Gender a scuola: fatti contro parole

 Gender a scuola: i fatti e le parole (della Fedeli)

 Se qualcuno non ha visto in TV l’interrogazione parlamentare che si è svolta ieri alla Camera, in cui si è chiesto conto alla Fedeli della propaganda gender nelle scuole, può vederne la registrazione su internet (per esempio qui).

Chi va di fretta e si contenta di un riassunto, sappia che l’onorevole Gianluigi Gigli, di Democrazia Solidale, ha chiesto conto e ragione del fatto che – nonostante le rassicurazioni del precedente Ministro Giannini – la propaganda gender nelle scuole continua (e fa riferimento allo spettacolo Fa’afafine, cui sono state invitate moltissime scuole in tutta Italia).

Il Ministro attuale, la signora Valeria Fedeli, continua, a parole, a rassicurare: nella prima replica parla solo di rispetto dei principi costituzionali di pari opportunità, conseguenti alla pari dignità di tutti gli esseri umani, sui quali siamo tutti d’accordo. Possiamo anche essere benevolenti e immaginare che quando parla di  “violenza di genere” sottintenda la violenza sulle donne: nonostante le gigantesche menzogne che ci propinano sul “femminicidio”, diciamo che va bene. A parole, niente propaganda gender.

Gigli replica ribadendo che, visto che la responsabilità educativa, per i minorenni, è in capo alle famiglie, «ci vuole una preventiva autorizzazione delle famiglie per le attività extracurricolari – preventiva! – e a fronte di una segnalazione dei contenuti educativi non neutri, che vengono proposti ad alunni di età adolescenziale e a bambini». E aggiunge che spesso, nei fatti, chi tiene queste “lezioni” fa uscire l’insegnante dall’aula…

Infatti, ciò che avviene nella pratica, è distante anni luce dalle belle parole della Fedeli.

L’onorevole Walter Rizzetto chiede conto di un’interrogazione presentata da Fratelli d’Italia, a proposito di ciò che è avvenuto il 6 marzo 2017 in un liceo di Pescara.

Due psicologhe dell’associazione Arcilesbica nazionale hanno realizzato un progetto che secondo la circolare 197 della scuola serviva alla lotta alla discriminazione, del bullismo e del cyberbullismo, mentre sul sito internet dell’istituto era, invece, presentato come progetto sulle differenze di genere (e quando si parla di genere, invece che di sesso, “gender ci cova”); la circolare 197 si concludeva con la richiesta di «liberatoria fotografica e di adesione», da esprimere su appositi modelli allegati alla stessa circolare, «per rendere le famiglie consapevoli e partecipi dell’iniziativa». Molti genitori non hanno firmato, quelli che avevano firmato la liberatoria non erano «adeguatamente informati», come vorrebbe la nota con le parole del MIUR: «Quasi nessuno era a conoscenza della specificità dei temi trattati, né tantomeno del fatto che i relatori appartenessero alla citata associazione Arcilesbica nazionale». Conclude l’interrogazione: «L’educazione sessuale spetta ai genitori, come sancito sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sia dalla Costituzione, sia da numerosi atti normativi e regolamentari»

La Fedeli, a parole, ribadisce che «la partecipazione a tutte le iniziative extracurricolari, inserite nel piano triennale dell’offerta formativa, e facoltative, prevede la richiesta del consenso da parte dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi, se maggiorenni, i quali, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza», e scarica la responsabilità sulle famiglie che  hanno il dovere di informarsi bene, citando la nota del MIUR del 6 luglio del 2015: «Le famiglie hanno il diritto ma anche il dovere di conoscere, prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola, i contenuti del piano dell’offerta formativa per la scuola secondaria e sottoscrivere formalmente il patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie».

Ciò vuol dire, cari Lettori, che nei fatti per il Ministro un’adesione generica al POF della scuola, sul quale mai sarà scritto nel dettaglio che Arcilesbica terrà lezione agli studenti, per il MIUR vale come consenso informato: sta ai genitori approfondire…

Quindi, come abbiamo sempre detto, bisogna vigilare, dialogare con i figli e gli insegnanti, partecipare agli organi collegiali e – infine – chiedere espressamente e per iscritto dettagli sui progetti dove potrebbe infilarsi l’ideologia gender, e su chi li tiene. La scuola non può rifiutarsi di fornirne.

Oggi più che mai, nonostante la vita frenetica e mille impegni che il lavoro comporta, non si può “delegare” alle istituzioni il ruolo educativo che appartiene innanzitutto, e sopra a tutto, ai genitori.

da: NotizieProvita, 15 aprile 2017

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Umbria: ed essere etero diventa reato

 Approvata legge pro-gay che istituisce il reato di libero pensiero

 L'Umbria approva la norma regionale contro l'omofobia. Che però di fatto fa nascere un tribunale degli omosessuali in ambito lavorativo e scolastico

 La scusa è sempre la stessa: evitare le discriminazioni gay. Ma dietro la norma contro le "violenze determinate dall'orientamento omosessuale" approvata dal Consiglio regionale dell'Umbria si nasconde molto di più.

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 Un retroterra ideologico con l'unico malcelato obiettivo di mettere un bavaglio, coprire i dissenzi, importare un modello unico di pensiero così tanto alla moda quanto minoritario.

La legge è tutt'altro che un semplice elenco di buone intenzioni per evitare che i gay vengano ghettizzati. Anzi. Si è trasformata in una sorta di editto con cui le associazioni Lgbt potranno diventare gli inquisitori unici in ambito sanitario, lavorativo e scolastico. Grazie alla leggina voluta dalla maggioranza Pd che sostiene la governatrice Catiuscia Marini, sigle come Arcigay e Anddos avranno libertà di azione nel trasmettere alle scuole l'ideologia gender, nel controllare aziende e enti pubblici e nel promuovere iniziative per far conoscere (e apprezzare) la cultura Lgbt. Non vorremmo esagerare, e neppure rimediare nuova querela, ma se la dottrina da diffondere è quella dei circoli delle dark room, dei glory hole e delle orge omo documentate in più servizi giornalistici, allora c'è motivo di essere preoccupati.

Discriminati per cosa?

Per capire tutte le ambiguità della norma umbra pro-Lgbt bisogna partire da una lacuna di fondo che rende tutti gli articoli potenziali museruole alla libertà di parola: nell'articolo 1 si parla infatti di "lotta alle discriminazioni omosessuali", senza però spiegare nello specifico quali atti o espressioni vadano considerate offensive. Come spiegato dal consigliere regionale Sergio De Vincenzi, "la legge non definisce la fattispecie della discriminazione, ma afferma il principio della percezione della discriminazione slegata dal fatto reale accaduto". In sostanza, basta che un gay si senta emarginato per accusare chiunque di omofobia. Anche se non è successo nulla. Per esempio: un padre racconta al figlio che i gay non possono avere bimbi? Potrebbe essere considerata una posizione lesiva della dignità omosessuale. E così potrebbe essere punito da chi ha di fatto istituito il reato di libero pensiero.

Controllo di "qualità gender" nelle imprese

Chi ha avuto l'ardire di leggere fino a questo punto, si sieda e si prepari ad osservare da vicino i punti oscuri dell'ignobile legge. Partiamo dal mondo del lavoro. Il Pd ha avuto la straordinaria idea di assegnare alle suddette associazioni il ruolo di "monitoraggio" in ambito professionale. Costringendo imprese, aziende e pmi a sottostare ai capricci dei leader gay. Diranno che non è vero, ovviamente. Ma sono stati gli stessi promotori ad ammettere nel corso della discussione in aula che alcuni commi sono stati scritti da "loro", ovvero sotto dettatura delle sigle omosessuali.

