Fiorenza Manzalini, Elementi di economia politica in Giuseppe Toniolo, Cantagalli 2009, ISBN: 9788882724597, p. 304, Euro 16.00
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Introduzione
«… anche perché le opere di Toniolo sono
realmente scritte in uno stile difficile
concettoso, molti si dissero in seguito suoi
discepoli senza conoscerne affatto il pensiero,
scostandosene anzi assai e talora falsandolo.
Il suo nome rimase una bandiera, ma i suoi
libri vennero sempre meno studiati e le sue
dottrine sempre meno seguite…»
(S.d.D. Elena da Persico)
Il periodico «Oggi Treviso» del 4 luglio 2008 ha annunciato che è stato riconosciuto un miracolo attribuito al prof. Giuseppe Toniolo e che, grazie a ciò, egli verrà beatificato nel
2009.
È probabile che, per tale occasione, molte persone vorranno conoscere qualcosa di questo studioso: esse troveranno in commercio la ristampa della sua Opera Omnia e una decina di altri titoli, principalmente dedicati a descriverne le qualità morali, familiari e di uomo d’azione. Tuttavia, lo studioso insegnò ininterrottamente per quarant’anni Economia Politica all’Università Statale di Pisa: possibile che sia stato un buon padre e apostolo, ma dal punto di vista scientifico sia invece stato negligente o superficiale? O si deve invece pensare che l’economista pisano sia conosciuto e apprezzato più per il suo attivismo “sociale” che per i suoi contributi scientifici?
Nei tre anni di ricerche compiute per il Dottorato in Storia delle Dottrine Economiche – della cui Tesi finale il presente lavoro è un estratto parziale – ho avuto la ventura di visitare numerose e importanti biblioteche e archivi. Con sorpresa ho scoperto che tutti i volumi di carattere economico dell’Opera Omnia di Toniolo presenti in esse erano intonsi. Anche l’analisi attenta degli scritti su “Toniolo economista” conferma questo sospetto: se centinaia sono i libri che lo riguardano – e qualche decina sono dedicati ad aspetti particolari del suo pensiero economico – pochi sono quelli rivolti alla sua analisi scientifica complessiva, teorica e applicata.
Certo, il professore di Treviso usa un linguaggio difficile e da “addetti ai lavori”: nonostante ciò, ai suoi tempi fu spesso isolato o attaccato, ma non ignorato. Egli visse in un’epoca, quella di fine Ottocento e primi del Novecento, in cui la scienza economica, ormai divenuta “maggiorenne” e “vedovata dall’etica”, seppe proporre un metodo, un contenuto, dei teoremi e un preciso indirizzo di politica economica. Questa impostazione scientifica, che ha avuto numerosi seguaci, non fu priva di critici i quali, – pur non temendo di apparire “grilli parlanti”, “dilettanti” o della schiera di coloro che l’economia “non la sanno” – anche a causa di una diffusa subalternità alla economia mainstream, sono oggi sconosciuti.
Per tentare di ovviare alle lacune e agli ostracismi sopra accennati, ho innanzi tutto reperito e poi analizzato la bibliografia primaria: per quanto concerne l’Opera Omnia si vedrà che essa è ampiamente deficitaria e non priva di manipolazioni.
Inoltre, la ricostruzione della bibliografia primaria, ha permesso di individuare la trama dottrinale dell’autore, vedere quali sono i riferimenti teorici e filosofici a cui fa riferimento, esaminare quali aspetti del suo pensiero economico possono considerarsi le “costanti” del suo insegnamento. Così, il suo apporto scientifico complessivo è fondato su un intreccio di discipline collegate e interagenti. Da questo “sistema di pensiero” ho tentato di estrarre e sintetizzare il suo contributo sui temi della distribuzione della ricchezza, dell’organizzazione socio-economica, del socialismo e del capitalismo, del legame dell’economia con l’etica. Ho volutamente omesso l’analisi del testo principale sulla circolazione (banche e attività creditizia) perché postumo.
Per quanto concerne l’impostazione metodologica utilizzata, ho cercato in primo luogo di evitare di cadere nell’apologia, sia religiosa che politica, di cui lo studioso è in qualche modo “vittima”. In secondo luogo, ho adottato due principi conseguenti al primo: un esame “asettico”, ovvero depurato da qualsiasi riferimento “confessionale”, allo scopo di far emergere il solo aspetto scientifico e dottrinale dell’autore.
Per evitare condizionamenti e pregiudizi, ho quindi cercato di essere fedele alle fonti primarie, rispettandone l’importanza gerarchica, integrandole solo all’occorrenza con fonti secondarie. In nessun caso ho formulato ipotesi o conclusioni non supportate dalla corrispondenza a documenti e fatti reali, anche quando fossero ragionevolmente ricavabili dal contesto storico.
