(Pol-Catt) Ruini:Operare nel mondo per ristabilire la pace

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
52a ASSEMBLEA GENERALE
Assisi, 17 – 20 novembre 2003

Prolusione del Presidente
+ S. Em. Card. Camillo RUINI

Venerati e cari Confratelli

[…]
4. Cari Confratelli, questa Assemblea Generale ha luogo
nel momento in cui la nostra comunità nazionale vive un
dolore e una prova che hanno pochi riscontri, dopo i
tragici anni della seconda guerra mondiale e quelli
tanto tormentati dell’immediato dopoguerra.

L’attentato terroristico di Nassiriya, nel quale hanno
perso la vita 19 italiani, quasi tutti carabinieri e
soldati dell’esercito, insieme a 9 iracheni, mentre tanti
altri sono stati feriti più o meno gravemente, chiede a
noi credenti in Cristo anzitutto l’impegno perseverante
nella preghiera, per i caduti, i feriti, e le loro
famiglie – dalle quali sono venute alte testimonianze di
fede e di amore cristiano -, ma anche per l’Italia e per
la costruzione della pace, in Iraq e nel mondo.

Trovarci insieme qui ad Assisi, in questo luogo che è
simbolo universale di fraternità e di pace, ci aiuta ad
imprimere alla nostra preghiera i caratteri di una
sincera umiltà e di una grande fiducia.

A cinque giorni di distanza da questa orribile strage,
è forse possibile ed anche doveroso tentare di
raccogliere, nella prospettiva della fede e della
sollecitudine per il bene comune, qualche ulteriore
motivo di riflessione e di conseguente impegno.
Anzitutto non possiamo nasconderci la grande difficoltà
della situazione, sia per quanto riguarda le
possibilità di pacificazione in Iraq e l’assicurazione
dei diritti fondamentali di quelle popolazioni, sia in
rapporto al ruolo dell’Italia.

Fin dalle sue prime avvisaglie, infatti, il conflitto
in Iraq è stato, anche all’interno del nostro Paese,
motivo di forti perplessità e contrapposizioni.
La decisione del Parlamento di inviare un nostro
contingente per partecipare all’opera di pacificazione
e ricostruzione è stata a sua volta assai contestata,
anche se l’approvazione unanime di una risoluzione su
questa materia da parte del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite ha poi attenuato e ridimensionato
i dissensi.

L’Italia si trova dunque a vivere questa durissima prova
e ad individuare la strada dei propri comportamenti
futuri dovendo fare i conti, al proprio interno, con non
poche e non lievi differenze di opinioni.

Eppure, proprio in questa circostanza abbiamo massimo
bisogno di quella forza interiore che proviene dall’unità
di un popolo, dalla consapevolezza delle ragioni profonde
del suo essere insieme.
E di una tale unità abbiamo potuto sentire, in questi
giorni, chiare e confortanti espressioni, sia da parte
di rappresentanti politici e istituzionali sia nel
contatto diretto con la popolazione.

Questa unità non richiede una impossibile e non
auspicabile uniformità delle opinioni, ma un sincero
sforzo comune per mettere al primo posto il bene
dell’Italia e della stessa comunità internazionale.

In concreto, sembra aprirsi davanti a noi uno stretto
cammino: da una parte, infatti, non possiamo rinunciare
all’impegno fermo e vigoroso nella lotta al terrorismo,
facendo fronte fino in fondo agli obblighi che
derivano dalla solidarietà internazionale e ancor prima
dalla nostra storia e dalla nostra cultura; dall’altra
parte dobbiamo, con non minore coerenza e determinazione,
operare per costruire o ristabilire nel mondo, e oggi
in particolare nei rapporti con i popoli islamici,
condizioni di pace, di rispetto reciproco e anche di
sincera collaborazione.

Pure questo ci è richiesto dagli interessi veri e
durevoli del nostro Paese e dell’intero Occidente, e
più profondamente dall’anima stessa della nostra
civiltà.