Le mani sulle scuole

La legge infatti non è difensiva, ma offensiva. Nel senso che non intende solo limitare gli atti di bullismo, ma vuole "favorire la diffusione" della cultura dell'identità di genere. Per trasmettere l'idea che il sesso sia la "percezione che una persona ha di sé" e non un dato biologico, è prevista l'offerta di eventi culturali pro-gay, la promozione di "corsi di formazione professionale per il personale scolastico", di "seminari per i genitori" e di "interventi di consulenza" da parte delle Asl in modo da "rimuovere gli ostacoli" all'accettazione della propria identità di genere. Per fortuna le opposizioni sono riuscite a far emendare l'articolo in cui era previsto l'indottrinamento diretto sui giovani studenti, eliminando i corsi sul gender da scuola e limitandoli a genitori ed insegnanti. E non è poco. Inoltre, la battaglia delle famiglie e del Comitato Difendiamo i Nostri Figli ha fatto sì che non possano essere considerate un reato le dichiarazioni sul gender rese nell'esercizio del diritto di opinione. Una cosa normale, in un Paese occidentale. Ma quando si parla di omofobia, è bene specificare. E questo la dice lunga sull'idea di democrazia sposata dal Pd.

L'Osservatorio-tribunale

Per elevare le sigle gay a giudici di ultima istanza sulle realtà (omo)sessuali, l'Umbria ha ben pensato di creare un Osservatorio regionale speciale che profuma di dittatura della minoranza. Ne faranno parte 6 membri del mondo Lgbt e solo 3 delle associazioni delle famiglie. E hanno il coraggio di chiamarla parità, maledetta coerenza. L'Ente peraltro avrà l'importante ruolo di monitoraggio dei fenomeni di discriminazione e di denuncia di eventuali atti omofobi. A dargli man forte ci sarà il Co.Re.Com, il Comitato Regionale per le Comunicazioni con il compito di imporre la linea del pensiero unico a televisioni, giornali e pubblicità. Controllando i "contenuti" scomodi e organizzando programmi appositi per trattare tematiche omosessuali. Guai a chi non s'allinea.

 

Giuseppe De Lorenzo – Gio, 06/04/2017 – 12:48
per http://www.ilgiornale.it/news/cronache/approvata-legge-pro-gay-che-istituisce-reato-pensiero-1383253.html

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Patto scellerato tra comuni e associazioni gay

  Chissà quanti genitori di Siracusa sono informati sulle associazioni che compongono la rete Educare alle differenze, alla quale il Comune, attraverso l’assessorato all’istruzione e alle politiche di genere, ha deciso di aderire. Forse saranno rassicurati dal sapere che alla rete hanno aderito anche assessori e consiglieri dei Comuni di Bologna, Capannori (Lu), Fonte Nuova e Monterotondo (Rm), Parma, Pisa, Pistoia, Torino (dove responsabile delle pari opportunità è Marco Giusta, ex presidente dell’Arcigay locale), del Municipio I di Roma e della Regione Lazio. Vediamo se queste adesioni politiche da Nord a Sud possono essere rassicuranti per i genitori.

Iniziamo col ricordare che Educare alle differenze, che prende le mosse dalla Strategia nazionale Lgbt avviata nel 2013 dall’Unar, riunisce 270 realtà di vario tipo. In particolare, la rete è promossa da tre associazioni: Progetto Alice di Bologna, Scosse di Roma, Stonewall di Siracusa. Gruppi che col tempo hanno sviluppato buoni contatti politici sul territorio.

Non sorprende perciò che proprio rappresentanti di queste tre città abbiano prontamente sottoscritto l’appello rivolto dai promotori della rete agli enti locali, attraverso cui gli amministratori si impegnano a stanziare risorse nei bilanci preventivi del 2017, con i seguenti fini (grassetto nostro): “L’attivazione, all’interno delle scuole di competenza comunale, di corsi di aggiornamento professionali rivolti a educatrici/educatori e insegnanti di asili nido e scuole dell’infanzia, per promuovere l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa, […] in merito alla costruzione delle identità di genere e alla prevenzione delle discriminazioni culturali”; “per l’apertura di ludoteche, spazi di gioco e attività di lettura liberi da stereotipi […]”; “a proporre e sottoscrivere dei protocolli d’intesa con gli Atenei delle nostre città per […] indagini qualitative e quantitative sull’educazione alle differenze e sulla prevenzione di omofobia, transfobia, violenza contro le donne e discriminazioni razziali”.

Il documento si conclude con la richiesta al Parlamento di approvare una normativa che introduca “l’educazione alle differenze e all’affettività” nelle scuole di ogni ordine e grado (come sappiamo, ci sono parlamentari che ce la stanno mettendo tutta per soddisfare la richiesta).

Insomma, nell’appello c’è tutto il repertorio linguistico, pieno di neologismi e caricature, tipico dei teorici del gender. Tra i pericolosissimi stereotipi che gli aderenti alla rete si propongono di combattere ci sono la grammatica (da qui l’uso di asterischi e chiocciole in funzione neutra, per cancellare ogni riferimento al maschile e femminile plurale; esempi: bambin*, ragazz@, tutt*), l’azzurro e il rosa come colori privilegiati per bambini e bambine, le pubblicità sui giocattoli, le fiabe come Biancaneve e Cenerentola, i libri che veicolano l’ormai antiquata idea di famiglia naturale da sostituire con testi moderni che spiegano ai piccoli che si possono avere due mamme o due papà, perché dei gentili signori hanno donato un semino e delle gentili signore hanno donato prima un ovetto e poi il pancino (il lettore ci scusi se ci adattiamo al linguaggio mellifluo di questo genere di opuscoli, volti alla rieducazione di massa già dall’infanzia).

 

Nella manifestazione a Roma del 2015, un laboratorio “fuori programma” di Educare alle differenze si intitolava De-generiamo e si proponeva di esplorare “autoerotismo, post-pornografia, dominazione e sottomissione, bondage e burlesque”. L’associazione capofila Scosse ha inoltre proposto di inserire i temi del transessualismo e dell’intersessualismo nelle scuole per bambini di 0-6 anni e, come suo modello di riferimento, assume i famigerati Standard per l’educazione sessuale in Europa dell’Oms, della cui pericolosità per bambini e adolescenti abbiamo già parlato.

