CHALINE OLIVIER: LA RIFORMA CATTOLICA NELL’EUROPA CENTRALE (XVI-XVIII secolo) – Ed. Jaka book – 2005 – pp.135 – €. 14
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Con estrema rapidità, nel corso della prima metà del ‘500, la Riforma protestante si diffuse dalla Germania -la terra di Martin Lutero- nel resto dell’Europa centrale ottenendo vaste adesioni in ogni categoria sociale. In molte località, la gerarchia cattolica scomparve puramente e semplicemente ed, insieme ad essa, si chiusero conventi, seminari e monasteri e cessò la celebrazione della Messa. Se, da qualche parte, tale situazione finì per stabilizzarsi, vi furono però anche regioni (le attuali Austria, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca) che, lentamente, si riconvertirono al cattolicesimo nel corso dei circa due secoli che vanno, grosso modo, dal 1550 al 1750.
A tale opera di riconquista, è dedicato il breve ma denso saggio che presentiamo, opera di Olivier Chaline (n.1964), docente di storia moderna all’Ecole normale superieure di Parigi, recentemente pubblicato in Italia da Jaka book.
L’argomento non è certo uno dei più conosciuti. Infatti, al consueto pregiudizio anticattolico di tanta moderna storiografia, si sono aggiunti, in questo caso, i nazionalismi otto-novecenteschi dei popoli interessati che hanno visto in tale opera di ri-cattolicizzazione la perdita dell’indipendenza nei confronti degli Asburgo. Più di recente, nei 40 anni in cui buona parte di queste nazioni è stata soggetta alla dittatura marxista, la cultura di regime individuava –con ragione- nel luteranesimo il primo esempio di rivoluzione moderna e, nel Papato romano, l’avversario della terza Roma (il patriarcato ortodosso di Mosca): molto più malleabile da parte delle gerarchie del partito comunista.
E’ proprio avendo ben presenti questi pregiudizi della storiografia ufficiale, che Chaline, storico di ispirazione cattolica, ripercorre in un’agile sintesi questa vicenda di ri-conversione di interi popoli che ha dato origine –è bene non dimenticarlo- a quella civiltà mitteleuropea, sopravvissuta fino al crollo della monarchia asburgica nel 1918, che ha lasciato di sé ovunque tanti buoni ricordi.
Il libro (corredato di alcune poche ma assai utili cartine) si articola in tre capitoli.
Il primo è dedicato all’opera di riconquista nelle singole regioni interessate: principalmente Tirolo, Slesia, Boemia, Ungheria ed Austria, ciascuna con le proprie interessanti peculiarità. Si segnala soprattutto come dalle pagine del libro emerga la radicalità che, sia pure nel volgere di pochi decenni, aveva assunto la diffusione del protestantesimo.
Nel secondo capitolo, Chaline spiega le ragioni del successo della controffensiva cattolica e sono queste le pagine certamente più interessanti del libro.
Al pari dei benedettini che avevano solcato –e cristianizzato- quelle terre circa 1000 anni prima, furono infatti i cappuccini ed, ancor più, i gesuiti a diffondere ovunque il Catechismo ed i seminari voluti dal Concilio di Trento. Capillarmente insediati in ogni zona, essi riuscirono a dar vita ad un’opera di evangelizzazione ed insieme di promozione di praticamente ogni aspetto della vita sociale e culturale. Il risultato fu, per il cattolicesimo, una splendida visibilità al punto da potersi a ragione parlare di trionfo di quella che viene comunemente definita la fede barocca. Da Vienna e Praga fino alle contrade più lontane, si impose ovunque uno stile fastoso di esprimere la fede: molto ben accolto da ogni ceto sociale. Al tripudio dell’arte e dell’architettura si unirono molte altre tipiche espressioni della religiosità barocca: via crucis, pellegrinaggi, processioni (soprattutto del Corpus domini); nascita di confraternite e congregazioni d’ogni tipo: dalla dottrina cristiana all’assistenza ai carcerati. Ogni aspetto della vita fu, a poco a poco, abbracciato dalla fede ed vero (la fede) ed il bello (l’arte) si fusero fin nella maestosità dell’apparato liturgico. Per ogni paese e stato di vita (nobile, borghese, artigiano, contadino) v’era una devozione adatta, un santo protettore, un manuale di preghiere: e tutto questo che ha permesso al cattolicesimo di perpetuarsi in quelle regioni fino ad anni recenti.
Il terzo ed ultimo capitolo del libro è dedicato ad un esame del ruolo pubblico che il cattolicesimo finì per assumere legando tra loro in una sintesi che sarebbe stata plurisecolare in tutta l’Europa centrale, Chiesa ed Impero asburgico. Certamente, non è facile comprendere questo in un’epoca come la nostra in cui la fede è, tutt’al più, tollerata come fatto individuale. Chaline riesce però a descrivere quanto poco tale unità tra fede e politica fosse coatta dal momento che –non ultimo dei motivi- la Chiesa di Roma e la politica degli Asburgo erano viste ovunque con estremo favore in quanto costituivano i necessari pilastri della lotta contro l’islam: non si dimentichi che, ancora nel 1629 e nel 1683, i musulmani erano alle porte di Vienna e minacciavano tutte le terre danubiane con il loro corredo di saccheggi, miserie materiali e morali: tropo vivo era nei popoli il ricordo di quanto avveniva dove essi vincevano. Né si deve dimenticare che fu solo grazie a molteplici scontri armati dall’esito tutt’altro che scontato (ed, anche per questo, accompagnati da preghiere in ogni parte dell’Impero) che, solo ai primi del ‘700, il pericolo poté dirsi definitivamente scongiurato.
Fin qui, la vicenda descritta nel libro: il suo interesse però non è solo storico. Viviamo infatti in un’epoca in cui si pone drammaticamente il problema di una nuova evangelizzazione dell’Europa, continente un tempo cristiano ed, oggi, profondamente secolarizzato. Ma se questo è il compito che attende i cristiani di oggi, vi è dunque più di una valida ragione per ripercorrere la vicenda storica che Chaline descrive nel libro: anch’essa infatti costituisce un esempio riuscito di nuova evangelizzazione.
Andrea Gasperini