Storia della Chiesa

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\"\"Alessandro Massobrio, Storia della Chiesa, Newton Compton 2005, ISBN: 8854103985 ISBN 13: 9788854103986, € 6.00

 
Disponibile solo su: http://www.theseuslibri.it/

 
 
Capitolo XIII. La Chiesa innanzi alle dottrine politiche dell\’Ottocento: liberalismo e socialismo. Il Concilio Vaticano I (pp. 141-150)
 
Profilo storico-geografico
 
 Léon Daudet (1) amava dare dello stupido al XIX secolo. In effetti, a questa età delle macchine e delle rivoluzioni, s\’adatta forse meglio la definizione di brutto. Non aveva tutti i torti il vecchio Talleyrand, che durante il regno di Luigi XVIII (1755­1824), rimpiangendo il frivolo tempo del rococò, diceva che «non sapevano cosa significasse gioia di vivere coloro che non avevano vissuto cent\’anni prima».
 Certamente, la joie de vivre, il gusto estetico della vita, scompaiono in questa età in cui la rivoluzione industriale porta a completo sviluppo le proprie premesse. Fanno ingresso nella storia le grandi masse, le forze del capitale e del lavoro. La classe borghese che aveva rovesciato l\’Ancien Régime, sviluppa una propria ideologia. Si chiama liberalismo ed è la figlia timida della Rivoluzione.
 Alle sue spalle, o meglio sotto di lei, le forze oscure del proletariato elaborano una coscienza di classe. Il socialismo utopistico dei Saint-Simon, dei Fourier, degli Owen (2) è ancora tutto permeato di aspirazioni evangeliche. Ma presto Carl Marx (1818-1883), identificando nel proletariato la classe destinata alla vittoria, avrebbe posto nelle mani di quest’ultimo una formidabile arma ideologica.
 Il \’48, l\’anno delle rivoluzioni, vide il trionfo di quelle forze che la borghesia stessa aveva scatenato. Gli Austriaci, in Lombardia, si ritirano nelle fortezze del Quadrilatero; in Francia è rovesciato il regime di Luigi Filippo (3), Metternich (4) è costretto ad abbandonare Vienna.
 Dal 1848 in poi le forze borghesi si pongono su posizioni conservatrici. S\’alleano ai monarchi, fanno fronte unico con le aristocrazie. Ma lo spauracchio della rivoluzione, sempre agitato, come un drappo rosso innanzi agli occhi dei moderati, si concretizza nel \’71 con la Comune di Parigi. E tocca ai prussiani "ristabilire l\’ordine" nella capitale francese.
 L\’esposizione di Londra del 1851 battezza frattanto una nuova età: quella del colonialismo. Il grande capitale, ormai inseparabile alleato dei governi, abbisogna di nuovi mercati, nuove riserve di materie prime, mano d\’opera a basso costo. Accanto ad Inghilterra e Francia, nazioni tradizionalmente votate alle imprese d\’oltre mare, si affacciano alla ribalta anche Stati giovani che da poco hanno raggiunto l\’unità territoriale: Italia e Germania.
 Per quanto riguarda la cultura, l\’Ottocento nasce romantico e muore decadente. Al Romanticismo, che domina in Europa sino alla rivoluzione del \’48, succede un\’età più rigorosa che, al posto della tradizione e della storia, adora la scienza. Ma i cannoni prussiani, che nel 1871 bombardano Parigi, pongono fine all\’illusione secondo la quale la filosofia positiva possieda essa sola le chiavi dell\’universo.
 L\’intellettuale dell\’ultimo scorcio di secolo (sino alla prima guerra mondiale circa) è un esule, uno sbandato, alla ricerca delle proprie radici.

 Perduta la fede nella scienza, egli è incerto se affidarsi a Dio o alla disperazione. Le filosofie fanno nuovamente appello all\’irrazionale, al vitalistico; la letteratura scopre il simbolo; la politica, infine, conia un nuovo termine, carico di infausti presagi: il nazionalismo.

