I Dieci Comandamenti – il Coraggio di Amare !
“Dieci semplici parole scolpite nel cuore degli uomini”
Sintesi della 3° puntata:
Non commettere atti impuri
Non desiderare la donna d’altri
I dati sulla prostituzione che appaiono nei primi minuti della terza puntata de “I Dieci Comandamenti – Il Coraggio di Amare” potrebbero bastare anche da soli a denunciare un dramma vissuto da migliaia di donne. La testimonianza di don Oreste Benzi, quella di alcune ragazze schiavizzate fin dall’età dell’adolescenza, la condizione delle donne africane incarnano questi dati, dando loro un volto. In questa puntata in un certo senso “al femminile” viene offerta da una docente universitaria musulmana la vera dottrina del Corano sulla donna: non schiava ma persona. Ma come vengono vissuti questi due comandamenti in un monastero di clausura? Tre testimonianze di tre monache chiariscono molte cose, e soprattutto spiegano il senso di una scelta così ardua. La denuncia di un vescovo americano sulla pedofilia conclude una puntata che pone a tutti la domanda: cosa significa amare? Chi ha oggi il coraggio di amare?
Mentre un’anziana peruviana canta una malinconica melodia, scorrono alcuni dati: bambini abbandonati nel mondo: 150milioni; donne mutilate in Africa: 135 milioni; fatturati annuo del racket del sesso: 52miliardi di dollari; bambine immesse nel racket del sesso ogni giorno: 1000.
La testimonianza di una ragazza albanese dà il volto a questi dati:
(stralcio): Sono arrivata a Bari 10 anni fa, avevo 15 anni, ero insieme a mia zia. Ero partita dall’Albania per studiare. Una sera fine giugno sono uscita per comprare le sigarette: era tardi, andavo lì al bar che vicino alla casa di mia zia. Mentre ritornavo, sono stata avvicinata da due albanesi: non ci ho visto più, sono stata subito bloccata la bocca, mi hanno fatto addormentare e nella notte mi sono trovata in Umbra, la stessa notte. Appena mi sono svegliata sono stata vestita da una donna di strada. Da quel momento sono stata picchiata, violentata, ed è dura, a quindici anni. Quando loro mi hanno portato sulla strada, loro mi hanno minacciata: “se parli con qualcuno, ammazziamo te e la tua famiglia”. E per di più dovevo portare un milione delle vecchie lire. Se no venivo un’altra volta menata.
Ero tutta insanguinata seduta sul marciapiede: i clienti passavano e non si fermavano vedendomi in quello stato. Ero contenta da un lato perché in quel modo non andavo con loro, dall’altro tremavo dalla paura: era notte fonda, da sola, in mezzo alla strada, non riuscivo a controllarmi. D’un tratto mi si è avvicinata una macchina, era un ragazzo giovane, il quale mi mostra il distintivo. Lì ho visto che era un carabiniere. Mi disse di salire in macchina con lui e di fare finta che fosse un cliente, perché in torno giravano sempre con la macchina le stesse persone che m’avevano rapito. Appena ho visto il distintivo, ho visto un lampo di luce, una speranza: sono salita subito in macchina e sono andata dai carabinieri. Ho denunciato tutto il fatto e ho raccontato anche delle altre ragazze che loro possedevano su quell’appartamento, perché io non ero da sola: loro ce n’avevano altre quattro. Erano tutti giovani come me. La stessa sera i carabinieri sono andati su quell’appartamento: l’hanno presi.
Dopo di là sono stata ricoverata in un ospedale dieci giorni: c’avevo il setto nasale rotto e quattro punti sulla coscia destra per il coltello avuto. Ma non erano queste le ferite che mi facevano male ma erano la violenza che avevo subito e per di più tuttora ricordo e quando ne parlano sto bene. È stato grazie alle suore e all’altra gente che ho avuto vicino che sono riuscita andare avanti. Spero ragazze che come me hanno subito una violenza, o tuttora ne subiscono, abbiano il coraggio di denunciarli perché ogni donna è un essere umano e l’uomo non può trattarla come un oggetto, decidere il suo destino.
