Fatima e l’attentato al “Vescovo vestito di bianco”
Intervista a Renzo Allegri, autore del libro “Il Papa di Fatima”
ROMA, mercoledì, 10 maggio 2006 (ZENIT.org).- Erano le 17 e 19 minuti del 13 maggio 1981, quando a Roma, in Piazza san Pietro, il turco Alì Agca cercò di uccidere il Papa Giovanni Paolo II, sparandogli da breve distanza diversi colpi di pistola.
Il Pontefice polacco ferito gravemente all’addome, rischiò di morire dissanguato prima di arrivare all’Ospedale Gemelli, dove venne operato d’urgenza.
Tra l’incredulità di tutti, il Papa sopravvisse a quell’attentato, e attribuì la difesa della sua vita all’intercessione della Madonna di Fatima – “…fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola…” –, la cui ricorrenza cade proprio il 13 maggio, in ricordo della prima apparizione, nel 1917 ai tre pastorelli portoghesi.
Nel 2000, Giovanni Paolo II rese pubblica la terza parte del segreto di Fatima in cui si parlava dell’attentato contro un Pontefice e rivelò al mondo che quel Pontefice era lui stesso.
A distanza di 25 anni dall’attentato, il giornalista e scrittore Renzo Allegri ha ricostruito con un inchiesta rigorosa l’intera vicenda pubblicata nel libro “Il Papa di Fatima” (Mondatori, pp. 334, Euro 17, 00). ZENIT lo ha intervistato.
Perché Giovanni Paolo II è il Papa di Fatima?
Allegri: Prima di tutto perché egli stesso si è riconosciuto in quel “Vescovo vestito di bianco” che i tre bambini, Lucia, Francesco e Giacinta, “videro” nel corso dell’Apparizione del 13 luglio 1917, quando la Madonna confidò loro il famoso Segreto di Fatima. E poi perché, dopo aver preso coscienza di quel fatto misterioso, Giovanni Paolo II è vissuto prodigandosi in ogni modo per realizzare le richieste e i desideri contenuti nel Messaggio di Fatima. Si è impegnato in questa missione con tutto se stesso, offrendosi vittima per la salvezza del mondo, promuovendo una “crociata” mondiale di preghiere, soprattutto tra i giovani, e ottenendo quei risultati storici che tutti conoscono: la caduta del Comunismo nei Paesi dell’Est, il ritorno della Libertà religiosa in quelle nazioni e, forse, ha anche contribuito ad evitare un tremendo conflitto nucleare che, secondo gli storici, era ormai all’orizzonte. Il rapporto tra Fatima e Giovanni Paolo Giovanni è, secondo me, grandissimo e ancora tutto da scoprire.
Nel suo libro lei sostiene che, nonostante Karol Wojtyla fosse ancora poco conosciuto, Padre Pio avesse già capito che sarebbe diventato un uomo molto importante. Lei che è un grande conoscitore della vicenda di Padre Pio, ci spiega che cosa intendeva il Santo di Pietrelcina?
Allegri: Nelle biografie dei santi si trova spesso che hanno “canali” di comunicazione forti e precisi, che sfuggono al controllo della razionalità. Questo fenomeno si è verificato anche tra Padre Pio e Karol Wojtyla e ci sono due episodi ben precisi, legati tra loro, che lo dimostrano. Nel 1948, il giovane sacerdote Karol Wojtyla, studente a Roma, aveva sentito parlare di Padre Pio e volle conoscerlo. Si recò a San Giovanni Rotondo nelle vacanze di Pasqua, e vi rimase una settimana. Che cosa si siano detti, lui e Padre Pio, non si è mai saputo. Sembra che il Santo di Pietrelcina lo avesse “visto” vestito da Papa e con macchie di sangue sulla veste bianca. Di questa specie di profezia, diffusa subito dopo l’elezione di Wojtyla a Pontefice, non si è mai avuto alcuna conferma. Resta tuttavia inoppugnabile il fatto che quell’incontro segnò profondamente Wojtyla suscitando in lui una venerazione grandissima per Padre Pio che non venne mai scalfita.
