Il mito di Garibaldi (2a ediz.)

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\"\"Francesco Pappalardo , Il Mito di Garibaldi. Una religione civile per l\’Italia, Sugarco 2010, pp. 240, EAN 9788871986029, Euro € 18,50

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Nel suo ultimo saggio Francesco Pappalardo svela il vero volto dell’“eroe dei due mondi”: uno strumento nelle mani della massoneria, per realizzare un’Italia laicista e anticattolica

di Antonio Padovano
per L\’Ottimista, del  16 Novembre 2010

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Davvero la massoneria pensava di utilizzare il Risorgimento italiano per cancellare il soglio di Pietro? È vero che Garibaldi mirava a realizzare una Nuova Italia radical-socialista? Perchè tanto odio contro la Chiesa cattolica da parte delle élite massoniche? E quali erano i rapporti tra Garibaldi e la Massoneria? 
A queste ed altre domande risponde il libro Il mito di Garibaldi – la religione civile per una nuova Italia (Sugarco, 2010) di Francesco Pappalardo.

Il volume di Pappalardo è prezioso perché “aiuta a distinguere fra il programma dell’unità d’Italia – che era coltivato anche da persone e ambienti lontanissimi dalla massoneria – e la modalità con cui l’unità fu realizzata prima e dopo il 1861, spesso in effetti secondo programmi massonici che trovarono in Garibaldi il loro simbolo. Questi, nel fare l’Italia erano soprattutto interessati a rifare o a disfare gli italiani, strappandoli alla fede cattolica per inseguire il mito di una nuova nazione, laicista e relativista, non ritrovata nella storia e nella vita reale della penisola ma costruita a tavolino nelle logge”.

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Il mito delle radici islamiche della società occidentale

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S. GOUGUENHEIM, Aristotele contro Averroè. Il mito delle radici islamiche della società occidentale, Rizzoli 2009, ISBN:9788817028288, pagine 331, Euro 21,00.
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Raramente un libro colto di uno specialista solleva dibattiti internazionali. L'ultimo lavoro del medievista francese Sylvaine Gouguenheim però fa eccezione: nel saggio che ha sollevato più di una polemica nei mesi scorsi uscendo dai ristretti circoli intellettuali, infatti, l'autore dimostra con numerosi dati alla mano l'assoluta infondatezza dell'ultima convinzione postmoderna di stampo multiculturalista che vuole l'Europa, se non figlia dell'Islam, almeno moralmente e culturalmente debitrice. L'Islam illuminato di filosofi come Avicenna (980-1037) e Averroè (1126-1198) per intenderci, quello che si avvicinò e riprese parte della cultura greca classica, avrebbe insomma molto da insegnare all'Europa medievale oscurantista dei 'secoli bui' e anche oggi, nonostante qualche esagitato violento qua e là, questa nobile tradizione proseguirebbe in qualche modo. Se a qualcuno viene da sorridere farebbe bene a tornare alla realtà che è più vicina di quanto si possa immaginare se solo si considera che un recente rapporto dell'Unione europea, manifestando preoccupazione per la scarsa attenzione dedicata all'Islam nei nostri libri di testo scolastici, invita gli Stati europei a porre fine a questa discriminazione e riconsiderare “il posto dell'Islam rispetto al patrimonio europeo” (cit. a pag. 15). Il complesso saggio, articolato in cinque capitoli, si propone quindi di fornire una prima argomentata risposta a questo tipo di convinzioni prendendo in esame un periodo che va dal VI al XII secolo. Il trait d'union ideale del discorso è offerto dalla celebre lectio magistralis di Regensburg di papa Benedetto XVI che, pure se non viene citata, rappresenta autorevolmente la prospettiva d'insieme del lavoro nel momento in cui questo sottolinea le radici principalmente greche del Medioevo cristiano e l'influsso della cultura dell'impero bizantino, figlia diretta del 'tesoro classico', sulla storia del continente europeo.

