IRAQ – AsiaNews 5-6-2007
Con il sacrificio di p. Ragheed, la Chiesa irachena “ritrovi la sua unità”
È l’invito dell’arcivescovo di Kirkuk, mons. Sako, presente ieri ai funerali del sacerdote caldeo e dei tre suddiaconi uccisi due giorni fa a Mosul. In migliaia alle esequie, cui hanno preso parte il patriarca Delly e le massime cariche cattoliche nel Paese, che ringraziano il Papa per la solidarietà espressa. Timori che queste morti diventino strumento di propaganda per accelerare la creazione della “pericolosa” regione autonoma cristiana nella Piana di Niniveh.
Karamles (AsiaNews) – Circa 2mila persone, nonostante il pericolo e l’alta tensione, hanno partecipato ieri a Karamles – nord Iraq – ai funerali del sacerdote caldeo, p. Raghed Ganni, e dei tre suddiaconi – Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho, Gassan Isam Bidawed – uccisi il 3 giugno scorso a Mosul, dopo la messa domenicale. Lo racconta ad AsiaNews l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, presente alla funzione.
Le esequie sono state celebrate dallo stesso arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Faraj Rahho. Eccezionali le misure di sicurezza a causa della presenza delle massime cariche della Chiesa in Iraq e della diaspora. Dallo scorso 1° giugno ad al Qosh è riunito il Sinodo patriarcale che al centro delle discussioni ha posto proprio la sicurezza dei cristiani nel Paese. Ieri nel piccolo villaggio di origine di p. Ragheed, erano presenti il patriarca caldeo, Emmanuel III Delly, mons. Mikhael P. Maqdassi (Al-Qosh), mons. Ibrahim Ibrahim (Detroit), mons. Michael Kassarji (Libano), mons. Jibrail Kassab (Australia), mons. Sarhad Y. Jammo (San Diego), mons. Jacques Isaac (Baghdad), mons. Shleimun Warduni (Baghdad), mons. Louis Sako (Kirkuk). Numerosi i sacerdoti, le suore, i monaci e i laici che hanno partecipato dentro e fuori la chiesa; tra di loro anche il ministro delle Finanze del Governo regionale curdo, Sarkis Aghajan e due vescovi ortodossi.
La moglie di uno dei tre suddiaconi uccisi, Gassan Isam Bidawed, ha dato la sua testimonianza del brutale assassinio. La donna era con le vittime, quando l’auto su cui viaggiavano è stata fermata, gli aggressori armati hanno fatto scendere tutti, l’hanno fatta allontanare e poi hanno sparato a sangue freddo sui quattro cristiani. Al termine della messa il Patriarca ha ribadito la condanna di quello che ha definito “un atto orribile contro Dio e contro l’umanità” e invitato la comunità ad avere forza in un momento così difficile. Le foto dei funerali sono state pubblicate dal sito in arabo Ankawa.com. (per vedere il reportage clicca qui). Da oggi per tre giorni, a Karamles e Mosul, si celebreranno messe per i defunti, come previsto dalla tradizione liturgica caldea.
Ora serve unità
Ieri il Papa ha espresso le sue condoglianze ai familiari dei defunti e la sua solidarietà a tutti i cristiani di Iraq. “Le parole del Pontefice ci sollevano – dichiara mons. Sako – ci danno la speranza e il coraggio per continuare a rimanere nel nostro Paese, per continuare a vivere la nostra missione quotidiana”. “Ora più che mai – continua il presule – abbiamo bisogno che il Vaticano incoraggi la Chiesa irachena, e tutti cristiani, all’unità”. Secondo l’arcivescovo, il sacrificio di Ragheed e dei tre suddiaconi “ci impone di essere uniti in un fronte comune, anche a livello politico, per salvare il nostro popolo che merita tutto il bene e per contribuire al ritorno della pace in Iraq”.
Mons. Sako racconta di aver ricevuto al vescovado la visita di alcuni esponenti musulmani locali che hanno portato le loro condoglianze per la morte di Ragheed e condannato l’accaduto.
Ancora nessun gruppo ha rivendicato l’assassinio dei cristiani. Tra i cattolici iracheni la paura sale e molta preoccupazione è generata dalla “eccessiva” copertura che i media locali stanno dando alla notizia. Fonti anonime nella capitale raccontano che “ad esempio Ishtar Tv da tre giorni parla dei fatti di domenica”. “Temiamo – spiegano – che sia propaganda finanziata da chi preme per la realizzazione del ‘ghetto cristiano’ nella piana di Niniveh, gruppi interessati a dipingere questa come unica soluzione possibile di salvezza, spingendo i cristiani rimasti nel Paese a lasciare Baghdad e Mosul in direzione di Niniveh”, al confine con il Kurdistan. Più volte in passato numerosi vescovi ed esponenti religiosi cattolici si sono espressi contro la proposta di una regione autonoma per i cristiani nel nord, considerata “pericolosa” e contraria alla natura stesa della missione della Chiesa.