Approvata una risoluzione
Sulla famiglia si cambia.
La Camera s’impegna
Nel testo spicca la valorizzazione del principio di sussidiarietà
Gianfranco Marcelli
Uno stimolo. Anzi, quasi un “obbligo” l’aveva definito il Papa nel suo discorso al Parlamento italiano del 14 novembre scorso. Si riferiva, ricordate?, alla necessità che gli italiani affrontino seriamente la «grave minaccia» rappresentata per il nostro Paese dalla crisi delle nascite. Di tutti gli appelli risuonati in quella solenne occasione, sembrò questo il più pressante nei toni e nella scelta delle parole. Ad espressioni non meno preoccupate era ricorso il presidente della Repubblica, quando ammonì che «una società che fa pochi figli è una società che non ha fiducia nel futuro». Aggiungendo l’invito a «dare ai giovani una maggiore fiducia», perché così «cresceranno anche le nascite». È giusto dunque accogliere come un importante segnale di risposta a quelle forti esortazioni il documento approvato ieri dalla Camera, che impegna il governo a realizzare una politica di specifici e articolati sostegni alla famiglia e alla natalità, in coerenza con l’articolo 31 della Costituzione. L a votazione del testo messo a punto dalla maggioranza, firmato dai deputati Volontè (Udc), Burani Procaccini (Fi) e Lisi (An), è arrivata al termine di un dibattito che, inevitabilmente, ha risentito del clima politico complessivo, non certo favorevole a un pacato confronto di posizioni. In altri momenti, forse, sarebbe stato meno improbo tentare una sintesi, più ampia della quarantina di voti di scarto che hanno diviso i “sì” dai “no”. Non sono comunque passati inosservati gli inviti, risuonati anche tra le file dell’opposizione, a «superare i tabù» (Castagnetti della Margherita) di una certa sinistra in materia di figli e di nascite: residui di una cultura veterofemminista, che ancora ieri è giunta al paradosso di denunciare presunti tentativi di reintrodurre «controlli sui corpi» delle donne.
Nel testo approvato da Montecitorio spicca positivamente la valorizzazione del principio di “sussidiarietà”, che comporta per lo Stato il dovere di sostenere la famiglia – senza sostituirs i ad essa – nell’adempimento della sua funzione sociale. Un obiettivo da perseguire con «un nuovo sistema di prestazioni e benefici», in grado di favorire la crescita del tasso di natalità. Si coglie anche con nettezza lo sforzo di superare, almeno tendenzialmente, una certa episodicità che ormai da decenni caratterizza la legislazione su questa materia. Tra le misure specifiche indicate, la più “feconda” sembra certamente l’invito a ridefinire il sistema di tassazione della famiglia, correggendo fin da ora la legge delega per la riforma fiscale varata dal ministro Tremonti, in modo che il numero dei figli che nascono diventi in qualche modo “indifferente” dal punto di vista del capofamiglia che subisce le trattenute in busta paga. Altrettanto rivoluzionario il principio che implica il riconoscimento del “lavoro di cura” svolto in casa: far crescere bambini rinunciando ad una affermazione professionale extradomestica non deve più essere percepita come una condanna ma come una libera scel ta, purché ovviamente non dia luogo a penalizzazioni.
Sappiamo bene che attuare questi indirizzi non sarà facile. E non solo per le note ragioni di costi e di scarsità di risorse. Anche il confronto nell’aula di Montecitorio ha rivelato ieri i limiti di vecchie impostazioni, nelle quali l’esigenza di riordino e di rilancio del welfare si intreccia con la spinta verso una organica politica familiare, rischiando di dare vita a nuovi pasticci assistenzialistici. Ma se non altro, da oggi in poi, con il sigillo di un atto formale del Parlamento, è possibile l’ancoraggio a principi nitidi e non facilmente aggirabili.