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Il mito dell’uomo perfetto

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Giorgia Brambilla, Il mito dell’uomo perfetto. Le origini culturali della mentalità eugenetica, Ed. If-press 2009, pp. 217, ISBN 978-88-95565-16-3 , Euro 10,80

 

 

 

Parte Seconda. Dopo la Seconda Guerra Mondiale: l’alba di una “nuova” eugenetica
I. La Genetica dopo la Seconda Guerra Mondiale
II. L’eugenetica liberale: a chi tocca oggi migliorare la vita?
III. Al cuore del problema teorico

Parte Terza. La questione antropologica ed etica
I. La “nipotina” dell’Illuminismo
II. La vera perfezione dell’essere umano

Conclusioni
Appendice I
Bioetica e ingegneria genetica
Bioetica e Diagnosi prenatale
Bioetica ed eutanasia neonatale
Appendice II
Discorso di Benedetto XVI ai partecipanti alla XV Assemblea Generale Ordinaria della Pontificia Accademia per la vita
Bibliografia

 

 


Di seguito proponiamo l’introduzione del volume:

 


INDICE
Parte Prima. I volti storici dell’eugenetica: da Galton ai regimi
I. Alle origini dell’eugenetica
II. Uno sguardo all’eugenetica anglosassone
III. Dall’esaltazione delle teorie di Mendel alla legge sull’aborto del 1938.
IV. Il positivismo italiano e la sua utopia eugenetica
V. L’eugenetica dei regimi

 


Le pratiche eugenetiche furono messe in atto solo dagli scienziati di Hitler?
L’ottimismo positivista e le organizzazioni statuali liberal-democratiche dell’Ottocento furono davvero così immuni dal controllo eugenetico della popolazione? E oggi a chi tocca migliorare la vita?
Quel compito di ricercare l’uomo perfetto, che prima era toccato a politiche di Stato o alla mano di dittatori, ora chi lo svolge e perché?
L’“eliminazione dei difettosi”, che da Galton è passata a politiche di “igiene pubblica” e poi alla tragedia nazista, come e dove avviene oggi?
La risposta a tali domande è possibile se si considera l’eugenetica attraverso un approccio antropologico, ovvero analizzando nei vari ambiti storico-culturali quella visione riduttivista e biologista dell’essere umano che caratterizza l’eugenetica e che, come tale, non è necessariamente legata ad un unico periodo storico. Visione, profondamente svilente, che riduce l’essere umano al suo patrimonio genetico e che questa ricerca intende descrivere a partire dalle sue origini culturali, dimostrando, quindi, che l’eugenetica è presente anche nel mondo contemporaneo sottoforma di mentalità, per poi mostrarne le gravi conseguenze sull’individuo e sulla società, con particolare riferimento al mondo della Bioetica.

 


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La porta dei cieli

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\"\"Jan Dobraczyński, La porta dei cieli. Il romanzo della Madre di Dio, Gribaudi, Milano 2005,  , ISBN 9788871528311 , pagine 104, € 7,50

Jan Dobraczyński (1910-1994) è stato un uomo politico e scrittore polacco, autore di romanzi “kattolici” tra i quali ricordiamo “La spada santa” dedicato a san Paolo, “Incontri con la Madonna Nera” di Częstochowa, intorno alla quale orbitano numerosi personaggi della storia polacca, “il fuoco arde nel mio cuore. Il romanzo di Teresa d’Avila” (tutti editi da Gribaudi, rispettivamente nel 2002, 2003 e 2004). Questo breve romanzo è dedicato alla figura della Vergine Maria – che egli chiama col nome ebraico Miriam – e ci permette di contemplare i fatti evangelici attraverso lo sguardo della Madre di Dio. L’autore attinge alle testimonianze dei Vangeli e degli Atti, integrandoli con la fantasia – per quanto ci sembri più naturale, alla scuola di sant’Ignazio di Loyola, pensare alla “composizione di luogo”, il cui fine non è l’immaginazione di cose inesistenti quanto farsi presenti alla vicenda per poterla “gustare e sentire interiormente.”