Subito segue la testimonianza di don Oreste Benzi, da anni sulle strade per proteggere e salvare queste ragazze:
Mi chiedono: cosa ne pensi tu delle prostitute. Io rispondo: nessuna donna nasce prostituta, ma c’ha sempre qualcuno che la fa diventare o qualche situazione che la induce. Voi che mi ascoltate: se avete delle figlie di 14, 15, 16 anni, e le guardate in volto nel fiore della giovinezza, potete mai pensare che quella vostra figlia è destinata a fare la prostituta. E voi direste “no!” con orrore. Se voi vedeste sulla strada una vostra bambina, che è stata rapita, costretta a vendere il suo corpo per riempire le tasche del criminale che la prende e la vedeste circuita da un cliente, voi cosa fareste? Non andreste a liberare? Voi tacereste? Diceva bene Martin Luther King: “io non ho paura della cattiveria dei malvagi. Io ho paura del silenzio degli onesti”. Allora, la donna è sempre vittima, sempre.
Voi direte: ah, don Oreste, vengono tutte liberamente, vengono a fare soldi. No, non è vero, non è vero. Noi ne abbiamo, dal ’90 ad oggi, ne abbiamo liberate più di quattromila; attualmente ne abbiamo 450 nelle nostre strutture, le conosciamo in fondo. Se voi andate per la strade, le interrogate, vi dicono tutte che loro sono libere, sono lì per divertirsi, che i soldi li hanno, son tutti loro i soldi che hanno: tutto vi diranno così. Perché i loro criminali mandano degli italiani, dei collaboratori, i quali vanno e chiedono se è libera o se no. Se loro dicono, le ragazze dicono che sono sfruttate, quando vanno a casa vengono bastonate, perché questi collaboratori vanno a dire al magnaccia cosa ha detto lei. Questo è il lavoro. La donna comunque in qualunque situazione si trovi è sempre una donna sfruttata.
Invece il primo criminale è il cliente. Perché il primo criminale è il cliente? Perché se non ci fosse lui che chiede di andare a sfogare se stesso con il corpo di un’altra donna e pagata, non ci sarebbe questo commercio spaventoso delle donne, questa tratta di queste creature sofferenti. Ma lo capite che roba?!
Nei sottotitoli leggiamo: In italia ci sono 50.000 donne schiavizzate e inserite nel racket della prostituzione, e di queste un terzo è minorenne. Il fatturato annuo è di 50 miliardi delle vecchie lire… Ogni donna frutta circa 120mila dollari al proprio protettore…
Immediatamente un’intervista tenuta dallo stesso don Benzi ad una ragazza, ex prostituta…
Don Benzi: Quanti anni avevi quando sei arrivata in Italia? Ragazza: sedici.
Don Benzi: Ecome sei venuta qua? Ragazza: Sono venuta attraverso una mia amica, con aiuto del suo fidanzato che mi sono fidata e mi hanno portato con il pensiero di lavorare, perché volevo lavorare come baby sitter, ristorante, far la stagione almeno per tre mesi, poi ritornare con lei in mio paese. … Appena sono arrivata mi hanno portato in una casa … mi hanno detto che dovrei andare a lavorare in strada perché il lavoro così non lo hanno trovato.
Don Benzi: La prima volta che sei andata sulla strada, quando hai visto che venivano queste persone a chiederti certe cose, tu cosa provavi? Ragazza: io ero in una strada buia senza luci, con tanta gente da diciott’anni anche a sessanta, settant’anni che veniva da me: ero spaventatissima. … A gennaio 2003, sono stata venduta ad un albanese
Don Benzi: E ogni notte quante persone venivano? Ragazza: Dieci, quindici, anche venti.
Don Benzi: E quale età hanno? Ragazza: La maggior parte sono minorenni, dai tredici anni… Per cercare di scappare dai magnacci delle ragazze sono state addirittura ammazzate
(fuori campo) La verità è che oltre alle minacce, alle paure, c’è in gran parte del pianeta una storia di egemonia, di dominio dell’uomo sulla donna. In alcune zone dell’Africa una donna vale una mucca o poco più o poco meno.