Le vicende della Chiesa nel mondo
 
 I pontefici della Restaurazione: dal già citato Pio VII a Leone XII (1823-1829), da Pio VIII (1829-1830) sino a Gregorio XVI (1831-1846) si trovarono a governare uno Stato economicamente e socialmente assai poco omogeneo.
 Se le Romagne e l\’Emilia conoscevano un certo sviluppo industriale, non così poteva dirsi di Lazio, Umbria e Marche ove l\’esistenza si basava su di una modestissima economia pastorale. Inoltre nella campagna romana, ove le condizioni di vita erano ancora semifeudali, brigantaggio e malaria aggravavano la situazione.
 L\’intelligente cardinal Consalvi (1757-1824) che aveva, al Congresso di Vienna, lavorato per restituire alla Chiesa l\’antico prestigio, s\’era adoperato, in ambito politico, per introdurre, in accordo con lo spirito dei tempi, qualche indispensabile riforma.
 Si sanciva, ad esempio, la scomparsa delle giurisdizioni baronali e si introduceva l\’elemento laico nell\’amministrazione dello Stato. Tuttavia tali iniziative trovavano una quasi insormontabile opposizione nei cosiddetti «cardinali zelanti» e nelle sette segrete di ispirazione cattolica. Tutte, incondizionatamente fedeli alla politica di Metternich.
 Il primo Ottocento fu, comunque, per la Chiesa età di concordati.
 Ne furono stipulati con Spagna, Napoli, Francia, Russia, Baviera. La bolla De salute animarum (1821) creava in Germania in clima più respirabile per i cattolici che, soprattutto intorno all’Università di Tubinga, davano vita ad una serie di associazioni a carattere religioso-caritativo. Il nuovo secolo si rifletteva sulle dottrine, ove rivoluzione e controrivoluzione erano destinate a scontrarsi anche sul terreno più propriamente religioso. Ne fa fede, in primo luogo, il tradizionalismo. Nato in Francia o per meglio dire, tra le file degli émigrés, di coloro cioè che durante il Terrore, avevano dovuto rifugiarsi all\’estero, tale movimento tendeva a sminuire drasticamente quella "ragione" che veniva ritenuta all\’origine di tutti gli errori dell\’Illuminismo.
 Così si negava al singolo la possibilità di giungere razionalmente alla conoscenza di Dio, demandando tale conoscenza al consenso unanime dell\’umanità. Era un modo assai sospetto di difendere il cattolicesimo che, anzi, delle facoltà intellettuali se usate con discernimento, aveva sempre fatto uno dei propri presupposti.
 Tuttavia il fascino dei grandi scrittori che del tradizionalismo si fecero paladini – basti pensare a François Auguste René de Chateaubriand (1768-1848), a Louis Gabriel Ambroise de Bonald (1754-1840), a Joseph de Maistre (1754-1821) – servì soprattutto ad accreditare, in ambito politico la dottrina di "trono e altare". Alleanza cioè di potere religioso e politico in difesa d’un ordine che, solo in apparenza, si poteva scambiare per medievale ma, in realtà, era una ripresa dell\’assolutismo dell\’Ancien Régime.
 Da tale concezione, che in fondo era la giustificazione ideologica della Santa Alleanza, (5) si dissociò, in Francia, un gruppo di scrittori (Montalembert, Lacordaire, La Mennais) (6) che si radunarono intorno al giornale «L\’Avenir». Loro scopo era la sintesi d\’un binomio sino allora irriducibile: cattolicesimo e liberalismo. Si rivendicava anche per il credente la libertà di coscienza, di stampa, d\’opinione, elementi che ad una Chiesa, ancora fortemente legata alla tradizione tridentina, sapevano assai di protestantesimo. Ed infatti con l\’enciclica Mirari vos (1832) Gregorio XVI condannava «L\’Avenir», determinando il riassorbimento dei dissidenti che, a parte La Mennais, fondavano un partito cattolico francese d\’impronta più moderata.
 Con l\’elezione al soglio papale del cardinale Mastai Ferretti con il nome di Pio IX (1846-1878), lo spirito liberale esultò in tutta Italia. Dal prelato, noto per il suo forte sentimento d\’italianità, si speravano riforme decisive ed in effetti gli esordi del suo pontificato furono, in questo senso, assai promettenti.
