Fa discutere un pamphlet della sociologa Danièle Hervieu-Léger: il cristianesimo rischia l’uscita dalla scena culturale, l’insignificanza
Francia, i cattolici e la nuova Bastiglia
«In molti fedeli è viva la sensazione di essere gli ultimi a fare ancora riferimento a un mondo di credenze, valori e pratiche che si sta dileguando»
Di Lucetta Scaraffia
L’ultimo saggio di Danièle Hervieu-Léger, la sociologa ora direttore dell’Ecole des hautes études, è dedicato alla crisi che travaglia il cattolicesimo francese ma tocca questioni più generali, che stanno al cuore del confronto fra la Chiesa e la modernità (Catholicisme, la fin d’un monde, Bayard, pagine 336, euro 23). La studiosa parte dalle trasformazioni della società e della cultura piuttosto che dai cambiamenti in ambito religioso: coglie così il problema principale del cattolicesimo oggi, quello di subire una squalificazione culturale, che in certi casi diventa addirittura disprezzo verso chi ha la pretesa di dire la verità e il bene per l’intera società. In molti fedeli francesi, scrive, è viva la sensazione di essere gli ultimi a fare ancora riferimento a un mondo di credenze, pratiche e valori che sta scivolando definitivamente nell’insignificanza culturale.
Oggi la Chiesa di Francia, scrive l’autrice, deve affrontare questa rivoluzione, ancora più grave di quella della laicità ottocentesca, che l’aveva espunta dalla scena politica. Si tratta infatti dell’uscita dalla scena culturale, in un mondo che non è segnato dalla fine del credere ma dalla proliferazione delle credenze. L’autrice parla infatti di identità culturale, e non di identità religiosa, perché sostiene che in gioco oggi non è la fede o l’appartenenza alla Chiesa, ma la condivisione di una evidenza comune su cui fondare i valori di famiglia, morale, autorità, e i rapporti fra sessi e generazioni, superiori e inferiori, ricchi e poveri.
Nonostante la laicizzazione, infatti, il cristianesimo ha costituito per lungo tempo la matrice culturale condivisa su cui si fondavano le idee base dell’unità del genere umano e della trascendenza delle persone. Emancipato da Dio e dall’istituzione che parla in suo nome, l’uomo postmoderno elimina la fonte di tutte le norme e di tutti i valori autenticamente umani. È possibile per la società di oggi staccarsi dal cristianesimo che ha modell ato la sua cultura senza compromettere un certo numero di valori fondamentali sui quali essa si fonda?
Hervieu-Léger non dà una risposta e sviluppa invece un’analisi impietosa e lucida dei motivi per cui la cultura cattolica è stata espunta dalla società francese postmoderna: innanzi tutto per l’affermarsi dell’individualismo. Riconoscendo all’individuo la capacità di essere “legislatore di se stesso” si nega alla radice la pretesa della Chiesa di dare la verità al mondo e a ciascuno. La Chiesa ha seguito, almeno in parte, questa deriva individualistica, trovando spazio al suo interno per i “bisogni spirituali” di ciascuno, per la ricerca d’interiorità e intensità personale che caratterizzano l’essere umano oggi. Ma pur collocando l’individuo e i suoi affetti al centro della legittima espressività religiosa, la Chiesa rischia di diventare solo una delle tante risorse per ottenere il benessere in questo mondo. Non è facile infatti ricucire lo strappo che si sta allargando fra l’immaginario della soddisfazione individuale, in apparenza oggi possibile a ognuno, e la promessa di realizzazione espressa nella predicazione e nella liturgia cristiana che presuppone un dono divino.
Modernità significa anche messa in discussione radicale di tutti gli “assoluti”, dalla concezione del tempo e dello spazio a quella di autorità e di natura: tutto deve essere legittimato dall’individuo, e quindi tutte le caratteristiche dell’ultramodernità, scrive l’autrice, «toccano lo strato più profondo delle istituzioni cattoliche», entrando in conflitto soprattutto con la costruzione morale e teologica della Chiesa moderna per quanto riguarda il comportamento sessuale e la famiglia.
La Chiesa ha dimostrato in questo ultimo secolo una grande attenzione per la vita familiare, luogo di trasmissione della fede e della morale, e mai come oggi ha posto l’accento sull’ideale di relazione della coppia e della famiglia, interpretandole come segno del progetto divino sull’uomo. La famiglia è l’ulti ma àncora da cui organizza la sua riproduzione istituzionale e ideologica, con riferimenti simbolici capaci di sostenere la plausibilità del suo messaggio in una società che ha massicciamente abbandonato la sfera religiosa.
Ma il matrimonio cristiano è pensato in perfetta corrispondenza con la legge naturale e quindi con la volontà divina. Oggi, proprio la possibilità di riferimento all’ordine “sacro” della natura è stata sconvolta dagli interventi della scienza, mentre è sempre più forte la tensione fra l’idea di eguaglianza e libertà e il concetto di legame coniugale. Divorzio, aborto, anticoncezionali sono infatti considerati diritti individuali inalienabili, in una cultura in cui tutto dev’essere scelto con il libero consenso, ritirabile, degli individui.
Un’analisi complessa, insomma, per molti versi applicabile alla situazione italiana e indispensabile per capire meglio la sfida storica che la Chiesa sta vivendo.