Già dalla prima scena si è capito che la nuova versione-kolossal de Il nome della rosa, finanziata da RaiCinema, cioè dal contribuente, era anche peggio della precedente, il film di Jean-Jacques Annaud del 1986, tratto dal «palinsesto» di Umberto Eco. La storia della lotta per le investiture ci dice l’esatto opposto della nuova fiction.
Già, Umberto Eco. Il quale, pretendendo questa aggiunta nei titoli, chiarì che il film non poteva rappresentare tutta la complessità del romanzo bestseller omonimo. La prima scena di cui dicevamo è una scritta che avverte lo spettatore che nel 1327, anno in cui si svolge la vicenda, l’imperatore Ludovico stava cercando di «separare la politica dalla religione». Messa così, è chiaro che la simpatia dello spettatore si orienterà verso l’imperatore, che la Chiesa vorrebbe sottomettere imponendo ai posteri uno stato teocratico di tipo, per intenderci, khomeinista.
La storia, vera, dice però il contrario: tutta la lunga Lotta per le Investiture, dal secolo XI al Concordato di Worms del 1122, fu combattuta perché era l’imperatore a voler mettere il cappello sulla Chiesa decidendo lui la nomina dei vescovi. L’imperatore che regnava nel 1327, Ludovico IV il Bavaro, aveva deciso allora di tagliare del tutto i legami con la Chiesa.
Infatti, fu il primo imperatore a farsi incoronare non dal papa, ma da un laico, quello Sciarra Colonna che aveva preso a schiaffi il papa Bonifacio VIII ad Anagni. Gesto che simbolicamente chiuse il Medioevo cristianissimo.
Gesto la cui portata Bonifacio VIII comprese benissimo, tant’è che ne morì di crepacuore.
La Chiesa, come previsto, finì alla mercé del potere politico: nel 1327 il pontificato non era più a Roma ma ad Avignone, deportato in Francia da Filippo il Bello, il distruttore dei templari.
Il potere politico, privo della guida, e del freno, di un’autorità morale, da allora divenne sempre più assoluto, culminando nei totalitarismi del secolo XX.

“Rallentare il processo di unificazione europea per avere tempo e spazio per ricostruire la vera Europa”
“Ci sono alcune diocesi e comunità religiose dove c’è una cricca che gestisce le cose. Sono definiti dalla loro sessualità? Possono benissimo esserlo”.
Poco prima dello scioglimento della Commissione Ecclesia Dei, il periodico digitale Monday Vatican (1) ha pubblicato un’acuta riflessione sull’orientamento del Santo Padre nei confronti della “galassia” tradizionalista. Ecco la tesi di fondo dell’autore, Andrea Gagliarducci:
In nome di una malintesa “accoglienza e inclusione”, anche in Italia si provoca confusione… mentre l’università gesuita del Messico lancia la “Settimana della diversità umana”: un festival per promuovere l’agenda lgbtiq.
Il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha deciso di «parlare apertamente», rivolgendosi ai «cattolici disorientati» dalla «notte oscura» che sta investendo la Chiesa, «avvolta e accecata dal mistero dell’iniquità». E lo fa –
Ci risiamo con la leggenda nera…
L’uscita contemporanea del libro “Sodoma” in 20 paesi e in 8 lingue, prevista per il 21 febbraio, si presenta come una grande operazione mediatica allo scopo di promuovere la legittimazione dell’omosessualità nella Chiesa. Ma potrebbe rivolgersi contro quel papa Francesco che l’autore vuole invece sostenere.
Vescovo Conley: nella Chiesa ci sono voci inquietanti, anche ad altissimo livello, in materia di sessualità
Avanza l’iter di una proposta di legge regionale liberticida: 