 Pio IX dette allo Stato una nuova costituzione, con discreta partecipazione dell\’elemento popolare. Ma allorché il ministro Pellegrino Rossi (1787-1848) veniva assassinato a Roma da elementi radicali (novembre 1848), il papa, che per essersi rifiutato di dichiarare guerra all\’Austria, in quanto potenza cattolica, era ormai divenuto il nemico pubblico dei mazziniani, fu costretto a rifugiarsi a Gaeta. A Roma veniva proclamata la repubblica, che cadeva sotto l\’urto delle truppe francesi (1849).
 Nel decennio che seguì, il Piemonte, che s\’era posto a capo del movimento nazionale di liberazione, non cercò di nascondere l\’indirizzo decisamente anticlericale della sua politica. Nel 1850, le Leggi Siccardi abolivano, su tutto il territorio del re di Sardegna, il privilegio del foro ecclesiastico e il diritto d\’asilo. Nel 1852 veniva dichiarato valido solo il matrimonio civile. Infine, nel 1855, Cavour (7) riusciva a far approvare la legge che sopprimeva gli ordini religiosi e ne incamerava i beni.
 La Seconda Guerra d\’Indipendenza accelerò gli eventi. Nel 1859, in seguito a vari plebisciti, lo Stato Pontificio perdeva le Romagne e nel 1860 – dopo la battaglia di Castelfidardo (settembre dello stesso anno) – anche l\’Umbria e le Marche.
 Il nuovo Regno d\’Italia si dichiarò subito intenzionato a far di Roma la nuova capitale. Per due volte – 1862, 1867 – i famosi zuavi, che Napoleone III aveva assegnato alla difesa del pontefice, respinsero i tentativi garibaldini. Finalmente, approfittando dell\’impossibilità da parte francese d\’intervenire (era in corso la guerra con la Prussia) le truppe italiane fecero irruzione nella città eterna.
 Era il 20 settembre 1870. Dopo mille anni aveva fine il dominio temporale dei papi.
 Pio IX si ritirò in Vaticano. Proteste e scomuniche vennero del tutto ignorate. Il 13 maggio del 1871, era approvata la legge delle Guarentigie, con la quale lo Stato italiano s\’impegnava a versare al pontefice una rendita annua e a rispettare le sue funzioni spirituali, riconoscendogli, al tempo stesso, l\’inviolabilità e i diritti sovrani. Pio IX non accettò mai un provvedimento che, essendogli stato imposto, considerava unilaterale. Con il decreto Non expedit, egli interdiceva ai fedeli la partecipazione alle elezioni politiche (1878), determinando così una completa rottura con il nuovo Stato d\’orientamento liberal-massonico, che nei cattolici vedeva, per la propria incolumità, un nemico non minore degli stessi socialisti.
 Fu, senza dubbio, il Concilio Vaticano I (1868-1870) l\’evento di maggiore importanza del pontificato di Pio IX. Anche in questo caso, come abbiamo visto per il Tridentino, una serie di circostanze ne precedettero e, in qualche modo, ne giustificarono la convocazione. L\’8 dicembre 1854 il papa proclamava il dogma dell\’Immacolata Concezione. In tal modo veniva risolta una secolare controversia che, già dal Medioevo, aveva diviso francescani e domenicani. Si stabiliva, cioè, essere «dottrina rivelata da Dio, che Maria, nel primo istante della sua concezione, per grazia e favore singolari… in considerazione dei meriti di Gesù Cristo… è stata preservata da ogni macchia di peccato originale». Cinque anni dopo, a Lourdes, un paesino dei Pirenei, la Vergine, apparendo a Bernadette Soubirous (1844­1879), affermava di se stessa: «Je suis l\’Immacoulé Conception».
 Nel mondo cattolico la proclamazione dogmatica suscitava notevole scalpore. Non tanto per l\’oggetto (antichissima era la fede della Chiesa nell\’immacolato concepimento di Maria), quanto per il modo con cui tale proclamazione era stata effettuata. Il papa, cioè, ex cathedra, senza l\’intervento del concilio, aveva stabilito una verità di fede. Il che equivaleva a presupporre un altro dogma, quello dell\’infallibilità del papa stesso.