La testimonianza di Murugi Njeri Kenia da Nairobi in Kenia…
La situazione delle donne africane è tra le più’ sfortunate e oppressive. Nella cultura africana, nella famiglia, la femmina non può possedere nulla, loro sono proprietà dei fratelli e del padre. Così le femmine si sentono fuori posto nella famiglia. Ma poi sono le donne che devono guadagnare i soldi per mantenere ogni giorno la famiglia. In questa situazione socioeconomica, una donna vale solo per il danaro che porta.
(fuori campo) In gran parte dell’Africa la donna è ancora merce di scambio. La sessualità è vissuta nella dimensione del baratto. Io ti do questo e tu mi dai lei, e lei sarà mia finché io vorrò e come io vorrò.
E nella miseria di questi territori, i comandamenti come “non commettere atti impuri”, “non desiderare la donna d’altri”, già difficili da accettare nelle grandi società della ricchezza, qui diventano precetti incomprensibili.
Nella miseria e nel sottosviluppo, è difficile rispettare questi comandamenti. Il lavoro dei missionari in queste terre è molto difficile. Il rispetto della donna, la tutela dei suoi diritti: sono imprese titaniche.
Chiarisce queste frasi la testimonianza di Sr. Lucietta Colombo del Kenia Nazareth Hospital:
È da trent’anni lavoro in Kenia e ho sempre lavorato per il progresso della donna, sono sempre stata a contatto con la donna, perché vedo la necessità di elevare il suo stato.
Ancora oggi, nonostante tutto il lavoro che si è fatto, è schiava dell’uomo, il suo lavoro è sottopagato: lavora come l’uomo, ma non pagata come l’uomo.
Nelle difficoltà l’uomo abbandona la moglie, a lei affida il peso della famiglia e lui se ne va in cerca di una seconda moglie.
O quella del Dott. Dima Xiurra, anche lui del Kenia Nazareth Hospital:
Anch’io sono in Kenia da trent’anni e lavoro alla promozione della donna perché qui la donna è mortificata, sottopagata nonostante lavori più dell’uomo. A lei è affidato il peso della famiglia, il mantenimento, l’educazione dei figli, la costruzione della capanna e se la donna non fa questo, viene abbandonata dal marito, che va in cerca di un’altra donna e tutto il peso della famiglia rimane su di lei. Il marito si ubriaca facilmente con la birra, lavora se ne ha voglia e, se la moglie non fa come lui pensa il suo dovere, la picchia o l’allontana.
La donna rimane ancora schiava dell’uomo nonostante i nostri sforzi.
(fuori campo) Ma per capire e farvi toccare con mano il dramma quotidiano della miseria delle grandi città africane siamo entrati dentro la baraccopoli, lo slum a Nairobi, dove vivono ammassate in queste terribili condizioni migliaia e migliaia di persone. Niente strade, niente acqua, niente elettricità. Niente scuole, niente servizi igienici. Nessuna assistenza medica. Si vive di illegalità, di rifiuti e di prostituzione.
La vita qui non è più un valore, la vita. Siamo qui perché anche voi, vedendo queste condizioni di vita, vi possiate rendere conto da quale catastrofe fuggono milioni di creature.
Marta, ragazza di Kibeo, slume di Nairobi in Kenia, ci racconta
La vita qui è molto dura, la gente cerca di sopravvivere, in condizioni terribili.
La maggior parte dei bambini non frequenta la scuola, il loro sostentamento dipende da alcuni cosiddetti benefattori che vengono e portano i bambini a scuola. Però alcuni di questi benefattori, che prendono i bambini li usano. E poi qui abbiamo,… quasi tutti l’AIDS, la vita è terribile, non potete immaginare, non come si vive… perché questa non è vita! non potete immaginare…….come si muore…qui!…nello slum!
Al Cairo ci viene spiegato il valore di una donna…
Sì dipende molto dalla statura, nella mia tribù se una è alta e grossa, vale 50 vacche, se corta e piccola 10/20.
