Cultura gender, la nuova egemonia

Le contraddittorie giravolte ideali di un mainstream in cui si può discutere tutto tranne che il dogma della sacralità dell'agenda omosessuale

di Michele Gastaldo
(presidente Agapo –Associazione genitori e amici e persone omosessuali)

Tempi, 2 giugno 2010
Non più di un anno fa era soltanto «una trentaduenne ex pin-up la cui principale qualifica è chiaramente l'attrazione sessuale del premier nei suoi confronti» (Alexander Stille, Repubblica). Oggi finalmente il ministro Mara Carfagna è stata espunta dalle liste di proscrizione. Potenza di una "campagna contro l'omofobia" e di una salita al Quirinale in compagnia di Anna Paola Concia, lesbica, attivista per i diritti degli omosessuali, deputata Pd e ministro ombra delle Pari opportunità. Oplà: da ex velina che presenta noiose leggi a tutela delle donne e della maternità, Mara si è magicamente trasformata in una applaudita icona gay.

Siamo abituati a considerare il livello di attenzione e di tolleranza verso gli omosessuali come un indicatore di democraticità di una società. Ed è normale che sia così. Ma ciò che si segnala nella "conversione" del ministro Carfagna è qualcosa di più. È la vittoria della cultura del gender, il trionfo assoluto dell'idea secondo la quale "l'identità di genere" è risultato esclusivo di una "costruzione sociale", dell'"educazione etero sessi-sta".

Ora, sarà anche poco elegante scriverlo, ma come si fa a non notare la crescente attitudine alla censura delle idee altrui che caratterizza il ceto politico fondato sull'identità sessuale? Perché, ad esempio, l'opinione divergente dalle rivendicazioni dell'agenda gay viene quasi sempre qualificata di "pregiudizio omofobo"? «Sono deluso, perché le mie convinzioni personali mi sono costate la possibilità di continuare il mio lavoro per la comunità di Sacramento».

Con queste parole Scott Eckern, direttore artistico del Teatro di Musica della California, conclude la lettera con cui rassegna le sue dimissioni. Un autolicenziamento a cui Eckern è stato costretto perché, nel referendum sui matrimoni gay in California, aveva sostenuto il movimento per la difesa della famiglia tradizionale.

Simili atti di intolleranza non sono fatti isolati. Basti pensare a Donnie McClurkin, cantante gospel che ha accompagnato Obama nella campagna elettorale, finito nel mirino degli attivisti gay d'America perché si dichiara ex gay. O alla famosa hit di Povia, che ha esigito un'apparizione a Sanremo dell'onorevole Grillini, dal momento che neppure una canzonetta si deve permettere di discutere il dogma degli "omosessuali per sempre felici e contenti". O a Luca di Tolve (secondo alcuni lo stesso Luca cantato da Povia), che forse può vantare il primato di uomo più insultato d'Italia perché ha abbandonato un ruolo di spicco nell'Arci-gay e si è sposato con una donna. O agli psicologi come Antonio Cantelmi, perseguitati perché non accettano la teoria (mai dimostrata scientificamente) che "omosessuali si nasce". E ancora – notizia di questi giorni – si pensi alla campagna di screditamento, intimidazione, atti di vandalismo, che ha accompagnato la tournée italiana dello psichiatra americano Joseph Nicolosi.

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Ideologia del gender

Ideologia del gender: La realtà nello sguardo della donna
La teoria del gender, nella totale equiparazione tra uomo e donna al punto di annullare la realtà biologica della diversità sessuale, utilizza termini e concetti equivoci. Fabiana Cristofari presenta un'acuta analisi delle caratteristiche fisiologiche, psicologiche e spirituali della donna che non possono essere ignorate nel definire la sua missione e ruolo. Esperta in questo campo, con due dottorati e master nel curricolo, l'autrice ha pubblicato diversi saggi su famiglia e identità di genere.
di Fabiana Cristofari

Studi Cattolici n.604 giugno 2011

Della donna e sulla donna si è detto e scritto moltissimo partendo da prospettive disciplinari diverse, eppure l'identità femminile ancora fatica a emergere nella sua grandezza. Il più delle volte le indagini statistiche registrano sentimenti di frustrazione e insoddisfazione in tante donne che nell'articolarsi della loro vita stentano a definire l'oggetto della piena autorealizzazione, dal momento che oggi è difficile non solo definire la realtà dell'essere donna, ma perfino pensare a un'identità femminile che nella sua dimensione personale possa essere declinata in termini di differenza rispetto a quella maschile.

