Vescovi fifoni: Molfetta

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 Un altro successore degli Apostoli, promosso alla Diocesi di Molfetta da Papa Francesco, si prostra alle ideologie dominanti.

I farisei di Molfetta e lo tsunami catto-gay

di Riccardo Cascioli, per la Bussola Quotisna del 02-10-2016

 

«Evitare il confronto è da vili», ha detto monsignor Domenico Cornacchia, vescovo di Molfetta, introducendo il 30 settembre il dibattito che ha dato inizio al corso di formazione per insegnanti ed educatori sulla “Educazione di genere”, organizzato dalla diocesi di Molfetta e dalla locale Azione Cattolica. Oddio, chiamarlo dibattito sembra azzardato, visto che i sei che sedevano dietro al tavolo degli oratori raccontavano in modi diversi la stessa storia: che l’omosessualità, cioè, è una variante della natura, che l’educazione di genere è compito fondamentale della scuola, che compito dell’educatore è accompagnare ogni persona nel crearsi una identità sessuale forte, qualsiasi essa sia. 

Ma i lettori più attenti si saranno accorti di una stranezza: la presenza all’incontro di quel vescovo che, prima annunciato sui manifesti, alla Nuova BQ aveva poi fatto dire dal suo segretario che non sarebbe andato (clicca qui). Sconcertati dal manifesto e dalla presentazione del corso di formazione (clicca qui), volevamo semplicemente chiedere al vescovo il perché di questa scelta così in contrasto con certe affermazioni di papa Francesco sul tema dell’educazione di genere (e ieri in Georgia ne ha dato un’altra dimostrazione) e se era consapevole che tutti i relatori sono noti per le loro posizioni chiaramente pro-gender.

Il buon segretario del vescovo, don Luigi Amendolagine, ci ha detto che lui e il vescovo non ne sapevano nulla, che altri erano gli organizzatori, che il vescovo comunque aveva altri impegni e non sarebbe andato, che poi – figurarsi – «sappiamo bene cosa insegna la Chiesa e quindi ci saranno sicuramente voci che esprimeranno questa posizione» (e nel caso don Luigi pensasse di poter smentire, sappia che abbiamo la registrazione delle due telefonate). 

Ma era solo un modo per evitare il confronto. Non solo il vescovo ci è andato ma la registrazione dell’incontro (clicca qui per il video) dimostra chiaramente che monsignor Cornacchia sapeva benissimo chi erano i relatori e cosa avrebbero detto (diocesi ed “esperti” ci lavoravano da mesi), cose su cui ha dimostrato di concordare in pieno, rifugiandosi dietro al solito «Chi sono io per giudicare?». È d’accordo sul fatto che «ci siano varianti nella stessa natura»; ha detto che viviamo tutti «un problema evolutivo» (qualsiasi cosa significhi), davanti al quale non è lecito «tapparsi le orecchie come per tanto tempo anche la Chiesa ha fatto»); con notevole sprezzo del pericolo ha sostenuto che «noi ci inchiniamo di fronte a chi fa una determinata scelta», e non parliamo delle frasi sconnesse con cui ha definito l’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”. E davanti a una domanda precisa ha fatto sfoggio di una invidiabile cultura internazionale affermando che «qui stiamo parlando di genere e non di gender»: qualcuno dal pubblico gli ha urlato che sono la stessa cosa essendo il primo termine la traduzione italiana del secondo (in inglese), ma non ha raccolto. 

Per certi versi il caso di Molfetta è clamoroso, ma sarebbe un errore pensare che sia isolato. Al contrario è dentro una tendenza ormai più che conclamata, visto che da tempo anche Avvenire e Tv2000, gli organi di informazione ufficiali della Chiesa italiana, sembrano diventati organi di promozione dell’omosessualità (clicca qui e qui). È ancora Avvenire che ha sdoganato già da tempo l’ideologia di genere introducendo una differenza tra un gender buono e un gender cattivo, un po’ come per il colesterolo (clicca qui). Proprio due giorni fa il quotidiano Repubblica ha pubblicato un lungo articolo in cui dà conto della lunga marcia delle associazioni cristiane Lgbt sempre più integrate nella pastorale delle diocesi. E il Rapporto 2016 sui cristiani Lgbt in Italia ne offre un dettagliato resoconto (clicca qui)

Per questo, pur di fronte a un’iniziativa oggettivamente scandalosa (nel senso letterale del termine) e grave come quella di Molfetta, non ci aspettiamo chissà quali interventi superiori. Anzi, è più probabile che ci toccherà ascoltare messaggi di sostegno a un confratello vilmente e ingiustamente attaccato dai soliti “dottrinari” che invece di chinarsi sulle ferite degli uomini, pensano soltanto alla Legge. 

