Mistificazioni e accettabili pregiudizi *
Antonio Socci
Il Giornale 29 Giugno 2004
Chi sia Dario Fo è noto. Un comico. Che il Corriere della sera abbia affidato a lui il commento al Martirio di sant’Orsola (il capolavoro di Caravaggio esposto a Milano dal 2 luglio) appare dunque una scelta un po’ stravagante. Una volta su quel giornale era Giovanni Testori a firmare gli articoli sul genio del Merisi, oggi è Fo.Ma non è comico il contenuto. Fo infatti approfitta dell’occasione per la solita requisitoria contro il Vaticano, quando il soggetto dell’opera del Caravaggio parla e drammaticamente del martirio cristiano. E’ qui rappresentata infatti la storia leggendaria del martirio di questa principessa di Britannia con le sue undicimila compagne, secondo il racconto di Jacopo da Varagine. Ma per Fo l’opera sarebbe una denuncia del potere, “di ogni potere”, a cominciare da quello dello “Stato Vaticano”. Il ribaltamento è dunque totale e clamoroso: anziché parlare del martirio dei cristiani, il Corriere ci canta la solita solfa delle presunte “turpitudini” della Chiesa.
Ancora una volta così viene censurato il tema del massacro dei cristiani attuale ai tempi di Caravaggio (basti ricordare la carneficina che i musulmani avevano fatto a Otranto) come è attualissimo oggi (lo ha documentato proprio nei giorni scorsi la presentazione del Rapporto sulla libertà religiosa dell’Aiuto alla Chiesa che soffre).
Siamo così immersi in un conformistico pregiudizio anticattolico che ormai non ci facciamo più caso e si accetta il linciaggio morale della Chiesa anche quando si confondono le vittime con i carnefici. Tantomeno dunque sappiamo cogliere la manipolazione continua che si fa della storia della Chiesa. Ecco qua, direte voi, la solita geremiade del cattolico che lamenta un po’ di sana critica laica. Nient’affatto. La voce di autodifesa dei cattolici – in questo clima – è pressoché inesistente.
Sono spesso degli studiosi laici che chiedono più rispetto per la storia e la verità dei fatti. Qualche giorno fa Massimo Firpo sul laicissimo “Sole 24 ore” firmava una serrata critica storica di due recenti film. Il primo è Luther, un’apologia del riformatore tedesco “finanziata dalle Chiese evangeliche”. Se il S. Uffizio avesse finanziato un film apologetico della Chiesa di Roma credo non avrebbe avuto neanche distribuzione. Non così per il film su Lutero, a proposito del quale Firpo osserva: “ciò che lascia sconcertati è la vera e propria falsificazione dei fatti per presentare un Lutero immaginario, una specie di santino agiografico”, “un Lutero che appare sempre e comunque come una sorta di intrepido difensore della verità evangelica contro la corrotta Chiesa papale e le sue interessate superstizioni”.
Laddove invece si dimenticano i contadini “trucidati a decine di migliaia… con la benedizione del dottor Martino, pronto a esortare i principi tedeschi a scagliarsi senza pietà ‘contro le bande brigantesche e assassine dei contadini’… Parole dure come pietre” commenta Firpo “che è semplicemente inaccettabile aver occultato”. Del resto Firpo ha da ridire anche sulla rappresentazione così idealistica degli Elettori tedeschi “mentre è noto che a schierarli a fianco di Lutero fu soprattutto la brama dei beni della Chiesa”.
L’altro film analizzato da Firpo è Pontormo. Naturalmente “accade anche al povero Pontormo” di essere “presentato come l’ultimo genio di un autunno rinascimentale destinato a spegnersi fra gli algidi rigori di una Controriforma repressiva e fanatica, in un mondo che nulla riflette della realtà fiorentina di quegli anni, che non era affatto dominata da un truce inquisitore”.
Firpo conclude con “una domanda che s’impone” e cioè “il perché di un continuo travisamento di uomini e cose”. Ebbene, il perché è abbastanza chiaro: il filo rosso che lega tutta questa produzione è l’anticattolicesimo. O almeno quell’ “ovvio dei popoli” che è il pregiudizio anticattolico. Si potrebbero ricordare anche la tristezza espressa dall’ Osservatore romano sulla recente fiction dedicata a Nerone, così come il premiato film Magdalene. O – per andare sulla narrativa – il best-seller di Dan Brown, Il Codice Da Vinci, che ha venduto milioni di copie scrivendo di tutto sulla Chiesa, ma che è stato letteralmente demolito, sul piano storico-filologico, da Massimo Introvigne in un saggio critico uscito su Cristianità.
Il fenomeno che si verifica è stato descritto esaurientemente da un sociologo americano (peraltro non cattolico), Philip Jenkins in The New Anti-Catholicism. The Last Acceptable Prejudice (Oxford University Press) secondo il quale oggi si accetta normalmente che contro i cattolici e il cattolicesimo si dicano e si facciano cose che – nei confronti di qualunque altro gruppo religioso o etnico – sarebbero ritenute inaccettabili. Tutto questo mentre i cristiani in genere e i cattolici in particolare sono attualmente il gruppo umano più perseguitato del pianeta dai regimi illiberali. Regimi che peraltro hanno sempre usato e usano a piene mani per la loro propaganda i luoghi comuni e gli stereotipi anticattolici prodotti da qualche secolo di anticlericalismo.
Ultimamente certe parti del mondo laico italiano (da giornalisti della stoffa di Oriana Fallaci a personalità come Marcello Pera) hanno ritrovato un grande interesse per la Chiesa e ciò che – di luminoso – ha rappresentato nella storia dell’Occidente. Sono arrivati perfino a spronare il mondo cattolico europeo, che appare loro “timido, sconcertato, angosciato”, a ritrovare l’orgoglio. Bisogna però interrogarsi anche su una cultura laica che continua a fornire una rappresentazione del cattolicesimo così carica di stereotipi, falsificazioni e disprezzo. A chi conviene che la cultura occidentale seghi il ramo dove sta seduta tutta la nostra civiltà?
* titolo redazionale