Individuare più da vicino i passi da compiere per
perseguire efficacemente questi obiettivi – che sembrano
degni di essere largamente condivisi – è responsabilità
propria anzitutto dei legittimi rappresentanti della
nazione: a loro e a tutti gli italiani assicuriamo
volentieri il sostegno della nostra preghiera e della
nostra vicinanza spirituale.

Due giorni fa, durante il sabato, il terrorismo islamico
ha compiuto, ad Istanbul, un’altra abominevole strage,
uccidendo e ferendo in due sinagoghe un grande numero di
ebrei: simili atti di odio e di antisemitismo si
condannano da soli e sono una gravissima profanazione
del nome stesso di Dio.

Contro il terrorismo internazionale è davvero necessaria
la mobilitazione concorde di tutte le energie, per
impedire e reprimere le manifestazioni e per bonificare
le radici di questo tristissimo fenomeno.

 
[…]

In un panorama nel quale sembrano prevalere i motivi
di preoccupazione è invece opportuno menzionare anzitutto
un risultato positivo, accolto con sollievo praticamente
unanime.
Mi riferisco all’arresto, a partire dal 24 ottobre, di
una serie di membri e fiancheggiatori delle nuove
“Brigate rosse”, tra cui vari accusati dei delitti
D’Antona e Biagi.
Gli episodi successivi, come la spedizione di pacchi
esplosivi, uno dei quali ha gravemente ferito il
maresciallo dei carabinieri Stefano Sindona, confermano
purtroppo che anche in Italia il terrorismo politico
ha ancora degli adepti e delle zone di complicità, oltre
che di simpatia o almeno di non chiara condanna.
Oggi comunque, grazie all’impegno e al sacrificio delle
forze dell’ordine, si intravede la possibilità di
smantellare le organizzazioni eversive esistenti.

Se vogliamo però raggiungere un risultato veramente
duraturo, andando alle radici profonde di questo triste
fenomeno, occorre sciogliere – con impegno sincero e
convergente – quei nodi politici, culturali e sociali a
cui esso pretende di aggrapparsi.

Un’altra notizia assai positiva, anche se le reazioni
sono state più diversificate, con momenti di forte
tensione polemica, è stata quella della piena e
definitiva assoluzione del Senatore Giulio Andreotti
dalla terribile accusa di essere tra i mandanti di un
omicidio: accusa sempre apparsa incredibile a chi ha di
lui una precisa conoscenza personale.
Questa assoluzione, che ha un chiaro significato anche
in rapporto alle vicende della nostra nazione, potrebbe
essere uno stimolo a chiudere, in maniera serena e non
conflittuale, la troppo lunga stagione dei contrasti tra
le istituzioni, come già chiedeva il Santo Padre nella
sua lettera del 6 gennaio 1994 ai Vescovi italiani.

La legge finanziaria approvata dal Senato e che passa
ora all’esame della Camera dei Deputati è certamente
condizionata dalla non facile situazione dell’economia
italiana ed europea.
Risulta purtroppo ulteriormente procrastinato quel
ridisegno complessivo dell’imposizione fiscale, assumendo
la famiglia come soggetto unitario, che corrisponderebbe
a fondamentali esigenze di equità sociale e di rilancio
demografico del nostro Paese.

Non vanno taciuti però una serie di stanziamenti che
indicano una rinnovata attenzione alle famiglie, anche se
la loro entità rimane modesta: tra questi il “bonus” per
ogni figlio nato dopo il primo e l’aumento dei fondi per
gli asili nido e le scuole materne, per le famiglie che
hanno membri anziani o disabili e per quelle che inviano
i propri figli alle scuole paritarie.

Non mancano incrementi dell’impegno di spesa per
l’Università e per la ricerca, anche se la strada da
percorrere appare ancora lunga, e non limitabile al solo
ambito dei finanziamenti, per mettere l’Italia all’altezza
delle sfide attuali, in questo settore nevralgico per lo
sviluppo.

