Bologna gay pride: cosa resta?

 Nel tardo pomeriggio di sabato 1° luglio 2017, è calato il sipario sul pride nella città che ha dato i natali al movimento LGBT in Italia. Ma quest’anno qualcosa non ha funzionato.

 Nessuno tra i 55 comuni della provincia ha dato il Patrocinio all’iniziativa, costringendo così gli organizzatori a fare una raccolta fondi che ha fruttato solo 5.500€.  L’evento ha dovuto accontentarsi dell’adesione dei giovani del Partito Democratico, dell’Associazione Nazionale Partigiani, della galassia di associazioni gay friendly che ruotano attorno al PD e degli altri pride.

La scarsità dei donatori (319 i dichiarati, che diventano circa 100 se si depennano i parlamentari e i nominativi ripetuti) fa luce sul reale peso elettorale di questa lobby. Insomma, se a sfilare sono migliaia è solo perché gli stessi attivisti si spostano da una città all’altra.

Questo “flop” – parziale ma significativo – potrebbe esser dovuto all’azione di una “contro-lobby” (il locale Comitato Difendiamo i Nostri Figli – Family Day) che è intervenuta sia sui Sindaci sia coinvolgendo consiglieri comunali del Centro-Destra (in primis Forza Italia e Fratelli d’Italia) e di liste civiche.

Questi i principali argomenti proposti e condivisi da partiti e amministrazioni: in ogni gay pride si offende sempre la sensibilità religiosa; l’evento è “divisivo” in quanto irrita o non trova riscontro nel comune sentire dei cittadini di ogni convinzione; privilegia le unioni affettive di ogni genere rispetto al matrimonio naturale; sostiene il primato dello Stato nell’educazione sul diritto naturale primario dei genitori; prevarica il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà.
Di più: finita la sfilata, mentre iniziavano i consueti baccanali notturni, un’importante presenza di cattolici pregava nella Basilica di San Domenico «in riparazione dei peccati contro la vita e la famiglia».

Così, del gay pride bolognese resta soltanto un «Documento Politico» -consegnato ovviamente all’amministrazione PD del capoluogo emiliano romagnolo -, che addirittura riecheggia contenuti del socialismo chiliastico e merita molta attenzione.
In esso ci si propone di occupare lo spazio pubblico perché vengano «scritte nuove leggi per riconoscere anche ciò che ancora non esiste» e si rivendicano  come proprie le battaglie del femminismo; dell’identità di gender omosessuale e transessuale; delle unioni gay; dell’ageismo (discriminazione per età: pedofilia?); delle adozioni da parte di coppie omosessuali; dell’utero in affitto (Gestazione Per Altri); della fecondazione artificiale.

In senso opposto, vengono agitati in modo ossessivo gli spauracchi del fascismo, del «sistema patriarcale eteronormativo capitalistico», dei cattolici, del bullismo, del razzismo, dell’obiezione di coscienza in tema di aborto e di pillola “del giorno dopo”.
Di particolare interesse è il sostegno all’immigrazione che comprende una dura presa di posizione contro il pur blando Decreto Minniti-Orlando.
Infine, per ciascun tassello del mosaico che porta alla deriva etica del Paese si richiedono nuove leggi, azione nella scuola, utilizzo del welfare, sportelli di prevenzione medica e – sull’esempio di Toscana, Piemonte e Umbria -, una legge regionale che introduca lo “psico-reato” di «omo-lesbo-bi-transfobia».

Chi pensa che il gay pride sia soltanto un momento di rivendicazione sessuale è servito: siamo di fronte a una vera e propria avanguardia rivoluzionaria, che riassume in sé tutta l’eredità corrosiva e disgregatrice del Sessantotto.

Pertanto, anche se la consistenza e il peso politico del mondo gay friendly è relativo, non bisogna dimenticare che «il fallimento degli estremisti è, dunque, soltanto apparente. Essi danno il loro contributo indirettamente, ma potentemente, alla Rivoluzione, attirando lentamente verso la realizzazione dei loro colpevoli ed esasperati vaneggiamenti la moltitudine innumerevole dei “prudenti”, dei “moderati” e dei mediocri».

La battaglia in difesa della vita e della famiglia dovrà dunque continuare; e per i bolognesi prosegue con una petizione intesa a chiedere un’inversione di marcia a favore della famiglia.

 

David Botti, per https://www.osservatoriogender.it/bologna-gay-pride-cosa-resta/

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Bologna: avvisaglie di gender diktat?

  Cobas comunisti:
evitare ingerenze  associazioni genitori

Martedì 20 giugno, nella città più gay friendly d’Italia, i Cobas (comitati di base della scuola), assieme ad altre 17 associazioni della galassia del Partito Democratico, hanno svolto un presidio davanti all’Ufficio Scolastico Regionale (USR).

Cosa ha chiesto la «rete di associazioni, collettivi, spazi sociali, sindacati» di sinistra? Aprite bene le orecchie, perché la cosa ha dell’incredibile: «una nota ufficiale dell’USR che si esprimesse chiaramente contro le indebite ingerenze nel funzionamento delle scuole da parte di sedicenti associazioni di genitori, che hanno l’obiettivo di provocare ingiustificati allarmi e di condizionare le attività delle scuole, inficiando la libertà di insegnamento e subordinando la stessa al cosiddetto “consenso informato”».

