Turchia-Ue, se il Vaticano ci mette una buona parola

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Di Paolo Luigi Rodari
L’invito fu fatto recapitare in Vaticano ai primi di maggio, pochi giorni dopo l’elezione di Benedetto XVI. Fu Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli (Istanbul), a chiedere a papa Benedetto XVI, in una breve lettera, di partire per la Turchia per quello che sarà, se si realizzerà, il secondo viaggio apostolico del Papa tedesco fuori l’Italia. La data proposta, il 30 novembre prossimo, festa di Sant’Andrea, è la stessa che scelse Giovanni Paolo II nel 2004 per un suo viaggio, poi mai realizzato per motivi di salute, in Turchia. Un viaggio mancato, quello di Wojtyla, che avrebbe dovuto prevedere anche la consegna al patriarcato ecumenico – poi avvenuta il 27 novembre successivo in Vaticano – delle reliquie di san Giovanni Crisostomo e di san Gregorio Nazianzo, trafugate dai crociati nel 1204 dopo il sacco della capitale dell’impero d’oriente.
Stando a quanto riferiscono in via ufficiosa in Vaticano, papa Benedetto XVI
avrebbe manifestato il desiderio di rispondere positivamente all’invito di Bartolomeo I. E così, in Vaticano, stanno lavorando per assecondare i desideri del pontefice anche se, perché il viaggio si possa realizzare, manca ancora una condizione indispensabile: l’invito del governo turco. Il Papa, infatti, non si muove mai senza l’invito ufficiale del governo del Paese in cui è diretto.
Il governo di Ankara sta ancora valutando la cosa. La presenza di Benedetto XVI in Turchia, infatti, sarebbe ben vista nel caso il pontefice decida di rispondere positivamente alla richiesta avanzatagli a Colonia, dopo il suo incontro con la comunità islamica, da Ridvan Cakir, presidente dell’Unione islamo-turca di Germania. Una richiesta chiara in cui Ridvan Cakir chiese al pontefice di mettere una buona parola per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, buona parola che secondo lui favorirebbe “il dialogo tra cristianesimo e islam”.
Ankara ancora attende dal Vaticano, se non proprio una risposta ufficiale alla richiesta di Ridvan Cakir, almeno rassicurazioni in merito anche perché se Benedetto XVI si presentasse in Turchia a confermare ciò che più volte disse a riguardo dell’entrata del Paese nell’Unione quando era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, la Turchia avrebbe un danno rilevante che potrebbe compromettere in maniera importante il suo eventuale ingresso nella comunità di Paesi appartenenti alla UE. Secondo le posizioni espresse dal papa prima di divenire pontefice, infatti, la Turchia ha sempre rappresentato un continente diverso, in permanente contrasto con l’Europa. “Rendere uguali i due continenti – disse Joseph Ratzinger in un’intervista del 2004 a Le Figaro – significherebbe una perdita di ricchezza, la scomparsa della cultura in favore dei benefici in campo economico”.
Politica a parte, da un punto di vista ecumenico il viaggio segnerebbe una nuova tappa nella ricerca dell’unità con gli ortodossi ad oggi ancora separati da Roma: papa Ratzinger può vantare un’antica amicizia con il principale teologo del patriarcato, Ioannis Zizioulas, metropolita di Pergamo. Zizioulas e Ratzinger hanno deciso di far riprendere in autunno i lavori della Commissione del dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, Commissione istituita proprio da Giovanni Paolo II nel suo viaggio in Turchia del 1979. E, inoltre, sul nodo del primato petrino hanno elaborato da tempo un ragionevole punto di incontro, alla luce dell’assioma: “Dove c’è l’eucaristia c’è la Chiesa”.


© Il Velino 30 agosto 2005
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