“Libero”, 14 gennaio 2003
UNA LEGGE DIMENTICATA
Fino a due anni di condanna per il vilipendio alla religione
di ANDREA MORIGI
Dopo le botte ad Adel Smith e al suo assistente, scattano gli automatismi
della legge Mancino contro il movimento di Forza Nuova, sull’ipotesi di
reato di azioni discriminatorie sul piano etnico o religioso. Anche se il
resto del codice penale sembra caduto nell’oblìo, soprattutto per quanto
riguarda l’offesa alla religione dello Stato che, anche a partire dal
Concordato del 1984 in poi, non si definisce piu` cosi`, ma si identifica
ancora con il cattolicesimo professato dalla maggioranza degli italiani.
Tre
articoli, dal 402 al 404, rimasti intatti nonostante la revisione dei
Patti
Lateranensi, che puniscono sia il vilipendio della persona che professa un
credo, sia delle cose, come il crocifisso, che lo rappresentano. Con la
differenza che ora commette un illecito anche chi reca offesa ai “culti
ammessi”, cioe` tutti, sebbene la pena sia minore. Una bazzecola, ormai
caduta in desuetudine, ma ancora sufficiente da beccarsi una condanna a
due
anni di galera se, come Smith, si definisce il simbolo del cristianesimo
«un
cadaverino in miniatura». O se si offendono il Corano o il profeta
dell’islam.
«In teoria, gli estremi per procedere ci sono, perche’ entrambi hanno
violato
la legge», dice Alfredo Mantovano, sottosegretario al ministero
dell’Interno, a cui pero` l’accelerata sul reato di opinione non piace per
nulla: «Posta la specularita` “Smith sta ai musulmani come Forza Nuova sta
alla destra”, entrambi andrebbero perseguiti per quanto viola il codice
penale. Ma la legge Mancino e` stata uno sbaglio perche’ da` troppa
discrezionalita` al giudice. E teoricamente si puo` applicare anche nei
confronti di Smith come di qualsiasi musulmano: basta leggere cosa dice il
Corano». Qui pero` sorge il problema politico: «Paradossalmente, il
risultato
di un’azione penale nei loro confronti sarebbe assurdo perche’ li
consacrerebbe come vittime. Invece sono solo dei balordi che non rendono
nessun servizio alla causa che pretendono di rappresentare. E non mi pare
opportuno creare martiri ne’ da una parte ne’ dall’altra. Piuttosto,
sarebbe
il caso di rivedere la legislazione».
Del resto, sul versante opposto, il processo intentato in Francia contro
Oriana Fallaci per le frasi sull’islam scritte in “La Rabbia e
l’Orgoglio”,
oltre a essere finito con un’assoluzione, si e` rivelato un amplificatore
delle sue tesi. Ecco perche’ anche il direttore del Centro Studi sulle
Nuove
Religioni, Massimo Introvigne, prende le distanze dalla voglia di manette:
«Se si persegue questo signore, si fa il suo gioco e quello di chi, come
altri gruppi musulmani radicali italiani, vuole posizionarsi come
moderato».
Percio`, la strategia da utilizzare contro Smith e` quella di ignorarlo:
«Se
qualcuno lo arrestasse, per lui sarebbe il trionfo perche’ contribuirebbe
a
farlo diventare popolare nelle banlieue arabe delle citta` italiane». Al
disagio della gente offesa dalle esternazioni dei vari imam, peraltro,
aveva
gia` risposto in Parlamento, nella seduta del 3 dicembre 2002, l’altro
sottosegretario all’Interno, Antonio D’Alì. A un’interrogazione di un
deputato leghista preoccupato dal “partito islamico” di Adel Smith, D’Ali`
aveva risposto che «non sussistono iniziative promosse dal signor Adel
Smith
finalizzate alla costituzione di un partito musulmano in Italia. Inoltre,
l’unione musulmani italiani, di cui il predetto sarebbe presidente, non
figura neanche nelle piu` recenti pubblicazioni che descrivono le realta`
religiose presenti in Italia». Per concludere, quanto «alla legge islamica
detta sharia», per il governo i suoi «principi cardine sono altresi` in
netto
contrasto con quelli di uguaglianza ai quali si ispirano la Costituzione
italiana e la Convenzione dei diritti dell’uomo». Dell’ipotesi di
ammettere
un partito islamico alle elezioni, quindi, non si dovrebbe nemmeno
parlare.