La richiesta trae origine dalla forte reazione di famiglie, associazioni e partiti allo spettacolo teatrale genderista “Afa’ Fafine”, rappresentato nel mese di gennaio a Castello d’Argile (BO). In tale occasione, oltre alla reazione spontanea delle famiglie e di alcune piccole associazioni scolastiche, il locale Comitato Difendiamo i Nostri Figli aveva messo in guardia tutti i dirigenti scolastici della Provincia, coinvolgendo anche i due maggiori partiti dell’opposizione alle Giunte PD. Forza Italia, principalmente grazie all’azione dell’avv. Bignami, aveva portato per circa 20 giorni la protesta delle famiglie sulla stampa locale, in Consiglio Regionale e persino in Parlamento. Il consigliere comunale Polazzi di S. Pietro in Casale, vicino alla Lega Nord, aveva coordinato una importante serie di volantinaggi nei più importanti paesi del circondario. Oltre a queste tre iniziative, molte altre – come ad esempio gesti di forte impatto mediatico di Forza Nuova – avevano provocato un inatteso sconquasso nelle varie riunioni dei dirigenti scolastici di tutta Bologna.

Altre reazioni, benché minori e meno organizzate, sono seguite nei mesi successivi, esasperando i Cobas al punto di parlare di una «azione organizzata di diversi gruppi integralisti cattolici e neofascisti, che attraverso l’attacco alla presunta e inesistente teoria del gender, mirano a colpire la scuola pubblica, laica e pluralista. Le azioni di intimidazione, infatti, hanno già condizionato in alcuni casi le scelte delle istituzioni scolastiche, e non accennano a diminuire». Un presidio e relativa manifestazione delle sinistre è previsto il prossimo 29 giugno, in Piazza Maggiore di Bologna.

L’episodio di Bologna conferma, se ce ne fosse bisogno, il fine delle politiche educative socialiste, dall’Unità d’Italia ad oggi: “fare gli italiani” plasmandoli come vuole lo Stato, anche attraverso la diffusione dell’ideologia del gender. Ma i figli non li fa lo Stato e perciò la «libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile» (CdF, 24/11/2002): anteporre a questo diritto primario la “libertà di insegnamento” è contro natura.

Un ultimo aspetto non va trascurato, quello di chi cerca il “dialogo” con la scuola di Stato e invita ad “immischiarvisi”: tale dialogo non è mai servito né mai servirà. Lo conferma la risposta dell’USR di Bologna: «atti formali dell’amministrazione […] sono stati già messi in atto in diverse sedi istituzionali […] i dirigenti possiederebbero già gli strumenti per affrontare situazioni analoghe […] l’USR è già impegnato nel patrocinio di progetti di educazione all’affettività, alla sessualità e al rispetto delle differenze, come “W l’amore!”».

Gli italiani sono avvisati: qui non si parla solo di scuola ma del futuro del paese. E il presidio davanti all’USR di Bologna è una parte importante della strategia socialista che si svela.

 

David Botti, 22/6/2017 per https://www.osservatoriogender.it/bologna-avvisaglie-gender-diktat/

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Una Madonna “drag queen”…

… per promuovere il Perugia Gay Pride

La Madonna nelle vesti di una provocante “Drag Queen”, questa la, a dir poco, offensiva, “trovata” pubblicitaria scelta dal Perugia Pride Village che si svolgerà nel capoluogo umbro da venerdì a domenica 25 giugno.

Il manifesto pubblicitario realizzato dagli organizzatori dell’evento raffigura infatti una donna velata e vistosamente truccata che richiama inequivocabilmente la Madonna in atteggiamento da drag queen, con un cuore circondato di raggi in mano, a scimmiottare il Cuore Immacolato di Maria.

Come prevedibile, il manifesto ha immediatamente scatenato polemiche.

Su Facebook Marco Squarta, consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Umbria ha così commentato:

 “Non si può invocare il rispetto dei propri diritti, battagliare contro le discriminazioni e gli insulti e poi diffondere immagini come queste sulla Madonna che offendono chi crede. (…)Pessimo gusto..anzi disgustoso”.

Dichiarazioni alle quali hanno prontamente replicato gli organizzatori del Perugia Pride Village attraverso Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos Lgbt e vicepresidente Arcigay che, negando l’evidenza, ha così cercato di mischiare le carte:

“Mi preoccupa che il consigliere Squarta non sappia riconoscere una Drag Queen da una Madonna, ma visto che è così confuso sulla laicità delle istituzioni lo invitiamo caldamente a partecipare al Perugia Pride Village 2017”.

Gli organizzatori del Pride hanno poi deciso di diramare una nota congiunta per chiarire la loro posizione a riguardo in cui si legge:

“I nostri pride scandalizzano, irritano, destabilizzano. E lo fanno di proposito. Ci si scandalizza alla percezione di qualcosa di sacro accostato a qualcosa che si ritiene sbagliato non degno di rispetto. Dimostrando nei fatti che ciò che di sbagliato si vede sono semplicemente le nostre drag queen, le nostre persone transessuali, i gay, le lesbiche o le persone intersex”.

La polemica ha investito anche l’amministrazione del Comune di Perugia, guidata dalla giunta di centrodestra del sindaco Andrea Romizi, che dopo aver concesso il patrocinio al Pride, si è (ingenuamente) detto sorpreso di tale locandina, affermando: “la locandina non rientra nel materiale di comunicazione oggetto del patrocinio“.

La vicenda mette chiaramente in luce la “tolleranza” della comunità LGBT+, sempre in prima linea a parlare di rispetto e non discriminazione, ma priva di scrupoli nell’offendere gratuitamente in maniera vergognosa ed inaccettabile i simboli sacri dei loro “avversari” culturali.

 

Luca Romani, 16/06/2017 per https://www.osservatoriogender.it/madonna-drag-queen-promuovere-perugia-pride-village/

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Vescovi coraggiosi: Card. Sarah

  Cardinale Sarah, verità "scomode" sull'omosessualità

 Persone omosessuali e castità? Noi come sacerdoti e vescovi “li umiliamo se non crediamo che possano conquistare questa virtù” che è “per tutti i discepoli”.

 A sganciare l’atomica è il Cardinal Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il cardinale non teme di nuotare controcorrente, ne ha dato prova in più occasioni.

Questa volta è la vulgata del pastoralmente corretto sull’omosessualità che il porporato vuole sconfessare e lo fa vergando la prefazione di un libro di Daniel Mattson dal titolo “Perché non mi chiamo gay”.