 

Già questo dovrebbe essere abbastanza per mettere in guardia i genitori. Ma poiché c’è sempre chi cerca di minimizzare è bene dare qualche informazione in più. In un tentativo di rassicurare le famiglie e spegnere le proteste, l’assessore alle politiche di genere, Valeria Troia, da anni vicina alla galassia Lgbt di Siracusa, ha detto che la rete di Educare alle differenze è composta da “associazioni no profit, enti locali, organizzazioni dell’ambito sociale, équipe di formazione, associazioni di genitori, centri antiviolenza, case delle donne, gruppi informali di insegnanti, spazi sociali […]”. Di certo, l’assessore non ha convinto la comunità di CitizenGo, che ha lanciato una petizione per fermare il gender nelle scuole di Siracusa. A questo link è possibile inoltre leggere l’elenco completo, aggiornato a settembre 2016, delle realtà che aderiscono a Educare alle differenze. Ci limitiamo ad alcuni cenni a cinque associazioni che fanno parte di questa rete:

ANDDOS

Si tratta dell’associazione assurta agli onori delle cronache per il doppio servizio televisivo della trasmissione Le Iene, che ha mostrato come nei circoli affiliati si pratichino orge e prostituzione (questo quotidiano ne ha già parlato qui, qui e qui), causando le dimissioni del direttore dell’Unar. Il 16 dicembre, cioè due mesi prima che emergesse lo scandalo, la presidente di Scosse aveva definito Anddos “un esempio virtuoso all’interno della rete di Educare alle differenze” (qui il video). L’associazione vuole portare nelle scuole il progetto Parlami d’amore, che propone un’educazione alle differenze di genere e alla sessualità fondata sui già citati standard dell’Oms. Nella scheda di presentazione di Parlami d’amore, Anddos arriva a definire “consolidata letteratura scientifica” un volume di John Money, cioè colui che diffuse il falso scientifico dell’identità di genere e convinse due genitori a crescere un bambino come se fosse una bambina: si tratta del caso di Bruce Peter Reimer, cresciuto come “Brenda”, che non si identificò mai nel sesso femminile e morì suicida nel 2004.

ARCIGAY

L’associazione è ben conosciuta, ma val la pena ricordare la posizione fin qui tenuta sull’utero in affitto. Alcuni membri si sono dichiarati pubblicamente contrari alla pratica, ma a poco a poco i vertici stanno uscendo allo scoperto, come dimostrano la partecipazione a un incontro sulla maternità surrogata del suo presidente e le dichiarazioni del suo segretario dopo le recenti sentenze che, di fatto, hanno ratificato l’utero in affitto. Nessun accenno al fatto che si tratta di una pratica disumana, che comporta la schiavizzazione delle donne e la mercificazione dei bambini. Peraltro, è espressamente vietata dalla legge.

CASSERO LGBT CENTER

Collegato all’Arcigay di Bologna, il Cassero è quel circolo che promuove corsi di bondage e, durante la Quaresima di due anni fa, organizzò l’evento blasfemo Venerdì credici, in cui uomini seminudi, con una corona di spine in testa, mimavano atti sessuali imbracciando una grande croce. È davvero triste pensare che un’associazione che offende Cristo e i cristiani possa arrivare a educare dei bambini.

CIRCOLO DI CULTURA OMOSESSUALE “MARIO MIELI”

Il circolo è intitolato a Mario Mieli, attivista gay e teorico degli studi di genere, morto suicida nel 1983. Nel saggio Elementi di critica omosessuale, Mieli arrivò a sdoganare la pedofilia, rappresentandola come “liberazione” del bambino: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro”. La domanda è: voi intitolereste mai un’associazione a un personaggio che scriveva di poter fare l’amore con i bambini?

FAMIGLIE ARCOBALENO

Basti dire che sostiene apertamente l’utero in affitto.

L’ampia rete di Educazione alle differenze è completata da varie sigle dell’universo Lgbt italiano, dagli atei e agnostici dell’Uaar e da associazioni abortiste e femministe che attaccano perfino l’obiezione di coscienza, ossia il diritto che preesiste a tutti i “nuovi diritti” che questi gruppi vorrebbero imporre attraverso la loro martellante propaganda, facilitata da media compiacenti. Davvero è un bene consentire che educhino bambini e ragazzi?

La realtà è che con il pretesto del contrasto al bullismo, alle discriminazioni, all’idea di omofobia veicolata dall’associazionismo Lgbt e dai suoi sostenitori politici (per cui “omofobo” sarebbe anche chi è contrario all’utero in affitto, come insegna il tweet di Monica Cirinnà contro lo spot diffuso da ProVita), nelle nostre scuole stanno entrando organizzazioni radicali.

(di Ermes Dovico per www.lanuovabq.it del 29 marzo 2017)

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I prof porteranno il gender nelle scuole

 Così i prof insegneranno la teoria gender nelle scuole

 Ecco il contenuto dei tre libri con cui istruire i docenti su come insegnare la teoria gender ai propri alunni

 
 

 La teoria gender verrà insegnata nelle scuole. Sono, infatti, pronti i “percorsi innovativi di formazione e aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con particolare focus sul tema Lgbt e sui temi del bullismo omofobico e transfobico”.

Un’iniziativa che nasce nell’ambito “strategia nazionale” anti omofobia e che il governo Letta ha affidato a 29 associazioni del mondo Lgbt, finanziata con 10 milioni di euro.

I tre volumi che spiegano la teoria gender

Si tratta di tre volumi quasi identici, ognuno per i vari gradi scolastici: superiore, media inferiore ed elementare. Il libello intitolato ‘Educare alla diversità nella scuola’, secondo il giornale online Tempi, ha lo scopo di spiegare che omosessuali si nasce, non si diventa. Per evitare discriminazioni non è sufficiente “essere gay friendly (amichevoli nei confronti di gay e lesbiche), ma è necessario essere gay informed (informati sulle tematiche gay e lesbiche)”. I docenti non dovranno limitarsi a non insultare o non escludere i gay ma dovranno evitare “analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assume che l’eterosessualità sia l’orientamento normale)”, poiché queste possono tradursi nella pericolosa assunzione “che un bambino da grande si innamorerà di una donna”. È vietato quindi elaborare compiti che non contengano situazioni diverse e occorre formulare problemi del tipo: “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”.

L'identità sessuale

Secondo questi opuscoli, l’identità sessuale sarebbe suddivisa in quattro parti. La prima componente è l’identità biologica che si riferisce al sesso. La seconda è l’identità di genere che dipende dalla percezione che si ha di sé e “non sempre l’identità di genere e quella biologica coincidono”. La terza è il ruolo di genere, imposto dalla società e infine c’è l’orientamento sessuale, da cui dipende l’attrazione verso altre persone che possono essere dello stesso sesso o del sesso opposto.

Secondo queste linee guida non esistano “individui attratti dal proprio sesso che non hanno comportamenti omosessuali o alcuna attività sessuale” e pertanto gli alunni devono imparare che queste persone “hanno forti sensi di colpa rispetto alla propria omosessualità”. Questa si chiama “omofobia interiorizzata” e dipende da “pregiudizi e discriminazioni che possono rendere più difficile l’accettazione del proprio orientamento”, mentre le “terapie riparative” vengono definite “estremamente pericolose”.

Come riconoscere un omofobo

“L’individuo omofobo” viene descritto come un anziano accecato da un alto “grado di religiosità” e di “ideologia conservatrice”. Si va dall’ “omofobo di tipo religioso che considera l’omosessualità un peccato” a quello “scientifico che la considera una malattia”, fino ai “genitori omofobi”. Nei libretti anti-omofobia si trova anche il questionario per misurare il proprio grado di omofobia e si consiglia di coinvolgere nel progetto anche i genitori. A chi chiede perché ci sono persone con attrazioni dello stesso sesso, si consiglia di rispondere che è così “per la stessa ragione per cui altri individui sono attratti da persone del sesso opposto”. A chi domanda l’omosessualità si può guarire si deve risponde di no, ricordando che “chiunque dica il contrario diffonde un pregiudizio”.

