STATI UNITI: un vescovo coraggioso contro i “cattolici adulti”
Mercoledì 02 Settembre 2009 10:45
CR n.1107 del 5/9/2009
Il vescovo John M. D’Arcy, nella cui diocesi ha sede la Notre Dame University, non è disposto a lasciar cadere i punti controversi sollevati dalla premiazione del presidente Obama.
Al contrario, il vescovo di Fort Wayne-South Bend ha stilato un pungente articolo per il prossimo numero della rivista “America”, in cui rivolge un appello alla rinomata università affinché valuti le conseguenze di non aver rispettato l’autorità dei vescovi. Nell’editoriale della rivista, pubblicata dai gesuiti, il vescovo D’Arcy scrive che «man mano che l’estate s’inoltra sul magnifico campus vicino al lago dove il giovane sacerdote della Santa Croce, Edward Sorin, C.S.C., piantò la tenda 177 anni fa e iniziò la sua grande avventura, dobbiamo chiarire la situazione che ha tanto amareggiato la Chiesa nella primavera scorsa: fare chiarezza su quel che era in gioco e quel che non era in gioco».
Per il vescovo, che aveva richiesto al presidente di Notre Dame, Fr. John Jenkins, di non consegnare la laurea honoris causa ad Obama, «non è in questione il presidente […] Non è una questione di democratici contro repubblicani […] non è una questione se sia appropriato o meno per il presidente degli Stati Uniti parlare all’Università Notre Dame o a qualunque grande università Cattolica sulle questioni più urgenti del giorno». Il vero problema è se una Università Cattolica abbia o meno la responsabilità di dare pubblica testimonianza di fede. «In caso contrario, – si chiede mons. D’Arcy – qual è il significato di una vita di fede? E come può un’istituzione cattolica aspettarsi che i suoi studenti vivano secondo la fede nelle difficili decisioni che dovranno affrontare in una cultura spesso ostile al Vangelo?». «Nella sua decisione di conferire la sua massima onorificenza a un presidente che si è ripetutamente opposto anche alla più piccola protezione legale per il bambino nel grembo, Notre Dame ha forse lasciato cadere la responsabilità che Papa Benedetto XVI ritiene che abbiano le università cattoliche: dare pubblica testimonianza alle verità rivelate da Dio e insegnate dalla Chiesa?».
«Sebbene abbia parlato con molta eloquenza sull’importanza del dialogo con il presidente degli Stati Uniti, – prosegue con decisione il vescovo D’Arcy – il rettore di Notre Dame ha scelto di non dialogare col suo vescovo su queste due questioni, entrambi pastorali ed entrambi con serie ripercussioni sulla cura delle anime, che è la responsabilità principale del vescovo». «Entrambe queste decisioni – rivela inoltre il prelato – sono state portate a mia conoscenza dopo essere state prese, e, nel caso della laurea honoris causa, dopo che il presidente Obama aveva accettato».
Mettendo in chiaro di non aver mai interferito nella gestione interna di Notre Dame o di nessun’altra istituzione d’istruzione superiore della diocesi, mons. D’Arcy spiega che «il vescovo diocesano deve chiedersi se un’istituzione cattolica comprometta o meno il suo obbligo di dare pubblica testimonianza quando colloca il suo prestigio al di sopra della verità». Ma «il mancato dialogo con il vescovo porta alla luce una seconda serie di questioni. (…) Di che tipo è la relazione di un’Università Cattolica con il vescovo locale? Nessun rapporto? O il vescovo è qualcuno che di tanto in tanto viene a celebrare la Messa nel campus? O è un tizio che siede sul palco durante la cerimonia del conferimento delle lauree? (…) Oppure il vescovo è il maestro della diocesi, responsabile delle anime, incluse quelle degli studenti – in questo caso gli studenti di Notre Dame? La responsabilità del vescovo d’insegnare, di governare e di santificare finisce forse alle porte dell’università?».
Il Vescovo di Fort Wayne-South Bend conclude il suo articolo ponendo alcune domande cruciali a Notre Dame e alle altre università cattoliche: «Considerate vostra responsabilità, nelle vostre dichiarazioni pubbliche, nella vostra vita universitaria e nelle vostre azioni, incluso il conferimento pubblico di onorificenze, dare testimonianza alla fede cattolica in tutta la sua pienezza?». «Qual è il vostro rapporto con la Chiesa e, in particolare, con il vescovo locale e la sua autorità pastorale, come definito dal Concilio Vaticano II?».
«Infine, una domanda più fondamentale: Dove si rivolgeranno le grandi università cattoliche per cercare una luce che li guidi negli anni a venire? Sarà il Land O’Lakes Statement o la Ex Corde Ecclesiae?». Il Land O’Lakes Statement fu firmato nel luglio 1967 da un gruppo di educatori cattolici, guidato dall’allora presidente della Notre Dame University, Fr. Theodore Hesburg. Il famoso storico cattolico Philip Gleason definì questo manifesto «una dichiarazione d’indipendenza dalla gerarchia», aggiungendo che esso separava l’università cattolica dalla vita di fede e metteva in moto il declino dell’identità cattolica di parecchie grandi istituzioni d’istruzione superiore.
Il vescovo D’Arcy descrive il Land O’Lakes Statement come un documento «che proviene da un’epoca di frenesia, che ebbe il denaro come sua forza propulsiva. Il suo modo d’intendere la libertà era arroccato sulla difensiva, assolutista e ristretto. Non menziona mai Cristo e non nomina mai la verità».
«Il secondo testo, Ex Corde Ecclesiae, parla costantemente della verità e della ricerca della verità. Parla di libertà nel senso più ampio; la tradizione filosofica cattolica e teologica sono legate al bene comune, ai diritti degli altri e sempre soggette alla verità». «Su queste tre domande, che sottopongo rispettosamente, si fonda il futuro dell’istruzione superiore cattolica in questo Paese e in molti altri luoghi», conclude il vescovo.