Sarah prosegue: “Il rispetto e la sensibilità con cui il Catechismo ci qualifica, non ci danno il permesso di privare della pienezza del Vangelo gli uomini e le donne che soffrono per essere attratti da persone dello stesso sesso”. Visti i tempi di irenismo nei confronti del peccato, il cardinal Sarah ricorda molto il bombardiere americano Enola Gay (nome appropriato dato il tema). Non richiamare alla castità le persone omosessuali li umilia e li costringe a vivere una condizione che li fa soffrire: già questo sarebbe sufficiente perché il cardinale fosse colpito da una fatwa ecclesiale.

Ma il Prefetto per il culto divino rincara la dose rammentando che vescovi e sacerdoti citano spesso quella parte del Catechismo che impone di accogliere le persone omosessuali con rispetto, compassione e delicatezza, ma non altre sezioni un po’ troppo scomode per i periti del buonismo pastorale.

"Nella sua carità e nella sua saggezza materna – appunta Sarah – la Chiesa indica nel Catechismo molte altre cose sull'omosessualità che alcuni membri del clero hanno scelto di non citare, tra cui il chiaro monito: 'in nessun caso posso essere approvati’ ” gli atti omosessuali (CCC, n. 2357).

La citazione prosegue menzionando un altro passaggio del Catechismo urticante per le peli sensibili all’ortodossia: “Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione” (CCC, n. 2358). E poi conclude: “Omettere le ‘dure parole’ di Cristo e della sua Chiesa non è carità. In realtà è un cattivo servizio al Signore e alle creature create a sua immagine e somiglianza e redente grazie al suo Prezioso Sangue”.

Sarah poi ricorda che anche le persone omosessuali, al pari di tutti gli altri, non godono di immunità teologica in merito alla fatica di diventare santi. Ad ognuno la sua croce: "Come tutti i membri della Chiesa, ‘possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana’ (CCC, n. 2359), la vocazione di tutti i battezzati. Queste parole del Catechismo sono ugualmente importanti, perché esprimono un'autentica carità pastorale. Ci invitano, come membri del corpo di Cristo, ad accompagnare i nostri fratelli e sorelle che soffrono per essere attratti da persone dello stesso sesso, mentre cercano di raggiungere la perfezione cristiana alla quale il Signore chiama tutti i suoi figli ", ha continuato Sarah. Poi un inciso: “Gesù non ci chiede nulla di impossibile o nulla per cui non ci dia la grazia per farlo. E’ la Chiesa la fonte di questa grazia”. 

Le parole di Sarah sono tanto chiare quanto dinamitarde nel clima di omoeresia compiaciuta che si respira in casa cattolica. Infatti vescovi, sacerdoti e laici ormai sparano frasi del tipo che esiste una pari dignità di ogni orientamento sessuale agli occhi di Dio o che l’omosessualità è una naturale variante della sessualità umana, per tacere del fatto che l’omosessualità può essere un percorso di vita cristiana.

Tali asserzioni manifestano un doppio processo di necrosi dei tessuti sani del cattolicesimo. Da una parte questi soggetti si sono appiattiti sul mero profilo immanente della vita, su una fenomenologia autogiustificante. Se una condotta esiste vuol dire che è buona e quindi la benediciamo. Su altro versante marcano un passo in più: se è buona moralmente perché non deve esserla anche teologicamente? Ecco che così l’omosessualità diventa spinta trascendente verso Dio, si spiritualizza.  

Il primo passo però è l’accettazione morale di una pulsione disordinata e difficile da vincere. La prospettiva di chi non ha fede giudica come insuperabili simili pulsioni, predica una resa incondizionata davanti agli eventi avversi, perché crede che la storia umana veda come protagonisti solo le persone con le proprie doti e limiti naturali, ed esclude il piano trascendente che invece irrompe nella storia con l’incarnazione di Cristo. In questa visione schiacciata sui fenomeni fisiologici e psicologici di carattere empirico non c’è posto per la grazia e parlare di aiuto divino per uscire dall’omosessualità provoca solo qualche sorrisetto di compatimento. 

Torniamo a Sarah il quale ricorda che prima del Sinodo sulla famiglia ha avuto modo di ascoltare presso l’Università San Tommaso D’Aquino di Roma la testimonianza di alcune persone omosessuali: “Mi sono reso conto – racconta il porporato – come queste quattro anime hanno sofferto, a volte a causa di circostanze al di fuori del loro controllo e, talvolta, a causa delle proprie decisioni. Si sentiva la solitudine, il dolore e la miseria patite a seguito di una condotta di vita contraria alla vera identità dei figli di Dio". Queste persone “solo quando vivevano secondo gli insegnamenti di Cristo sono state in grado di trovare la pace e la gioia che andavano anelando”.

Sarah in fondo ci ricorda che la neve è bianca e che un cerchio è tondo. Ma ciò che è evidente per un vedente non lo è per un cieco. Ed oggi nella Chiesa i ciechi, che vogliono mettersi alla guida dei vedenti, non sono pochi.

 

di Tommaso Scandroglio,19-06-2017 per https://www.osservatoriogender.it/madonna-drag-queen-promuovere-perugia-pride-village/

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Omosessualismo nella Chiesa?

 «Omoeresia» è uno dei due neologismi circolanti. L’altro è «omoideologia».
  Il primo indica il rifiuto, totale o parziale, del Magistero della Chiesa sull’omosessualità.
  Il secondo indica la promozione del gay fashion nel mondo.
  Questioni, su cui si sono spaccati già gli episcopaliani, mentre gli ortodossi russi han tagliato i ponti con i presbiteriani scozzesi ed i protestanti francesi.