La domanda sull'identità della donna rimane spesso inevasa, dal momento che si sono erosi i presupposti concettuali per riflettere sulla differenza. Oggi parlare di identità maschile e di identità femminile è estremamente contro tendenza lì dove si sta diffondendo, non solo nell'immaginario collettivo ma, ancora di più, all'interno di gran parte dei documenti internazionali e in molti filoni del pensiero filosofico e psicologico, l'idea di un soggetto asessuato in cui ogni differenza biologica sia annullata in vista dell'indifferenziazione sessuale.

Sono le teorizzazioni del pensiero gender, fatto proprio dal femminismo americano, che permeano il linguaggio comune (facendo del concetto «unisex» la parola d'ordine), ogni struttura concettuale e molte decisioni in campo giuridico e politico dove si riscontra, sempre più di frequente, la sottolineatura dell'irrilevanza della differenza sessuale e la cancellazione di qualsiasi riferimento all'uomo e alla donna a favore di un generico riferimento alla categoria del «genere umano» come sessualmente indifferenziato (1).

Il pensiero «gender» (2) si è fatto promotore di una efficacissima battaglia ideologica secondo la quale la differenza sessuale è un dato aggirabile: il fatto che nasciamo maschi o femmine è irrilevante dal momento che ciò che conta – secondo il pensiero «gender» – è ciò che diveniamo, e il divenire dipende dalla storia, dalla società, dalla cultura e dalla propria autocomprensione psicologica.

Secondo tale prospettiva, possiamo essere/nascere donne e divenire donne o essere/nascere uomini e divenire uomini – e in questo senso i ruoli prodotti dalla cultura e dalla società e le scelte psichiche dell'individuo coinciderebbero con la natura – ma è anche possibile essere/nascere donne e divenire uomini o essere/nascere uomini e divenire donne, nel senso dell'attuazione di comportamenti e dell'identificazione di ruoli sociali, ma anche fino alla completa trasformazione del corpo.

Non esisterebbe, quindi, un legame tra sesso e genere: il genere non può e non deve essere costretto nel sesso o rispecchiarlo; il dato naturale della differenza sessuale è, piuttosto, una «trappola metafisica» da cui prendere le distanze, in quanto è ritenuta la causa principale della «cultura patriarcale». Infatti, è a partire dal dato naturale della differenza fisica sessuale che ogni individuo viene «assegnato» socialmente alla categoria maschile o femminile e, in base a ciò, ognuno diviene ciò che la cultura ritiene che sia o debba essere (uomo o donna), pensando falsamente che tale ruolo corrisponda alla sua vera natura.

È nell'ambito di tale assegnazione di ruoli sociali che il femminismo individua la distinzione tra il ruolo «privato» (riproduttivo e domestico) assegnato alle donne e il ruolo «pubblico» (politico-economico) assegnato agli uomini, con la conseguente gerarchizzazione dei generi (la superiorità del genere maschile e l'inferiorità del genere femminile, escluso dalla dimensione pubblica).

«La differenza sessuale (e dunque la natura) è vista, allora, come un elemento discriminatorio da negare e combattere, in quanto ha creato e continua a determinare la fissazione di ruoli e a costruire gerarchie di potere: la famiglia fondata sul matrimonio e la femminilità – identificata con la maternità e l'accudimento domestico — sono considerate "costruzioni maschiliste" da decostruire e di cui disfarsi per progettare una società che superi la differenza sessuale, liberando la donna dall'oppressione patriarcale» (3). L'obiettivo del femminismo di genere è quello di compiere una rivoluzione definitiva, come sostiene S. Firestone: non solo porre fine al privilegio maschile, ma «porre fine alla distinzione stessa dei sessi» (4).

 

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Quante lobby contro la famiglia!

Il mensile dell'associazione pedofilaUna sintetica mappa dei nemici della famiglia, che hanno il sostegno del potere dominante, che vuole un uomo senza rapporti solidi, indifeso e manipolabile.


Da quando all’inizio degli anni ’90 è cominciato il ciclo delle grandi Conferenze internazionali dell’ONU, è apparso subito chiaro che uno dei principali terreni di battaglia sarebbe stata la famiglia.
Era infatti evidente il desiderio di importanti e influenti lobby di ridefinire il concetto inserendo nei documenti internazionali il termine al plurale anziché al singolare: se nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ci si riferisce alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, ora si vorrebbe parlare di «famiglie», riferendosi tanto per cominciare anche alle famiglie di fatto e alle coppie omosessuali.
Un importante punto di riferimento di questa battaglia è stata negli anni ’90 l’amministrazione americana di Bill Clinton, fortemente influenzata da una serie di lobby strategicamente alleate nel tentativo di capovolgere i cardini della società occidentale: il femminismo radicale, il movimento di gay e lesbiche, l’estremismo ambientale.