Sulla soglia della casa di Miriam si affaccia un ragazzino, Giovanni detto anche Marco – l’evangelista – inviato dal Maestro a Sua Madre per dirLe di raggiungerLo a Cana, alle nozze di un amico. In casa la curiosità di Marco è attratta da una croce piccolissima, a suo tempo fabbricata da Gesù con gli avanzi del legno di Giuseppe. «Non ne conosco il motivo. – risponde Miriam – Anch’io Gli dissi che le croci vere sono grandi, ma Lui mi rispose che le croci crescono allo stesso modo degli uomini…» (p. 8).

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Un generale dell’Europa cattolica del Seicento

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\"\"Padre Berardo ROSSI Ofm, Raimondo Montecuccoli, Un cittadino dell’Europa del Seicento, Edizioni DIGI GRAF, Pontecchio Marconi 2002, pag. 605, ISBN: 8890219823, Euro 25

 


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Per gli amanti della storia cattolica e militare dell’Europa del ’600 è sicuramente di grande interesse la lettura del volume dedicato a Raimondo Montecuccoli, celebre generale modenese al servizio del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica incarnato dalla Casa d’Asburgo negli anni torbidi delle guerre ai Turchi invasori d’Europa e delle lotte intestine e religiose che condussero alla Guerra dei Trent’anni.

Nato da nobile famiglia in rovina del Ducato di Modena nel 1609, Raimondo Montecuccoli passerà alla storia come il Feldmaresciallo Comandante dell’armata cristiana-imperiale che nel 1664, in Austria nei pressi di Graz sconfisse l’armata turca del sultano Maometto IV in marcia su Vienna, determinando il ritiro degli eserciti degli ottomani dai Balcani.

In verità, come sottolinea lo storico Raimondo Luraghi nell’introduzione all’opera di padre Rossi, si è sempre evidenziata la mancanza di una biografia organica del grande condottiero italiano, che fino al termine dell’Ancien Regime fu preso ad immagine ed esempio dai vertici della casta militare europea per le sue doti di fine stratega, storico, umanista. In Italia purtroppo non depose a favore del Feldmaresciallo Luogotenente Comandante Generale delle armate asburgico-imperiali (titolo acquisito dal Montecuccoli nel 1661 per grazia dell’imperatore Leopoldo I) il fatto di aver servito con convinzione alla Corte di Vienna, specialmente nell’Ottocento, quando il Risorgimento italiano individuò – con giudizio antistorico, come bene annota Luraghi – nell’Impero Austriaco il nemico stranero oppressore su cui far convergere i leit motiv demagogici di mobilitazione della borghesia e delle masse. Da ciò derivò l’eclissi degli studi sul Montecuccoli, il quale in verità si meritò fama ed onore per essere stato uno dei più autorevoli interpreti della vita intesa come missione militare al servizio della causa della fede cristiana.

Infatti il generale modenese è tra i più eroici condottieri delle armate imperiali nel corso della Guerra dei Trent’anni, cavalcando attraverso tutti i campi di battaglia dell’Europa centrale e rendendosi partecipe della difesa di Vienna dall’attacco degli eserciti degli Stati protestanti coalizzati con la Francia contro il Sacro Romano Impero.

Ancora: sarà nominato diplomatico personale dell’imperatore Ferdinando III nel 1653, con la missione importantissima di sostenere e condurre la regina Cristina di Svezia alla conversione al Cattolicesimo, ripudiando la religione protestante che aveva oramai conquistato tutto il nord Europa e la Scandinavia in particolare: Raimondo di Montecuccoli sarà uno dei cinque testimoni dell’evento dell’abdicazione della regina e della sua conversione a Bruxelles nel 1654. Tutto ciò viene narrato con tono divulgativo e apprezzabile nel libro di padre Rossi, presentando l’affresco di una società cosmopolita e multiculturale dove tuttavia l’elemento identificativo collante dell’Impero era la fede cattolica che permeava ogni manifestazione dell’agire umano.

