Traditionis custodes: che fare?

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I lettori ci scrivono.
Già dopo le prime ore dalla pubblicazione del Motu Proprio di Papa Francesco che revoca le decisioni di vari suoi predecessori, sono giunte lettere di persone disorientate, oppure intenzionate a passare allo scisma o ad abbandonare la fede. Una frase significativa: “Che la decisione di un papa possa essere annullata dal suo successore mi fa pensare veramente che ormai sia tutto molto relativo”.

Papa scaccia Papa?
Si tratta di persone che colgono in tale decisione, non soltanto l’aspetto liturgico, ma soprattutto la negazione della continuità nel Magistero: cioè la negazione – nella prassi – della plurisecolare regola della fede «quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est» (vedere ad es. Giovanni Paolo II, 30/9/1995), che anche Benedetto XVI aveva più volte riaffermato chiamandola “ermeneutica della continuità” (ad es. il 22/12/2005).

Scisma e apostasia epocale?
Pertanto, non si può escludere che si verifichi uno scisma, oppure una “silenziosa” apostasia di massa ovvero la fuga nella “riserva indiana” costituita dalla chiesa lefebvriana. In questo senso mi esprimevo già nel 2019: https://www.totustuus.it/una-riserva-indiana-per-i-tradizionalisti/ .

Che cosa può fare il fedele laico in questa situazione?
Un po’ di storia può offrire spunti per l’azione.

Bologna, estate 2007.
Quando Benedetto XVI riafferma che la forma antica del rito romano non può essere abrogata né lo è mai stata (Summorum Pontificum, art. 1) si scatena una guerra massmediatica mondiale contro la Sede Apostolica.
Un gruppo di cinque amici petroniani si rimbocca le maniche e procede a una raccolta di firme indirizzata al Card. Caffarra (inizialmente ca. 250, dopo qualche mese saranno 700) intesa a difendere il Papa e la verità sulla forma antica.
Nel dialogo che si apre con il proprio Pastore, quei laici non solo rifiutano il sacerdote loro assegnato (“non ci rappresenta, né intendevamo fosse lui l’unico celebrante”), ma anche l’immobile individuato dal Cardinale (ritenuto “un ghetto per nostalgici”).

Occhi negli occhi.
Ma il dialogo prosegue e viene chiarito che il clima di silenzio e raccoglimento della liturgia antica può dare più forza a chi lotta per difendere la vita umana, la famiglia e combatte la secolarizzazione.
Del Vaticano II si parla poco perché la guerra massmediatica mondiale dei laicisti contro il Papa infuria, quindi i problemi sono altri: ma ci si rallegra per la preveggenza del Concilio rispetto alla diffusione pandemica dell’ateismo.
Alla fine, sorridente, il cardinale concede tutto ciò che viene chiesto: e nel giro dei primi mesi si arriva a punte di 120 fedeli presenti alla Messa antica.

Il ruolo del clero.
Purtroppo, nel corso di questi 14 anni, alcuni dei sacerdoti officianti (che poco o nulla hanno aiutato nel promuovere quella Messa) han cercato di “fare il presidente” di quel gruppo di fedeli: ogni volta han provocato scontento e abbandoni. Il colmo con il Covid: proibito parlare tra noi all’uscita dalla Messa!

Alcune idee sul “Che fare?”
Dal vissuto del gruppetto bolognese si possono ricavare alcuni suggerimenti pratici.

1) La promozione della Messa antica deve essere un’attività laicale, civica, non clericale. Il clero viene generalmente troppo condizionato dai cambiamenti d’umore dei propri superiori. Inoltre, esso ha le grazie di stato per la S. Messa e i sacramenti, non quelle per l’organizzazione e il marketing.

2) Pertanto, la partecipazione al Sacrificio Eucaristico non dovrebbe mai essere disgiunta dalla battaglia civico-culturale contro la secolarizzazione (CDC, can 227): in questo modo, dal punto di vista giuridico, la S. Messa diviene un aiuto nella battaglia per difendere la propria città; aiuto sul quale nessuno può sindacare.

3) L’autonomia economica dell’iniziativa è un altro requisito indispensabile: nell’eventuale dialogo con il proprio Vescovo sarà molto utile far presente il proprio diritto ad agire liberamente nella città (can. 227), senza dipendere da nessuno, per giunta “senza oneri” per la Diocesi.

4) Stante l’universale confusione sul luogo in cui oggi si offre il Sacrificio Eucaristico (campeggi, eventi danzanti, ecc.), sembra prassi poter dir Messa in qualunque luogo (compresi luoghi privati o concessi in gestione dal proprio Comune). I sacerdoti più attenti porteranno con sé le necessarie reliquie d’altare.

5) Le restrizioni relative ai sacerdoti saranno facilmente risolte dai medesimi. Qui importa evidenziare come i cappellani officianti vadano “protetti” (anonimato) sino a quando non saranno chiare le disposizioni del recente Motu Proprio.

David Botti

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