Avvenire 28-12-2011
Andrej Tarkovskij: «Il mio stalker è Don Chisciotte»
Faceva molto caldo, quel giorno del luglio 1984, a Milano. Ancor più nel salone del Circolo della Stampa, stipato di giornalisti, fotografi, cameramen, intellettuali disorganici. L’afa era insopportabile, ma un brivido corse nella schiena di tutti quando apparve quell’omino nervoso, dalla fisionomia vagamente tartara; occhi vivacissimi, baffi ispidi, una foresta di rughe sul volto. Andrej Tarkovskij quel giorno era teso come una corda di violino. Pensavo al suo primo cortometraggio, noto solo ai cinefili più accaniti: Il rullo compressore e il violino . Se ora il violino era lui, il rullo compressore era il regime sovietico che voleva spezzarne le sue corde, impedirgli di suonare. Tanto che quel giorno di luglio il geniale regista di Andrej Rubliov e di Solaris, de Lo specchio e di Nostalghia, aveva deciso di annunciare che avrebbe tagliato il cordone ombelicale con l’adorata Madre Russia, avrebbe scelto l’Occidente. «Ragioni ve ne sono tante», spiegò alla stampa di tutto il mondo che gli chiedeva le ragioni del suo 'basta' urlato in faccia al Cremlino. «Ma me ne vado soprattutto perché le autorità del mio paese ormai mi considerano una non-persona: per il Cremlino non esisto». E a chi insisteva per sapere a quale paese avrebbe chiesto asilo politico, ribatteva con sarcasmo: «Domanda strana: è come se vedendomi distrutto per la morte di una persona cara mi chiedessero dove voglio seppellirla. Che importanza ha?» Il dolore dell’esilio era davvero troppo. Chissà se fu quello a fare ammalare Tarkovskij: due anni dopo, il regista si spegneva a Parigi, a soli 54 anni. Era il 29 dicembre 1986, esattamente 25 anni fa. In Svezia, aveva ancora fatto in tempo a girare il profetico Il sacrificio .
Un film che, quel caldo giorno di luglio, era già ben chiaro nella sua testa. Come ci aveva spiegato, appena poche ore dopo la storica conferenza stampa, in un lungo colloquio a metà fra la confessione e il testamento. Parole, le sue, che un quarto di secolo dopo stupiscono per la loro attualità. Le proponiamo qui per la prima volta al lettore italiano. R.Cop.
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