 Dieci anni più tardi, infine – l\’8 dicembre 1864 – Pio IX, sempre più allarmato dal preoccupante indirizzo assunto dalla cultura moderna, trasmetteva ai vescovi, insieme con l\’enciclica Quanta cura, il Sillabo ovvero sommario dei principali errori dell\’età nostra. Si trattava di un compendio di 80 proposizioni incompatibili con la dottrina cristiana, tanto in ambito religioso quanto in quello morale e politico: dal liberalismo al latitudinarismo, dallo storicismo all\’irenismo (8). L\’opera, alla cui composizione avevano concorso alcuni tra gli esponenti di maggior fama dello schieramento controrivoluzionario (pare lo stesso Donoso Cortés), (9) non aveva, comunque, intenzioni dogmatiche. Si limitava ad una rassegna di affermazioni erronee per l\’orientamento del credente.
 Tuttavia l\’enorme eco che suscitò in tutta Europa (lo stesso Napoleone III ne proibì la diffusione in Francia) (10) si accompagnava al timore che, con procedimento analogo a quanto era avvenuto per l\’Immacolata Concezione di Maria, anche l\’intero contenuto del Sillabo fosse ex cathedra (cioè dal solo papa) proclamato dogma. S\’imponeva un chiarimento e tale chiarimento non poteva che venire che da un concilio ecumenico. Il 26 giugno 1868 apparve la bolla di convocazione.
 Il concilio si sarebbe aperto l\’8 dicembre 1869 a Roma. Riguardo al grave problema dell\’infallibilità papale, le forze in lotta si schierarono subito su due fronti. Le ostilità furono aperte dai gesuiti (11) che, sul battagliero periodico. «Civiltà Cattolica» con un articolo apparso i16 febbraio 1869, rivendicarono la sollecita proclamazione del dogma. Medesimo atteggiamento – ma con la violenza tipica della sua vena di polemista – fu assunto da Louis Veuillot (1813-1883), direttore del quotidiano «Univers».
 Veuillot era l\’esponente di maggior prestigio dell\’ultramontanismo un movimento che aveva ripreso e sviluppato le tesi del tradizionalisti. Alla sua scuola s\’erano formati uomini come Léon Bloy (1846-1917) ed Ernest Hello (1828-1885), che costituivano il nerbo dell\’intellighenzia cattolica francese. La dottrina dell\’infallibilità divenne il cavallo di battaglia di questo giornalista che faceva tremare il Secondo Impero. Ma una infallibilità portata alle sue estreme conseguenze, secondo la quale il pontefice sarebbe stato, sempre e in qualsiasi ambito, ispirato dallo Spirito Santo.
 Ignaz von Dollinger (1799-1890), storico della Chiesa di fama internazionale, si pose in Germania alla testa delle forze di opposizione. Noto per le sue precedenti critiche nei riguardi del Sillabo (che gli avevano creato la fama di liberale) egli con lo pseudonimo di Janus, sosteneva, in una serie di articoli sull\’«Ausburger Allgemeinen Zeitung», che la tesi dell’Infallibilità era storicamente assurda. Molti papi, secondo Dollinger, a cominciare da Onorio I (625-638) erano caduti in eresia. Perciò la proclamazione dogmatica di tale principio avrebbe avuto come risultato solo un progressivo accentramento del potere monarchico della Chiesa.
 Fu tale lo scalpore suscitato da queste polemiche che il primo ministro della cattolica Baviera, il principe Hohenlohe (12) inviava, nel 1869, un dispaccio circolare ai governi europei per una comune azione contro il concilio. Il progetto fallì per l\’astensione della Prussia, ma il papa, per evitare ulteriori dissensi, tolse la questione dall\’ordine del giorno. Appena iniziati i lavori tuttavia essa fu rimessa in discussione. Si deve proprio alle controversie che l\’avevano preceduta se tale dottrina che è diventata poi basilare nell\’ortodossia cattolica, fu così a lungo discussa e approfondita.
 Finalmente il 18 luglio 1870 si giunse alla votazione conclusiva. L\’infallibilità fu approvata con 533 voti a favore e 2 contrari. Il dogma, sintetizzato nella costituzione Pastor aeternus (1870), veniva così formulato: quando il papa definisce – in virtù della sua suprema autorità apostolica – che una dottrina nella fede o nei costumi deve essere sostenuta da tutti i fedeli, egli gode… «di quell\’infallibilità di cui il Divino Redentore ha voluto fosse provvista tutta la Chiesa».