I giochi gay-friendly

Si invitano i docenti a far vedere ai propri alunni serie tv con “famiglie allargate” come Modern Family, oppure Tutto in famiglia o La vita secondo Jim in cui vi sono genitori eterosessuali litigiosi. Si consiglia di fare attività come “Gioco dei fatti e delle opinioni” o Caccia agli stereotipi”, con i quali, in sintesi, si fa il lavaggio del cervello ai propri studenti. Gli insegnanti dovranno anche cercare di far immedesimare gli alunni “eterosessuali” con gli “omosessuali” e metter loro “in contatto con sentimenti e emozioni che possono provare persone gay o lesbiche”. Si propone la visione di documentari come Kràmpack, in cui la masturbazione fra due ragazzi è presentata come esplorazione e «gioco».

 

Francesco Curridori – Mar, 21/02/2017
per http://www.ilgiornale.it/news/cronache/cos-i-prof-insegneranno-teoria-gender-nelle-scuole-1367305.html

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Per una lotta intransigente al gender

 E' facilissimo reperire manualetti, opuscoli, brochure che pretendono di insegnare come difendersi dal gender nella scuola. Purtroppo, quasi tutti invitano al dialogo, alla collaborazione, all'immischiarsi nella scuola: sono cioè in qualche modo subalterni al pensiero dominante, spesso anche collusi con i partiti che il gender hanno permesso, in primis i fedelissimi al cattolicesimo democratico: Area Popolare, NCD e UCD.

Si dimentica che, fin dall'Unità d'Italia, lo Stato totalitario liberale "affidò alla scuola il fare gli italiani" (D. Bertoni Iovine), cioè il condizionarne l'istruzione in modo da favorire che gli scolari divengano individui isolati e schiavi dello Stato.

Si dimentica che, in questa quarta fase della dissoluzione dell'identità occidentale e cristiana, il divorzio, l'aborto, la pillola omicida del giorno dopo, la fecondazione artificiale, le unioni gay, l'eutanasia, la canna libera per tutti e la legge che ha introdotto il gender in tutte le scuole sono tasselli di un unico mosaico.

In questa prospettiva, la lotta per la difesa ai valori non negoziabili non può ammettere nè dialogo, nè accordi, ma deve sempre cercare il maggior bene possibile senza mai omettere di annunciare la verità piena.

Quel che segue non è il solito manualetto, ma pochi semplici consigli per una lotta intransigente, l'unica che abbia qualche efficacia immediata e in prospettiva.

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  1. La prima cosa di cui si deve tener conto è che il gender a scuola è legge dello Stato, come previsto dalla c.d. legge sulla “Buona scuola” (approvata grazie al voto determinante di NCD-Area Popolare-UDC) e quel che possiamo e dobbiamo fare è limitare i danni. Stessa situazione per l’educazione sessuale, anche se travestita da educazione all’affettività et similia.
    La difesa da queste iniziative va fatta da noi laici, preparandola per tempo e con intelligenza: teniamo conto che “il dialogo” con la scuola di Stato, anche se non sembra ideologizzata, è generalmente inefficace. La via legale e amministrativa, specialmente se coadiuvata dai media e da esponenti di vari partiti, risulta quasi sempre più efficace, ma va preparata oculatamente.
     
  2. Raramente la propaganda Gender è pianificata a breve: di solito si tratta di progetti preparati accuratamente con molti mesi in anticipo.
    Se ce ne accorgiamo tardi, l'unica strada percorribile è quella di una immediata richiesta di incontro col Dirigente scolastico. Un breve testo può aiutare a prepararlo: http://www.totustuustools.net/Consigli_operativi_per_dirigenti.pdf
    Si può ritenere che una decina di genitori firmatari della richiesta di incontro (meglio se di più) sia un numero sufficiente ad evitare rappresaglie sui nostri figli. Se tra costoro figura almeno uno degli eletti in Consiglio di Istituto aumentano le probabilità di riuscita, ma la richiesta non va caricata solo su costui o su un solo genitore.
    A volte il Dirigente offre la possibilità di ospitare un nostro co-relatore in cambio della non-belligeranza: è un’offerta che deve essere rifiutata, come eventuali altre simili, perché hanno il solo scopo di legittimare l’iniziativa tramite il consenso implicitamente ottenuto dai genitori.
     
  3. Le risposte dei dirigenti scolastici, provveditori e Ufficio Scolastico Regionale seguono sempre la medesima linea: "abbiamo seguito correttamente le procedure previste dalla normativa".
    In quest'ottica è opportuno imparare dal "caso Galvani 2015”:
    La Curia contro l'Arcigay: "Colonizza la scuola": http://bologna.repubblica.it/cronaca/2015/03/29/news/la_curia_contro_l_arcigay_colonizza_la_scuola_-110764526/  (un cardinale, da solo, ottiene al massimo eco massmediatica)
    Il provveditore: “Legittimi i corsi con Arcigay” http://bologna.repubblica.it/cronaca/2015/03/31/news/il_provveditore_sta_col_galvani_legittimi_i_corsi_con_arcigay_-110861218/ Iniziative legittime, al Galvani come in altri istituti, si tratta di progetti approvati dagli organi collegiali
    La difesa della Ministro Valeria Fedeli: http://www.totustuustools.net/Risposta_Ministro_Fedeli.pdfazioni attivate in maniera legittima e senza contravvenzione alle leggi dello Stato e alle norme del sistema di istruzione
    Stessa linea di difesa dell’Ufficio Scolastico Regionale: “hanno operato  garantendo  la  trasparenza, l’informazione e il coinvolgimento delle famiglie nelle scelte educative, nella definizione dell’Offerta Formativa e nella programmazione delle “attività didattichehttp://www.totustuustools.net/allegato_riposta_interrogazione_3843.pdf (prepararsi raccogliendo documentazione per dimostrare il contrario).
     
  4. In particolare, per quanto concerne la preparazione, occorre raccogliere documentazioni su:
    –   I fatti: in quali classi, in che data, che cosa esattamente è stato fatto, chi lo ha fatto, se son state chieste spiegazioni, in che forma son state chieste e cosa ci hanno risposto.
    Il consenso informato: quale testo è stato utilizzato, come è stato mandato al dirigente scolastico, se costui ha risposto qualcosa.
    –  Il Comitato Genitori: esiste? sono disposti ad esporsi o sono socialisti? da quanti genitori è composto? qualcuno di costoro è rappresentante di classe o di istituto?
    Procedimento amministrativo. Un rappresentante dei genitori ha titolo per chiedere l’accesso a documenti amministrativi relativi al testo del progetto (sia esso extra curriculare o “simil-curricolare”), al verbale del Collegio docenti e del Consiglio di Istituto che lo hanno deliberato. Da questi ultimi si ricava se il progetto è stato oneroso per l’Istituto.
    Altre forme di protesta. Le forme di protesta pubblica (ad es. volantinaggio all’uscita) possono essere utili se permettono di coinvolgere nuovi genitori.

In generale, visto che ormai le iniziative intese a diffondere l'ideologia omosessualista sono diffuse (sono pochissime le scuole che ne sono immuni), conviene non farsi sorprendere ma prepararsi per tempo, anche quando non c'è l'esigenza immediata.
Ciò vale anche per gli istituti dove il fenomeno si è già manifestato. Se vi sono anche pochi operatori dotati di buona volontà, in tali istituti la resistenza dovrebbe essere più facile da organizzare.
A questo scopo si offre un Vademecum di base da leggere prima di agire: http://www.totustuustools.net/vademecum_scuola_ridotto.pdf

iGpM
totustuus.it

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E’ ufficiale: Governo PD-UDC sporcaccione

 Palazzo Chigi finanzia la prostituzione omosessuale

Ormai è ufficiale, non vede solo chi non vuole vedere: dietro ai temi della discriminazione, delle differenze di genere, del bullismo, del femminicidio e simili, si nasconde un progetto inteso a distruggere le radici cristiane l'identità d'Italia .
 Divorzio, aborto, pillola del giorno dopo, fecondazione artificiale, unioni civili, gender a scuola, eutanasia…. tutto congiura a corromperci e farci perdere identità e valori.
Sullo sfondo, il sogno del socialismo antico: lasciare ogni uomo solo, indifeso davanti allo Stato, schiavo.

