Avvenire – In pellegrinaggio per la famiglia

Avvenire
Rinnovamento nello Spirito
In 20mila in pellegrinaggio a Pompei

Oltre 20 mila persone in processione da Scafati a Pompei, quattro chilometri di canti e rosari tra le due cittadine campane per ribadire con forza il tema scelto per questa edizione: "Maschio e femmina Dio li creò". Un messaggio di fede, ma dal forte significato sociale e politico. Perché nella profonda crisi spirituale e materiale che attraversa le famiglie italiane, pregare assieme – nonni, genitori e figli – serve anche a ricordare al Paese una verità oggi controcorrente: la gioia e la bellezza della vita creata da Dio nella diversità, che nell'’unione del matrimonio aperto alla vita è garanzia di futuro per l’Italia. Una missione che Rinnovamento ha raccolto da papa Francesco, che allo Stadio ’Olimpico di Roma, il 1 giugno, invitò i cattolici a combattere il Nemico maligno della famiglia. 

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Tempi.it – Finché non finisce l’amore di uno dei due

Tempi.it

Matrimonio e comunione ai risposati. Spaemann: «La Chiesa non capitoli davanti al pensiero dominante»

luglio 27, 2014 Robert Spaemann

Riportiamo la riflessione del grande filosofo cattolico pubblicata da First Things. La Chiesa resterà il sale della terra o cederà alle logiche di un mondo in cui il matrimonio vale “finché l’amore non finisce”?

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La Cassazione ignora la ”nullità” delle nozze

Perché la sentenza della Cassazione che ignora la nullità del matrimonio sancita dalla Chiesa è «funzionale alla ridefinizione della famiglia»

di Benedetta Frigerio

Giancarlo Cerrelli, avvocato canonista, cassazionista e vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici, spiega per filo e per segno il senso di un verdetto che con la scusa di difendere i più deboli, mira a censurare la funzione civile della Chiesa

 

La sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite n. 16379 del 17 luglio 2014, contro il riconoscimento della nullità matrimoniale sancita da una sentenza ecclesiastica non mirerebbe, come annunciato dalla stampa, a difendere il diritto dei più deboli. «In ballo c’è molto altro. Come la ridefinizione del matrimonio, aprendo la strada a rapporti familiari sempre più liquidi e precari di cui l’ordinamento prenderà atto», spiega a tempi.it Giancarlo Cerrelli, avvocato canonista, cassazionista e vicepresidente nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani.

Avvocato Cerrelli, qual è la novità di questa sentenza circa la nullità matrimoniale?
È stato definito con un principio di diritto un contrasto interpretativo, presente all’interno della stessa Corte di Cassazione e ancora irrisolto, circa i termini del riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche da parte dello Stato italiano. I giudici hanno sposato, con questa decisione, l’orientamento già espresso qualche anno fa dalla prima sezione della stessa Corte, con la sentenza n. 1343/2011. In poche parole, a parere della Suprema Corte, se marito e moglie hanno vissuto come tali per almeno tre anni, la sentenza ecclesiastica di dichiarazione di nullità del loro matrimonio non ha effetti per lo Stato italiano, perché entrerebbe in contrasto con il principio dell’ordine pubblico. Tale sentenza si pone in linea con la tendenza giurisprudenziale che mira a porre una forte restrizione al riconoscimento civile delle sentenze ecclesiastiche di nullità.

È mai accaduto prima che il diritto dello Stato fosse contrapposto a quello ecclesiastico in questa materia?
La storia è lunga. Il codice civile del 1865 si limitò a disconoscere gli effetti civili del matrimonio canonico, perché non era ammissibile che la formazione del rapporto coniugale fosse disciplinata, non dalla legge dello Stato, ma dalla legge confessionale dei nubendi. Così dal primo gennaio del 1866 fino all’11 febbraio 1929, per ben 63 anni, l’ordinamento italiano riconobbe, come matrimonio, il solo matrimonio civile che, pertanto, divenne obbligatorio, senza che però fosse vietata la celebrazione religiosa, in via del tutto autonoma, per le persone già unite, in municipio, dal matrimonio civile. Il Concordato dell’11 febbraio 1929 ha instaurato, invece, un sistema fondato sulla “esclusività” della giurisdizione ecclesiastica, come l’unica giurisdizione cui il cittadino, che avesse contratto matrimonio nella forma concordataria, potesse rivolgersi. L’articolo 34 del Concordato del 1929 sanciva, al comma 4, che le cause concernenti la nullità del matrimonio erano riservate alla competenza dei tribunali ecclesiastici e la delibazione della sentenza ecclesiastica avveniva in modo automatico da parte dell’ordinamento italiano. Questa “esclusività” dopo il 1970 è andata restringendosi, fino alla sua abrogazione, avvenuta con l’entrata in vigore della legge 121 del 25 marzo del 1985, che ratificò e diede esecuzione agli “Accordi di Villa Madama” del 18 febbraio 1984 modificando, così, i precedenti “Patti lateranensi” che diedero vita al Concordato dell’11 febbraio 1929. Inizia così un’espansione della giurisdizione sul matrimonio concordatario da parte dell’ordinamento italiano, che comincia ad usare un attento controllo dell’ordine pubblico italiano, in sede di delibazione della sentenza ecclesiastica. La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione del 17 luglio tende ad accrescere ulteriormente la giurisdizione dello Stato italiano sul matrimonio concordatario. Da qualche tempo, infatti, si stanno verificando, da parte di organi dello Stato italiano, prese di posizione che denotano una certa diffidenza, un senso di contrarietà verso la funzione giudiziaria svolta dalla Chiesa, interventi che lasciano trasparire l’intento di contenere tale funzione, di limitarne l’applicazione, di controllarne e, ove possibile, di censurarne il concreto esercizio.

