(l’Espresso) Austria e Sud America: necessario ri-evangelizzare

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Italiani promossi, austriaci bocciati, brasiliani… I vescovi sotto esame

E a ciascuno il papa dà il voto. Ai vescovi dell’Austria ha ingiunto di “cambiare rotta”. Mentre a quelli del Brasile ha dato una chance in più: andrà lui stesso a rincuorarli. Al santuario dell’Aparecida

di Sandro Magister  ROMA, 18 novembre 2005 – Ogni volta che i vescovi, da soli o in gruppo, incontrano Benedetto XVI, hanno capito che devono essere preparati a tutto: a elogi, a rimproveri, a sorprese.

Un elogio collettivo è ad esempio quello che il papa ha tributato alla conferenza episcopale italiana.

Lunedì 14 novembre Benedetto XVI ha rivolto un messaggio ai più di duecento vescovi della conferenza episcopale italiana, riuniti in assemblea generale ad Assisi. E sul finire ha detto:

“Desidero dirvi che apprezzo grandemente il puntuale discernimento e l’impegno unitario con cui aiutate le vostre comunità e l’intera nazione italiana ad agire sempre per il vero bene delle persone e della società. Vi incoraggio a proseguire su questa strada con serenità e coraggio, per offrire a tutti la luce del Vangelo e le parole di Colui che è via, verità e vita (cfr Gv 14, 6) per noi e per il mondo”.

Nelle parole del papa traspariva – tra l’altro – il suo giudizio positivo per la campagna condotta dai vescovi italiani, guidati dal loro presidente Camillo Ruini, in difesa dell’inviolabilità di ogni essere umano fin dal primo istante di vita. Campagna culminata lo scorso 12 giugno con la sconfitta di quattro referendum mirati a legalizzare la selezione e l’eliminazione degli embrioni umani.


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Pochi giorni prima, invece, altri vescovi, quelli dell’Austria, hanno avuto dal papa non elogi, ma severi rimproveri.

Il 5 novembre, ricevendo i vescovi austriaci che erano stati da lui ad uno ad uno in visita “ad limina apostolorum” – come i vescovi di ciascuna nazione sono tenuti a fare ogni cinque anni – e tirando le somme dei colloqui, Benedetto XVI ha ingiunto loro, letteralmente, di “cambiare rotta”.

Per cominciare, il papa li ha sollecitati a “guardare con coraggio negli occhi la realtà, senza che l’ottimismo, dal quale sempre siamo trainati, possa rappresentare un ostacolo per chiamare le cose con il loro nome in tutta oggettività e senza abbellimenti”.

Poi li ha richiamati al fatto “doloroso” che “il processo di secolarizzazione attualmente sempre più significativo per l’Europa non si è fermato neanche davanti alle porte della cattolica Austria. L’identificazione con l’insegnamento della Chiesa scema in molti fedeli e con ciò si perde la certezza della fede e viene meno il timore reverenziale per la legge di Dio”.

Dopo di che ha chiesto: “Dunque, che cosa possiamo fare?”. E ha risposto:

“Da un parte è necessaria la confessione chiara, coraggiosa ed entusiasta della fede in Gesù Cristo che vive anche qui e oggi nella sua Chiesa e nel quale, secondo la sua essenza, l’anima umana orientata a Dio può trovare la sua felicità. Dall’altra, sono necessarie numerose misure missionarie, piccole e grandi, che dobbiamo prendere per apportare un cambiamento di rotta”.

Da lì in avanti l’intemerata non ha avuto più freni:

“Come ben sapete la confessione della fede fa parte dei primi doveri del vescovo. ‘Non mi sono sottratto – dice san Paolo a Mileto ai pastori della Chiesa di Efeso – al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio” (At 20, 27). È vero che noi vescovi dobbiamo agire con ponderazione. Tuttavia questa prudenza non deve impedirci di presentare la Parola di Dio in tutta chiarezza, anche quelle cose che si ascoltano meno volentieri o che suscitano certamente reazioni di protesta e derisione. Voi, cari fratelli nell’episcopato, lo sapete bene: esistono temi, relativi alla verità di fede e soprattutto alla dottrina morale, che nelle vostre diocesi non sono presenti in maniera sufficiente nella catechesi e nell’annuncio e che, a volte, ad esempio nella pastorale giovanile delle parrocchie o delle unioni, non vengono affrontati affatto o non nel senso chiaro inteso dalla Chiesa. Rendendo grazie a Dio non è sempre così ovunque. Tuttavia, forse i responsabili dell’annuncio temono qui e lì che le persone possano allontanarsi se si parla troppo chiaramente. Tuttavia, in generale l’esperienza dimostra che accade proprio il contrario. Non fatevi illusioni! Un insegnamento cattolico che viene offerto in maniera incompleta, è una contraddizione in sé e non può essere fecondo nel lungo periodo. L’annuncio del Regno di Dio va di pari passo con l’esigenza di conversione e con l’amore che incoraggia, che conosce il cammino, che insegna a capire che con la grazia di Dio anche ciò che sembra impossibile diviene possibile. Pensate come, poco a poco, l’insegnamento della religione, la catechesi ai vari livelli e la predicazione possono essere migliorate, approfondite e per così dire completate! Utilizzate, per favore, con zelo il “Compendio” e il “Catechismo della Chiesa Cattolica”! Fate in modo che i sacerdoti e i catechisti adottino questi strumenti, che vengano spiegati nelle parrocchie, nelle unioni e nei movimenti e che vengano utilizzati nelle famiglie come importanti letture! Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, offrite agli uomini la certezza della fede completa della Chiesa! La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti”.