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Unar sta per «Ufficio anti-discriminazioni razziali». All’interno del Dipartimento Pari opportunità della presidenza del consiglio, si occupa di promuovere la «parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni» razziali, etniche e sessuali con campagne di comunicazione e adottando progetti «in collaborazione con le associazioni no profit». Nel mirino della iena Filippo Roma è finito un finanziamento di 55mila euro ad un’associazione di «promozione sociale» dietro cui, secondo la trasmissione televisiva, si nasconderebbe il business del sesso gay a pagamento. Ecco il testo del servizio che andrà in onda stasera su Italia 1.

Con che criteri l’Unar sceglie le associazioni da accreditare e finanziare con migliaia di euro? Il suddetto ufficio del governo ha come compito quello di contrastare le discriminazioni su razza o sesso e a tal fine gestisce anche denaro proveniente dai contribuenti.

Accreditate nel registro dell’Unar si annoverano alcune associazioni molto conosciute come Amnesty International, Unicef, Croce Rossa Italiana, Comunità di Sant’Egidio. In questo elenco, però, compaiono anche associazioni poco o per niente note. Una di queste, con l’ultimo bando assegnato qualche settimana fa, si è aggiudicata circa 55.000 euro. Di cosa si tratta?

lo scoop de "Le Iene"

Proprio su questa associazione un segnalatore, che ha preferito tenere nascosta la propria identità, ha fatto avere a Filippo Roma le seguenti dichiarazioni.

Segnalatore: In realtà questi circoli non sono altro che dei locali con ingresso a pagamento, dove si incontrano persone gay per fare sesso, a volte anche questo a pagamento.
Iena: Quindi tu ci stai dicendo che in questi circoli si fa sesso e pure a pagamento?
Segnalatore: Sì, perché si tratta di un’associazione di imprenditori del mercato del sesso gay. Si nascondono dietro l’etichetta di associazioni di promozione sociale. Le stesse che dovrebbero avere come mission quella di aiutare le persone, ma in realtà, il loro unico scopo è quello di fare soldi senza pagare le tasse.
Iena: In che modo?
Segnalatore: Sfruttando la denominazione di associazione a cui sono concesse delle agevolazioni. Se si trattasse di un locale commerciale dovrebbero pagare le tasse sull’ingresso, sulle bibite, su tutto ciò che viene venduto, compresi i massaggi. E dovrebbero anche comprarsi una licenza. Alle associazioni invece, non è richiesto niente di tutto questo, proprio perché l’attività principale dovrebbe essere senza fini di lucro. Basta andare sui siti di quei posti per capire che cosa offrono.
Iena: Che cosa sono le dark room? (ndr, sul sito di uno di questi circoli tra i servizi offerti vengono citate le «dark room»).
Segnalatore: Sono delle stanze buie dove la gente entra vestita, nuda, per fare sesso con chi capita, senza guardarsi in faccia. Là dentro succede di tutto, molto spesso senza nemmeno usare protezioni. Ti puoi immaginare i rischi per le malattie.
Quello che trovo assurdo è che un’associazione come questa, con circoli, saune, centri massaggi, dark room, ma soprattutto dove si pratica la prostituzione, possa aver vinto un bando della Presidenza del Consiglio, soldi pubblici.
Iena: Chi è che si prostituisce?
Segnalatore: Normalmente lo fanno i massaggiatori. Finito il massaggio chiedono esplicitamente al cliente se vuole andare oltre, con qualche servizietto extra a pagamento. Esistono dei veri e propri listini, ogni cosa ha il suo prezzo.
Iena: Normalmente quanti clienti si fanno fare il massaggio extra?
Segnalatore: Quasi tutti quelli che chiedono il massaggio lo fanno per avere prestazioni sessuali, altrimenti andrebbero in qualsiasi altro centro che costa anche di meno.
Iena: Ma come è possibile che alla Presidenza del Consiglio non si accorgano di queste cose?
Segnalatore: Effettivamente è strano. È ancora più strano che il direttore dell’Unar, l’ufficio che distribuisce i finanziamenti, sia associato a uno di questi circoli.

Riguardo a quest’ultima sua affermazione, il segnalatore dice di essere a conoscenza dei riferimenti relativi al presunto tesseramento del direttore dell’Unar. Si tratterebbe del codice socio e del numero della tessera, con data di rilascio e di scadenza e data di nascita fornita dal socio al momento dell’iscrizione.
La Iena decide per tanto di far luce sulla vicenda recandosi in alcuni di questi circoli. Filippo Roma mostra quindi immagini esclusive che confermerebbero come tra le attività prevalenti in questi luoghi ci sarebbe la pratica del sesso libero e anche estremo. In alcuni casi, servizi come dark room o glory hole sono chiaramente segnalati sui siti di questi circoli. A volte, i servizi di massaggi offerti all’interno dei suddetti circoli, come affermato dal segnalatore, includerebbero anche, con tanto di tariffario, prestazioni extra che prevedono sesso a pagamento. (…)