 L'omoeresia è nella Chiesa: "Ecco da dove nasce, dove si nasconde e come si combatte"

 

Il mese scorso, a ridosso della Marcia per la Vita che si è svolta a Roma, Matthew McCusker, membro e supervisore della Society for the Protection of Unborn Children, è intervenuto in un convegno dell'attivismo pro life internazionale per denunciare la diffusione dell’eresia omosessualista nella Chiesa che, non di rado, contraddice non solo il suo magistero ma avalla il pensiero dominante che mira a distruggere la creazione divina.
Matthew McCusker fa parte della nuova generazioni di giovani pro life americani che rifiutano il compromesso perché consapevoli di combattere una battaglia escatologica, non innanzitutto politica. Ed ha avuto il merito di mostrare le scorrettezze avvenute durante il sinodo della famiglia, tanto che il cardinal Burke ha elogiato il suo lavoro perché dimostra che “non serve essere dei cospirazionisti per costatare le manipolazioni”.

McCusker , lei ha parlato di infiltrazioni del pensiero omoeretico nella Chiesa, può spiegarci meglio?
Sì, mi riferivo in particolare all’uso dei programmi di educazione sessuale che includono contenuti contrastanti l’insegnamento della Chiesa cattolica.
Il più recente e scioccante esempio di questo fatto è un documento prodotto dal Chatholic Education Service (Ces), l’ente ufficiale della conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles.
Il programma, intitolato “Fatti ad immagine di Dio: una sfida al bullismo omofobico e bifobico nelle scuole cattoliche”, consiste in 40 pagine di pianificazione delle lezioni sviluppate per contrastare i presunti problemi di bullismo omofobico nelle scuole cattoliche. Il documento aderisce con entusiasmo all’ideologia Lgbt invece che all’insegnamento della Chiesa. Per esempio, la guida afferma che ai bambini deve essere insegnato l’uso di “una corretta terminologia Lgbt”, dove le definizioni sono quelle del movimento Lgbt.
Per fare solo due esempi, ai bambini della scuola cattolica deve essere insegnato che il termine “transgender” viene usato “frequentemente come un termine generico per riferirsi a tutte le persone che non si identificano con il loro sesso di nascita o con il sistema sessuale binario. Alcune persone transgender sentono di esistere non all’interno di due categorie sessuali standard, ma piuttosto in qualcosa che sta in mezzo, o al di fuori dei due sessi femminile e maschile.
Insegnano loro che la parola “alleato” si riferisce a “tutte le persone non Lgbt che supportano e si battono per i diritti delle persone Lgbt. Anche le persone Lgbt possono essere “alleate”, come una “lesbica” che è alleata a una persona transessuale”. Oltre alle linee guida esiste anche un curriculum specifico della Ces.

Di che si tratta?
Questo curriculum suggerisce di insegnare ai bambini dai 3 ai 7 anni che “ci sono diverse strutture familiari e che queste dovrebbero essere rispettate”. Queste frasi come “diverse strutture familiari” o “varie forme di famiglia” sono, certamente, molto usate per promuovere l’omosessualità e l’adozione Lgbt, ma sono menzognere.
Lo stesso linguaggio si è infiltrato anche nell’Amoris Laetitia quando il papa, nel contesto delle “unioni dello stesso sesso”, dice che “dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita”. Una grande ambiguità.

Lei ha denunciato la Conferenza episcopale inglese, ma non solo. Non si tratta di un caso circoscritto?
Sfortunatamente questo approccio non è raro. Un altro esempio recente viene da Nashville in Tennessee, dove una scuola cattolica ha attuato un programma in cui si coinvolgevano i bambini mostrando loro immagini sessuali esplicite e insegnando loro che esistono dieci tipi diversi di contraccezione senza alcun riferimento al fatto che usarla è un peccato.
Quando un gruppo di genitori si è lamentato con il vescovo lui ha appoggiato la scuola e infine un bambino è stato espulso dopo che i suoi genitori si sono rifiutati di permettere che partecipasse a quelle lezioni. I vescovi spesso mancano nel supporto ai genitori che vogliono esercitare il loro diritto ad agire come i primi educatori dei loro figli.

Com’è possibile che anche alcuni vescovi e cardinali, un tempo non sospetti, ora si pongano contro il magistero della Chiesa, sorvolando se non addirittura sostenendo l’ideologia gender anticristica ed anti umana? 
Alcuni prelati, come, arcivescovo di Westminster, dissentono dall’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana da molti anni.
Nichols (presidente della conferenza episcopale inglese che ha sposato tali programmi) ha un passato inquietante sull’intera gamma di questioni su cui si concentrano gli attivisti pro life e pro family, come l’educazione sessuale, la contraccezione, le unioni dello stesso sesso e la comunione agli adulteri.
Nichols ha anche un atteggiamento molto debole nei confronti di coloro che uccidono bambini tramite l’aborto e ha affermato che “il valore che diamo alla vita umana nel suo primo inizio” è “chiaramente…non la stessa che diamo ad un altro adulto seduto al nostro fianco”. Si pose contro l’etica sessuale autentica durante il suo episcopato anche nel 1996, quando era un vescovo ausiliare: difese la concessione dell’imprimatur ad un libro per cui in certe circostanze i cattolici potevano usare la contraccezione. Nonostante questo fu promosso sia sotto il pontificato di Giovanni Paolo II sia sotto quello di papa Benedetto XVI e ora papa Francesco gli ha dato nuove responsabilità.
Ciò rivela una crisi molto seria che tocca il cuore della Chiesa. Anche perché Nichols è solo uno dei tanti prelati a cui è stata affidata la responsabilità di insegnare la fede cattolica, mentre sostenevano pubblicamente posizione contrarie alla fede.