Insomma, se Benedetto XVI ha richiamato con parole così pressanti i vescovi austriaci a dare una “testimonianza chiara, pubblica e risoluta” è evidentemente perché riteneva tale richiamo doveroso ed urgente. Joseph Ratzinger conosce molto bene l’Austria, a metà strada tra la sua Baviera e l’Italia.


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Ma oltre agli elogi e ai rimproveri, Benedetto XVI riserva ai vescovi anche grosse sorprese.

La più inaspettata ha lasciato senza parole, lo scorso 14 ottobre a Roma, lo stato maggiore dei vescovi dell’America Latina.

Si era a metà del sinodo sull’eucaristia, e quel giorno, in una pausa dei lavori, il papa incontrò i cardinali Francisco Javier Errázuriz, arcivescovo di Santiago del Cile e presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano, Pedro Rubiano, arcivescovo di Bogotá, Cláudio Hummes, arcivescovo di San Paolo del Brasile, e Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires.

Argomento del colloquio era la prossima conferenza generale del CELAM, la quinta dopo le precedenti di Rio de Janeiro del 1955, di Medellín del 1968, di Puebla del 1979 e di Santo Domingo del 1992.

La conferenza era già fissata per il 2007, ma restavano ancora da decidere il luogo e la data precisa. I quattro vescovi erano pronti a tenerla a Roma, per avere assicurata la presenza del papa ai lavori.

Ma Benedetto XVI disse loro all’improvviso: “Si terrà in Brasile”, e subito chiese quale fosse il più venerato santuario mariano di quel paese. “L’Aparecida”, risposero. E il papa: “In Brasile, all’Aparecida, in maggio. Io ci sarò”.

La sorpresa, per i quattro cardinali, fu totale. E così per i dirigenti della curia vaticana, con nessuno dei quali il papa aveva discusso la cosa. A indurre Benedetto XVI a optare per il Brasile sarebbero state le cose dette in sinodo, pochi giorni prima, dal cardinale Hummes:

“In Brasile i cattolici diminuiscono in media dell’1 per cento all’anno. Nel 1991 i brasiliani cattolici erano circa l’83 per cento, oggi, secondo nuovi studi, sono appena il 67 per cento. Ci domandiamo con angoscia: fino a quando il Brasile sarà ancora un paese cattolico? In conformità con questa situazione, risulta che in Brasile per ogni sacerdote cattolico ci sono già due pastori protestanti, la maggior parte delle Chiese pentecostali. Molte indicazioni mostrano che lo stesso vale quasi per tutta l’America Latina e anche qui ci domandiamo: fino a quando l’America Latina sarà un continente cattolico?”.

Ma anche la scelta dell’Aparecida lasciò senza parole i quattro cardinali. Quel santuario è sì il più frequentato del Brasile, ma si trova in una zona isolata dello stato di San Paolo e manca delle strutture capaci di ospitare un congresso continentale di grosse dimensioni.

Nessuno dei quattro cardinali osò però obiettare. Il papa aveva deciso e le sue ragioni erano fin troppo evidenti. A lui sta a cuore una vigorosa ripresa della fede cattolica nel continente latinamericano e a questo fine i simboli contano moltissimo.

Per costruire un centro congressi nella spianata dell’Aparecida c’è tempo fino al maggio 2007.

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Il testo integrale del messaggio di Benedetto XVI alla conferenza episcopale italiana, 14 novembre 2005:

> “Venerati e cari fratelli…”

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Il testo integrale del discorso di Benedetto XVI ai vescovi dell’Austria, 5 novembre 2005:

> “Cari fratelli nell’episcopato…”

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Il sito del Consiglio Episcopale Latino Americano, che terrà la sua V conferenza generale nel 2007 in Brasile, all’Aparecida:

> CELAM