Fratel Ettore. Il prediletto di Maria
Francesco Rocca, Fratel Ettore. Il prediletto di Maria, Edizioni Fede & Cultura, 2010, pp. 128, EAN 9788864090436, Euro 12,00.
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Prefazione
Quando il biografo è anche testimone, il racconto acquista un valore e uno spessore del tutto particolari, perché il biografo finisce per raccontare anche se stesso, magari tra le pieghe della memoria. Un esempio fra tutti, la biografia di san Francesco scritta da Tommaso da Celano o, se vogliamo andare ancora più indietro, la stesura dei Vangeli, con san Giovanni che annota perfino l’ora del suo primo incontro con Gesù.
Francesco Rocca non ha scritto una biografia sistematica di Fratel Ettore: ha preferito confidare ai lettori la sua esperienza di amicizia e di collaborazione con l’apostolo dei poveri, degli ultimi, figura ben nota non solo a Milano. Rocca era sindaco di Seveso ai tempi della diossina, e proprio in quella città, quasi in riparazione, Fratel Ettore volle erigere Casa Betania, il centro di accoglienza e di preghiera che per anni assorbì privilegiatamente le sue cure. E fu proprio Rocca a firmare, con comprensibile apprensione, le cambiali per l’acquisto della prima casa, cambiali che provvidenzialmente vennero onorate ancor prima della scadenza. Del resto, Fratel Ettore ha sempre avuto dimestichezza con la Provvidenza, a conferma che le opere di Dio non vengono mai meno per mancanza di fondi ma, semmai, per mancanza di fede e di preghiera.
La scelta di raccontare Fratel Ettore attraverso aneddoti, episodi vissuti, è vincente: ne viene un mosaico in cui la figura del santo (lo chiamiamo così fin da ora, senza presunzione di anticipare il giudizio della Chiesa) emerge palpitante e realistica. Moltissimi di noi hanno incontrato, in piazza o nel Duomo di Milano, quello strano camilliano dai capelli arruffati, con quel suo camioncino con la Madonna di Fatima issata sul tetto, che recitava il Rosario attraverso l’altoparlante, seguito da un codazzo di barboni, alcuni anche in carrozzella. Una figura pittoresca? Non tanto e non solo. Brillava, nello sguardo ardente di Fratel Ettore, la fede del cristiano tradotta in opere di servizio ai poveri più poveri, agli emarginati dalla società opulenta. Con l’intraprendenza dell’amore di Dio, egli iniziò la sua opera nei sotterranei della Stazione Centrale di Milano, trasformati da lui in dormitorio e in mensa, ma anche nella cappella per l’adorazione dell’Eucaristia.
Sollecitava la generosità verso il prossimo, Fratel Ettore. Ma attraverso il megafono proclamava: «Non siamo qui per cercare l’elemosina. Siamo qui per far vedere che cosa è la povertà. Questi qui sono uomini e donne raccattati dalla povertà. Quello che date, è per loro che non hanno potuto averlo».
In queste pagine, la spiritualità di Fratel Ettore affiora con chiarezza: una spiritualità intrisa di Eucaristia e di preghiera (quanti Rosari recitati e fatti recitare!), di umiltà profondissima, di fede incrollabile, di carità esplicita e fattiva. Con grande fedeltà allo spirito di san Camillo de Lellis, di cui portava l’abito con la rossa croce sul petto, e profondo amore alla Chiesa, attraverso l’obbedienza ai vescovi. Anche i vescovi, sia il card. Carlo Maria Martini, sia il card. Dionigi Tettamanzi, riconobbero con incoraggiante affetto il carisma di Fratel Ettore.
È commovente, nel libro, l’episodio della visita del frate al vescovo di Como, mons. Alessandro Maggiolini, allo scopo di pregarlo di far in modo che Giovanni Paolo II, in vista a Como, potesse benedire almeno dall’elicottero, nel tragitto verso la Malpensa, la Casa Betania di Seveso, primo di numerosi centri analoghi, in Italia e in America Latina.
Dove c’è santità si aggira anche il diavolo, come ben hanno saputo e sperimentato il santo Curato d’Ars e san Pio da Pietrelcina. Anche Fratel Ettore ebbe a che fare con persone «bizzarre» e con l’odore di zolfo, e se talvolta la sua predicazione assumeva toni apocalittici non era per eccentricità bensì per l’esperienza dell’azione diabolica nel mondo, che si manifesta anche attraverso la diffusione dell’aborto, dell’Aids, della disgregazione delle famiglie, delle guerre in ogni angolo del mondo.
L’apparente disinvoltura di Fratel Ettore nel trattare le cose materiali non era in contrasto con il senso della legalità. Per esempio, egli non volle accogliere i clandestini, o persone sprovviste di documenti, non per timore della legge, ma per garantire una pacifica assistenza e convivenza ai bisognosi.
L’azione caritativa di Fratel Ettore fu riconosciuta anche dalle istituzioni: egli venne insignito dell’Ambrogino d’oro, massimo riconoscimento del Comune di Milano ai cittadini benemeriti, e ricevette il Premio Isimbardi, della Provincia di Milano. In quest’ultima occasione, Rocca racconta il singolare incontro di Fratel Ettore con l’anziana attrice Paola Borboni, ammirata e commossa, così come la scrittrice Annamaria Ortese, la quale fu colpita dalla fama di santità del camilliano.
Ebbe anche incomprensioni, Fratel Ettore, e più volte versò lacrime amare. Ma è sigillo di santità la Croce che egli ebbe a portare non solo sul petto.
Rocca ha voluto integrare il mosaico con alcune interessantissime appendici. In particolare, sono essenziali la testimonianza di sorella Teresa, prima collaboratrice di Fratel Ettore, del quale ha raccolto l’eredità istituzionale, e quella di Carla Rocca, sorella di Francesco, che ha assistito Fratel Ettore anche negli aspetti amministrativi. I ricordi di Carla, messi in fila da Mariarosa Vignoli Toffoletto, fanno toccare con mano l’azione della Provvidenza e confortano con l’evidenza che i santi sono tuttora in mezzo a noi.
Cesare Cavalleri
Direttore di "Studi cattolici" (altro…)