Secondo lei quando questa eresia si è infiltrate nella Chiesa e perché? Crede che la Chiesa sia già malata da tempo?
La risposta che diedero i vescovi di tutto il mondo all’Humanae Vitae mostra che il problema era già serio.
Il rifiuto dell’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione è la radice di molti altri problemi.
Al principio di questo rifiuto c’è l’accettazione della verità sul fatto che l’atto sessuale è primariamente ordinato alla procreazione, che il fine unitivo è secondario ad esso e che il luogo dell’unione sessuale è il matrimonio, che ha lo scopo di generare figli ed educarli. Il secondo fine del matrimonio è il mutuo bene degli sposi.
Il rifiuto del primato della procreazione apre la strada non solo all’uso della contraccezione ma anche all’accettazione degli atti omosessuali, che ovviamente non possono essere procreativi.
Già durante il Concilio Vaticano II, figure chiave come il cardinal Suenens argomentavano contro l’insegnamento tradizionale della Chiesa sul fine del matrimonio. Tutto ciò, dunque, si riflette nella Gaudium et Spes che non riafferma la gerarchia di questi due fini e che, invece, fornisce una spiegazione dettagliata del fine unitivo (paragrafo 49) prima di spiegare quello procreativo (paragrafo 50).
Chiaramente però le radici di questa crisi sono ancora più profonde. Una di queste è il relativismo derivante da filosofie evolutive che negano l'esistenza di una legge morale naturale immutabile e vincolante.

Perché non sono arrivate e non arrivano correzioni e provvedimenti dal Vaticano?
Non solo non si corregge ma spesso il supporto di questa eresia è appoggiata dall’altro. Basti pensare che il Pontificio consiglio per la famiglia, dopo la pubblicazione dell’Amoris Laetitia, ha divulgato un suo programma sull’educazione sessuale intitolato The Meeting Point. Questo programma, che è stato stilato per le scuole e non per i genitori, non è in linea con gli insegnamenti morali della Chiesa e adotta un approccio secolarizzato e secolarizzante, esponendo i bambini ad immagini oscene e pornografiche.
Inoltre, papa Francesco ha promosso gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite che chiama i membri dello stato ad “assicurare l’accesso universale ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, inclusi quelli per la pianificazione, l’informazione e l’educazione familiare”. Il che significa, sostanzialmente, assicurare l’accesso universale all’aborto, alla contraccezione e all’educazione sessuale. Nonostante questo, il primo settembre 2016, papa Francesco ha affermato nel suo messaggio per il giorno di preghiera per la cura dell’ambiente che lui era “grato che nel settembre del 2015 le nazioni del mondo hanno adottato gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile”.

Come combattere un’ideologia di questo tipo ormai dilagante anche nella Chiesa?
La prima risposta deve essere di carattere spirituale. A Fatima la Madonna mise in guardia sul fatto che gli “errori della Russia” si sarebbero diffusi nel mondo causando la perdita di molte anime. I veggenti di Fatima riferirono che la Madonna aveva parlato dei “peccati della carne” come di quelli che portano il maggior numero di anime all’inferno e aveva parlato delle “mode” che avrebbero offeso gravemente Dio.
La Madonna ci diede anche la soluzione: la preghiera ed il pentimento. Chiese specificatamente il Rosario quotidiano, la preghiera per la conversione dei peccatori e la riparazione per le offese al suo Cuore Immacolato, particolarmente attraverso la Comunione e la Confessione nei primi sabati del mese.
Chiese anche al papa di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato. Dobbiamo ancora pregare e operare molto affinché questo avvenga.
E poi bisogna diffondere la verità sui programmi di educazione nelle scuole, mostrando ai genitori cosa viene insegnato ai loro figli. Infatti, gli autori di questi programmi mascherano i contenuti reali di ciò che diffondono attraverso un linguaggio apparentemente neutrale, come “educazione sessuale comprensiva”, o anche positivo, come “età appropriata”. Poi leggendoli integralmente si capisce cosa si intende usando queste parole. Un esempio è L’Oms che nel suoi “Standard per l’educazione sessuale in Europa” considera appropriato insegnare a bambini dagli 0 ai 4 anni “la masturbazione infantile precoce”, mentre a quelli dai 4 ai 6 anni “le relazioni fra persone dello stesso sesso”. E ai 15enni “il diritto all’aborto”. Per questo motivo è molto preoccupante che nel capitolo 7 di Amoris Laetitia vi sia una sezione intitolata "Sì all'educazione sessuale", che non tiene conto dei gravi problemi di quasi tutti i programmi di educazione sessuale disponibili. Ma sopratutto che non riafferma l'autentico insegnamento della Chiesa per cui l'educazione alla sessualità dovrebbe venire dai genitori e non dalla scuola. 
 

 

 di Benedetta Frigerio, 15-06-2017 per http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-l-omoeresia-e-nella-chiesa-ecco-da-dove-nasce-dove-si-nasconde-e-come-si-combatte-20155.htm

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Matematica per sesso e aborto?

 Test di matematica con domande su sesso e aborto.

 Pillon (Family day): famiglie all’ignaro, fermare subito la somministrazione nelle scuole

 

“Malgrado la denuncia lanciata nei giorni scorsi dal Comitato difendiamo i nostri figli (promotore dei due grandi family day) e ripresa da molti organi di informazione, agli alunni di molte classi II degli istituiti superiori italiani continua ad essere somministrato il questionario di matematica finito al centro delle polemiche per le domande inerenti temi sensibili ed attinenti alla sfera educativa familiare quali aborto, omosessualità e comportamenti sessuali”, così il vicepresidente del Family day, Simone Pillon e avvocato al foro di Perugia.

“Nella lettera inviata ai dirigenti scolastici la referente italiana di questo progetto europeo spiega che l’obiettivo del test è studiare le differenze nel rendimento in matematica di ragazzi e ragazze. Ma andando sulla scheda del progetto Ue (EU project 752874 – Acronym: GE.GAP-EDU) si scopre che tutta l’iniziativa parte dal presupposto che gli stereotipi influenzano il rendimento delle ragazze in matematica”, prosegue l’avvocato perugino.