Nel 1962, Wojtyla tornò in Italia come Vescovo per partecipare al Concilio Vaticano II. A Roma fu raggiungo da una drammatica notizia: una sua collaboratrice, Wanda Poltawska, medico e psichiatra, era in fin di vita per un tumore. I medici avevano deciso di tentare un intervento chirurgico, ma le speranze di salvarla erano inesistenti. Wojtyla prese carta e penna e scrisse immediatamente una lettera a Padre Pio chiedendo preghiere per la dottoressa Poltawska. Padre Pio in quegli anni era sotto gravissime accuse. Il Sant’Uffizio aveva emanato severe restrizioni disciplinari nei suoi confronti, proibendo a sacerdoti e religiosi di avere contatti con lui. Wojtyla era certamente informato di questa situazione, ma non ne tenne conto perché, per motivi a noi sconosciuti, aveva una “conoscenza” del Padre al di sopra di ogni possibile insinuazione. Fece pervenire la lettera a Padre Pio con urgenza, e a mano, tramite Angelo Battisti che era un dipendente della Segreteria di Stato e collaboratore di Padre Pio. Battisti mi ha raccontato, consegnandomi copia di quella lettera, che Padre Pio volle che gli leggesse lo scritto e, al termine, dopo qualche attimo di silenzio, disse: “Angiolino, a questo non si può dire di no”.
Sapendo che ogni parola del Padre aveva un misterioso e concreto riscontro nella realtà, Battisti rimase stupito di quella frase. “Chi è mai questo Wojtyla?”, si domandava. Chiese informazioni, ma in Vaticano nessuno lo conosceva, tranne i polacchi per i quali era solo un giovane Vescovo. Undici giorni dopo, Battisti fu incaricato di portare una nuova lettera di Wojtyla a Padre Pio. E in questa lettera il Vescovo polacco ringraziava il Padre perché la dottoressa Poltawska era “improvvisamente guarita prima di entrare in sala operatoria”. Questi sono i fatti certi che conosciamo e dimostrano che Padre Pio, come in molte altre occasioni, aveva “intuito” i disegni di Dio su Wojtyla con una sconcertante precisione.
In che modo la terza parte del segreto di Fatima, entra nella storia di Giovanni Paolo II?
Allegri: In modo misterioso, come sempre per gli eventi dello Spirito. Teoricamente, Giovanni Paolo II ha fatto parte di quel “Segreto” fin dall’inizio della sua vita. La missione gli era stata affidata addirittura prima della sua nascita e la storia della sua esistenza si è liberamente sviluppata in sintonia con i disegni della Provvidenza. Ma, in pratica, forse prese coscienza di quella sua missione solo dopo l’attentato del 1981. Non abbiamo prove scientifiche, documenti espliciti che dimostrino il legame Wojtyla-Segreto di Fatima. Solo la convinzione del Papa stesso che, dopo l’attentato del 1981, riflettendo su ciò che gli era accaduto e leggendo il testo di Suor Lucia sulla Terza parte del famoso Segreto, si è riconosciuto in quel racconto.
Suor Lucia aveva scritto che, nel corso dell’apparizione del 13 luglio 1917, lei, Francesco e Giacinta avevano visto un Vescovo vestito di bianco che, mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, attraversa, insieme ad altri Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, una grande città in rovina pregando per le anime dei cadaveri che incontra nel suo cammino e sale verso una montagna ripida con in cima una grande croce ai piedi della quale viene ucciso. Wojtyla, alla luce di ciò che gli era accaduto, si convinse che la visione aveva i caratteri di una autentica “profezia”. E, con il passar del tempo, la sua convinzione andò fortificandosi fino a diventare “certezza”.
E’ lecito supporre che egli abbia avuto, da Suor Lucia, altre informazioni e chiarimenti che non conosciamo. Nel 2000, 19 anni dopo l’attentato, Giovanni Paolo II era così sicuro della sua convinzione che volle farla conoscere al mondo intero. Cosa che avvenne a Fatima, al termine della cerimonia di beatificazione di Francesco e Giacinta, attraverso un discorso del Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato del Vaticano, tenuto davanti a oltre un milione di pellegrini e a innumerevoli altri milioni di fedeli collegati in mondovisione. E anche la volontà di Wojtyla di rendere pubblica la sua convinzione è un argomento pieno di importanti significati.
Quand’è che Giovanni Paolo II capisce di essere il Papa di Fatima, e quali sono le azioni da lui compiute dopo questa presa di coscienza?
Allegri: Come ho già detto, si ritiene che Papa Wojtyla abbia preso coscienza del proprio ruolo nei confronti di Fatima dopo l’attentato, riflettendo su ciò che gli era accaduto, sulle coincidenze dell’attentato con le apparizioni di Fatima e leggendo il testo del Segreto. La sua devozione mariana è sempre stata grandissima, fin dalla prima giovinezza. Nella pratica devozionale, egli aveva privilegiato i santuari mariani polacchi, perché facevano parte della sua tradizione religiosa e anche perché non poteva uscire dalla Polonia. Ma conosceva bene la storia di Fatima, e quella parte del Segreto già rivelata da Suor Lucia, dove si parla delle vicende legate alla Russia, al Comunismo, alla persecuzione dei credenti.