 Subito dopo la proclamazione, il concilio veniva interrotto per l\’occupazione di Roma da parte delle truppe Italiane (sarebbe stato simbolicamente chiuso da Giovanni XXIII alla vigilia del Vaticano II).
 I seguaci di Dollinger non si diedero per vinti. A Colonia e a Monaco nacque un movimento che prese il nome di «Vecchia Chiesa Cattolica», proprio per indicare che il dogma dell\’infallibilità aveva snaturato la secolare struttura della fede. Si giunse allo scisma al quale Dollinger, a dire il vero, non aderì mai.
 Nel giugno 1873, il professore di teologia di Breslavia, Reinkens, fu eletto vescovo della nuova comunità. Presto, comunque, i "Vecchi Cattolici" si diedero a una serie di riforme dottrina li nell\’intento di cattivarsi simpatie e appoggio nel mondo protestante: venne soppressa la confessione auricolare, la pratica del digiuno, l\’indissolubilità del matrimonio e il celibato ecclesiastico (1878). Iniziative che incontrarono, comunque, scarso successo.
 La setta scismatica aveva, ad ogni modo, le ore contate, anche se Bismark con ogni mezzo si sforzava di rivitalizzarla. La Kulturkampf, (13) promossa dal cancelliere prussiano, aveva infatti il preciso scopo di piegare la Chiesa al volere dello Stato. Come era avvenuto per il protestantesimo, anche il cattolicesimo si sarebbe dovuto rassegnare alla logica assolutistica del II Reich, (14) pena la soppressione in territorio tedesco.
 I Vecchi Cattolici erano, dunque, utili alleati per destabilizzare dall\’interno la fede romana. Con le leggi del maggio 1873 veniva limitato il potere disciplinare della Chiesa, ridotta la libertà di predicazione, esercitato un controllo sulle scuole confessionali. L\’anno successivo (Nuove Leggi del maggio) si concedeva alla setta dissidente il diritto di condividere l\’uso delle chiese cattoliche. Infine con la legge della Cesta del Pane si abolivano gli ordini religiosi e venivano sospesi gli obblighi finanziari dello Stato verso la Chiesa.
 Come si vede, all\’avvento di papa Pecci (Leone XIII, 1878­1903), la situazione era quanto mai tesa. Si deve al genio diplomatico del nuovo pontefice se, a poco a poco, Roma riacquistò l\’antico prestigio in campo internazionale. I rapporti con la Prussia si fecero più cordiali con la salita al trono di Guglielmo II (1859-1941), che, nel 1890, si recò addirittura in Vaticano per rendere omaggio a Leone.
 Ma fu col così detto Ralliement (15) che fu compiuto, in politica estera, un passo decisivo, volto a superare il Non expedit di Pio IX. In Francia, la salita al potere dei repubblicani (1879) aveva determinato una nuova fase della lotta contro la Chiesa. I cattolici d\’oltralpe, per la maggior parte di sentimenti monarchici e tradizionalisti, si rifiutavano di collaborare con la repubblica. L\’atteggiamento di disponibilità del pontefice verso il governo servì, perciò, da esempio circa il nuovo modo d\’intendere la partecipazione politica dei credenti.
 Anche in Italia, del resto, la situazione stava cambiando. Nel 1891 era apparsa l\’enciclica Rerum Novarum che, in ambito sociale, proponeva un superamento della lotta di classe di matrice marxista nel nome d\’un solidarismo ispirato alla tradizione medievale cristiana. L\’Opera dei Congressi, che ebbe in Giuseppe Toniolo (1842-1918) il proprio teorico, s\’impegnò a realizzare, tra proletariato urbano e bracciantato agricolo, questi stessi princìpi.
 Ma anche in campo speculativo, il pontificato di Leone XIII è degno di memoria. Con l\’enciclica Aeterni Patris (1879) il papa individuava nel pensiero tomista una filosofia capace di fornire alla Chiesa una solida struttura speculativa. Da tempo, infatti, il cattolicesimo aveva dovuto mendicare a sistemi (cartesianesimo e sensismo) che poco erano compatibili con il dogma. Nella philosophia perennis (16) di san Tommaso d\’Aquino veniva così indicata la strada sicura – anche se non unica – grazie alla quale l\’intelligenza umana può giungere sino a Dio.
 