Per avere delucidazioni in merito alle parole del segnalatore anonimo, Filippo Roma intervista Francesco Spano, direttore dell’Unar.
Iena: Lei è il direttore dell’Unar, giusto?
Spano: Sì.
Iena: Che è l’organismo della Presidenza del Consiglio che si occupa di assegnare una serie di fondi a varie associazioni che sono in prima linea contro le discriminazioni sessuali e razziali, giusto?
Spano: Sì, fra i compiti ha anche quello di gestire l’attività contro la discriminazione.
Iena: Queste associazioni per essere accreditate presso il registro dell’Unar che requisiti fondamentali devono avere?
Spano: Devono avere tutta una serie di requisiti di legge previsti che si possono trovare anche sul nostro sito.
Iena: Infatti, li abbiamo trovati e abbiamo letto questa cosa qua che tra…
Spano: Scusate un secondo..
Iena: Prego, prego (ndr, il direttore Spano si allontana). Aspetti, ma dove va?
Spano: Un secondo, riesco subito.
Quando gli vengono chiesti quali sono i requisiti per essere accreditate presso il registro dell’Unar, Spano entra improvvisamente negli uffici della Presidenza del Consiglio dicendo di aver ricevuto una telefonata.
Filippo Roma raggiunge Spano in un secondo momento per rivolgergli ulteriori domande:
Iena: Avvocato, ci eravamo preoccupati che fosse andato via o scappato.
Spano: No, scusate ero al cellulare, perché devo scappare? Anzi, vi chiedo scusa.
Iena: Ci mancherebbe altro. Tra le varie associazioni che nel 2016 hanno ottenuto questi finanziamenti della Presidenza del Consiglio ce n’è una che ha ottenuto 55 mila euro.
Spano: Partecipava ad un progetto, mi pare.
Iena: Esatto. E come attività preminente, ha ben altro.
Spano: Allora, noi stiamo a quello che ci dichiara lo statuto delle associazioni.
Iena: Però, dicevo, a voglia a fare tante altre cose rispetto alla lotta contro la discriminazione…
Spano: A noi risulta che fa questo, poi non so che altro fa.
Iena: Glory Hole, sa che cos’è?
Spano: No, assolutamente no.
Iena: È una pratica sessuale dove c’è un buco …
Spano: Questo non lo so. Ora, grazie se mi date questa segnalazione grazie, ora verificheremo.
Iena: dark room?
Spano: No, ora questo lo verificheremo, insomma, l’importante…
Iena: Ci hanno segnalato dark room dove avviene un po’ di tutto…
Spano: Questa sarà una cosa che riguarderà la vita privata delle persone, non rileva a noi, però, verificheremo.
Iena: Per carità, questa è la vita sessuale delle persone, però, soprattutto, in questi circoli si pratica la prostituzione.
Spano: Questo spero di no. La prostituzione è un reato.
Iena: E si pratica nei circoli accreditati con l’Unar?
Spano: No, questo no. Allora, assolutamente no, le posso assicurare. Noi verifichiamo.
Iena: Le assicuro io, invece. Le faccio vedere un filmato, guardi..
Spano: Non mi interessa il filmato.
Iena: Come non le interessa il filmato? Lei è quello che dispensa questi finanziamenti pubblici.
Spano: Nel senso, ci credo, lo verificheremo.
Iena: Guardi un po’ che abbiamo visto. (ndr, Filippo Roma mostra il filmato al direttore). Questo è un massaggio che avviene dentro a una sauna, un massaggiatore che propone un extra. Un extra di natura sessuale. Poi, un’altra sauna…
Spano: No, no, non mi interessa questa cosa, grazie… Ci credo, dal punto di vista di vederlo non mi aggiunge niente. Mi ha dato l’informazione. Comunque, guardi, io oggi stesso, ora torno in ufficio, convocherò il Presidente di *** e verificherò questa cosa, perché se l’attività è, come voi dite, legata alla prostituzione, ci mancherebbe altro.
Iena: Lei come direttore dell’Unar, non svolge dei controlli su cosa combinano queste associazioni?
Spano: Le ripeto, io faccio un controllo cartaceo e formale su quello che viene dichiarato.
Iena: Un po’ a caso?
Spano: No, no, non è che posso andare nei circoli a vedere cosa succede, questo non…
Iena: Direttore, questo lo sappiamo noi che non facciamo parte dell’Unar e non lo sa lei che è il direttore dell’Unar?
Iena: 55 mila euro. Ma perché i contribuenti italiani devono finanziare con le proprie tasche associazioni dove si pratica la prostituzione?
Spano: Assolutamente no.
Iena: Lei, di fronte a queste scene, se la sente di assegnare questi fondi?
Spano: Ora, su questo faremo la verifica che stiamo facendo e se fosse un’associazione che, come voi dite, con questi fondi sosterrebbe la prostituzione ovviamente no. Ma va in automatico, le assicuro. Stia tranquillo, su questo guardi sono tranquillissimo.
Iena: Con un direttore che controlla così le associazioni che ricevono questi fondi non sono tranquillissimo…
Spano: Stiamo ulteriormente facendo dei controlli. Oggi stesso, io, anche grazie alla vostra segnalazione, convocherò il Presidente di *** e chiederò se c’è una difformità rispetto a quello che è dichiarato nello statuto e quella che è la loro attività svolta. Nel caso, annulleremo questa assegnazione.
Iena: Lei non conosceva l’attività di ***?
Spano: L’attività di *** la conosco come attività di promozione, di seminari, hanno un giornale, cose di questo tipo.
Iena: Perché qualcuno ci ha detto che lei è socio dell’associazione ***?
Spano: No, assolutamente no. Non so di cosa stai parlando.
Iena: Sicuro? Perché a noi sono arrivati degli estremi di una tessera…
Spano: Ora però devo andare…
Iena: Abbiamo quasi finito, poi la lasciamo andare.
Spano: La prego davvero.
 Iena: Ci risulta un numero di tessera, ***, fatta il XX.X.XXXX a nome suo.
Spano: Non so, io no ho…dove e come?
Iena: Non è tesserato?
Spano: No.
Iena: E perché noi abbiamo questi estremi?
Spano: Non lo so.
Iena: Ci toglie una curiosità per cortesia?
Spano: Sì.
Iena: Noi ci chiediamo. Sia mai che chi dispensa fondi pubblici a una serie di associazioni, sia anche socio di quella associazione, no? Se no ci sarebbe un conflitto di interessi?
Spano: Ora vi devo salutare, però, davvero. Arrivederci.

 

 

Da: http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12308826/palazzo-chigi-finanzia-prostituzione-gay-le-iene-filippo-roma.html

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Edizioni paoline omosessualiste

Clicca l'immagine per leggere l'articolo Libri gender per bimbi: i Paolini rompono il tabù

 

A forza di bussare dalla porta di servizio alla fine la gender revolution è entrata di diritto dalla porta principale. Si chiama Storie per bambine e bambini ed è uno degli ennesimi libri ispirati all’ideologia del gender. Stavolta però non si tratta di una qualche casa editrice più o meno lobbistica che fa capolino nelle librerie o nelle biblioteche civiche per istruire i giovani virgulti alla fluidità di genere. No, il libro porta il timbro delle edizioni San Paolo. Un colosso dell’editoria cattolica. Anzi, per migliaia di catechisti, sacerdoti e famiglie, l’editrice cattolica per eccellenza.

 

Non precipitatevi in libreria a comprarlo. Il testo infatti uscirà a marzo, ma una descrizione dell’opera è presente nelle librerie on line. Leggiamo la scheda del libro:

“Una raccolta di storie pensate per offrire alle piccole lettrici e ai piccoli lettori un insieme variegato di personaggi e situazioni in grado di offrire un immaginario sul femminile e sul maschile libero da stereotipi e pregiudizi. C'è la sirena Ornella, protagonista de "La sirena e il bambino", che non ama cantare, non cura molto il suo aspetto fisico e ha una grande passione – studiare le stelle – che insegue con forza e tenacia. Ci sono poi Viola e Margherita, "Due gemelle per la pelle", che rappresentano due modi completamente differenti di essere bambine, e poi ancora, la piccola Alice che grazie all'aiuto di una simpatica babysitter riesce a vedere con occhi diversi i suoi genitori: non solo come "il suo papà e la sua mamma" ma come una bellissima coppia. E poi c'è Andrea che da grande sogna di guidare il taxi, proprio come la sua mamma. Età di lettura: da 4 anni”.

Forse è bene partire dalla fine, cioè dall’età di lettura consigliata. Che se un maschietto di 4 anni in quel momento sta giocando con i soldatini è bene che sappia che può giocare tranquillamente con le bambole perché in fondo certe ideologie entrano meglio ad una tenera età. Ovviamente che il libro sia gender oriented lo si deduce da alcune parole talismano che giustificano le storie: stereotipi, pregiudizi, ma lo si comprende bene anche dalla spiegazione offerta dall’ufficio marketing della San Paolo per le librerie: “Le storie – ricche di illustrazioni colorate e divertenti affrontano i temi del rispetto e delle pari opportunità tra maschi e femmine”. Ora, che un bambino di 4 anni sia costretto a bersi la cicuta del mito delle pari opportunità, già questo è alquanto rischioso.

