Cammilleri: I santi militari

  • Categoria dell'articolo:In libreria

Sharing is caring!

Rino Cammilleri, Nuova edizione riveduta e ampliata, Trento 2003, ed. [url]http://www.estrelladeoriente.it/ [/url], info@estrelladeoriente.it, ISBN 88-87037-07-8, Euro 14,80.

PREMESSA

La coincidenza esistente tra molte virtù cristiane e molte di quelle richieste ai militari ha dato lo spunto per questo libro. In fondo, anche per il cristiano la vita è un combattimento: militia super terram vita hominis est, dice il profeta Giobbe . Naturalmente, il cristiano combatte contro il peccato e quegli «spiriti» del male (come dice s. Paolo) che lo fomentano. Ma poiché, socialmente parlando, il peccato ha efficacia solo se posto in essere da qualcuno, il soldato e il poliziotto (soldato “interno”) devono combattere anche contro i peccatori: l’ingiusto aggressore nel caso del primo e il trasgressore in quello del secondo.
Il soldato, il monaco e il sacerdote portano uno speciale abito che li indica attivi per qualcosa di più alto, qualcosa per cui si deve essere pronti anche a dare la vita. Anche il coraggio, lo sprezzo delle fatiche e dei pericoli, l’obbedienza, la disciplina, il dominio di sé, il lavoro di squadra, le ritualità, le gerarchie sono virtù richieste e aspetti comuni nell’uno e nell’altro ordine.
Molti cristiani si sono santificati passando, per un motivo o per un altro, attraverso il mestiere delle armi. A loro è dedicato questo libro, il cui scopo non vuol essere storico, letterario o semplicemente folkloristico, bensì religioso. In esso non si troveranno tutti i santi che, in un modo o nell’altro, direttamente o indi-rettamente, hanno avuto a che fare con la vita militare. Un’impresa del genere richiederebbe più di un volume ed esulerebbe dal nostro intendimento, che è quello di indicare alcuni esempi illustri, nonché altri, sconosciuti ai più, che la Chiesa non ha ancora acclamato come santi.
La scelta è stata compiuta cercando di dare una panoramica di ampio respiro sul fenomeno «santità e vita militare» nelle varie epoche e nei suoi vari aspetti.
Poteva venir adoperata una scansione esclusivamente e strettamente temporale, ma si sarebbe dovuto spiegare cosa ci fa, per esempio, la Madonna fra i «santi militari». Si è allora preferito raggruppare le figure proposte in diversi modi.
Il lettore più erudito avrà qualche perplessità sulle ricorrenze di vari santi. Il fatto è che non sono pochi quelli che hanno più di una ricorrenza. Per molti di loro sui testi consultati non si sono trovate date univoche. Si è seguito allora, nei casi dubbi, il criterio del cosiddetto dies natalis, che é il giorno della morte del santo (quello della sua "nascita" a vita nuova), generalmente utilizzato anche per la festa.
L’esperienza ha insegnato all’Autore che, malgrado tutte le sue precauzioni, quando si tratta di santi qualche inesattezza finisce sempre con l’impigliarsi nella penna. Sarà grato ai lettori se vorranno segnalargliele senza pietà, perché non gli par vero di imparare quel che non sa o che conosce parzialmente. Ribadisce, comunque, che questo libro non vuol essere opera storica né filologica, ma semplicemente una carrellata di figure esemplari anche per il mondo contemporaneo, che è sempre più confuso sull’idea stessa di pace e sempre alla vigilia di una nuova guerra.