Fonte: CR n.1155 del 28/8/2010

Pubblichiamo di seguito il cap. 13 dell\’opera: "Della guerra col turco".

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Viva il Papa!

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\"\"Alessandro Gnocchi-Mario Palmaro, Viva il Papa! Perché lo attaccano, perché difenderlo, Edizioni Vallecchi, 2010, EAN 9788884272072, pp. 200, € 13,00.


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VIVA IL PAPA !

 


 

L’esclamazione: "Viva il Papa!" ci riporta direttamente allo strepito ed alla gioia popolare che si raccolgono in Piazza S. Pietro ogniqualvolta il Pontefice si affaccia al davanzale della finestra.

Nel libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro ("Viva il Papa!" edito da Vallecchi), all’acclamante grido di giubilo si accompagna un sottotitolo: "Perché lo attaccano, perché lo difendono" con il quale viene analizzata l’origine della veemenza anti-papale nell’ineluttabilità dello scontro tra le forze in campo.

Spicca, in questa preziosa indagine, la capacità di "leggere" la presenza di Dio nella storia ed il Suo disegno provvidenziale attraverso i fatti di cronaca che accompagnano, spesso in modo inquietante, il pontificato di Benedetto XVI.

 


Nell’esporre le ragioni per difendere l’attuale regnante Pontefice, gli Autori hanno il merito di ricondurci così, fin dall’introduzione, al significato primigenio della battaglia tra il Signore dell’universo e il Principe di questo mondo, tra il Papa e il mondo. Mondo chiaramente inteso come regno laicista secolarizzato dove si sperimenta l’espulsione di Dio e dei Suoi diritti da ogni sfera della vita dell’uomo (spirituale, culturale, familiare, sociale e dei costumi).

 

Nella confusione dell’epoca moderna, Gnocchi e Palmaro hanno l’indubbio pregio di calibrare la loro analisi su una teologia della storia che ci ripropone il perenne conflitto fra il Bene e il Male e nel quale la Chiesa vera, quella fondata da Cristo sulla roccia di Pietro, ha un ruolo essenziale per la vita di ogni persona, in quanto strumento, àncora di salvezza per tutte le anime.

 


Gli Autori iniziano il saggio con due frasi emblematiche tratte dal volume: "La Chiesa Cattolica. Quando tutte le verità si danno appuntamento" del gigante cattolico inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), che compendiano l’impossibilità della Chiesa e della Verità di scendere a compromessi con il Mondo e la Menzogna. Ecco le significative frasi chestertoniane: "Non abbiamo bisogno di una religione che sia nel giusto quando anche noi siamo nel giusto" e : "Quello che ci occorre è una religione che sia nel giusto quando noi abbiamo torto".

 

Bisogna riconoscere a Gnocchi e Palmaro di aver centrato l’obiettivo, cioè quello di formulare un giudizio critico fondato su una sana teologia cattolica supportata dall’eccellenza dei riferimenti filosofici e letterari ( Robert Hugh Benson, Flannery O’ Connor, il già citato Chesterton e altri ancora). Raramente si riscontra nel panorama del giornalismo italiano un’attenzione alla Dottrina ed alla metafisica tomista di tale portata. Nella ricerca della verità e nella passione per la difesa del deposito tradizionale della fede vengono così seguite le parole di Benedetto XVI, come ad esempio quelle pronunciate nell’omelia della Messa di chiusura dell’anno sacerdotale, lo scorso 11 giugno : "Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone con il quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientanti. …Non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede…".

