di permettere che celebriamo oggi il giorno stesso della tua nascita, che la presente solennità ci ricorda. Quel giorno è simile a tè; è amico degli uomini. Esso ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino che è nato. Ogni anno, ci visita e passa; quindi ritorna pieno di attrattive. Sa che la natura umana non potrebbe fare a meno di lui; come te, esso viene in aiuto alla nostra razza in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita; questo giorno beato racchiude in sé i secoli futuri; esso è uno e molteplice. Sia dunque anche quest'anno simile a tè, e porti la pace fra il cielo e la terra. Se tutti i giorni sono segnati della tua liberalità, non è giusto forse che essa trabocchi in questo?

Gli altri giorni dell'anno traggono la loro bellezza da questo, e le solennità che seguiranno debbono ad esso la dignità e lo splendore di cui brillano. Il giorno della tua nascita è un tesoro, o Signore, un tesoro destinato a soddisfare il debito comune. Benedetto il giorno che ci ha ridato il sole, a noi erranti nella notte oscura; che ci ha recato il divino manipolo dal quale è stata diffusa l'abbondanza; che ci ha dato la vite che contiene il vino della salvezza che deve dare a suo tempo. Nel cuore dell'inverno che priva gli alberi dei loro frutti la vigna si è rivestita d'una divina vegetazione; nella stagione glaciale, un pollone è spuntato dal ceppo di Jesse. È in dicembre, in questo mese che trattiene nel grembo della terra il seme che le fu affidato, che la spiga della nostra salvezza, spunta dal seno della Vergine dove era disceso nei giorni di primavera, quando gli agnelli vanno belando nei prati".

Non è dunque da stupire che questo giorno il quale è caro a Dio stesso sia privilegiato nell'economia dei tempi; e conforta vedere le genti pagane presentire nei loro calendari la gloria che Dio gli riservava nella successione delle età. Abbiamo visto del resto che i Gentili non sono stati i soli a prevedere misteriosamente le relazioni del divino Sole di giustizia con l'astro mortale che illumina e riscalda il mondo; i santi Dottori e tutta la Liturgia sono molto prodighi riguardo a questa ineffabile armonia.

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18 dicembre – IV Dom. d’Avvento

Quarta Domenica di Avvento


I Lettura: 2Sam 7,1-5.8b-l2.14a.l6
II Lettura: Rm 16,25-27
Vangelo: Lc 1,26-38


SCHEMA RIASSUNTIVO

Tema: I patti di Dio sono patti d'amore

l. Dio stringe un patto d'amore con gli uomini.
a) Dio strinse patti fin dai tempi antichi: Noè e l'arcobaleno; Abramo e la circoncisione; Davide e il regno perpetuo; Maria e l'Incarnazione.
b) Dio non è obbligato a nessun patto. Dio è libero. Perciò, se Dio stringe un patto, lo stabilisce per amore. Se rispetta il patto è per fedeltà a se stesso.

2. I patti di Dio sono smisurati rispetto ai nostri stessi meriti.
a) Davide voleva costruire una casa per Dio: Dio gli dà un regno eterno.
b) Maria accetta il piano di salvezza: la rende Madre di Dio e di tutti gli uomini.
c) Se noi rispondiamo alla sua Volontà: egli farà grandi cose in noi.

3. Dobbiamo accogliere con umiltà, fede e gioia la fedeltà di Dio.
a) Umiltà: solo gli umili possono accogliere con semplicità i piani di Dio.
b) Fede: perché solo la fede è capace di accettare con semplicità la rivelazione di Dio (la creazione, l’Incarnazione, la morte e la Risurrezione; la maternità divina, eccetera).
c) Gioia: il cristiano che crede veramente in queste realtà di fede, vive una vita gioiosa, nonostante le difficoltà quotidiane.


LA CATECHESI E IL MAGISTERO

«Il Nome divino "Io sono" o "Egli è" esprime la fedeltà di Dio il quale, malgrado l'infedeltà del peccato degli uomini e il castigo che merita "conserva il suo favore per mille generazioni" (Es 34,7). Dio rivela di essere "ricco di misericordia" (Ef 2,4) arrivando a dare il suo Figlio. Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato, rivelerà che anch'egli porta il Nome divino: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che lo sono" (Gv 8,28)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 211).

«In ebraico, "Amen" si ricongiunge alla stessa radice della parola "credere". Tale radice esprime la solidità, l'affidabilità, la fedeltà. Si capisce allora perché l’"Amen" può esprimere tanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia in lui (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1062).


I PADRI

«Hai sentito [o Maria] che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà senza concorso di uomo, bensì per opera dello Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia ritorno colui che egli ha inviato.
Anche noi aspettiamo, o Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la sentenza di condanna.
Ecco che ti si offre il prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul momento.
Nel Verbo eterno di Dio tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve risposta siamo destinati ad essere ricreati, sì da esser richiamati alla vita. È ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell'ombra di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati, e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.
Da' in fretta, o Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la terra, gli inferi e i cieli aspettano.
Lo stesso Re e Signore di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: "O bella tra tutte le donne, fammi udire la tua voce!".
Se tu dunque gli fai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.
Non è forse questo che chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo aspettarne un'altra? Sì, sei proprio tu, e non un'altra. Tu, voglio dire, la promessa, tu l'attesa, tu la desiderata, dalla quale il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita eterna, quando diceva: "Aspetterò la tua salvezza, o Signore" (Gen 49,18). Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.
Speri forse da un'altra ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un'altra ciò che tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l'assenso, pronunci la tua risposta?
Rispondi perciò al più presto all'angelo, o meglio al Signore tramite l'angelo.
Pronuncia la parola, e accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti la transeunte, e abbraccia l'eterna!
Perché indugi? Perché trepidi? Credi, confida, e accetta!
L'umiltà assuma l'audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la verginale semplicità dimentichi la prudenza.
Solo in questo caso non temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia più necessaria la pietà nella parola.
Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al Creatore.
Ecco, il desiderato di tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di nuovo a cercare colui che la tua anima ama!
Alzati, corri, apri. Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione.
"Eccomi", rispose, "sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38)» (Bernardo di Chiaravalle, Oratio IV de B.M.V, 8 s.).

 

LA BIBBIA 

«Se alcuni non hanno creduto, la loro incredulità può forse annullare la fedeltà di Dio? Impossibile! Resti invece fermo che Dio è verace» (Rm 3,3-4).

«Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10,13).

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