 

Tralasciando – per motivi di spazio – il passato, dobbiamo essere consapevoli che l’obiettivo principale oggi è proprio l’indebolimento, la banalizzazione e infine l’abolizione del matrimonio.
Primo passaggio di questa strategia è il riconoscimento delle unioni di fatto e, soprattutto, dei matrimoni fra persone dello stesso sesso.
Non per niente le lobby gay hanno lanciato nei mesi scorsi una offensiva mondiale senza precedenti: dalle manifestazioni simboliche in Italia e Francia, alla celebrazione di un vero matrimonio tra uomini in Olanda; ma è senza dubbio nel Nord America e all’interno dell’ONU che il movimento conta di sfondare.
Lo scorso agosto, tanto per fare un esempio, in un incontro all’Onu diversi esperti di diritto di famiglia e leader di movimenti gay, come l’International Gay and Lesbian Human Rights Commission (IGLHRC), hanno lanciato una piattaforma politica globale per il riconoscimento dei diritti gay e hanno indicato nella religione cattolica, e nel Papa, un obiettivo da combattere, al punto da vedere con favore una limitazione della libertà religiosa.
Vale la pena rilevare che all’incontro hanno preso parte anche il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, e la direttrice dell’UNICEF, Carol Bellamy.

 

Ciò che è importante capire è che il riconoscimento del matrimonio gay è in realtà solo una tappa verso l’abolizione del matrimonio in quanto tale.
Non a caso a sostegno di tale campagna ci sono le leader dei movimenti femministi radicali che negli anni ’70 inneggiavano alla fine del matrimonio.
Il passaggio successivo – non stupisca – sarà il riconoscimento della poligamia o della sua versione post-moderna, ovvero i rapporti «poliamorosi» (l’unione di più persone o coppie sia omo che eterosessuali), che negli Stati Uniti hanno già molti, e influenti, sostenitori.
Un passo in questo senso è già stato fatto: nel 2000 un giudice del Minnesota ha assegnato i diritti di genitori a una coppia lesbica e al loro donatore di sperma, che aveva permesso la nascita del figlio.

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Avvenire – La fantasia al potere. Ora si scomunichi Cuomo

Avvenire 25 giugno 2011

FAMIGLIA SOTTO ATTACCO

New York approva le nozze gay
I vescovi: «Delusi e turbati»

Lo Stato di New York è da oggi il sesto Stato americano in cui una coppia omosessuale ha il diritto di sposarsi. Il Senato statale ha infatti approvato nella notte con maggioranza bipartisan il Marriage Equality Act,un provvedimento proposto dal governatore, Andrew Cuomo, che riconosce alle coppie omosessuali il diritto di contrarre matrimonio. Il provvedimento è passato con 33 voti a favore (tra cui quelli di quattro repubblicani), e 29 voti contrari (tra cui quelli di un democratico). Essendo già stato approvato dalla Camera, il provvedimento attende ora solo la firma del governatore Cuomo per essere tradotto in legge. Entrerà in vigore esattamente un mese dopo la firma. Significa che a New York agli inizi di agosto le prime coppie potranno sposarsi.

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La lobby omosessuale non è ”diversa” dalle altre

Finanziata dalle corporation Usa, presente nel Parlamento europeo, coccolata dall’economia. È ormai una realtà che impone le sue leggi. Persino Obama ha pagato molto cara la difesa del matrimonio

Come il peggiore dei luoghi comuni, si rafforza negandolo. Più i gay ripetono «non siamo un potere forte, né occulto», più il mondo etero si convince che «sono una lobby potentissima».

Potere gay. Quando Benedetto XVI, parlando ai nunzi apostolici dell’America Latina nel febbraio 2007, ribadì il ruolo centrale del matrimonio nella società contemporanea, «che è l’unione stabile e fedele tra un uomo e una donna», lamentando come la famiglia «mostra segni di cedimento sotto la pressione di lobby capaci di incidere sui processi legislativi», l’universo gay, sentendosi chiamato in causa, rispose sdegnato che la vera lobby, semmai, era quella vaticana… Ma l’opinione pubblica ebbe confermato, ex cathedra, un sospetto magari tendenzioso ma radicato.

In Italia, per ben note questioni storiche, il «potere» dei gruppi omosessuali è ancora sotto traccia. Ma nel resto del mondo occidentale, soprattutto nei Paesi anglosassoni dove i termini gay e lobby non hanno alcuna connotazione negativa, l’omosessualità, oltre che una ragione di orgoglio, pride, è anche una questione di potere, power.

