“Avvenire”, 22/11/02
La Ue inciampa nello sviluppo
il fatto
Si decide il nuovo regolamento comunitario per gli aiuti ai Paesi poveri che
aumentano di poco, mentre ci sarà un balzo del 300 per cento negli
interventi per la salute riproduttiva: aborto e contraccezione Un altro
passo indietro nel sostegno al Terzo Mondo. La denuncia del Ppe: si legano gli aiuti a una precisa impostazione della
sessualità e della persona dominante nei Paesi occidentali
Di Riccardo Cascioli
Si attende per oggi il via libera da parte del Consiglio dell’Unione Europea
al nuovo regolamento sugli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, che legherà la
politica di cooperazione dell’Europa alla disponibilità dei “servizi di
salute riproduttiva”, che includono contraccezione e aborto.
La proposta, nota come Rapporto Sandbaek dal nome della relatrice, è stata
presentata in marzo dalla Commissione per rimpiazzare l’attuale normativa
che scade il prossimo 31 dicembre. Il regolamento – «Aiuto alle politiche e
azioni per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi nei Paesi in via di
sviluppo» – che deve essere adottato con l’approvazione sia del Consiglio
sia del Parlamento europeo, avrebbe dovuto andare al voto già lo scorso
ottobre, ma la natura controversa del testo e i tentativi di emendarlo hanno
via via fatto slittare la data. Ora, dopo il giudizio odierno del comitato
tecnico del Consiglio, si prevede che l’Europarlamento lo approvi per l a
fine di gennaio. Ma perché tante reazioni? Essenzialmente perché il
regolamento – il più vincolante degli strumenti legislativi dell’Unione
europea, in quanto viene applicato automaticamente dai Paesi membri –
rappresenta una svolta nella politica della cooperazione che di fatto lega
gli aiuti umanitari al controllo delle nascite nei Paesi poveri. Così, anche
se il regolamento riguarda soltanto un settore di intervento della Ue –
quello sui programmi per la popolazione, originato dalla Conferenza Onu del
Cairo del 1994 -, la sua applicazione ha una portata generale. Basti pensare
che mentre i programmi specifici per la salute riproduttiva rappresentano
all’incirca il 5% degli aiuti allo sviluppo (ma la percentuale è in
esponenziale crescita), questi possono ora essere moltiplicati in quanto la
salute riproduttiva viene ricompresa anche nei più generali programmi
dedicati alla sanità, c he rappresentano oltre la metà degli interventi dei
Fondi europei per lo sviluppo.
Che l’obiettivo principale sia il controllo delle nascite appare evidente
dal raffronto del Rapporto Sandbaek con la normativa attualmente in vigore:
se qui i programmi sulla popolazione sono parte di più ampi progetti di
sviluppo – dall’acqua bevibile all’educazione -, nel regolamento in
discussione l’accento è posto esclusivamente sui servizi di salute
riproduttiva e sui relativi diritti, al punto che tali programmi saranno
moltiplicati necessariamente a spese di quelli sull’educazione, come ha
rilevato recentemente Maria Martens, l’olandese che è relatrice «ombra» per
il Partito Popolare Europeo (Ppe). Del resto, i numeri parlano da soli: il
24 ottobre il Parlamento europeo ha approvato l’aumento del bilancio nel
2003 per i programmi di salute riproduttiva da 8 a 24 milioni di euro, che
significa un incremento del 300%, mentre il volume totale degli aiuti allo
sviluppo aumenterà del 2%. Inoltre il Commissario allo sviluppo, il danese
Paul Nielson, principale regista di questa operazione, lo scorso 11
settembre ha firmato a Bruxelles un protocollo per una «nuova cooperazione»
con il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e con
l’International Planned Parenthood Federation (Ippf), a cui
l’amministrazione Bush aveva recentemente negato i fondi proprio per il
coinvolgimento in programmi (vedi Cina e Vietnam) che includono aborti e
sterilizzazioni forzate.
Più in generale il Rapporto Sandbaek – spiega ad Avvenire Mario Mauro,
deputato del Ppe – «è fortemente discriminatorio perché lega l’idea di
sviluppo a una precisa impostazione della sessualità e della persona
dominante nei Paesi occidentali».
Oltre che discriminatoria è un’idea anche smentita dalla storia: «I nostri
Paesi si sono sviluppati perc hé avevano le braccia – prosegue Mauro – la
diminuzione delle nascite è stata la conseguenza. Farne la premessa
significa porre un’ipoteca sul futuro di queste nazioni. Si ha l’impressione
che il vero obiettivo di queste politiche sia tutelare i privilegi dei Paesi
già sviluppati».
Ma oltre che sul contenuto ci sono forti obiezioni anche sul metodo. Come fa
rilevare un documento del Ppe, infatti, il Trattato della Comunità afferma
esplicitamente che contraccezione e aborto non sono materia di competenza
dell’Unione, ma dei singoli Stati membri. Da qui il tentativo di proporre un
emendamento nel Rapporto Sandbaek che escluda queste materie dai servizi di
salute riproduttiva: l’opposizione è stata però molto decisa e la stessa
Sandbaek martedì scorso ha affermato con sicurezza a una radio irlandese che
l’aborto sarà incluso nei servizi finanziati dall’Unione Europea nei Paesi
poveri.