(Avvenire) I principali documenti della Congregazione Dottrina Fede

  • Categoria dell'articolo:Pubblicazioni

Sharing is caring!


LA DIFESA DELLA FEDE


Una Donum Vitae 2


L’arcivescovo Amato: si studia un documento sulla bioetica «La Congregazione per la dottrina della fede sta elaborando un’integrazione dell’Istruzione del 1987, per fare fronte ai dilemmi sollevati dai nuovi sviluppi tecnologici» «Molti politici cattolici ci chiedono chiarimenti, comunque dovrebbero ricordare che non si può dare consenso all’introduzione di leggi che contrastino con i principi morali»


Da Roma Gianni Cardinale

 È da poco in libreria, ed è titolato Documenta inde a Concilio Vaticano secundo expleto edita (1966-2005). Si tratta di un corposo volume che raccoglie tutti i più importanti documenti emanati dalla Congregazione per la dottrina della fede (Cdf) negli ultimi quarant’anni, dalla fine del Concilio. Il testo (edito dalla Libreria editrice vaticana, pp. 665, euro 40) contiene un proemio del cardinale prefetto William J. Levada e una accurata nota introduttiva dell’arcivescovo segretario Angelo Amato. E proprio a monsignor Amato, salesiano, che Avvenire ha chiesto di illustrare contenuti e attualità del volume.
Eccellenza, come è nata l’idea di compilare questa raccolta di documenti?
«Il volume è una risposta a richieste esterne e interne alla Congregazione. Molti vescovi, cardinali e teologi volevano avere una raccolta aggiornata dei documenti più importanti della nostra Congregazione dal dopo-concilio ad oggi. Ma anche al nostro interno si avvertiva l’esigenza di uno strumento di lavoro adeguato che servisse anche come memoria storica in modo tale da non intervenire nuovamente su temi su cui lo si è fatto in maniera esaustiva, come ad esempio è avvenuto per la teologia della liberazione, con le due grandi istruzioni del 1984 e del 1986, le quali conservano ancora oggi tutto il loro valore».
La maggior parte dei documenti riprodotti sono in lingua latina, questo ne rende più difficile la comprensione…
«Questa silloge è stata concepita per essere usata, come fonte autorevole, in tutto il mondo e quindi nel compilarla abbiamo usato la versione nella lingua originale, quella che fa testo. E quindi perlopiù in latino, almeno per il primo periodo. Buone traduzioni si trovano però nel sito Internet della Congregazione ma anche in alcuni repertori».
Qual può essere considerato il filo d’oro che tiene insieme una produzione così vasta e prolungata nel tempo?
«Il filo d’oro è quello ben spiegato da papa Benede tto XVI nel suo discorso alla Curia prima del Natale 2005, quando ha ricordato che la corretta ermeneutica per interpretare il Concilio Vaticano II è quella della continuità e non quella della rottura. Ebbene, questo testo dimostra bene come la Cdf abbia interpretato il Concilio Vaticano II alla luce della grande tradizione precedente, pur aprendosi alle nuove sfide a cui la Chiesa andava incontro. Questo volume è quindi importante perché mostra la corretta interpretazione metodologica e contenutistica del Concilio Vaticano II aldilà delle strumentalizzazioni che del Concilio sono state fatte negli ultimi decenni».
Ma ci sono degli elementi di discontinuità che si possono registrare nel lavoro della Congregazione?
«Il volume riguarda un periodo che ha visto alla guida della Cdf solo tre prefetti: i cardinali Alfredo Ottaviani, Franjo Seper e Joseph Ratzinger. Una differenza che si può facilmente notare è che nei primi vent’anni la Cdf ha pubblicato documenti di solito relativamente brevi. Nel secondo ventennio, da quando in pratica è stato prefetto l’allora cardinale Ratzinger, la Cdf ha invece prodotto testi più ampi e articolati. Al periodo Ottaviani-Seper appartengono infatti circa 200 pagine del volume, mentre per il periodo Ratzinger ci sono oltre 400 pagine, più del doppio».
Si può quindi dire che vi sia stato uno «stile Ratzinger» nella Cdf.