Ma è con il riferimento all’autrice, la pedagogista di genere Irene Biemmi, che si capisce come finalmente certe operazioni lobbistiche a forza di spingere l’acceleratore siano riuscite a entrare anche nel mondo dell’editoria cattolica. L’autrice è presidente di Rosaceleste, associazione dedicata alla promozione della parità tra i generi e alla lotta agli stereotipi e alla violenza. Ecco sciorinate in poche parole i concetti fondamentali che hanno costituito l’architettura fondante dei cosiddetti gender studies: il genere uomo/donna come costruzione sociale provocato da stereotipi e foriero di violenza.

Rosaceleste infatti ha svolto anche convegni e spettacolidestrutturare gli stereotipi di genere: per una cultura dell'eguaglianza tra i sessi nell'educazione e nel lavoro”.

Recentemente infatti in tribunale a Firenze è andato in scena uno spettacolo sull'educazione di genere curato proprio da Biemmi, che viene presentata come una accesa nemica dell’educazione sessista: “Nei libri di lettura viene rappresentato un mondo popolato da valorosi cavalieri, dotti scienziati, padri severi, madri dolci e affettuose, casalinghe felici, streghe e principesse che nutre l'immaginario di bambine e bambini, che strutturano le rispettive identità di genere sulla base dei modelli proposti. Scopo della conferenza spettacolo Rosaceleste, che da questa ricerca prende spunto, è decostruire, disarticolare, smontare l'assunto di una "naturalità" delle differenze tra maschi e femmine, svelando alcuni dei meccanismi culturali che stanno a fondamento di un preciso addestramento sociale ai ruoli di genere, attivato sia a scuola che in famiglia”.

Basterebbe fermarsi qui, alla necessità di smontare “l’assunto di una naturalità delle differenze tra maschi e femmine”, per capire il tranello, che porta a promuovere un’antropologia che nega la natura umana e che in fondo non è altro che l’applicazione pedagogica del rifiuto del progetto creatore di Dio sull’uomo e dello svilupparsi della sua progettualità. Un progetto creativo – giova sempre ricordarlo – che ha permesso alla Chiesa di diffondere il concetto di persona nella differenza tra i sessi e che nessuno pretendeva venisse imposto nelle librerie laiche e generaliste italiane, ma che, almeno, si sperava fosse ancora valido in quelle che tutti riconoscono come cattoliche. Si vede che anche alla San Paolo hanno cambiato idea e che il tarlo catto-gay ha attecchito anche tra gli scaffali.

Andrea Zambrano 04-02-2017 per http://www.lanuovabq.it/it/articoli-libri-gender-perbimbi-paolinerompono-il-tabu-18841.htm

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Cyber bullismo, menzione speciale per il gender

 Il genere è ormai diventato il minimo comun denominatore delle politiche di questa legislatura, si tratti di scuola o di salute pubblica. Lo si trova da per tutto, persino la recente revisione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori ha previsto particolari tutele per i dipendenti esposti ad discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, sebbene siano stati eliminati molti diritti acquisiti di tutte le categorie dei lavoratori.

Non poteva mancare quindi una speciale menzione alla questione del genere nel testo sul contrasto al cyber bullismo che sarà votato oggi in maniera definitiva dal Senato. Più precisamente nell’articolo 3 del suddetto disegno di legge viene istituito il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyber bullismo presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Questa cabina di regia, che avrà anche il compito di redigere il piano di azione integrato, sarà animata da esperti di vari ministeri, associazioni con comprovata esperienza nei diritti dei minori e degli adolescenti, associazioni studentesche e dei genitori, operatori del web e, come se tutte queste realtà non fossero sufficienti ad inquadrare la problematica, anche dalle associazioni che si occupano contrasto alle discriminazioni di genere.

E’ una menzione speciale, di cui non sono degne le organizzazioni che combattono le altre forme di bullismo menzionate nel testo di legge. Nei primi articoli si afferma chiaramente infatti che la legge persegue ogni atto di bullismo o comportamento vessatorio per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali e sociali della vittima.

Insomma tutte le categorie erano già specificate in questa definizione, non si spiega allora perché dare il privilegio di sedere al tavolo tecnico ai presunti esperti di tematiche di genere. Seguendo questo ragionamento al tavolo avremmo avuto anche i rappresentati delle leghe contro il razzismo, delle associazioni contro le persecuzioni religiose, di quelle per i diritti dei portatori di handicap e delle minoranze etniche come sinti e rom. Oltre tutto la questione dell’orientamento di genere risulta pleonastica alla luce della dicitura legata alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. 

Tutte queste osservazioni sono state avanzate giovedì scorso al Senato, in occasione della discussione degli emendamenti, dai senatori Malan e Giovanardi che hanno presentato una modifica che eliminava il riferimento – inserito al passaggio alla camera  – alle associazioni che si occupano di genere, facendo di questa forma di bullismo una superiore e distinta da tutte le altre. 

Durante il dibattito, il relatore del governo Francesco Palermo in un primo momento aveva accolto la richiesta avanzata dall’opposizione, ma ripreso immediatamente dal senatore Pd Sergio Lo Giudice, noto attivista gay che ha ottenuto due figli da utero in affitto in California, si è rimesso al volere dell’aula che poi ha bocciato l’emendamento 3.100 di Malan. 

Nel suo intervento Lo Giudice ha ripetuto che il gender non esiste e che le questioni di genere attengono “primariamente” al rapporto tra genere maschile e genere femminile. Il senatore dem ha inoltre sostenuto che è necessario che a questi tavoli “siedano le associazioni LGBT”, poiché “in questo paese sono da tempo antico le principali sostenitrici e promotrici di azioni e di progetti contro il bullismo nelle scuole e nella società”.

Insomma la manina dei rappresentati del mondo lgbt in Parlamento porta a casa anche un posto al tavolo che dovrà elaborare le strategie anti-bullismo. Ma la legge in questione stanzia anche 220000 euro, ulteriori ai due milioni già previsti, che saranno distribuiti dai distretti scolastici provinciali a quelle associazioni che andranno a sensibilizzare gli studenti con iniziative di varia natura. Una torta che rischia di alimentare le casse di realtà ideologizzate che sperimentano le loro teorie sulla pelle dei ragazzi. 

 

Marco Guerra, per http://www.lanuovabq.it/it/articoli-cyber-bullismo-menzione-speciale-per-il-gender-18799.htm

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Ferrara: arriva il vademecum sanitario LGBT+

 “Le persone Lgbt sono prima di tutto persone, e in quanto tali con gli stessi diritti di tutela della salute e di benessere che si riconoscono alle persone eterosessuali”. Questa la frase con cui si apre il quaderno “Oltre gli stereotipi di genere – verso nuove relazioni di diagnosi e cura” destinato ai professionisti della salute voluto da Annalisa Felletti, assessora alle Pari Opportunità del Comune di Ferrara.

Iniziativa congiunta

La pubblicazione del documento arriva al termine di un anno di lavoro che ha visto la collaborazione di diversi soggetti tra cui l’azienda Usl, l’azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, del Comune e del Centro Donna Giustizia, nonché ovviamente le sempre presenti associazioni LGBT+ del territorio: Circomassimo, Arcigay, Arcilesbica, Famiglie Arcobaleno e Agedo. Oltre a loro la pubblicazione ha potuto contare anche sul sostegno dell’Ateneo cittadino e i patrocini della Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna e dei sindacati confederali Cgil e Uil.

Con la scusa di attenersi a direttive di organizzazioni mediche internazionali circa “la tutela della salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività” le indicazioni espresse nel quaderno hanno il chiaro obiettivo di “normalizzare” il comportamento omosex, mettendo sullo stesso identico piano eterosessualità e omosessualità, normalità e devianza.