L’attentato lo costrinse a “focalizzare” l’attenzione sul proprio ruolo in rapporto a Fatima. Rimase molto colpito dalla coincidenza della data dell’attentato, 13 maggio alle ore 17.17, con quella dell’inizio delle apparizioni a Fatima, 13 maggio 1917. Si fece portare in ospedale il fascicolo che riguardava il famoso Segreto e lo lesse scoprendo, nella parte che allora era ancora inedita, dettagli profetici legati alla sua persona che lo impressionarono molto tanto da parlarne per ben tre volte nel testamento. E subito cominciò a impegnarsi con ardore a realizzare lo spirito di Fatima. Il suo pensiero si fermò soprattutto sulla richiesta della Madonna riguardante la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato. E, nonostante infinite difficoltà, la realizzò.
Nel libro lei sostiene che esiste un legame diretto tra la richiesta della Vergine Maria di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato e il crollo del muro di Berlino. Ci spiega il perché?
Allegri: Il legame è suggerito dai fatti e dalle date. Nel 1917, La Madonna aveva detto che se le cose non andavano bene, sarebbe venuta a chiedere la Consacrazione della Russia. Nel 1929, in un’apparizione a Suor Lucia, fece la richiesta, precisando che la Consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato doveva essere compiuta “dalla Chiesa”, cioè dal Papa in unione con tutti i Vescovi. Ma prima che la richiesta della Vergine arrivasse al Papa passarono 14 anni. Pio XII, personalmente la prese in considerazione, e per due volte formulò la consacrazione, nominando anche la Russia. Ma era un’iniziativa sua privata e non fatta in unione con tutti Vescovi.
Coinvolgere tutta la Chiesa in questa consacrazione, nominando specificatamente una Nazione, la Russia, comportava enormi difficoltà ideologiche e politiche, che molti Vescovi non intendevano avallare. Infatti, né Pio XII, né Giovanni XXIII e neppure Paolo VI erano riusciti a realizzare quella consacrazione come era stata richiesta dalla Madonna. Giovanni Paolo II affrontò anche questo ostacolo. Però, anche lui fu costretto a ricorrere a stratagemmi complicati e contorti per fare riferimento alla Russia. Inviò una lettera a tutti i Vescovi della Chiesa, invitandoli a unirsi a lui per la solenne consacrazione del mondo che avrebbe fatto il 25 marzo 1984. Nella lettera non nominò la Russia, ma accluse la formula di consacrazione che avrebbe letto, la quale si richiamava a quella pronunciata da Pio XII nel 1952, che nominava esplicitamente la Russia. I Vescovi, leggendo la lettera e la formula di consacrazione, avrebbero capito che era una consacrazione rispondente a quella chiesta dalla Madonna a Suor Lucia, quindi comprendente in particolare la Russia.
La cerimonia venne eseguita. E, come per incanto, nel giro di appena sei anni, ci fu un drastico cambiamento nel mondo, con la fine della Guerra Fredda, il crollo dei vari regimi comunisti, la caduta del muro di Berlino, lo scioglimento dell’impero sovietico e il ritorno della libertà religiosa in Russia, e in tutti gli altri Paesi dell’ex impero comunista. E tutto si realizzò senza spargimento di sangue. Non solo, ma, con piccoli dettagli, o segni, molto curiosi ed enigmatici. Osservando le date dei più importanti eventi di questo enorme cambiamento, si constata che si sono verificati in occasione di importanti solennità religiose cattoliche. Per esempio, l’Unione Sovietica cessò di esistere quando i Presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia, al termine di una riunione, ne annunciarono formalmente la dissoluzione: e questo avvenne 1’8 dicembre 1991. L’8 dicembre è la Festa dell’Immacolata Concezione e viene spontaneo il richiamo alla consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria. Il segno definitivo che indicava la fine e la sconfitta del comunismo sovietico si ebbe il giorno in cui fu ammainata la bandiera rossa che per molti decenni aveva sventolato sul Cremlino, e al suo posto venne issata la bandiera nazionale russa. E questo si verificò il 25 dicembre 1991, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra in tutto il mondo una delle sue feste religiose più importanti, il Natale di Gesù. Coincidenze? Certo, probabilmente furono solo coincidenze. Ma potrebbero essere stati anche dei segni.
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