«In un certo senso sì. Con lui si è cercato da una parte di ampliare e articolare le motivazioni a giustificazione delle verità di fede contestate, e dall’altra si è voluto proporre orientamenti sicuri per le molteplici sfide della cultura contemporanea. Lo stile Ratzinger poi si nota anche nei contenuti. Basta pensare alla lettera Communionis Notio, del 1992, in cui viene spiegato cosa si deve intendere correttamente per ecclesiologia di comunione: dove la comunione ha dapprima una dimensione verticale – è un dono di Dio – e poi una dimensione orizzontale, che connota la relazione tra i fedeli. E dove viene spiegato anche che la Chiesa universale – che non è il risultato della comunione delle Chiese particolari – è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare».
In pratica questo libro contiene tutti i documenti siglati dal Dicastero da quando, alla fine del 1965, cambiò nome da Sacra Congregazione del Sant’Uffizio a Sacra Congregazione per la dottrina della fede.
«Quello di Paolo VI fu un cambiamento provvidenziale per mostrare che alla Chiesa sta a cuore soprattutto la promozione della sana dottrina e che se deve intervenire in modo critico lo fa solo quando è costretta per difendere la fede del suo popolo».
Nonostante il cambio del nome nel dopo-Concilio non sono mancati dei documenti di condanna di alcune opere teologiche…
«Certamente, ma non sono poi stati così tante. In questi quarant’anni infatti la Cdf è intervenuta solo su opere di undici teologi: Hans Küng nel 1975 e nel 1980; Jacques Pohier nel 1979; Edward Schillebeeckx nel 1980, nel 1984 e nel 1986; Leonardo Boff nel 1985; Charles Curran nel 1986; Tissa Balasuriya nel 1997; Anthony de Mello nel 1998; Reinhard Messner nel 2000; Jacques Dupuis e Marciano Vidal nel 2001; Roger Haight nel 2004».
Saranno pochi casi ma fanno notizia…
«È ormai evidente che il teologo più si mostra in contrasto con il magistero della Chiesa e più è considerato dai mass media un esponente socio-culturale di rilievo. Per questo l’Istruzione Donum Veritatis del 1990 sulla vocazione ecclesiale del teologo dovrebbe essere letta e meditata soprattutto da quegli studiosi delle scienze sacre che a volte sono più legati alle proprie idee, anche stravaganti, piuttosto che alla tradizione vivente della Chiesa».
Un altro tema che fa notizia è quello riguardante alcune delicate norme morali. Anche perché a volte i mass media interpretano le dichiarazioni di esponenti della Santa Sede o di eminenti personalità ecclesiastiche come dei se gnali di cambiamento della dottrina della Chiesa. È in preparazione qualche documento che procede in tal senso?
«Quello che posso dire è che si trova allo studio l’ipotesi di intervenire di nuovo sugli argomenti toccati dalla Istruzione Donum Vitae del 1987. Questa – diciamo – “Donum Vitae due” non è concepita per abolire la precedente, ma per affrontare le varie questione bioetiche e biotecnologiche che si pongono oggi e che all’epoca erano ancora impensabili. La Donum Vitae conserva tutto il suo valore e per certi versi è profetica. Il problema è che nonostante abbia vent’anni è ancora scarsamente sconosciuta. La questione quindi non è, ad esempio, una revisione della dottrina morale riguardo la liceità del profilattico, che non mi sembra all’ordine del giorno, quanto invece nuove sfide per certi versi ben più gravi e disgregatrici dell’identità della persona umana, come quella del concepito che viene considerato come prodotto biologico e non come essere umano. Come afferma la Donum Vitae «L’essere umano è da rispettare – come una persona – fin dal primo istante della sua esistenza» (Viventi humano – uti persona – observantia debetur inde a primo eius vitae momento) E questa considerazione dovuta all’embrione umano è «un principio antropologico non negoziabile».
Quando sarà pronta questa Donum Vitae due?
«Non posso fare previsioni. Nel frattempo lo studio di argomenti così delicati è di competenza della nostra Congregazione, che poi sottopone i suoi lavori al Papa. E quindi le opinioni su questi temi provenienti da altre pur rispettabili istituzioni o personalità ecclesiastiche non possono avere quella autorevolezza che a volte i mass media sembrano voler riconoscere».
