(Avvenire) Allarme per la dignità umana

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RICERCA SENZA LIMITI

Corea, embrioni clonati e distrutti


Staminali «su misura» in laboratorio a fini terapeutici. Ma la cura non c’è


Da Milano Lucia Bellaspiga


L’annuncio viene dalla Corea del Sud ed è di quelli che preoccupano: da 11 persone – maschi e femmine – affetti da varie malattie sono state prelevate cellule adulte della pelle, dalle quali, attraverso clonazione, si sono ottenuti 11 embrioni umani. Questi, giunti allo stadio di blastocisti (cioè dopo 5 giorni), sono stati distrutti per la produzione di cellule staminali “su misura”: l’obiettivo degli scienziati (del tutto teorico e comunque molto lontano nel tempo) sarebbe quello poi di trapiantare le staminali così ottenute negli stessi 11 pazienti donatori, in modo da rimpiazzare le cellule malate (ad esempio per diabete). Teoricamente, perché in realtà nessuno può assicurare che le staminali prodotte siano sane, e soprattutto al momento il loro trapianto nei pazienti è considerato scientificamente impossibile. L’esperimento è stato condotto su persone affette da diabete giovanile, lesioni del midollo spinale in seguito a incidenti, immunodeficienza, e la cui età va dai 2 ai 56 anni. La ricerca, pubblicata ieri online su “Science-express”, è stata condotta dall’Università statunitense di Pittsburgh e da quella sudcoreana di Seul, già nota per aver ottenuto nel 2004 il primo embrione umano, fatto sviluppare fino allo stadio di blastocisti. In realtà, infatti, l’attuale esperimento di nuovo non ha granché, visto che la tecnica adottata è sempre quella del “trasferimento nucleare di cellule somatiche”: gli 11 gruppi di staminali sono stati ottenuti trasferendo il materiale genetico delle cellule della pelle dei pazienti negli ovuli prelevati da donatrici volontarie, privati del loro nucleo originale. Esattamente come già per la pecora Dolly e in seguito per altri esperimenti. La vera novità, semmai, è che questa volta non ci si è fermati qui: ottenuti gli embrioni umani, li si è sfruttati per trarne le cellule e, a questo scopo, distrutti. Quella delle staminali è certamente la via futura per molte malattie oggi inguaribili: sono preziose per la loro caratterist ica di “cellule bambine”, non ancora differenziate, nel senso che non hanno una funzione ben precisa all’interno dell’organismo, e grazie a questa proprietà possono essere utilizzate per i più diversi scopi. Possono cioè originare vari tipi di cellule: cerebrali, ossee, cardiache, muscolari, epidermiche… “Pezzi di ricambio” che un giorno potrebbero curare malattie come il Parkinson o l’Alzheimer. Ma che non necessariamente devono essere tratte da embrioni: il tipo di staminali che si trova nel midollo osseo degli adulti, ad esempio, sta già dando ottimi risultati. Se in Germania estrarle da un embrione umano è illegale, in Gran Bretagna invece è perfettamente lecito, mentre in molti Paesi non esistono ancora leggi esplicite atte a disciplinare la ricerca. Un far west di cui si giovano ricercatori senza scrupoli. Anche nel caso dell’attuale esperimento coreano, discordano i pareri degli esperti, in buona parte contrari sia da un punto di vista scientifico che etico. C’è chi ritiene che in realtà non ci sia alcun avanzamento tecnico. E chi rileva che in ogni caso qui si è di fronte a embrioni umani “creati” ad hoc e poi scientemente distrutti. Il tutto senza alcun successo, visto che comunque non si sa come trapiantare le staminali sui pazienti. Perplesso anche chi apprezza la strada delle staminali “su misura” ma vorrebbe arrivare a produrle senza passare per l’embrione, fermandosi cioè prima dello stadio di blastocisti, «quando si agisce su un gruppo di cellule non pensanti» (sostiene Umberto Veronesi). Peccato – rilevano i bioetici – che la via di Dulbecco non abbia però mai dato risultati, sia cioè rimasta una teoria inattuata. E che l’orologio della vita, così come la dignità di essere umano, è la stessa anche un attimo prima che gli scienziati le diano il nome di blastocisti.


Avvenire 20-5-2005