(Resto del Carlino) La controversia sui libri di storia

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“Il Resto del Carlino”, 14 dicembre 2002 ER p11

Anche sui libri di testo la storia si ripete

Lo scandalo invece no

Alessandra Nucci
Le dittature, sia di destra che di sinistra, si sono sempre occupate di
mettere mano alle idee e, da quando esiste la scuola statale, di riformare i
programmi e far riscrivere i libri di testo, in primo luogo quelli di
storia. È giusto quindi che la risoluzione della Commissione cultura della
Camera in merito all’insegnamento della storia abbia provocato reazioni
preoccupate nell’opposizione e in gran parte del mondo accademico.
Questo però deve far riflettere sul fatto che questa stessa necessaria
vigilanza mancò del tutto quando, nel novembre 1996, il governo di centro
sinistra cambiò d’autorità, e non passando per dialoghi e commissioni,
proprio i programmi di storia.
Di dare più spazio al Novecento si era parlato per anni, per cui il
Parlamento ratificò il decreto varato con urgenza dal governo come fosse
cosa scontata. I docenti di storia però si accorsero subito che si trattava
di una vera e propria rivoluzione, tant’è vero che professori di ogni
convinzione si riunirono per redigere documenti e prese di posizione, fino
ai tentativi di bloccare l’adozione dei libri di testo per l’anno
successivo. Il decreto cambiava infatti i tempi assegnati ai vari argomenti
di storia in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Da una scansione che
dedi-cava un anno intero alla civiltà greca e precristiana, uno alla storia
romana e uno al medioevo, si passò alla suddivisione attuale che comprime
questi periodi in un anno per i corsi che ne durano quattro, o in due se
sono quinquennali. E’ evidente che la conseguente riduzione di tempo
costringe ad affrontare in maniera superficiale migliaia di anni di storia,
di idee e di correnti di pensiero, che fanno da base alla cultura
occidentale. Decretandone inoltre l’urgenza, l’allora Ministro Berlinguer
costrinse le case editrici a produrre libri di testo nuovi nel giro di pochi
mesi, e i professori a “recuperare” le parti di programma che, per effetto
della nuova suddivisione, rimanevano fuori dal loro percorso. Quali i
periodi sacrificati da questo turbinio? Soprattutto due: il medioevo, epoca
del predominio della cultura cristiana, e l’Ottocento, segnato dall’
affermarsi della cultura borghese, dal progresso tecnologico e da riforme
sociali ottenute con il sacrificio dei lavoratori, ma senza l’intervento
dell’ideologia marxista.
Come si vede, il problema non si limita dunque ad omissioni di eventi come
quello delle foibe, ma riguarda tutta un’impostazione istituita d’imperio,
che la risoluzione della Commissione cultura ha il merito di permettere
quantomeno di rimettere in discussione. E siccome la legge sull’autonomia
scolastica non comprende la possibilità per le scuole di modificare un
decreto dello Stato, bisognerà che vi provvedano governo e Parlamento. O c’è
forse qual-cuno che preferisce che nemmeno se ne parli?