“In pratica dopo le prime 50 domande su funzioni e serie numeriche, si chiede a ragazzine e ragazzini di 14 e 15 anni di valutare affermazioni di questo tenore: l’omosessualità maschile è una perversione, è accettabile che una donna abbia rapporti sessuali con una persona appena conosciuta, alcune gentilezze verso le donne sono umilianti perché le fanno sentire impotenti e relegate in un ruolo stereotipato, approvo che una donna assuma un ruolo aggressivo in un rapporto sessuale (qui il link al questionario https://it.surveymonkey.com/r/KPGJ6T5 per verificare le domande), il tutto correlato da domande sullo status sociale ed economico dei genitori per mappare le famiglie. E’ chiaro che l’obiettivo sia di mostrare una correlazione tra profili sensibili ad alcune questioni etiche e il livello di propensione delle femmine allo studio delle scienze”, afferma ancora l’esponente del Family day.

“Alla luce di questa indebita ingerenza nel privato dei ragazzi, l’istituto Alessandro Volta di Perugia ha annullato la somministrazione del test, programmata senza il consenso delle famiglie. Ci giunge notizia però che, proprio in questi giorni, un istituto superiore di Assisi ha aderito al progetto e per ovviare ad eventuali polemiche ha chiesto l’autorizzazione ai genitori tramite email. Peccato che il consenso sia stato richiesto in maniera incompleta, poiché la email giunta alle mamme e ai papà diceva in modo fuorviante che il questionario avrebbe posto domande anche su “temi di attualità”. Dopo ulteriori verifiche dei nostri delegati locali è emerso, fra l’altro, che nemmeno il personale docente era a conoscenza delle domande più intime sui comportamenti sessuali e lo status sociale delle famiglie”. “Per tutti questi motivi chiediamo nuovamente che in tute le scuole d’Italia sia sospesa la somministrazione del test e che i presidi e i professori vigilino sulle attività proposte da soggetti esterni e informino le famiglie circa il reale obiettivo di questa ricerca europea che mappa le famiglie in base ai loro convincimenti valoriali”, conclude Simone Pillon.

Ufficio Stampa 3396172330

Link al questionario proposto agli studenti https:/it.surveymonkey.com/r/KPGJ6T5

Roma, 7 giugno 2017                                                                         Comitato Difendiamo i Nostri figli

 

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Cyberbullismo, nuova legge pro gender

 Cyberbullismo, gli Lgbt veglieranno sui diritti di tutti

 Dopo un doppio passaggio tra i due rami del Parlamento, mercoledì 17 maggio la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità (un solo astenuto su 432 voti favorevoli) la legge per il contrasto al cyberbullismo. Il provvedimento è stato dedicato a Carolina Picchio, morta suicida nel 2013, a 14 anni, a seguito della diffusione di alcune sue immagini in Rete che la ritraevano in atteggiamenti intimi. Ma la vicenda di Carolina è solo uno dei tanti episodi che hanno visto giovani vite stravolte da vessazioni, ingiurie e minacce subite tramite l’uso di dispositivi digitali e all’interno della cornice dei propri profili social. 

Senza dubbio, in questi ultimi anni sono maturati tutti i presupposti affinché in maniera trasversale a tutte le forze politiche emergesse l’urgenza di varare un testo di legge per arginare la crescente emergenza del bullismo digitale. 

L’iniziativa legislativa, oltre a fornire prima definizione del fenomeno, si distingue per il suo carattere esclusivamente preventivo ed educativo, non sono infatti previste nuove sanzioni penali. Nel concreto c’è pero la possibilità di poter richiedere ai gestori di siti Internet la rimozione di contenuti entro 48 ore dalla loro diffusione e l’obbligo per ogni scuola di nominare un professore referente per tutte le iniziative finalizzate al contrasto del fenomeno. 

Ma sugli aspetti preventivi della legge torneremo dopo, perché vale la pena segnalare che, dietro il pretesto della sacrosanta lotta al bullismo e alle discriminazioni, la solita manina ideologica ha lasciato tracce nell’articolo 3 della legge, quello che istituisce presso la Presidenza del Consiglio un tavolo tecnico di coordinamento tra i vari attori che partecipano alla “prevenzione e il contrasto” del cyberbullismo

Di questo organismo faranno parte: rappresentanti di diversi ministeri, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, del Garante per la protezione dei dati personali, di associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere, degli operatori che forniscono servizi di social networking e degli altri operatori della rete internet, una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori, una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo”. 

Come avevano già denunciato con un precedente articolo, in occasione dell’ultimo passaggio in Senato del gennaio scorso è stata volutamente inserita una menzione speciale alle associazioni impegnate nelle “tematiche di genere”. Durante la discussione in aula i senatori Malan e Giovanardi presentarono una modifica che eliminava il riferimento che fa di questa forma di bullismo una superiore e distinta da tutte le altre. Ma la richiesta fu respinta dai banchi della maggioranza, anche grazie alla ferma opposizione esercitata dal senatore Pd Sergio Lo Giudice, noto attivista lgbt, che nel suo intervento affermò che il gender non esiste e che le questioni di genere attengono primariamente al rapporto tra genere maschile e genere femminile. Tornato alla Camera per la seconda volta il ddl è quindi stato votato in via definitiva con un definizione che lascia ampi margini interpretazione.

Nella composizione del tavolo, che avrà anche il compito di redigere il piano di azione integrato, se si escludono le associazioni per i diritti dei minori, l’unico richiamo esplicito è quello dedicato alle tematiche di genere. Perché? Forse, come indicano alcune statistiche sulle principali motivazioni di esclusione sociale, sarebbe stato meglio coinvolgere soprattutto le realtà impegnate nella lotta al razzismo e all’intolleranza religiosa. Per non parlare delle ingiurie subite dai ragazzi in sovrappeso. 