Dalla prima edizione di questo lavoro, nel 1992, molta acqua è passata sotto i ponti e il nuovo ordine mondiale deve fare i conti con problemi così antichi da essere diventati una novità. Un vera novità, tuttavia, è quella certa dose di pacifismo che sembra aver contagiato molti cattolici. Il cristiano ha, certo, il dovere di essere «pacifico», uomo di pace, ma da qui a diventare «pacifista» ce ne corre. Per il cristiano la pace è, secondo la definizione di s. Agostino, «tranquillità nell’ordine». Essendo egli chiamato a cercar di tradurre i comandamenti divini in istituzioni sociali e possibilmente politiche, va da sé che considera la «pace» il risultato di certe premesse e condizioni, al di fuori delle quali non si dà «tranquillità nell’ordine». Slogan come «pace senza se e senza ma» o «meglio rossi che morti» non sono compatibili con la visuale cristiana, per la quale non è affatto la «pace» il fondamento di tutti i valori. Ogni –ismo dichiara la sua derivazione utopica e ideologica. Il pacifismo e il suo corollario, l’obiezione di coscienza all’uso delle armi, ne fanno parte a pieno titolo. Il chiodo su cui sta appesa l’intera antropologia cristiana è il Peccato Originale, di cui è dolorosa e quotidiana prova il mazzo di chiavi che ciascuno di noi porta in tasca. Per questo esiste, è sempre esistita e sempre esisterà la polizia. Per questo, sebbene avesse inflitto loro tre secoli di persecuzioni, i cristiani consideravano provvidenziali l’Impero romano e la «tranquillità dell’ordine» che bene o male esso garantiva all’interno del suo limes, al di fuori del quale regnava solo il caos. Come è stato autorevolmente detto, lo stesso Gesù non avrebbe potuto predicare senza i romani a guardia dell’ordine pubblico. Ai cristiani dei primi tempi tutto ciò era chiarissimo, tant’è che si arruolarono in massa nelle legioni.
Dovremo spendere due parole sulla supposta «obiezione di coscienza» che i cristiani avrebbero opposto al servizio militare nei loro primi secoli.

Verso il 211 un ignoto legionario romano viene messo in carcere perchè, in occasione di una distribuzione di donativi e supplementi di paga concessi dagli imperatori Caracalla e Geta, si è presentato a capo scoperto anziché, come d’uso, incoronato d’alloro. Richiesto del perché, risponde di essere cristiano. Tertulliano ne trae spunto per il suo celebre De corona, in cui chiarisce che non si tratta di obiezione di coscienza al servizio militare (infatti, quel cristiano, militare lo è già) bensì di rifiuto di sottoporsi a un gesto inequivocabilmente idolatrico e magico che, non a caso, anche gli adepti del culto mitraico (del pari molto diffuso in ambiente militare) rigettano.
Nel 314 il concilio di Arles è esplicito: i cristiani che disertano le armate imperiali sono da considerare scomunicati.
Nel secolo successivo s. Agostino così scrive all’ufficiale romano, e cristiano, Bonifacio: «Anche facendo la guerra sii operatore di pace, in modo che vincendo tu possa condurre al bene della pace coloro che sconfiggi».
Gli odierni obiettori di coscienza hanno eletto a loro patrono s. Massimiliano di Tebessa, un martire africano decapitato il 12 marzo 295. Figlio del veterano Fabio Vittore, secondo la legge del tempo avrebbe dovuto accettare l’arruolamento compiuti i ventun anni. Ma rifiutò adducendo il suo essere cristiano. Il proconsole Dione gli fece osservare che molti cristiani militavano nelle legioni senza alcun problema. Ma quello rimase fermo nel suo diniego. Ora, il motivo per cui la Chiesa ha sempre sospeso il giudizio su questo santo è che Massimiliano aveva conosciuto il cristianesimo nella versione eretica montanista, che ebbe il suo apice in quei tempi e specialmente in Oriente. I seguaci di Montano ricercavano fanaticamente il martirio e si esibivano in plateali provocazioni, nello spirito delle antiche rivolte antiromane giudaiche, incendiando templi pagani, abbattendo idoli e, appunto, rifiutando ogni servizio allo Stato, tra cui quello militare. Massimiliano era certo in buona fede, e tanto bastava per il suo ingresso nel Regno dei Cieli. Ma il suo esempio è molto lontano da quella che è sempre stata la posizione ortodossa in materia.
Come il lettore di questo libro avrà modo di vedere.

r.c.