Aristotele, Severino e l’embrione
(C) Quotidiano nazionale, 2004-12-13
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Mercoledì, 1 c.m., il professor Emanuele
Severino ha scritto per il Corriere della Sera un articolo
che vuole avviare “con calma” la riflessione sull’embrione
umano, per decidere se è veramente un uomo. Assicura di
recare un “argomento” decisivo, “che non è mai stato preso
in considerazione: si tratta di righe che vanno lette al
rallentatore perché contengono una motivazione che è
difficile da cogliere. Un articolo, dunque, da studiare più
che da leggere. Chi lo studia e ha qualche nozione della
storia del problema si accorge che l’argomento non è
trattato da Severino come il primo tra i filosofi.
E ha l’impressione di capire più agevolmente di quanto
il professore tema.In sintesi: rifacendosi alla concezione
aristotelica della potenza e dell’atto, l’autore distingue
coloro i quali intendono che l’embrione sia essere già uomo
ma, appunto, un esserlo già in potenza. Per gli altri,
proprio perché l’embrione è in potenza uomo, non è ancora
uomo. Se si sceglie la posizione che afferma già l’umanità
dell’embrione, “ci si limita a descrivere un dogma o una
tesi scientifica, che, appunto perché scientifica, non può
essere più che un’ipotesi, sia pure altamente confermata”.
Arriva poi alla sostanza dell’argomentazione: “anche il
processo che conduce dall’embrione all’uomo compiutamente
esistente (uomo in atto, dice Aristotele) non è garantito,
non è inevitabile, non ha un carattere deterministico”: “se
l’embrione può diventare uomo in atto, allora proprio perché
lo può (e non lo diventa ineluttabilmente), proprio per
questo può anche diventare non uomo, cioè qualcosa che uomo
non è; pertanto “è in potenza anche un essere già non uomo”.Di fronte a questi ragionamenti, senza
semplificare nulla oltre il dovuto, si possono porre almeno
alcune domande. Già l’embrione non è in qualche misura e in
qualche modo uomo in atto, anche se è orientato a
svilupparsi in pienezza? E l’embrione, che pure va chiarito
non essere un uomo già in atto in tutta la sua perfezione,
che cosa può diventare se non un uomo? Che cosa mai
interviene a far sì che l’embrione diventi qualcosa d’altro
che non sia persona umana? E quando? Anche lei, professore,
è un embrione cresciuto. Come me, come tutti.Qui non si tratta di fare della filosofia
astratta o di eleggere ad affermazione apodittica una tesi
scientifica: si tratta soltanto di dipendere dalla scienza
che vede nell’incontro delle due cellule, maschile e
femminile, l’insorgere di un essere autonomo che contiene
già il programma genetico che svilupperà – sempre lo
stesso – fino alla morte. La filosofia si fonda su un dato
empirico, ma vi legge un divenire precontenuto: e che, da un
embrione umano può derivare un trattore o un elefante? A
meno che si voglia alludere alla possibilità che l’embrione
ha di soccombere – di essere ucciso – prima di nascere e di
svilupparsi. Ma allora esiste una materia non umana se non
nella derivazione, e un’anima immortale. Aristotele sembra
del tutto accettabile anche da molti liberi pensatori.