Sulla riforma del sistema pensionistico, dopo lo sciopero
generale del 24 ottobre, rinnoviamo il forte auspicio che
si individui un percorso il più possibile condiviso, per
realizzare in maniera equa le modifiche che si rivelino
necessarie.

L’improvvisa interruzione dell’afflusso di energia
elettrica che ha colpito quasi tutta l’Italia domenica 28
settembre e che si è protratta soprattutto nelle regioni
meridionali conferma la necessità e l’urgenza di un grande
impegno riguardo alle cosiddette “infrastrutture”:
l’approvazione in sede europea di alcuni progetti di
“grandi opere” che interessano direttamente anche il nostro
Paese sembra essere un passo significativo in questa
direzione.

Il 23 ottobre ho sottoscritto, con il Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, gli
“Obiettivi specifici di apprendimento” che riguardano
l’insegnamento della religione cattolica nella scuola
d’infanzia e in quella primaria: è un utile contributo
al collegamento tra insegnamento della religione e
riforma della scuola.

Il voto alla Camera dei Deputati contrario
all’abbreviazione dei tempi per lo scioglimento dei
matrimoni ha suscitato dure reazioni su gran parte degli
organi di stampa ed è stato anche presentato come una
“rivincita cattolica”.
In realtà non si tratta di cercare alcuna rivincita, ma
di non incentivare l’ulteriore degrado della stabilità
familiare, rendendosi conto che essa costituisce un bene
primario per la società e anzitutto per i figli, oltre
che per gli stessi coniugi, al di là di apparenze che
vengono troppo facilmente enfatizzate.

Forte emozione tra la nostra gente ha provocato
l’ordinanza di un giudice del Tribunale dell’Aquila che
ha accolto l’istanza di un esponente musulmano – per la
verità contestato e non ritenuto rappresentativo dai
suoi stessi correligionari – di rimuovere il Crocifisso
dalle aule della scuola frequentata dai suoi figli.
Tale ordinanza, già sospesa e impugnata, oltre a non
tenere conto della normativa vigente, non coglie il reale
significato della presenza pubblica del Crocifisso, che
esprime congiuntamente il sentimento religioso di tanti
cittadini e – come ha sottolineato felicemente il
Presidente della Repubblica – i valori che stanno alla
base della nostra identità.
Proprio nella situazione di oggi, quando occorre
promuovere l’integrazione di immigrati anche molto diversi
da noi per religione e per cultura, risulta del tutto
inadeguata una nozione angusta di laicità, che vorrebbe
artificiosamente separare la nostra identità nazionale
– e più ampiamente quella europea – dalle sue reali
matrici spirituali e culturali.

Cari Confratelli, vorrei concludere queste riflessioni
ricordando il sacrificio di Annalena Tonelli, la volontaria
uccisa il 6 ottobre in Somalia, dopo aver donato alle
popolazioni di quelle terre 33 anni della propria vita,
mossa unicamente dalla fede e dall’amore di Dio e dei
fratelli.
Le parole con cui lei stessa aveva descritto il senso
della sua scelta di vita, in una testimonianza resa a
Roma quasi due anni fa, indicano a quale misura di
donazione di sé questa fede e questo amore possano
condurre.

Vi ringrazio di avermi ascoltato e di ciò che vorrete
osservare e proporre. Invochiamo su di noi e su queste
giornate di lavoro comune la luce dello Spirito Santo e
affidiamo noi, le vittime di Nassiriya e tutto il nostro
popolo alla potente intercessione della Madre del
Redentore, di San Giuseppe, di Santa Chiara d’Assisi e
dei Santi Francesco e Caterina Patroni d’Italia.

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
52a ASSEMBLEA GENERALE
Assisi, 17 – 20 novembre 2003

Prolusione del Presidente
+ S. Em. Card. Camillo RUINI