E non basteranno neanche le parole chiare del Papa di ieri a proposito di gender e di guerra mondiale contro il matrimonio. Perché il tutto passa da sottili distinzioni che permettono di tenere insieme il Magistero con il suo sovvertimento: si prende le distanze da una ideologia del genere, che forse neanche esiste (si dice), ma si valorizza l’accompagnamento alla costruzione dell’identità sessuale; si condanna a parole l’indottrinamento nelle scuole ma poi si costruiscono percorsi nelle diocesi e nelle parrocchie – per «capire», per «dialogare» – che fanno la stessa cosa; si fa finta che il gender sia una cosa e l’omosessualità un’altra; si spaccia per aiuto alle persone ciò che è invece pura e semplice promozione di uno stile di vita; si difende il matrimonio ma poi si promuovono le unioni omosessuali «basta che non siano equiparate alla famiglia». Tanto per capire che in confronto ai personaggi che guidano l’opinione nella Chiesa oggi, i capi dei farisei al tempo di Gesù erano dilettanti.

Per questo la condanna dell’ideologia del gender non è più sufficiente, si deve affermare con chiarezza che questa ideologia e la promozione dell’omosessualità, la pretesa che essa sia una semplice «variante della natura», sono un tutt’uno. Si deve dire in modo inequivocabile che accogliere le persone e accompagnarle è cosa ben diversa dall’accettare stili di vita incompatibili non con la dottrina ma con il bene delle persone stesse. Così come si bastona quanti usano la dottrina come pietre da scagliare contro le persone, si deve denunciare con forza quanti stravolgono e usano il Magistero della Chiesa per affermare dottrine personali o, peggio, per sistemare le proprie situazioni affettive.

Senza un intervento chiaro in questo senso, non c’è dubbio che l’attuale ondata catto-gay diventerà uno tsunami. 

Il corso gender lo offrono Diocesi e Azione Cattolica

di Luca Paci per la Bussola del 28/09/2016

Corsi di formazione all’educazione di genere rivolti a insegnanti di ogni ordine e grado per sensibilizzare gli studenti alla lotta alle discriminazioni, all’omofobia e agli stereotipi. Non è l’iniziativa di qualche zelante direzione didattica territoriale che anticipa le linee guida del Ministero dell’Istruzione in uscita ad ottobre, ma il progetto condotto dall’Azione Cattolica pugliese e dall’Ufficio per la Pastorale della Famiglia della Diocesi di Molfetta – Ruvo di Puglia – Giovinazzo – Terlizzi in collaborazione con l’Ufficio per la Pastorale Scolastica.

L’evento è stato segnalato alla Nuova BQ da Generazione famiglia, una delle associazioni protagoniste del Familiy Day che ha seguito la vicenda denunciando più volte tutti i rischi connessi ad una proposta di questo tipo.

Concretamente il corso dal titoloL’Educazione di genere come contributo alla costruzione dell’Identità’ si articolerà come segue: venerdì prossimo ci sarà un incontro pubblico di presentazione. Poi, seguiranno 5 incontri (nel secondo e nel terzo ci saranno una serie di laboratori) della durata di tre ore l’uno, tenuti da diversi professionisti, alcuni dei quali molto noti nell’ambito degli studi di genere e già convolti in eventi e progetti sostenuti dall’attivismo del mondo lgbt.

Basta dare un’occhiata alla locandina dell’evento di presentazione per farsi un’idea dell’impostazione ideologica che sottenderà il percorso di formazione offerto a 120 professori. Anzitutto salta agli occhi la foto al centro del manifesto (tratta dalla mostra Caleidoscopio di Missoni a Gorizia ndr) che ritrae manichini arcobaleno senza volto, dalle sembianze disarticolate e dai tratti indefiniti, con arti e protuberanze che escono dalla testa e altre parti del corpo. In altre parole una massa informe che può essere modellata a piacimento.  

La sfortunata scelta stilistica colpisce meno però dei nomi che appaiono nel parterre dei relatori. Se si esclude il vescovo di Molfetta, mons. Domenico Cornacchia (che però nella serata di ieri con la Nuova BQ ha annunciato che non ci sarà ndr) e il dirigente scolastico provinciale, Vincenzo Melilli; è possibile ascrivere gli altri oratori nell’alveo delle correnti ideologiche che hanno una visione dell’antropologia umana e della famiglia agli antipodi rispetto a quella promossa dalla Dottrina sociale della Chiesa. Esperti di segno opposto per dare vita ad un contradditorio equilibrato non sono infatti al momento segnalati.

La giornata di apertura di venerdì prossimo vedrà seduti al fianco al presule Rosangela (detta Rosy) Paparella, Garante Regionale Diritti dei Minori della Puglia e Vanda Vitone, vicepresidente dell’Ordine degli psicologi della Puglia. Per quanto riguarda la prima non sono un mistero il suo impegno in favore dei diritti lgbt e le sue posizioni sull’omogenitorialità: la Paparella ha infatti partecipato come relatrice al ‘Bari Pride Week’ e al ‘Festival delle donne e dei saperi di genere’.