Uomini e idee
 
 «Nel 1833 – scrive lo storico Jacques Chastenet – un piccolo gruppo di studenti dell\’Università di Oxford si era convinto della necessità di ricondurre alla sua dottrina originaria l\’anglicanesimo, quella dottrina cioè di un cattolicesimo libero dagli errori romani, ma solidamente legato alla tradizione apostolica».
 Nacque così il Movimento di Oxford che attraverso i tracta (opuscoli venduti per le strade, che affrontavano aspetti diversi del dogma), ottenne un tale successo da determinare quasi il passaggio dell\’Alta Chiesa Anglicana al cattolicesimo.
 La conversione, tuttavia, che ebbe più risonanza, fu quella di John Henry Newman (1801-1880), capo e promotore del Movimento. Dal 1848 (data della conversione) al 1879 (anno in cui Leone XIII gli conferì il berretto cardinalizio) il grande teologo si dedicò all\’approfondimento del pensiero cattolico.
 In opere fondamentali come Lo sviluppo della dottrina cristiana, egli chiarì l\’apparente contraddizione tra evoluzione storica e immutabilità della verità rivelata. Il dogma non si evolve ma si sviluppa. Non cambia la propria natura con il trascorrere del tempo, ma sempre più rivela se stesso. Quanto era implicito agli albori della Chiesa, diviene, grazie ad una riflessione secolare, esplicito ai giorni nostri. Per questo non è mai immotivata la proclamazione di un articolo di fede, corrispondendo sempre tale proclamazione ad una credenza presente, sin dalle origini, tra il popolo di Dio.
 Tutta in ambito pedagogico è da collocarsi, invece, l\’opera del maggior santo italiano dell\’Ottocento: Giovanni Bosco (1815­1888). Discepolo di Giuseppe Cafasso, (17) educato agli ideali di comprensione umana e penetrazione psicologica che erano stati propri di san Francesco di Sales (1567-1622), questo solido astigiano ispirò tutta la sua linea pedagogica al metodo da lui definito "preventivo". La cui pratica – come egli stesso scriveva – «è tutta appoggiata sopra le parole di san Paolo che dice: la carità è benigna e paziente; soffre tutto, spera tutto e sostiene qualunque disturbo». Non solo religione, dunque, ma anche ragione e amore furono gli strumenti di cui si servì per reinserire nella società tanti giovani sbandati.
 Fondatore della Pia Società san Francesco di Sales (i Salesiani) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Giovanni Bosco fu al tempo stesso, anche protagonista delle vicende politiche dell\’Italia risorgimentale. La sua azione di intermediario tra Santa Sede e Casa Savoia si ispirò sempre ad un forte sentimento di italianità mai disgiunto da una cristallina ortodossia.
 Non possono, infine, passare sotto silenzio l\’opera e la figura del maggior filosofo cattolico dell\’Ottocento, quell\’Antonio Rosmini Serbati (1797-1855) che, a lungo perseguitato all\’interno della Chiesa stessa e spesso frainteso, è oggi riscoperto non soltanto come pensatore ma anche come cristiano (è in corso il processo di beatificazione).
 L\’originalità del suo pensiero, che lo ricollega a Platone e ad Agostino, fa sì che oggi si possa vedere in Rosmini il più intransigente avversario della filosofia dell\’immanenza, nata dal cogito cartesiano.
 
 
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Note
 
 1 Scrittore e giornalista francese (1868-1942), figlio del più celebre Alphonse (1840-1897).           
 2 Claude-Henry de Rouvroy conte di Saint-Simon (1760-1825); François-Marie­Charles Fourier (1797-1817) e Robert Owen (1771-1858) sono considerati i maggiori esponenti del socialismo utopistico in Francia e Inghilterra.
 3 Luigi Filippo d\’Orléans (1773-1850) salì al trono di Francia dopo la rivoluzione di Luglio (1830).
 4 Klemens Wenzel Lothar, principe di Metternich- Winneburg (1773-1859), cancelliere d\’Austria.
 5 Così si chiama il patto di alleanza stipulato tra i monarchi europei dopo il Congresso di Vienna (1814-1815).
 6 Charles Forbes conte di Montalembert (1810-1870); Jean-Baptiste-Henry Lacordaire (1802-1861); Felicité-Robert de La Mennais (1782-1854).
 7 Cavour, primo ministro del re di Sardegna.
 8 Forme di indifferentismo in ambito morale e religioso, per cui dogmi e princìpi etici variano da popolo a popolo, da secolo a secolo.
 9 Juan Donoso Cortés (1809-1853), autore del Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, è considerato il maggior pensatore controrivoluzionario dell\’Ottocento spagnolo.
 10 Carlo Luigi Napoleone Bonaparte (1808-1873), imperatore dei francesi.
 11 L\’Ordine dei Gesuiti fu ristabilito da Pio VII nel 1814.
 12 Chlodwig Hohenlohe-Schillingsfurst (1819-1901).
 13 Battaglia per la cultura.
14 Il secondo impero tedesco, dopo quello medievale.
15 Adesione o allineamento.
16 philosophia perennis: una filosofia valida per sempre.

17 S. Giuseppe Cafasso (1811-1860). Il suo primo biografo fu Giovanni Bosco.