Ucraina. La guerra dei due patriarchi
A Kiev il cardinale Lubomir Husar, capo dei grecocattolici, s’è insediato come patriarca “de facto”. Da Mosca, il patriarcato ortodosso grida alla concorrenza sleale. Nuova puntata del conflitto tra la Prima e la Terza Roma
di Sandro Magister
ROMA – Buone nuove per il patriarcato di Mosca e di tutte le Russie, ma anche cattive. La buona notizia è che si sta ricomponendo lo strappo con la Chiesa ortodossa russa della diaspora. Lo strappo risale ai primi anni del regime comunista, quando gli ortodossi russi all’estero si staccarono dalla Chiesa della madrepatria accusandola di subordinazione al regime. Per la prima volta dopo la rottura, una delegazione degli ortodossi della diaspora è stata in visita a Mosca lo scorso novembre. Il patriarca Alessio II ha scritto il 13 dicembre una lettera di mea culpa e riconciliazione al metropolita dei russi all’estero, Laurus. E questi si recherà a sua volta a Mosca in gennaio.La cattiva notizia, sempre per il patriarcato di Mosca, viene invece dall’Ucraina. Il cardinale Lubomir Husar (nella foto), arcivescovo maggiore della Chiesa ucraina cattolica di rito greco, da questo dicembre ha spostato la sua residenza principale da Leopoli a Kiev, accanto a quella che diventerà la sua nuova cattedrale e che è quasi ultimata. Formalmente Husar non porta il titolo di patriarca, ma dal 2002, per voto unanime, lui e gli altri vescovi ucraini grecocattolici ritengono che la loro Chiesa sia già un patriarcato “de facto”. Attendono solo dal papa il riconoscimento ufficiale.
Ma anche senza questo riconoscimento, c’è quanto basta a inasprire ancor più il conflitto tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa di Roma. Kiev è la culla storica del cristianesimo “di tutte le Russie”, che nel linguaggio ortodosso comprende le attuali Russia, Bielorussia e Ucraina. E l’insediarsi a Kiev di un patriarca cattolico è quanto di più inaccettabile ci sia per il patriarcato ortodosso di Mosca che ha giurisdizione anche su quel territorio.
Il cardinale Husar, naturalmente, non la pensa così. E ha spiegato le sue ragioni in un’intervista a “30 Giorni”, il mensile diretto da Giulio Andreotti che in molti casi fa da supporto alla diplomazia vaticana.
Husar sostiene che Kiev è sempre stato il centro naturale della Chiesa ucraina fedele al papa di Roma. Ricorda che se da lì sono spariti i cattolici è stato solo per colpa degli zar dell’Ottocento, che li obbligò a concentrarsi a Occidente, a Leopoli. Poi venne Stalin e “grazie alle sue deportazioni” il cattolicesimo tornò a ripopolare la regione di Kiev. Ma era un cattolicesimo costretto alla clandestinità. Oggi non più. È quindi giusto che i cattolici ucraini, presenti in tutta la nazione, abbiano il loro capo spirituale a Kiev.
Il fatto che i due patriarcati concorrenti – quello ortodosso a Mosca e quello cattolico a Kiev – abbiano giurisdizione sullo stesso territorio ucraino è, a parere di Husar, una difficoltà superabile.
Anche Husar, come il patriarca di Mosca, rivendica per la propria Chiesa una discendenza diretta dal cristianesimo russo delle origini. Ciò che fa la differenza – dice – è che la sua Chiesa non si è mai separata da Roma. Per riunire i due patriarcati basterebbe dunque che anche la Chiesa di Mosca “si apra alla piena comunione col successore di Pietro”. “A quel punto noi Chiese cattoliche orientali avremmo concluso la nostra funzione storica e potremmo rientrare nella piena familiarità con le Chiese sorelle ortodosse, come era la nostra condizione prima delle divisioni”. Tempo? “Due o tre generazioni”.
Di parere diametralmente opposto è il patriarcato di Mosca. In una recente intervista – anch’essa al mensile “30 Giorni” – il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, responsabile del dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato, ha accusato la Chiesa di Roma di “disegni espansionistici” a danno della Chiesa ortodossa e sul suo stesso terreno, come “nel tempo delle crociate, quando si istituivano in oriente dei patriarcati cattolici paralleli a quelli ortodossi”. Stabilire a Kiev “un sedicente patriarcato parallelo” avrebbe come “risultato inevitabile il peggioramento catastrofico delle relazioni tra le nostre due Chiese”.
Kirill è il più in vista dei possibili successori di Alessio II, seriamente malato, come patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
E, curiosamente, anche Husar è considerato tra i possibili successori di Giovanni Paolo II. Anzi, è da alcuni anni il papabile prediletto da uno dei più informati vaticanisti americani, John L. Allen jr. del “National Catholic Reporter”.
Se è impensabile che il conflitto tra Roma e Mosca sia sanato da un abbraccio tra Giovanni Paolo II e Alessio II, non meno ardua sarà la riconciliazione tra chi verrà dopo di loro.
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L’intervista al cardinale Lubomir Husar apparsa sul numero di novembre 2003 di “30 Giorni”:
> Husar: “La nostra missione a tempo”
L’intervista al metropolita Kirill su “30 Giorni” di agosto-settembre 2003:
> Kirill: “Rimane la speranza”
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In questo sito, la precedente puntata del conflitto tra Roma e Mosca, con epicentro l’Ucraina:
> Tra Roma e Mosca ora si combatte anche in Crimea (2.8.2002)
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Nel sito del patriarcato di Mosca, la lettera del 13 dicembre 2003 del patriarca Alessio II al metropolita Laurus della Chiesa ortodossa russa della diaspora:
> “Your Eminence, Metropolitan Laurus…”