Non si paga tutto in una sola volta. E non è il marito soltanto a pagare ma tutta la tribù, gli zii paterni, materni, fratelli e non danno nessuna libertà di scelta alla donna perché ognuno di loro ha partecipato a pagare quindi tutti hanno diritti sulla donna. In questa maniera diventa una schiava perché ciascuno ha pagato quindi hanno comprato questa merce e possono farne quello che vogliono. È una vera schiava.
(fuori campo) La professoressa Zeinab Radawan dell’Università del Cairo sta pregando in casa. È considerata una tra le più attive nel mondo arabo per una interpretazione della legge islamica che non mortifichi il ruolo della donna. La professoressa ha studiato attentamente l’insieme delle regole imposte dalla fede musulmana: gli obblighi della donna verso l’uomo, e viceversa, la poligamia, il velo.
Presa Diretta professoressa Zeinab Radawan
“ Sulla questione della donna araba e di come viene vista dall’occidente c’è confusione tra la religione mussulmana ed i gruppi che esercitano il potere sulle donne.
Se prendiamo quanto è stato scritto nel Corano riguardo il velo e il modo di vestire della donna, non troviamo il termine “velo” quale vestito obbligatorio per la donna. Alle donne è chiesto rispetto davanti all’uomo e la conservazione della virtù. Non c’è un vestito preciso che porti alla virtù. Noi quindi potremmo dire che l’Islam non intende imporre un vestito speciale per le donne, ma intende un comportamento specifico che orienta sia l’uomo che la donna, e non susciti il desiderio sessuale.
Per quanto riguarda la poligamia: l’Islam l’ammette solo in due casi: quando la moglie è sterile o è malata! Se la prima moglie non ha di come sostenersi rimarrà nella casa e la nuova moglie deve accettare di vivere con lei nello stesso luogo…se è necessario. La moglie deve essere sempre d’accordo, diversamente è maledetto da Allah! Perciò è proibito sposarsi per il piacere. Da questo vediamo che l’Islam tutela la donna.
Nella pratica invece gli uomini si sposano più volte senza osservare queste norme. Sono così, peccatori davanti a Dio.
Io personalmente non metto il velo! Io sono giusta per come mi comporto, non perché porto, o non porto, il velo!
E quando nelle moschee invitano a mettere il velo, loro non conoscono la realtà della fede. E poi le persone che pagano ragazzi e ragazze, li obbligano ad obbedire ai loro ordini, fanno questo per creare problemi nelle organizzazioni, nelle università e far degenerare nella violenza le manifestazioni.
E sono questi gruppi a spingere sempre nuove persone convincendole che loro sono gli eletti ad andare contro questa società che è corrotta. Spero di vedere la fine di questi atteggiamenti. “
Ci spostiamo a San Salvador, in Brasile, per conoscere l’esperienza del vescovo Dominique Younel e la Casa Bernadette
(fuori campo) Lui ha scelto da tempo di vivere tra i poveri delle Favelas. Dorme per terra e divide il cibo con loro. Vive in povertà ed assiste, con la Sua piccola comunità missionaria, i più poveri tra i poveri. Don Dominique ha origini francesi e il suo centro si chiama Casa Bernadette!
Questa è la “Casa Bernadette” dove abito da otto anni. Sono stato Parroco qui per 10 anni ed ora sono il Vescovo Ausiliare di Salvador.
In questa casa sviluppano alcuni progetti pastorali con le ragazze della favelas, tutte molto giovani
In questo piano della casa vivono quelli che appartengono alla comunità. Dormiamo sul pavimento allo stesso modo in cui vive la comunità locale. Per essere vicini alle ragazze alle quali la nostra opera si rivolge, bisogna anche condividere le loro sofferenze. Come la passione di Gesù Cristo che contempliamo nel Santissimo Sacramento. Tutto qui è molto semplice ed umile.