Una risposta a questi interrogativi è stata fornita sempre dal senatore Lo Giudice, il quale, nella discussione a Palazzo Madama, sostenne che è necessario che a questi tavoli “siedano le associazioni Lgbt”, poiché “in questo Paese sono da tempo antico le principali sostenitrici e promotrici di azioni e di progetti contro il bullismo nelle scuole e nella società”.

Ricapitolando, nell’articolo 3 della legge si parla di associazioni con comprovata esperienza nelle “tematiche di genere” e un parlamentare della Repubblica spiega esplicitamente che tra queste vi dovranno essere quelle che da sempre vicine al movimentismo gay. Si può affermare quindi, senza essere tacciati di allarmismo, che c’è il rischio concreto che le strategie per il contrasto al cyberbullismo dovranno essere concordate con soggetti fortemente ideologizzati. 

Su questo punto è necessario però sospendere ogni giudizio in attesa di conoscere la vera composizione di questa cabina di regia. Nel frattempo, per implementare la lotta al bullismo digitale, sarà necessario sviluppare un’alleanza educativa scuola – famiglia. Non è infatti sufficiente né la repressione né l’argine imposto dalla legge per indurre i ragazzi ad un uso consapevole dei social media. I giovani estendono le loro identità nell’ambiente digitale riducendo il confine tra la vita fuori e dentro il web. La cura dell’intimità e la custodia della dimensione privata sono valori che bisogna diffondere per affrontare questa sfida.

 

di Marco Guerra 28-05-2017  per http://www.lanuovabq.it/it/articoli-cyberbullismo-gli-lgbt-veglieranno-sui-diritti-di-tutti-19982.htm

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Bologna: boom di nozze gay

Lo scorso 7 maggio, il quotidiano La Repubblica ha svelato che, nel primo anno della legge, le nozze gay in Italia sono state “solo” 2.802: «decisamente un flop». Un flop che però svela l’intento tutto ideologico della norma: inserire un virus nel nostro modo di vivere, al fine di colpire la famiglia naturale in un ulteriore modo.

In questo contesto, spicca un dato in controtendenza: un’esponente istituzionale del Partito Democratico informa che a Bologna «dall’1 agosto 2016 ad oggi – in Sala Rossa (sic!) si sono celebrate 86 unioni civili e 501 matrimoni […] il 15% degli anelli si scambia tra persone dello stesso sesso, contro una media nazionale che si aggira attorno al 2,2%». La stessa esponente spiega: «Le ragioni? Sappiamo che questa città è attrattiva per la comunità Lgbt […] ci sono anche coppie che vengono da fuori per sposarsi a Bologna».

Già: un’attrattiva pilotata con determinazione dal PD, che considera – per bocca del sindaco Merola (Resto del Carlino, 15/11/16, II) – «il sostegno alla comunità gay come un bene comune» e di «interesse pubblico» la diffusione massiccia e organizzata dell’ideologia omosessualista, come di recente ho documentato su queste pagine.

C’è un altro elemento, altrettanto drammatico, che aiuta a capire la portata dell’azione del PD e dei suoi alleati sedicenti cattolici: il rapporto tra matrimoni civili e religiosi. Nel 1991 i matrimoni religiosi erano il 65% del totale; nel 2015 sono ridotti al 31%. E nello stesso periodo la percentuale di chi si sposa è passata dal 4,5 per mille al 2,8.

La Chiesa Cattolica, per natura vocata ad opporsi alla secolarizzazione e quindi a difendere la famiglia, sembra avere altre priorità: dei disastrosi esiti della pastorale familiare sono testimonianza i numeri sopra riportati. Forse c’è di più: siamo a di fronte a una vera propria cessazione della trasmissione della fede? Come spiegare le zero ordinazioni sacerdotali del 2015 e di soli quattro diaconi nel 2016?

Che risultato si immagina di ottenere, ad es., con l’allestimento della Basilica di San Petronio per un “dialogo con la città”, con tavolini, sedie, rinfresco e persino WC? E come in un revival della fiaba di Fedro (Vacca et capella, ovis et leo), sarà presente il Sindaco Merola… numquam est fidelis cum potente societas!

I partiti politici dell’opposizione al PD? Alle ultime elezioni amministrative era praticamente assente ogni riferimento alla difesa della vita e della famiglia…

Nulla di nuovo, potrebbe dire qualcuno: il gramscismo, che oggi si incarna nel Partito Democratico, aveva capito che nei paesi di antica cultura cristiana il socialismo non può affermarsi con la forza.

Per distruggere l’identità occidentale e cristiana occorre, da un lato, favorire l’invasione da parte di popoli con cultura non assimilabile alla nostra (islam) e, dall’altro, operare per corrompere il popolo tramite la cultura, i mezzi di comunicazione, l’istruzione.

Queste due “tenaglie” caratterizzano – da decenni – il governo di Bologna e della Regione Emilia-Romagna.

 

David Botti, 2 giugno 2017 per https://www.osservatoriogender.it/bologna-boom-nozze-gay/

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Si prepara l’ondata di gay pride

 Importanza propagandistica della presenza pubblica: rendere via via accettabile ciò che è inusuale. 
 L'impatto psicologico dei "gay pride" ha effetto non solo su chi è presente, ma anche sui massmedia e sugli uomini dei partiti.
 Se non si ha la forza per impedire queste manifestazioni, si deve ignorarle per evitare che ottengano la visibilità che cercano.

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 (come gruppi minoritari e numericamente inconsistenti ottengono visibilità: il ruolo dell'estremismo)
"quei giornali di larga informazione che prestano un'attenzione continua a questi movimenti e gruppi: riprendono questo tipo di propaganda; in effetti è solo in questo modo che accade qualcosa. 
Così, non può verificarsi una manifestazione di gruppi estremisti, per quanto ridotta, senza che immediatamente la grande stampa la riprenda e la ponga in primo piano, e lo stesso dicasi per certe emittenti radiotelevisive"
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(Jacques Ellul, voce Propaganda, Treccani) 

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Giugno: l’Onda LGBT+ attraversa l’Italia da nord a sud

 

La propaganda gay non conosce soste, è attiva 365 giorni all’anno, ma è nei mesi di maggio e di giugno che essa accelera in maniera esponenziale la sua azione, moltiplicando a dismisura i propri appuntamenti.