La sentenza però sembrerebbe più “garantista” nei confronti del matrimonio, rispetto alla Chiesa che ammette la nullità.
La Chiesa dà importanza al consenso dei coniugi espresso durante la celebrazione. Il processo canonico che dichiara la nullità matrimoniale si basa, infatti, su due processi, entrambi obbligatoriamente conclusi con due decisioni di nullità (la cosiddetta “doppia conforme”), nei quali viene effettuata un’approfondita istruttoria sul rapporto matrimoniale, che tende a verificare se il consenso prestato da uno o da entrambi i nubendi sia stato efficace o meno a far nascere il matrimonio. La Suprema Corte con questa sentenza sembra, invece, concedere maggior credito alla volontà (spesso connotata da emotività) di un soggetto privato che alla decisione di un giudice ecclesiastico, poiché al primo consente di far venir meno l’effettività e la vitalità del matrimonio-rapporto senza che tale decisione debba essere giustificata, mentre al secondo nega tale possibilità, anche in presenza di due decisioni conformi e motivate. Tuttavia il senso di questa sentenza va oltre a quello che può apparire di primo acchito.

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Tempi.it – Il vero volto di Renzi e dell’Europa

Risoluzione Onu pro famiglia. L’Italia si è opposta «per unità col resto d’Europa». Ma scherziamo?

luglio 8, 2014 Francesco Belletti

Con questo voto l’Italia si è schierata con i Paesi ricchi e le lobby economiche e malthusiane che li rappresentano. Non è questa l’Europa che vogliamo

 

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rp – All’ONU vittoria della famiglia nonostante Italia, USA, etc.

ONU/DIRITTI UMANI: SI’ ALLA PROTEZIONE DELLA FAMIGLIA – di GIUSEPPE RUSCONI

www.rossoporpora.org – 6 luglio 2014

Approvata dal Consiglio per i diritti umani una risoluzione pro-famiglia come “elemento naturale e fondamentale della società” – L’Italia vota contro, come tra gli altri USA, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Giappone, Corea e Cile, dopo la bocciatura di un emendamento per l’inclusione nella risoluzione di altri tipi di unione – Alcune dichiarazioni di voto – Il testo della risoluzione

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Tempi.it – Il mondo nuovo del nichilismo relativista

Tempi.it

Francia, ma quale “lotta all’omofobia”. Alleata di Hollande ammette: l’obiettivo è diffondere il gender a scuola

luglio 3, 2014 Leone Grotti

Esther Benbassa dei verdi smentisce le rassicurazioni del presidente sui corsi “anti-discriminazioni”: sono lezioni di ideologia gender «come negli Stati Uniti»

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il Foglio – Matrimonio gay in Italia in un silenzio assordante

il Foglio 1-7-14

Un matrimonio gay sotto (neanche troppo) mentite spoglie

Il testo unificato che a settembre servirà da base di discussione per la legge sulle unioni civili omosessuali promesse dal premier Matteo Renzi è stato depositato venerdì scorso dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà

di Nicoletta Tiliacos

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Decine di preti dichiarano di aver “sposato” divorziati e gay

(di Mauro Faverzani)

L’inchiesta condotta dalla Ccbf, la Conferenza cattolica dei battezzati e delle battezzate francofoni, è choccante, ma parla chiaro: 75 preti e diaconi ammettono tranquillamente di violare la disciplina della Chiesa in fatto di nozze.

Come? Accettando di celebrare le unioni tra persone divorziate, ciò che è del tutto contrario all’indissolubilità del Matrimonio. Il Codice di Diritto Canonico, in questo, non lascia il benché minimo spazio a dubbi: «Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità» (can. 1056). Ma, per loro, le regole sono saltate. Oltre il 60% dei sacerdoti intervistati, infatti, ha dichiarato di non chiedere alcun permesso, in questi casi, al Vescovo o al Parroco, celebrano e tanti saluti a tutti. Non solo: da veri trapezisti liturgici, tentano di giustificare l’ingiustificabile, spiegando come la loro cerimonia, in realtà, sia una semplice benedizione, non un Sacramento.

Ritenendosi così a pieno diritto entro i confini della Chiesa e del diritto canonico. Ma contravvenendo consapevolmente all’esortazione apostolica Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II, che al n. 84 recita: «Similmente, il rispetto dovuto sia al Sacramento del Matrimonio, sia agli stessi coniugi ed ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli, proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l’impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l’indissolubilità del matrimonio validamente contratto. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo ed alla Sua Verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo».

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