Anche la parrocchia locale, che può essere paragonata alle parrocchie dalla Polonia durante il regime comunista. È un spazio di libertà, dove un giovane può crescere e svilupparsi d’accordo con la propria volontà, e non sotto la volontà dei trafficanti di droga ed i protettori della prostituzione.
Una delle ragazze ospitate nella Casa Bernadette racconta:
I miei genitori mi hanno abbandonato quando avevo solo un anno ed insieme a me anche mia nonna e con lei sono cresciuta. Poi mi madre tornò da sola, ed ebbe un’altra figlia.
Io a 15 anni avevo già il primo figlio. E l’uomo con cui sto e venuto ad abitare anche lui a casa di mia nonna.
Qui, alla casa Bernadette, sto ricevendo tanto, oggi qui so di più di me stessa, oggi qui ho imparato ad avere più rispetto di me stessa…
(fuori campo) Ma ci sono anche uomini e donne che scelgono la castità ed anche la clausura, per vivere la pienezza di una vita di preghiera e di totale rispetto delle leggi date da Dio a Mosè.
Ma questa scelta deve convivere con la fragilità della nostra natura umana. Ed allora in tre diverse Clausure nel mondo abbiamo voluto raccogliere “il dietro le grate” della vita delle monache.
Abbiamo chiesto come si vive la castità promessa e come non tradirla? Come si vive un matrimonio mistico, e di questo matrimonio…la sessualità nella dimensione mistica, ossia la donazione totale a Dio ed a tutta l’umanità perché anch’essa scopra l’unica dimensione che ne potrà garantire la sopravvivenza: IL CORAGGIO DI AMARE! I DIECI COMANDAMENTI! AMA IL TUO PROSSIMO COME TE STESSO!
Suor Rosa Elvira, badessa del monastero domenicano di s. Caterina ad Arequipa, in Perù spiega:
Noi siamo monache del monastero di Santa Caterina d’Arequipa, viviamo interamente dedite alla contemplazione secondo il carisma del nostro fondatore San Domenico.
Come monache di clausura dobbiamo anzitutto essere cristiane, come ben lo diceva nostra sorella Santa Teresa: per essere una vera monaca dobbiamo essere anzitutto donne cristiane e dopo contemplative. Quindi per noi il messaggio dei Dieci Comandamenti è una sfida alla pari del messaggio delle beatitudini.
È vero che la nostra vita monacale, in qualche maniera ci preserva da alcuni o da molti pericoli. Riguardo ai comandamenti non uccidere, non fornicare, sono realtà molto drammatiche ed evidenti nella società attuale; nei nostri monasteri ci sono mille maniere di mancare contro questi comandamenti, ad esempio: è vero che noi non uccideremo fisicamente ma, sicuramente esistono modi di uccidere lo spirito delle persone con le nostre espressioni, con i nostri atteggiamenti.
Noi pur essendo monache siamo esseri umani con delle fragilità e limiti.
(fuori campo) La verità è che soprattutto nelle società della ricchezza la vergine, il vergine sono visti come persone fuori del tempo dell’oggi, quando non persone con dei problemi! E non come persone che si offrono, si donano, interamente agli altri. Sentinelle di un amore totale verso il nostro prossimo, testimoni, che, come ci appena detta dalla clausura la monaca, la scelta radicale di Cristo attesta che Dio esiste e ci ama.
Suor Teresita Blanca, priora del Carmelo di Arequipa prosegue:
Bisogna avere il coraggio di parlare di castità in questi giorni, perché la castità è al vertice dell’onestà e della dignità verso se stessi ed il nostro prossimo. La castità ci fa crescere nell’amore verso i fratelli; non ci reprime, non è il cammino della negazione, anzi, è una via di donazione totale in favore di tutti i fratelli, e per amarli sempre più.
La castità ci porta a vivere con amore e con gioia la nostra donazione totale in favore di tutti gli uomini
Infine Suor Denise Marie Atkins del monastero di stretta osservanza di New Jersey negli USA:
Avevo davanti a me molti idoli. Sono stata per 10 anni ballerina professionista di pattinaggio.