MAGGIO E GIUGNO MESI LGBT+

Se maggio è il mese degli eventi ed incontri di “sensibilizzazione” della causa LGBT+ che culminano con la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, celebrata in tutto il mondo il 17 di maggio, giugno è infatti il mese per eccellenza delle parate gay per festeggiare la ricorrenza con il primo “gay pride” della storia tenutosi a New York il 28 giugno 1970 ad un anno dai cosiddetti “moti di Stonewall”, considerati simbolicamente l’inizio dell’attivismo pubblico LGBT+.

In questo senso, il mese di maggio apre, per così dire, le strade ai “Gay Pride” del mese successivo, in un continuum di 60 giorni ed oltre di celebrazioni e propaganda omosessualista.

Non a caso gli stessi promotori parlano di Onda Pride, una definizione quanto mai efficace, a simboleggiare l’ondata di “normalizzazione gay” che travolgerà  l’Italia da nord a sud, per più di 2 mesi dal 27 maggio al 19 agosto 2017.

Ad aprire le danze delle manifestazioni dell’orgoglio LGBT+ sarà il Toscana Pride, che si terrà ad Arezzo appunto sabato 27 maggio, a cui faranno seguito una sfilza di appuntamenti nelle principali località italiane: Reggio Emilia, Potenza, Roma, Pavia, Udine, Torino, Brescia, Varese, Perugia, Milano, Napoli, Latina, Catania, Bologna, Bari, Genova, Palermo, Cosenza, Sassari, Alba, Siracusa, Rimini e Gallipoli.

Ecco di seguito l’elenco delle date da maggio ad agosto:

27 maggio: Toscana Pride | Arezzo
3 giugno: REPride Reggio Emilia | Basilicata Pride Potenza
10 giugno: Roma Pride | Pavia Pride | FVG Pride Udine
17 giugno: Torino Pride | Brescia Pride | Varese Pride
23 giugno: Perugia Pride
24 giugno: Milano Pride | Mediterranean Pride Napoli | Lazio Pride Latina | Catania Pride
1 luglio: Bologna Pride | Puglia Pride Bari | Liguria Pride Genova | Palermo Pride | Calabria Pride Cosenza
8 luglio: Sardegna Pride Sassari | Piemonte Pride Alba
15 luglio: Siracusa Pride
29 luglio: Summer Pride Rimini
19 agosto: Salento Pride Gallipoli

Di fronte a questa gigantesca ondata di manifestazioni di piazza inneggianti alla legittimazione di ogni genere di perversione, acquisiscono ancora più importanza eventi pubblici come la Marcia per la Vita, che si è svolta a Roma sabato scorso 20 maggio, per ricordare l’esistenza di un vasto popolo senza voce che non ci sta a sottomettersi all’odierno diktat relativista.

 

Rodolfo de Mattei, per https://www.osservatoriogender.it/giugno-londa-lgbt-attraversa-litalia-nord-sud/

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Bologna: nuove sponsorizzazioni per la galassia LGBT

Bologna si conferma laboratorio e avanguardia delle politiche pro-LGBT fatte dai Comuni a guida Partito Democratico: la Giunta del Sindaco Merola ha deciso di promuovere una massiccia azione di sostegno e diffusione ideologica.

 

Tutto nasce a gennaio, quando le opposizioni rendono noto ai massmedia gli incredibili privilegi che la Giunta comunale del PD fornisce all’Arcigay. La contromossa è pronta dopo qualche giorno e viene deliberata a metà aprile: il sindaco Merola assegna nuovamente lo storico complesso della “Salara” a 14 associazioni, grazie a un “Patto generale di collaborazione per la promozione e la tutela dei diritti delle persone e della comunità LGBTQI nella città di Bologna”.

Tuttavia, non ci si limita a riassegnare l’imponente immobile (con tanto di discoteca interna, uffici, parco adiacente, ecc.), ma si intende proprio utilizzare denaro e risorse pubbliche attraverso “la partecipazione dei propri uffici, servizi… personale”, “esenzioni ed agevolazioni in materia di canoni e tributi locali”, “erogazione di contributi economici”, “concessione di spazi pubblici e immobili del Comune”, “utilizzo dei mezzi di informazione dell’amministrazione” ed altro ancora.

Non si capisce da cosa debbano essere tutelate le persone LGBTQI, dato che a Bologna non si è mai (leggasi: mai) verificato alcun caso di omofobia o di bullismo.

C’è di più: alcune delle 14 associazioni firmatarie non sono nemmeno presenti nel territorio cittadino; dunque, il PD felsineo con il termine “promozione” intende proprio importarle in città. A una prima verifica, inoltre, altre risultano addirittura assenti dagli elenchi regionali del volontariato e dell’associazionismo.

Ma non basta, dagli atti costitutivi di alcune delle associazioni si ricava che i nomi delle persone promotrici si ripetono: è possibile che dietro a tutto questo ci siano soltanto 14 militanti LGBT?

Infine, come sempre, la scuola: sotto il solito pretesto della “cultura della conoscenza reciproca e del mutuo rispetto”, si delinea un’azione di capillare penetrazione negli istituti scolastici attraverso l’inserimento di “formatori” per educatori dei servizi scolastici, fino al personale ATA, ai bibliotecari, agli assistenti sociali.

I bolognesi sono avvertiti: la guerra contro l’antropologia occidentale e cristiana è a 360°.

 

 

David Botti
Pubblicato il:7 maggio 2017 per https://www.osservatoriogender.it/bologna-nuove-sponsorizzazioni-la-galassia-lgbt/?refresh_cens

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