(Il Tempo) Il Papa in Parlamento: «Famiglia al centro del messaggio cristiano»

  • Categoria dell'articolo:Notizie

Sharing is caring!

“Il Tempo”, 15.11.02

di DINO TIERI
FAMIGLIA come realtà fondamentale nella quale si sviluppa il
messaggio cristiano, libertà di scuola al servizio della famiglia. E ancora,
un segno di clemenza di fronte al dramma dei detenuti. Infine, il «no» alla
guerra, che però non deve significare rinunciare a difendere la pace e a
disarmare l’Iraq. Così Rocco Buttiglione, ministro per le Politiche
comunitarie, «legge» alcuni passi del discorso del Papa.
Ministro Buttiglione, il Papa ha fatto riferimento all’
importanza della famiglia e dello sviluppo della scuola nella libertà.
«La persona può realizzarsi compiutamente soltanto attraverso un
libero dono di sé, legandosi ad altri attraverso l’amore. Questo è il
messaggio cristiano su Dio e sull’uomo. Il luogo in cui l’uomo realizza il
dono di sé normalmente è la famiglia. Come ci salviamo? Amando le nostre
mogli, i nostri figli. Poi da loro impariamo anche ad amare il resto degli
uomini. Ma la prima grande scuola in cui si impara che l’uomo è fatto per
gli altri è la famiglia. E la scuola deve aiutare la famiglia. Il Papa non
ha fatto una rivendicazione per la scuola privata, ha fatto una
rivendicazione per una scuola in cui sia centrale la famiglia. La libertà
della scuola non è importante in astratto, è importante perché ci consente
di avere una scuola che è al servizio delle famiglie».
Che dice della richiesta di clemenza verso i detenuti?
«La politica naturalmente non può liberare tutti i prigionieri
perché non può rimettere in circolazione i delinquenti. Però la politica non
può neanche far finta di niente. Allora questo intervento ci chiede di
riflettere sulle nostre carceri, quanto sono luogo umano, quanto sono luogo
di rieducazione, quanto sono solo luogo di pena nel quale si diventa più
cattivi. E ci chiede anche se non possiamo dare almeno un segno. Io nei
giorni scorsi indicavo un segno, il più piccolo, almeno uno. Non siamo
capaci di fare l’amnistia, e va bene; non siamo capaci di raggiungere l’
accordo per fare l’indulto, e va bene; almeno la grazia, una grazia data a
uno, come segno per tutti che lo Stato crede nella possibilità di ogni uomo
di cambiare il proprio cuore. Sul nome di Sofri, mi è sembrato che tutto
sommato fosse quello forse più capace di dare questo segnale simbolico».
C’è stato un «no» alla guerra, anche.
«Certo. Se qualcuno pensa di poter fare la guerra con la
benedizione del Papa non ha capito niente. D’altro canto il Papa sa bene che
viviamo in un mondo in cui esiste il male e bisogna anche armarsi per
difendere la pace. Se qualcuno lo vede come una condanna della politica
ferma verso l’Iraq, io penso sbagli. Noi vogliamo disarmare l’Iraq, non la
guerra. Cerchiamo di evitare la guerra oggi e anche domani. E se poi la
guerra ci deve essere, meglio farla prima che l’Iraq abbia delle armi
nucleari».