Una vita di competizione che poi mi lasciava vuota. Durante i due anni che ho frequentato l’università ho fatto tutto quello che si fa a quell’età, feste balli. Ma continuavo a sentirmi non completata, vuota. Iniziai ad andare a Messa tutti i giorni.
E Dio è divenne reale. Sentii il suo amore. Lasciai l’università, tutto e divenni qui sposa di Dio. L’amore eterno è Dio stesso. Spesso noi veniamo portati a pensare che il piacere sessuale in sé sia amore vero. Ma l’amore più profondo è quello in cui ci si dona, ci si sacrifica. È questo è il tipo di amore che il Signore Gesù è venuto a mostrarci e quando lo troviamo ci sentiamo realmente completi.
Concludono la puntata le parole di S.E. Mons. John Mayers, Arcivescovo di Newark negli Usa:
Uno dei più grandi doni che è stato dato alla famiglia umana è il dono della sessualità umana è un dono sacro attraverso il quale l’uomo e la donna si uniscono per formare la famiglia, le fondamenta di tutte le civiltà e di tutte le culture.
La sessualità è il dono di avere dei bambini.
In molte società nel mondo sia ricche che povere la sessualità umana non è rispettata, non è valorizzata e diventa un modo di approfittare degli altri.
Chi è che fa parte della Chiesa, coloro che sono preti e vescovi offrono il loro celibato a Dio e agli altri e le persone hanno il diritto di avere l’aspettativa che vivano secondo questa grande responsabilità.
Tristemente alcuni hanno fallito. Questo è un peccato terribile e anche qualcosa che lascia ferite profonde nei cuori e nell’anima e nella psiche di coloro di cui si è approfittato e così è responsabilità della chiesa di chiamarci tutti alla castità. Questo è un richiamo alla santità che il Santo Padre ha fatto per tutti i preti in tutto il mondo e a tutti i cattolici: che vivano la castità come è detto nel 6° comandamento.
(fuori campo) Siamo ora in chiusura di questa puntata de “I dieci comandamenti” che ha cercato di portare al dibattito la delicata questione del rapporto fra fede e sesso, della coerenza fra comandamenti e comportamenti che nel mondo di oggi, il nostro mondo, dove sempre più spesso il sesso è usato come un grimaldello per forzarci e condizionarci negli atteggiamenti e nelle scelte sulla base di istinti banali e poco più che primitivi.
Stiamo forse perdendo il gusto della ragione? E a chi crede, gli stanno scippando la gioia di difendere la sua dignità e del suo prossimo?
Voltare le spalle ai Dieci comandamenti ha portato a conseguenze che spesso facciamo finta di ignorare, ma che pesano come un incubo su tutta l’umanità che non vuole riconoscersi nelle leggi naturali quali Dio indico a Mosè!
E questo è inconfutabile sia per chi crede e per chi non crede ad un Dio! Quale esso sia!
Quali regole e quali leggi perché la pace dell’uno non sia l’incubo dell’altro! perché il mio benessere non sia la tua miseria!… perché la nostra felicità non sia la vostra disperazione?
Altri numeri e statistiche di questa Terza Puntata
In africa il traffico di esseri umani riguarda 2milioni di persone ogni anno; sempre in Africa, solo nel 2003 sono morte 3 milioni di persone per AIDS, nei prossimi 10 anni è previsto che muoiano in 20milioni…; in Africa ci sono 11 milioni di orfani per AIDS e 1500 bambini al giorno muoiono per la stessa malattia. Nel mondo le donne violentate ogni anno sono 16milioni, una ogni trenta… l’età media della violenza sulle bambine è di 10-12 anni…
Nel mondo ci sono 3600 monasteri di clausura, con 51.000 monache
le città e gli stati di questa terza puntata:
Albania, Italia, Kenya, Nairobi, Il Cairo (Egitto), Etiopia, Eritrea, New Delhi (India), San Salvador (Brasile), Cracovia (Polonia); Arequipa (Perù), New Jersey (USA); Newark (USA), Taipei (Taiwan)
luca de mata – giugno 2004