Fiorenza Manzalini
[Trascrizione di parte del I capitolo, con omissione di tutte le note]
L’arco di tempo nel quale si svolge l’attività scientifica di Toniolo è ricchissimo di rilevanti fatti storici, di dibattiti teorici e ideali. Si spazia dal processo di unificazione nazionale alla Prima Guerra Mondiale, passando per il lungo periodo dello Stato liberale. Nella storia del pensiero economico, si va dalla conclusione del “periodo classico”, all’affermazione dei filoni neoclassici, passando per la diffusione del pensiero marxiano e del dibattito con la “scuola storica” tedesca.
In questo scenario vi sono tre fatti storici che, se collegati tra loro, sono rilevanti per una corretta contestualizzazione dell’autore.
Va innanzi tutto evidenziato come, fino all’entrata di Vittorio Emanuele II in Padova – proprio nel 1866, l’anno in cui termina la II Guerra d’Indipendenza e Toniolo è laureando –, nella locale Università fosse limitata la diffusione e lettura di autori italiani: «l’autonomia di insegnamento subiva limitazioni costanti ed i programmi dei corsi come i testi adottati erano soggetti all’approvazione diretta del governo di Vienna» all’interno del regime instaurato dall’Impero Austro-Ungarico in risposta ai moti risorgimentali. A un anno dall’annessione del Veneto al Regno d’Italia, l’«Ateneo patavino era ancora retto, infatti, dal Regolamento generale austriaco del 1829, […] che era legato sia al modello delle università tedesche sia al mito medievale».
Così, a Padova, si studiava su «traduzioni di libri in tedesco» e, per le discipline giuridico-economiche, vedevano la luce i primi testi della scuola storico-giuridica tedesca.
Un altro elemento che sicuramente condiziona gli interessi e la Weltanschauung dello studioso veneto è il clima di generale persecuzione dei cattolici, che porterà al c.d. non expedit.
È noto che, per il movimento cattolico, ciò diede luogo a un atteggiamento secondo il quale «esisteva di fatto ed era fortemente sentito un netto distacco tra lo Stato (legalità formale) e la società civile (realtà di fatto)».
Da tale distacco, deriverà la concentrazione di tutte le forze nel “sociale”, attività economica compresa. Infatti, nello stesso anno in cui l’economista trevigiano lascia la Cattedra di Economia politica di Modena, in tale città si svolge il V Congresso Cattolico, che annovera tra i suoi voti il «“riscatto” dell’economia dai principi del naturalismo», la «rinascita di una scienza economica che si conformi alla dottrina cristiana», la «ripresa di un movimento speculativo dei cattolici italiani che si accentri intorno ad una “Rivista di economia o scienze sociali”». Non è superfluo ricordare che tale rivista sarà poi fondata proprio da Toniolo e prenderà il nome di «Rivista Internazionale di Scienze Sociali e discipline ausiliarie».
Questa seconda contestualizzazione può essere utile a spiegare l’isolamento scientifico dello studioso e la sua estraneità ad alcuni dibattiti economici del tempo.
La cosiddetta “rinascita tomistica” è il terzo evento storico e culturale che può aiutare a contestualizzare meglio e classificare la produzione scientifica dell’economista veneto. Si tratta di un movimento culturale iniziato tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento che culminerà con la pubblicazione, nel 1879, dell’enciclica Aeterni patris la quale, a sua volta, è la chiave di lettura di tutto il Magistero del “Papa di Toniolo”, Leone XIII.
Tuttavia, la rinascita tomistica prende grande impulso anche dalla fondazione, nel 1850, della rivista «La Civiltà Cattolica» destinata alla formazione dei ceti intellettuali, nella quale scrivono studiosi quali Luigi Taparelli d’Azeglio e Matteo Liberatore. Come si vedrà, l’economista fa costante riferimento, anche nelle sue analisi economiche, a questi due autori.
Infatti, «Toniolo mostrava di accostarsi […] ai canoni della lettura neoscolastica del mondo moderno, operandone tuttavia un’applicazione sul terreno delle dottrine e idee economiche e dei comportamenti pratici che da quelle concezioni, tradottesi in etica collettiva, sarebbero, a suo avviso, derivati».
Nella direzione dell’approfondimento del “tomismo economico” possono pure essere comprese le relazioni con economisti non italiani, in particolare con quelli dell’Università di Lovanio, il maggior centro di rinascita tomistica francofono.
Insomma, l’inquadramento dell’economista trevigiano all’interno del drastico cambiamento culturale avvenuto nel mondo che più frequentava, mi sembra sia una trascurata chiave di lettura anche della sua produzione scientifica.