LA SORTE DEGLI HANDICAPPATI NEL REGNO DEL “CARO LEADER”
Dove sono finiti tutti i disabili? Il segreto oscuro della Corea del Nord
Roma. “Non ci sono disabili nella Corea del Nord”. L’immagine orwelliana è quella tratteggiata da Ri Hwang-chol, medico fuggito da Pyongyang un anno fa e che a Seul ha incontrato i dirigenti di New Right Union, organizzazione religiosa che assiste i fuoriusciti dal gulag di Kim Jong Il. “I bambini con disabilità sono uccisi appena nati, negli ospedali o a casa, seppelliti in tutta fretta. La pratica è incoraggiata dallo stato, un modo per purificare le masse ed eliminare le persone che possono essere considerate ‘differenti’”. La sua testimonianza è stata ripresa da tutti i quotidiani americani, martellati dai memoriali del senatore Sam Brownback, che ha da tempo sollevato il problema della sorte dei disabiliBradley Martin in “Under the Loving Care” e Roland Bleiker con “Divided Korea” hanno descritto “l’assenza di handicappati a Pyongyang. Tutti i nordcoreani devono essere forti, intelligenti e in salute
Ora l’allarme infanticidio proviene dal ventre del regime, nel quale si sono già perse le tracce di oltre 35.000 cristiani
Il sessantasettenne rifugiato Kim Youngsun, presente alla conferenza stampa insieme a Hwang-chol, ha chiesto a Seul di
interrompere le già fragili relazioni con la Corea del Nord. L’Herald Tribune ha ripubblicato l’inchiesta di Nicholas Kristof
del 16 gennaio 2003: “Il puzzle spaventoso nel Regno dell’Anacoreta non è tanto su dove nasconde le sue armi nucleari, ma dove cela i suoi disabili. La volta in cui mi fu concesso di entrare in Corea del Nord, anni e anni fa, non ho potuto trovare nessuno in carrozzella, sulle stampelle o senza una gamba”. Secondo uno studio sudcoreano, è di 24 su 100 il tasso di morte, che sale a 60 sotto i cinque anni. I disabili in Corea del Nord non rientrano nei canoni dello “Juche”, ideologia stalinista che si nutre di canti, mirabilia, sveglie, adunate, marce e salutismo, oltre che di campi della morte, fame di massa ed esperimenti sui prigionieri
“Nessuno fa caso a coloro che vengono uccisi”, racconta Kristof. La risposta ufficiale di Pyongyang, un inferno sospeso nel tempo dove anche i ristoranti non hanno nome ma numero, vuole che “gli handicappati si sono volontariamente spostati in altre parti della nazione, in villaggi più piccoli dove conducono una vita più semplice”. Un tono simile a quello delle placide cartoline che i nazisti spedivano alle famiglie dei bambini che finivano fra le mura di Hartheim.
Kristof racconta che la Corea del Nord sta esiliando ed eliminando sistematicamente ritardati e disabili. Le testimonianze
sono già letteratura. Racconta Park Sun-ja, una donna di ventotto anni fuggita dal regime
“Ho sentito la madre e il piccolo piangere. Poi ho visto un’infermiera soffocarlo con un cuscino. Il bambino smise di piangere dieci minuti più tardi”. Willy Fautre, direttore di Human Rights Without Frontiers, ha detto che “centinaia di bambini ogni anno vengono uccisi dal regime”. Per le donne incinte la procedura è sempre la stessa: “Se danno alla luce un bambino vivo, la politica generale è di lasciar morire il bambino o di farlo con una busta di plastica”. Un metodo collaudato sotto Pol Pot: zappata in testa o sacchetto di plastica, per risparmiare munizioni e farmaci. Le pance di nove mesi sono
bandite dalle strade di Pyongyang, alla stregua delle biciclette. Lee Soon Ok, ospite della prigione di Kaechon, ha visto medici e guardie, eufemisticamente chiamate “ostetriche”, uccidere i nuovi nati: “Sono stata in prigione dal 1987 al 1993 e le guardie costringevano le donne ad abortire. Era un inferno inumano. Una donna e il marito disabile sono stati uccisi insieme e seppelliti in una foresta vicino alla prigione”. Secondo il New York Times nel 2000 il governo cinese, fra marzo e maggio, ha rispedito a Pyongyang 8.000 nordcoreani, il settanta per cento donne e un terzo di loro incinta. 1.800 nuovi nati sono stati eliminati dai medici di Kim e con la complicità di Pechino, perchè “impuri”. Richard Bridle, rappresentante dell’Unicef per la Corea del Nord, incalzato dalle domande sull’uccisione dei disabili ha detto che “non abbiamo notizia dell’esistenza di questi campi e di simili pratiche. Le sole storie arrivano dall’esterno
Non occorre un genio a capire perché
Il prode Noam Chomsky ha chiamato a lungo bugiardi i boat-people che scappavanodai khmer rossi. Secondo lo U.S. Committee for Human Rights di Washington, 200.000 nordcoreani sono ospitati in quindici campi di concentramento
“Pyongyang sembra una città moderna, se ci fosse qualche disabile”, racconta Christian Science Monitor. “I primi a essere uccisi sono i malati”, rivela un ex membro del Partito. A Pyongyang ogni suono ha un’eco sinistro. Due stazioni della metropolitana, costruita in perfetto stile sovietico, sono dedicate allo Sviluppo e alla Riabilitazione
Ma per i disabili sembra prevista una sola fermata: la Morte
Giulio Meotti