Altrettanto note sono le argomentazioni psico-pedagogiche della Vitone: nel giorno dell’adesione della Puglia alla rete Ready l’ordine degli psicologi della regione pubblicò una nota in cui si affermava che “il sesso è determinato alla nascita, il genere è invece un costrutto socio-culturale che varia a seconda dell’epoca e della cultura in cui viviamo e delle regole sociali. L’identità di genere è la percezione che l’individuo ha di sé come uomo o donna; a volte non coincide con il sesso”.

In un video che è possibile rintracciare su Youtube la Vitone arriva perfino ad affermare che essere cresciti da una coppia di genitori omosessuali non ha alcuna differenza con l’essere figli di una mamma e di un papa. La psicologa sostiene che eventuali criticità sono dovute solo al contesto e all’ambiente di vita, “ovvero ai pregiudizi o a un’omofobia interiorizzata”. Insomma stiamo parlando di tesi assolutamente relativiste, che annullano il dato biologico e ogni diritto del bambino ad avere un padre e da una madre. Ragionamenti che forniscono pericolose giustificazioni ad aberranti pratiche come l’utero in affitto, recentemente condannate anche dal Consiglio d’Europa.

Nelle tavole rotonde che accompagneranno i cinque incontri formativi si legge anche il nome di Rita Torti, formatrice nel campo degli studi di genere e autrice del libro ‘Mamma perché Dio è maschio?’, testo in cui dice che essere maschi e femmine dipende più dai ruoli che ci sono stati assegnati fin dalla nascita che dalle differenze biologiche.

D’altra parte gli scopi del corso sono ben evidenziati in un recente articolo del giornalino diocesano ‘Luce e vita’, in cui si spiega che “manifestazioni di piazza e minacciosi tam-tam sono solo slogan mistificatori”, con chiaro riferimenti ai Family Day, “nell’assoluta mancanza di conoscenza degli studi di genere”. Per questo motivo – riferisce l’articolo della testata diocesana – il corso farà chiarezza su temi quali l’identità di genere, i diritti delle persone omosessuali, il disagio in quanti non si riconoscono nella propria identità sessuale, la questione femminile e il “diritto al figlio”.

Insomma con la solita nobile scusa della lotta ad ogni forma di violenza, discriminazione e pregiudizio si rischia di mettere tutto nel calderone facendo emergere teorie che mostrano anche la famiglia naturale e la procreazione che necessita di due persone di sesso opposto come stereotipi e vincoli culturali da abbattere per arrivare alla piena uguaglianza.

Visti i presupposti sarà quindi necessario che il vescovo faccia subito chiarezza circa le tematiche che saranno trattate e i contenuti che saranno veicolati in questo corso di formazione. Papa Francesco, che ha fondato tutto il suo magistero sulla misericordia divina e l’accoglienza delle “famiglie ferite”, sul gender non ha mai lasciato alcuno spiraglio a fraintendimenti e aperture di ogni sorta: è una nuova forma di “colonizzazione ideologica” ha sempre affermato il Pontefice in numerose occasioni sia pubbliche che private. Il monito contro le ideologie tese a destrutturare l’identità sessuata dei bambini e la stessa antropologia umana è stato ribadito da Francesco appena due mesi fa a Cracovia, nell’incontro in cattedrale del 27 luglio con i vescovi polacchi.

Non esiste quindi un educazione di genere buona e una cattiva, una radicale e una moderata, come potrebbe lasciare intendere il titolo dell’evento (‘L’Educazione di genere come contributo alla costruzione dell’Identità’).

Insomma anche nella Chiesa di Francesco immaginata come “un grande ospedale da campo dopo una battaglia” non c’è spazio alcuno per chi vuole promuove teorie tese alle rieducazione dei bambini con metodi che lo stesso Papa ha definito da “Gioventù Hitleriana” durante la conferenza stampa di ritorno al viaggio nelle Filippine nel gennaio 2015.

A giudicare dal tenore dell’evento organizzato dalla Chiesa pugliese viene da chiedersi se il vescovo di Molfetta non sia effettivamente consapevole dell’identità professionale dei relatori e della loro chiara impostazione ideologica. “Siamo abituati a fronteggiare la colonizzazione ideologica del gender ma che sia sponsorizzata anche da alcuni ambienti della Chiesa questo ci riempie di amarezza”, commenta il portavoce di Generazione Famiglia, Filippo Savarese, che assicura la presenza di delegati del movimento alla giornata di venerdì e il monitoraggio costante dell’iniziativa per i prossimi appuntamenti.