l’Espresso 11-4-2003
Il regime mette in prigione decine di oppositori. Ma la Chiesa leva alta la sua voce.
di Sandro Magister
ROMA – In perfetta sincronia con l’inizio e la fine della guerra in Iraq, Fidel Castro ha ordinato l’arresto, il processo e la condanna di 83 oppositori al suo regime.
Gli arresti sono scattati il 17 marzo. Le condanne sono state pronunciate il 7 aprile e subito dopo. I processi si sono svolti a porte chiuse e hanno comminato pene dai 15 ai 27 anni di carcere.
Tra i condannati vi sono figure celebri dell’opposizione democratica cubana :
– Omar Rodríguez Saludes, giornalista, condannato a 27 anni di carcere;
– Héctor Palacios, 72 anni, leader del movimento Todos Unidos, condannato a 25 anni;
– Raúl Rivero, direttore dell’agenzia alternativa Cuba Press, commentatore per la rivista spagnola Encuentro, per il giornale on line Encuentro en la Red e per l’agenzia Reporteros sin Fronteras, poeta, già direttore dell’ufficiale Unión de Escritores y Artistas de Cuba prima di passare all’opposizione all’inizio degli anni Novanta con una lettera a Castro firmata con altri nove intellettuali, condannato a 20 anni;
– Martha Beatriz Roque, economista, animatrice della Asamblea para la Promoción de la Sociedad Civil, già imprigionata più volte negli anni scorsi, condannata a 20 anni.
– Ricardo Severino González, giornalista, condannato a 20 anni;
– Ricardo Gonzales Alfonso, corrispondente di Reporteros sin Fronteras, condannato a 20 anni;
– Oscar Espinosa Chepe, economista, condannato a 20 anni;
– Maseda Gutierrez, giornalista, condannato a 20 anni.
Il crimine commesso da tutti i condannati, stando alle sentenze, è d’aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato. Ossia d’aver scritto e detto cose contrarie al regime castrista.
Ma un buon numero di loro ha fatto di più: ha sostenuto il Proyecto Varela, una richiesta pubblica di referendum popolare per introdurre a Cuba le libertà democratiche.
La richiesta, firmata da più di 11 mila cittadini e depositata un anno fa in parlamento, ha avuto come promotori soprattutto dei gruppi cattolici, in particolare il Movimiento Cristiano Liberación animato da Oswaldo Payá Sardiñas.
Payá, troppo noto a livello internazionale, è stato risparmiato, ma agli arresti sono finiti diversi suoi collaboratori. Per José Daniel Ferrer Garcia, 32 anni e padre di due bambini, segretario del Mcl, l’accusa ha chiesto addirittura l’ergastolo. E su tutti sono cadute pesanti condanne: 25 anni di prigione per Luis Milan Fernandez, Ricardo Silva Gual, Alexis Rodriguez Fernandez, Leonel Grave de Peralta e Jesus Mustava; 20 anni per Miranda Díaz e Antonio Díaz; 18 per Regis Iglesia; 12 per Efraín Fernández. Fidel Castro ha detto di loro il 4 aprile in tv: «Non merita l’impunità chi ha tradito la patria al soldo degli Stati Uniti».
Castro ha deciso questa stretta proprio mentre a Ginevra le Nazioni Unite stanno per esaminare la situazione dei diritti umani a Cuba. Ma là sa di non aver nulla da temere. La Commissione dell’Onu per i diritti umani è attualmente presieduta dalla Libia ed è composta da rappresentanti delle peggiori tirannidi, Cuba compresa.
Piuttosto, è a Cuba che Castro deve stare attento. La Chiesa cattolica, che da qualche tempo si è fatta più critica, non è rimasta in silenzio dopo quest’ultima ondata di repressione.
Il 3 aprile, la Conferenza dei religiosi di Cuba ha tenuto una giornata di preghiera per il rilascio dei dissidenti imprigionati per delitti d’opinione. Numerosi religiosi e fedeli hanno gremito la chiesa di San Giovanni in Laterano all’Avana.
E il 6 aprile, vigilia delle prime condanne, il Consiglio diocesano dei laici della diocesi di Pinar del Rio ha pubblicato una dichiarazione di forte denuncia del «rincrudimento dell’intolleranza e della persecuzione» contro chi è semplicemente colpevole di «pensare e agire pacificamente in modo diverso».
Ma nello stesso tempo, la dichiarazione ha gettato luce sulla crescita di spirito libero tra i cubani, sulla «maturazione dell’opposizione politica», sull’«apertura di nuovi spazi di solidarietà e partecipazione nell’insieme della società civile».
La diocesi di Pinar del Rio è quella dove si scrive e si stampa Vitral, il più vivace think tank dell’opposizione cattolica e liberale al regime, diretto da Dagoberto Valdés Hernández.