DOCUMENTO IDEOLOGICO

In questa prospettiva, il nuovo documento sanitario è un vero e proprio documento ideologico promosso dall’assessore alle Pari Opportunità con il sostegno e il gentile ringraziamento delle super attive associazioni LGBT dell’Emilia-Romagna.

Nel presentare il vademecum per i medici emiliani la Felletti ha spiegato come esso contenga:

“buone pratiche per un atteggiamento non giudicante nel contesto operatore sanitario – paziente. (…)non si parla di un trattamento speciale ma si sottolinea la necessità di una assistenza sensibile alle differenze”.

 

L’intento – precisa sempre la Felletti – è quello di promuovere dunque

“un atteggiamento consapevole dei pregiudizi, degli errori degli stereotipi” e si pone l’attenzione, soprattutto, sull’analisi del linguaggio: dal 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito l’omosessualità come variante naturale del comportamento umano, ma ancora oggi è verosimile ipotizzare casi di stigmatizzazione o vera e propria avversione da parte dei professionisti sanitari – come suggerisce il report annuale dell’UE (FRA, 2015) – né si può garantire si utilizzino sempre “termini neutri e inclusivi nei colloqui con i pazienti”.

Manuela Macario dell’organizzazione LGBT+ Circomassimo ha ricordato l’importanza del linguaggio in una visione del mondo che dà per scontato che tutte le persone siano eterosessuali, sottolineando la necessità di sensibilizzare a riguardo tutte le professioni mediche del territorio provinciale attraverso un ampio progetto di formazione.

CORSO “EDUCATIVO”

Assieme al libretto, l’iniziativa prevede infatti anche il consueto corso educativo di indottrinamento al gender promosso dal Servizio Sanitario regionale dell’Emilia-Romagna e dall’Università degli Studi di Ferrara in programma per il prossimo 17 gennaio.

Eugenio Di Ruscio, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliero Sanitaria, ha accolto con entusiasmo il progetto, presentandolo come una doverosa “conquista civile”, affermando:

“Il rispetto delle differenze è la caratteristica di una società che si dica civile, e il quaderno suggerisce una adeguata relazione tra professionisti e i bisogni dei pazienti”

Un entusiasmo condiviso anche dall’assessore regionale alle Pari Opportunità Emma Petitti, che ha lodato il quaderno sanitario LGBT+, dichiarando: “una pubblicazione di portata innovativa che riguarda l’intera società, (…) che testimonia la forza e la capacità di una città che porta nella quotidianità un impegno trasversale contro la discriminazione”.

Discriminazione, stereotipi, differenze, pregiudizi. I vocaboli utilizzati sono sempre gli stessi così come gli obiettivi. Lo scopo evidente è quello di presentare le persone omosessuali come una minoranza perseguitata e priva di diritti al fine di “sensibilizzare” i cittadini alla “causa omosessualista”. ll vademecum per i medici emiliani, presentato come una encomiabile “conquista” del Servizio Sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, costituisce nella realtà un pessimo servizio ai propri pazienti che si vedono proprinare giocoforza l’inconcepibile ed anti-salutare “normalità” gay.

Da:www.lanuovabq.it

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Prime reazioni al gender nelle scuole

 E’ stata portata allo scoperto in molte città d’Italia l’azione della Lobby LGBT: all’insaputa delle famiglie e grazie a sindaci del Partito Democratico, i bambini venivano costretti a visionare spettacoli teatrali altamente discutibili, intesi ad inculcare subdolamente la propensione a comportamenti omosessuali.

In provincia di Bologna il Partito Democratico difende le scelte del Sindaco di Castello d'Argile che ha concesso il teatro.
Di fatto, il PD nega il diritto educativo dei genitori e dei partiti che ne prendono le difese affermando: “L’attacco del centrodestra all’attività didattica espletata nel plesso scolastico di Castello d’Argile è pericoloso e dannoso. Rappresenta un'indebita intromissione nell’autonomia didattica degli insegnanti e delle istituzioni scolastiche” (Resto del Carlino, 12/1/2017, p. 20).
Secondo i nuovi comunisti, dunque, il diritto di educare compete solo ed esclusivamente allo Stato.
Gli abomini compiuti dal Governo Renzi – NCD contro la famiglia non sono stati un caso.

C’è da sperare che queste iniziative non si fermino, diventino più generali e organizzate, fino a neutralizzare i loro promotori e “padrini” politici.

 

Comunicato Stampa CDNF

Gandolfini: “Necessario il consenso consapevole dei genitori per iniziative didattiche su temi sensibili”

 

Grazie all’azione collettiva dei gruppi locali del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, in alcune città italiane, tra cui Bolzano e Bologna, si aperto un accesso dibattito con gli uffici scolastici riguardo un’attenta valutazione della proposta teatrale dello spettacolo "Fa' afafine" – il cui protagonista è un ragazzino gender fluid che si sente maschio o femmina a seconda dei giorni – e la garanzia del diritto al consenso informato dei genitori”. Dichiara Massimo Gandolfini, presidente del Comitato promotore del Family day.

 

La massima attenzione suscitata tra i genitori – prosegue Gandolfini – ancora una volta dimostra come la cultura del popolo italiana non è assolutamente allineata a queste derive antropologiche, avendo ben chiaro il principio che la condotta affettiva dei ragazzi è strettamente legata alla loro identità sessuata”. “Continueremo pertanto la nostra attività di sensibilizzazione sempre nell’ottica della difesa dell’innocenza dei più piccoli”. Conclude il presidente del Family day.

Intanto, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli – Commissione Scuola – comunica di aver inoltrato nuovamente al MIUR la richiesta di attenta valutazione della proposta teatrale dello spettacolo “Fa’ afafine”, prevista sul territorio nazionale nei prossimi mesi.

La richiesta è accompagnata da qualificata valutazione pedagogica nella quale si evidenzia come la tematica del gender fluid, ivi trattata, risulti inconciliabile con la pluralità degli orientamenti educativi delle famiglie e sia ritenuta dallo stesso Ministero incongruente con la funzione pubblica della scuola nella quale “non rientrano in nessun modo né 'ideologie gender' né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo".

Segnaliamo che la collocazione della rappresentazione teatrale al mattino e la proposta indiscriminata alle scuole, rendono necessario il consenso consapevole delle famiglie e la previa e adeguata informazione su ogni dettaglio relativo ai contenuti, alle modalità di attuazione e ai possibili percorsi educativi ad essa connessi. La partecipazione a iniziative didattiche legate a temi sensibili e legati alle scelte educative e culturali delle famiglie è facoltativa, anche se proposta in orario scolastico, e i genitori possono aderirvi o meno esercitando il "diritto di educare e istruire i propri figli". È nel loro diritto chiedere che i propri figli vengano esonerati e dispongano in alternativa di altre attività scolastiche, a tutela del diritto allo studio.

Chiediamo quindi ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e ai rappresentanti dei genitori di assicurare una puntuale raccolta di esplicite adesioni, prima che la propria scuola decida di proporre agli allievi la rappresentazione e ribadiamo la necessità di coinvolgere le associazioni dei genitori anche nella progettazione di percorsi didattici contro le discriminazioni. Solo in questo modo sarà garantito il pluralismo culturale della scuola e la libertà di educazione di tutti.

 

Roma, 11 gennaio 2017
Comitato Difendiamo i Nostri figli

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