Un altro documento che ha avuto ampio risalto sui media è stata la dichiarazione Dominus Iesus del 2000…
«Certamente è tra i documenti più significativi di tutto questo quarantennio, che tocca una problematic a – la contestazione della unicità salvifica di Gesù e della sua Chiesa – emersa soprattutto negli ultimi venti anni e che era stata già toccata dalla Redemptoris Missio la quale però venne considerata – riduttivamente – come una enciclica esclusivamente missionaria mentre aveva un forte contenuto teologico. La Dominus Iesus
è stata contestata fuori e anche dentro la Chiesa, ma ora viene citata e apprezzata anche da chi in un primo momento ne aveva dato un giudizio negativo».
Eccellenza, lei dedica l’ultima parte dei suoi Praenotanda a tre documenti che si rivelano sempre più attuali «nell’odierna temperie culturale». Si tratta della Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, del 2002, della Nota contenente alcune considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, del 2003, e della Lettera ai vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, del 2004…
«È vero, sono sempre più attuali. Un cattolico non può dare il proprio consenso ad una legislazione che, ad esempio, introduce il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, è contro la Rivelazione biblica e contro la stessa legge naturale…».
Che per alcuni non esisterebbe…
«E che invece esiste eccome. E il Papa la cita spesso nelle sue catechesi. E la nostra Congregazione sta preparando qualcosa sull’argomento e a tal fine ha già consultato tutte le Università cattoliche del mondo. Le risposte sono molto incoraggianti da tutto il mondo, anche da parte di quegli atenei che vengono considerati più “difficili”… La legge naturale è importantissima anche perché, tra l’altro, può essere l’unico fondamento per un fruttuoso dialogo inter-religioso».
Avete avuto riscontri nel mondo politico per questi documenti?
«Aldilà delle polemiche giornalistiche, ci sono stati riscontri positivi. Molti politici cattolici chiedono chiarimenti di questo tipo di argomenti, che poi vogliano o riescano agire di conseguenza è un’altra questione. I politici cattolici comunque dovrebbero sempre ricordare che non dovrebbero mai dare il loro consenso all’introduzione di leggi che contrastino con i principi morali, mentre nel caso che leggi di questo tipo siano già in vigore allora possono “limitarsi” a cercare di attenuarne la portata».
Eccellenza, il volume consta di oltre 650 pagine. Con una produzione così vasta non si rischia di perdere di vista l’essenziale?
«L’essenziale della nostra fede si trova nel Compendio della dottrina cattolica pubblicato due anni fa. Un testo che è stato studiato e compilato appositamente per evitare una dispersione. La Congregazione interviene quando sorgono problemi nuovi a cui bisogna rispondere con una parola risolutrice. Basta leggere ad esempio l’ultimo documento riportato dal volume: la nota del 2005 in cui si ribadisce il fatto che l’unzione degli infermi può essere amministrata solo dai vescovi o dai sacerdoti. Di per sé questo è già chiaro nel Catechismo e nel Compendio della Chiesa cattolica, ma il fatto che abusivamente qualcuno propone di farla amministrare anche ai laici allora questo ci ha costretti ad intervenire».
Un’ultima domanda, a volte alcuni interventi della Cdf sono percepiti come delle imposizioni calate dall’alto in modo autoritario e persino arbitrario…
«In genere, tutti i nostri interventi sono sollecitati dal basso, perlopiù dagli ordinari, che ci segnalano problemi o dubbi sorti all’interno della diocesi o del proprio ordine religioso. Detto questo, è sempre bene ricordare che gli ordinari e i superiori religiosi sono i primi responsabili di quanto avviene negli ambiti sottoposti alla loro giurisdizione. È auspicabile quindi che siano loro in primo luogo a intervenire responsabilmente come maestri della fede. I nostri documenti comunque sono frutto della collaborazione di specialisti di tutto il mondo e del prudente e ponderato giudizio dei membri della Congregazione».


Avvenire 28-1-2007