Ecco così magistralmente riassunta la salvaguardia dell’ortodossia contro le superbe e mendaci eresie mondane.

 


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Imperi del mare

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\"\"Roger Crowley, Imperi del mare. Dall\’assedio di Malta alla battaglia di Lepanto, Bruno Mondadori, pp. 338, EAN 9788861593183, €. 28,00


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Roger Crowley, storico inglese, autore di "1453. La caduta di Costantinopoli", tradotto nel 2008 dalla Bruno Mondatori, pubblica ora "Imperi del mare. Dall\’assedio di Malta alla battaglia di Lepanto". Oggetto della ricostruzione è il Mediterraneo, divenuto dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani, nel 1453, «l\’epicentro di una guerra mondiale» (p. 4) fra l\’islam e la Cristianità.
Un conflitto che durerà circa un secolo, assumendo varie forme: attriti di natura economica, incursioni di pirati, attacchi a porti e fortificazioni costiere, grandi assedi e alcune epiche battaglie navali. Il sultano Solimano I il Magnifico dà inizio alle ostilità con la presa di Belgrado nel 1521, quindi l\’anno successivo assedia e conquista l\’isola greca di Rodi — tenuta dagli ultimi superstiti dei grandi ordini militari crociati, i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, poi di Malta —, infine minaccia Vienna nel 1529.


L\’imperatore Carlo V d\’Asburgo va in soccorso del fratello Ferdinando, re di Boemia e di Ungheria, ed occupa nel 1536 La Goletta e Tunisi, basi africane dei pirati barbareschi dell\’ammiraglio turco Khayr al-Din «Barbarossa», che flagella da anni le coste italiane. Cinque anni dopo cerca invano di espugnare Algeri, ma il risultato è catastrofico: «Ad Algeri si ebbe una sovrabbondanza di schiavi, tanto che il 1541 passò alla storia come l\’anno in cui i cristiani venivano venduti per una cipolla a testa» (p. 69). Le coste della penisola continueranno a essere oggetto delle scorrerie compiute dagli islamici, che saccheggiano città e villaggi, distruggono chiese e conventi, massacrano e riducono in schiavitù le popolazioni cristiane. (altro…)

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Nello specchio del cardinale John Henry Newman

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\"\"Cristina Siccardi, Nello specchio del cardinale John Henry Newman. La vera vita del convertito e ‘dottore’ di Santa Romana Chiesa, beatificato da Benedetto XVI, Edizioni Fede & Cultura, 2010, pp. 204, € 14,50.
 
 


«Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa,

perché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore
e illumina il nostro pensiero»
Joseph Ratzinger-1990
(Benedetto XVI)  


PREMESSA
Un più che secolare luogo comune, a partire da George Tyrrell (1861-1909) e proseguito con Ernesto Buonaiuti (1881-1946), fra i principali esponenti del modernismo italiano, ridotto allo stato laicale e scomunicato, fa del Cardinale John Henry Newman il precursore, quasi il padre nobile, del modernismo classico e, quindi, della nouvelle theologie, fino ad attribuirgli le radici degli elementi più innovativi del Concilio Vaticano II. Niente di più falso e di più distante dalla granitica, lucida e razionale Fede cattolica del grande convertito inglese. Pareva, quindi, utile ribadire la verità storica, in modo da cancellare le ombre delle calunnie di eresia sull‟uomo che Benedetto XVI ha beatificato a Birmingham il 19 settembre 2010, proprio come risposta alta e forte a quei vasti settori della Chiesa cattolica, non solo inglese, che antepongono il dialogo ecumenico alla riaffermazione del dogma.
L‟oratoriano Cardinale John Henry Newman affianca così altri grandi figli di san Filippo Neri: il dottore della Chiesa san Francesco di Sales (1567-1622), fondatore e primo preposto dell‟Oratorio di Thonon (Francia); san Luigi Scrosoppi (1804-1884), servo, fratello e padre di Udine; i beati Giovanni Giovenale Ancina (1545-1604), discepolo di san Filippo a Roma, poi Vescovo riformatore della diocesi subalpina di Saluzzo; Antonio Grassi (1592-1671), che con il suo esempio spinse molti confratelli all‟osservanza della Regola nella sua città di Fermo (Marche); Sebastiano Valfré (1629-1710), direttore spirituale di Casa Savoia, catechista, seminatore del Vangelo e della carità a Torino; José Vaz (1651-1711), indiano di Goa ed evangelizzatore dello Sri Lanka.
Pio XII confidò un giorno al filosofo cattolico Jean Guitton: «Non dubiti, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa», mentre Paolo VI affermò che il Cardinale Newman appartiene a tutti coloro che «sono alla ricerca di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno».