E se recentemente è stato lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a fare i conti con il peso politico della comunità gay (in occasione del referendum sul matrimonio omosessuale nello stato della California è stato aspramente criticato per le sue affermazioni sul matrimonio come «un’unione sacra, benedetta da Dio, tra un uomo e una donna»), è soprattutto nel mondo degli affari e dell’economia che le quotazioni della «gay corporation» sono in costante aumento: una dettagliata inchiesta pubblicata su Corriere Economia nel marzo 2008 metteva in evidenza la straordinaria capacità da parte dei gay di «fare rete». E sottolineava come, mentre aveva fatto discutere la decisione della banca d’affari Lehman Brothers di dedicare una giornata di selezione a Hong Kong solo per gli omosessuali per accaparrarsi i talenti migliori, per tante società americane la cosa non presentava nulla di speciale. Negli Usa esiste un’associazione, Out&Equal, con sede a San Francisco – capitale storica della liberazione (omo)sessuale – che promuove il diritto all’uguaglianza degli omosessuali nei luoghi di lavoro. E in tutte le grandi banche, in Ibm, in Johnson&Johnson, esistono gruppi organizzati di «Glbt», l’acronimo utilizzato per riferirsi a gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Ed è attraverso organizzazioni come queste che la comunità omosessuale «fa network», cioè lobby.
Una lobby potente e ricca. Anzi, secondo un dossier del 2006 della rivista Tempi, ricchissima: la lobby omosessuale internazionale, che ha le sue roccaforti a New York, Washington, San Francisco e Bruxelles, è sempre più influente. Riceve finanziamenti sia dalle grandi corporation americane, sia dai governi e dalle istituzioni internazionali, spesso sotto forma di donazioni a Ong o fondi per la lotta all’Aids. Uno tra i più influenti gruppi che appoggiano le battaglie per i diritti delle comunità gay e bisessuali negli Usa come in America Latina e in Europa è quello dei «Catholics for a Free Choice», un’organizzazione che assieme all’«International Lesbian and Gay Association» (presente in 90 Paesi con oltre 400 organizzazioni affiliate) lavora a Bruxelles per far pressione sui legislatori affinché agiscano contro gli Stati che non riconoscono le unioni omosessuali.

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CorSera – Matrimonio: una situazione drammatica

CorSera RAPPORTO ISTAT


Matrimoni in crisi: -30.000 in due anni

Nel Nord-est uno su dieci sposa una straniera

 

MILANO – Agli italiani l’altare non piace più. Non è una novità dal momento che il trend negativo prosegue dal 1972, ma nel biennio 2009-2010 sono state celebrate 30.000 nozze in meno, vale a dire che il calo è del 6%. Il record negativo, reso noto dall’Istat, è molto al di sopra del -1,2% registrato, mediamente negli ultimi 20 anni. Nel 2009 sono stati celebrati 230.613 matrimoni mentre nel 2010 poco più di 217 mila (3,6 ogni mille abitanti); nel 2008 erano stati 246.613 (4,1). Il calo ha interessato tutte le aree del paese. Tra le grandi regioni, il Lazio (-9,4%), Lombardia (-8%), Toscana (-6,7%), Piemonte e Campania (-6,4%).

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CC – La regressione umana passa per la legalizzazione dell’incesto

Incesto e relativismo

di Amato, Gianfranco

domenica 9 gennaio 2011 – culturacattolica.it

Il Consiglio degli Stati della Confederazione elvetica, ovvero la Camera Alta del parlamento svizzero, ha proposto una legge per depenalizzare l’incesto, data la sua attuale marginalità. (altro…)

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Avvenire – La famiglia artificiale di Elton John

30 dicembre 2010
La «paternità» di Elton John

Se i desideri di una popstar stravolgono i veri diritti

Prendi una stella se ci riesci, desidera qualcosa di speciale… il mio amore è libero». Così cantava Elton John nel brano Are you ready for love? nel 1977 e pare che oggi il baronetto britannico sia riuscito per davvero a realizzare l’impossibile, a prendere quella stella così speciale e così tanto desiderata che ha preso nome di Zachary Jackson, un bebè nato il giorno di Natale da madre californiana, padre ignoto e ora figlio dell’"amore libero" tra Elton John e il suo compagno David Furnish. (altro…)

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il Giornale – Dire la verità sulla famiglia è divenuto atto di coraggio

il Giornale martedì 09 novembre 2010

Sacconi: "Aiuteremo le coppie che fanno figli"

di Andrea Tornielli

L’accenno del ministro alla "famiglia naturale basata su matrimonio e procreazione" fa scoppiare un caso. Poi la precisazione: "Ho citato semplicemente la Costituzione". Bagnasco non si unisce al coro dei moralisti no-Cav (altro…)

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