Matteo Ricci. Come "inculturare" il cristianesimo in Cina
Una mostra in Vaticano elegge a modello il grande gesuita missionario di quattro secoli fa. Ma anche per le autorità di Pechino "Li Madou" è una gloria nazionale
ROMA, 13 novembre 2009 – In questo mese e fino al 24 gennaio, chi visita Roma nota in piazza San Pietro un grande manifesto con due personaggi in abiti cinesi, con scritte in lingua mandarina.
Il personaggio a sinistra è il gesuita Matteo Ricci (1552-1610), quello a destra è un alto funzionario cinese battezzato da lui, Xu Guangqi.
A Matteo Ricci, nel quarto centenario della morte, è dedicata una mostra nel braccio Carlo Magno di piazza San Pietro.
Ma anche a Pechino si aprirà in febbraio una mostra in suo onore, che poi si sposterà a Shanghai, Nanchino, Macao e infine a Seul.
Matteo Ricci è uno dei pochissimi stranieri promossi tra i padri della storia cinese. Nel Millennium Center di Pechino, immenso edificio che celebra i fasti della nazione, il gigantesco rilievo in marmi policromi dedicato alla storia della Cina, dal primo imperatore ai protagonisti del Novecento, porta due sole immagini di stranieri, entrambi italiani. Uno è Marco Polo alla corte di Kubilai Khan, l’altro è appunto Matteo Ricci, che in veste di mandarino confuciano scruta il cielo.
Alla fine dello scorso ottobre, all’Università del Popolo di Pechino, Matteo Ricci è stato anche al centro dell’interesse degli studiosi che hanno preso parte a una grande conferenza internazionale di sinologia. Di questa disciplina è anzi considerato l’iniziatore. Promotore della conferenza è stato Yang Huilin, vicerettore dell’Università del Popolo e uno dei più ferrati studiosi del cristianesimo in Cina. Alla conferenza hanno preso la parola il teologo svizzero-tedesco Hans Küng, invitato in quanto autore di studi sulle religioni cinesi, e l’italiano Gianni Criveller, del Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha tenuto una relazione sulle modalità adottate dai gesuiti giunti in Cina al seguito di Matteo Ricci per rappresentare in immagini la fede cristiana nella sua integralità.
Il convegno di sinologia si è concluso in modo emblematico: con una cena presso la Città Proibita, sede del trono imperiale ma anche epicentro dell’opera di numerosi missionari dei secoli XVII e XVIII. Matteo Ricci, Li Madou per i cinesi, è sepolto non lontano da lì.
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La mostra di piazza San Pietro si articola in due parti: la prima, a sfondo azzurro, illustra Roma e l’Europa dei secoli XVI e XVII; la seconda, a sfondo rosso, ospita opere e documenti della Cina dell’epoca. Il percorso compiuto in vita da Matteo Ricci è lo stesso che fa il visitatore.
Nella prima metà del percorso lo sguardo è catturato soprattutto da un capolavoro di Rubens, una grande tela dai colori fiammeggianti con la gloria di sant’Ignazio di Loyola e dei suoi seguaci.
Nella seconda metà impressiona i visitatori un altare di Confucio in lacca e di oro, di dimensioni imponenti, fronteggiato da un Budda pensoso e compassionevole, perfetta rappresentazione della raffinata religiosità filosofica cinese.
Quando Matteo Ricci entrò nella Compagnia di Gesù era il 1571, l’anno della battaglia di Lepanto, quando la flotta cristiana fermò l’assalto dei turchi all’Europa. Ma lo spirito che mosse il giovane gesuita non era quello di una cristianità in stato di assedio. Anzi.
Così il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ha descritto l’audacia missionaria di Matteo Ricci, nell’inaugurare la mostra:
"Assieme alla buona novella cristiana Li Madou portò in Cina la geometria di Euclide, l’astronomia, la meccanica, la cartografia. Portò il ‘De amicitia’ di Cicerone da lui trascritto in un delizioso libretto mandarino dedicato a un alto dignitario un po’ confuciano, un po’ animista, un po’ cristianizzante.
"Portò dunque la cultura dell’Occidente, significata nella mostra da astrolabi, planetari, mappe geografiche della città e dell’impero.
"Portò anche, naturalmente, la dottrina cristiana. Ma lo fece usando come apripista la scienza e la tecnica, patrimonio condiviso per l’Occidente come per l’Oriente, e muovendosi in ogni caso con mano leggera, con straordinaria capacità mimetica, con rispetto assoluto e squisito per la cultura e per le tradizioni del paese che aveva deciso di fare suo.
"Si fece cinese fra i cinesi, assunse anche negli abiti l’iconografia del funzionario imperiale, fu cerimonioso e obliquo, iperbolico e burocratico, poetico e pragmatico come costume ed etichetta richiedevano.
"Se non si fosse comportato in questo modo non avrebbe avuto gli onori che la Cina moderna gli riconosce e che permette a noi di collocarlo, davvero, ai crinali della storia.
"Una storia troppo presto interrotta ma che oggi, in tempi di integrazione fondata sul dialogo e quindi sul rispetto e sulla conoscenza, appare più che mai attuale".
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E così, sempre inaugurando la mostra, il vescovo Claudio Giuliodori di Macerata, la città natale di Matteo Ricci, ha messo in luce la "mondialità" della sua azione:
"Ha disegnato mappamondi che hanno fatto conoscere ai cinesi il resto del mondo a loro sostanzialmente ignoto, evidenziando su queste grandi carte geografiche i luoghi più importanti della cristianità. Ha tradotto in cinese libri di filosofia, di matematica e di astronomia e ha fatto conoscere in Occidente i testi di Confucio. Ha stabilito un dialogo intensissimo con i letterati e gli uomini di cultura più illustri della Cina trasformando questi colloqui in libri, finalizzati anche a preparare il terreno per la semina del Vangelo. Nasce così il ‘Vero significato del Signore del Cielo’ pubblicato a Pechino nel 1603 e si spiega anche lo straordinario successo del libro ‘Dieci Paradossi’, pubblicato a Pechino nel 1607, in cui Matteo Ricci affronta in chiave sapienziale i grandi temi della vita.
"È riuscito così a mettere solide basi per la penetrazione del Vangelo e per una reciproca conoscenza tra l’Oriente e l’Occidente, tra la Cina e l’Europa, tra Pechino e Roma, aprendo una nuova fase per la storia dell’umanità non dissimile da quanto avvenuto un secolo prima, sul versante opposto del pianeta, con l’impresa di Cristoforo Colombo".
Di Matteo Ricci è in corso la causa di beatificazione.
Sandro Magister