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De Maistre, Considerazioni sulla Rivoluzione francese

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\"\"Joseph de Maistre, Considerazioni sulla Francia, Editoriale Il Giglio 2010, pag. 152, Euro 15,00

 


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Questo libro demolisce l’origine contrattualistica del potere teorizzata da Rousseau ed il filosofismo di Voltaire, e mette a fuoco con grandissima lucidità, solo pochi anni dopo i tragici avvenimenti del 1789, la reale natura della Rivoluzione francese prevedendone anche gli esiti.

La prima traduzione italiana delle Considerazioni sulla Francia fu pubblicata a Napoli, per la Biblioteca Cattolica, nel 1828.


Tra il 1796 ed il 1797 Joseph de Maistre scrisse le sue Considérations sur la France, pubblicate anonime nel 1797. I rivoluzionari ne vietarono la diffusione, ma il libro circolò clandestinamente e fu ristampato in più edizioni. Il loro impatto in tutta l’Europa fu notevole, Maistre influenzò anche avversari accaniti. Basti citare – tra gli autori legati alla storia delle Due Sicilie – Vincenzo Cuoco, il cui saggio critico sulla Repubblica giacobina del 1799 tenne conto delle critiche demestriane all’astrattezza dei modelli costituzionali partoriti dagli ideologi e calati dall’alto su tradizioni e consuetudini delle Nazioni. (altro…)

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Attacco a Ratzinger

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Paolo Rodari e Andrea Tornielli, \"\"Attacco a Ratzinger, Edizioni Piemme agosto 2010, Pagine 322, ISBN 978-88-566-1583-8, Euro 18,00

 


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Ricordo ancora, come fosse oggi, le parole che sentii dire da un cardinale italiano, allora molto potente nella Curia romana, all\’indomani dell\’elezione di Benedetto XVI. "Due-tre anni, durerà solo due-tre anni…". Lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani, come per minimizzare…

Joseph Ratzinger, il settantottenne Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede appena eletto successore di Giovanni Paolo II doveva essere un Papa di transizione, passare velocemente, ma soprattutto doveva passare senza lasciare troppa traccia di sé…

Certo, un accenno alla durata del pontificato la fece Ratzinger stesso, nella Sistina. Ho impressa nella mente l\’immagine del momento in cui accettò l\’elezione. Disse che sceglieva il nome di Benedetto per ciò che la figura del grande santo patrono d\’Europa aveva significato, ma anche perché l\’ultimo Papa che aveva preso questo nome, Benedetto XVI, non aveva avuto un pontificato molto lungo e si era adoperato per la pace.

Ma un pontificato non lungo, a motivo dell\’età già avanzata, non significa passare senza lasciare traccia. Anche quello di Giovanni XXIII doveva essere – e dal punto di vista meramente cronologico è stato – un pontificato di transizione. Ma quanto ha cambiato la storia della Chiesa…

Ci ho ripensato molte volte: visto che non è passato così velocemente come qualcuno sperava, e visto che il suo pontificato è destinato a lasciare un segno, si sono moltiplicati gli attacchi contro Benedetto XVI. (altro…)

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