Mario Giordano, 5 in condotta

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\"\"Mario Giordano, 5 in condotta, Mondadori 2009. Prezzo: € 18,00, Pagine: 224

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 IL DISASTRO DELLA SCUOLA DI STATO

Benvenuti nella scuola italiana, dove gli studenti sono convinti che il Tiepolo sia il fratello di Mammolo, che tra i personaggi dei Promessi sposi ci siano “tre preti: don Abbondio, don Cristoforo, don Rodrigo”. Benvenuti nella scuola che è ultima nei rapporti Ocse per la preparazione degli studenti, che in dieci anni ha promosso otto milioni di alunni con “lacune gravissime”, che porta in quinta elementare un bambino su due con problemi di lettura e manda all’università giovani convinti che l’ultimo libro della Bibbia sia “La pocalisse”.
 
È la scuola dei mille consulenti e dei mille corsi, quella dove si studiano approfonditamente il benessere, l’arte circense, il suono dei bonghi, persino il pollo al curry, la pesca alla trota e il ritmo del tamburello, ma poi spesso ci si dimentica di insegnare l’aritmetica e l’ortografia. La scuola che cade a pezzi, che si fa soffocare dalla burocrazia (due circolari da leggere in media per ogni giorno di lezione) e a volte dall’ideologia.
5 in condotta è il viaggio, con risvolti sorprendenti e inediti, dentro un disastro che non è più possibile sopportare, ma anche dentro quel “miracolo che si ripete ogni giorno”, grazie al quale la scuola “resta in piedi, nonostante tutto, contro tutto”: insegnanti che, con passione e tenacia, resistono in trincea e non hanno alcuna intenzione di arrendersi; istituti d’eccellenza e studenti brillanti, che trionfano alle olimpiadi di matematica e ai certamen di latino. Con la speranza che, di qui, possa iniziare un futuro diverso. Perché un’Italia migliore può nascere solo da una scuola migliore.

La presentazione e le recensioni di 5 in condotta, saggio di Mario Giordano edito da Mondadori.

L\’ultimo libro della Bibbia? La pocalisse. Tiepolo? Il fratello di Mammolo. Vasco de Gama? Circoncise l\’Africa. E l\’Infinito di Leopardi? Leopardare.
Benvenuti nella scuola italiana, che è ultima nei rapporti Ocse sulla preparazione degli studenti, che in dieci anni nelle superiori ha promosso nove milioni di alunni (tanti quanti la popolazione della Svezia) con lacune gravissime, che porta in quinta elementare un bambino su due con problemi di lettura e manda all\’università giovani convinti che il Perú sia un biscotto al cioccolato, magari confinante con il Togo, Pinochet un vino italiano e il prodromo una pista dove si corre la Formula Uno.
Benvenuti nella scuola dei mille consulenti e dei mille corsi, quella dove si studiano il benessere, il tiro con l\’arco, la pesca alla trota e perfino la ricetta del pollo al curry, ma poi ci si dimentica di insegnare l\’aritmetica e l\’ortografia; la scuola che non ha soldi per pagare i supplenti, ma poi assume ogni anno 36.000 consulenti (quasi il doppio degli abitanti di Sondrio); la scuola dove solo il 17 per cento di chi insegna matematica è laureato in matematica e il 25 per cento di quelli che insegnano scienze non sa che i polmoni trasferiscono ossigeno nel sangue; la scuola della maestra che lega alle sedie gli alunni troppo vivaci e della prof che si fa palpeggiare dagli studenti.
Benvenuti in questa scuola che cade a pezzi (20.000 edifici a rischio su 42.000, 240 alunni feriti ogni giorno), che si fa soffocare a volte dall\’ideologia ("I gulag? Un errore di valutazione "), a volte dalla pignoleria ("Le lezioni iniziano alle 8.37 e 30 secondi") e quasi sempre dalla burocrazia (2 circolari da leggere in media per ogni giorno di lezione); la scuola che ha il record di insegnanti, mal pagati ma intoccabili, persino quando vanno in aula per molestare le allieve.
Benvenuti nella scuola degli sperperi e degli sprechi, dove per trovare un supplente ci vogliono 574 telefonate.

Mario Giordano ci accompagna in un viaggio, dai risvolti sorprendenti e inediti, dentro un disastro che non possiamo più sopportare, ma anche dentro quel "miracolo che si ripete ogni giorno", grazie al quale la scuola "resta in piedi, nonostante tutto, contro tutto": insegnanti che, con passione e tenacia, resistono in trincea e non hanno alcuna intenzione di arrendersi; istituti d\’eccellenza e studenti brillanti, che trionfano alle olimpiadi di matematica e ai certamen di latino.
Con la speranza che, di qui, possa iniziare un futuro diverso. Perché un\’Italia migliore può nascere solo da una scuola migliore.

 

Milano. La scuola delle parole mozzate.
È uno di quei pomeriggi in cui a Milano si respira male, piazza del Duomo sembra un bagno di calore, ragazze in quasi bikini vanno e vengono dalla metropolitana, laggiù, in fondo a destra, spalle alla Madonnina, dove c’è il consolato iraniano, un gruppo di studenti fuggiti da Teheran, urla sul serio tutta la rabbia contro Ahmadinejad e il regime dei sacerdoti sciiti. È tutta gente che è scappata per poter parlare.
Un po’ più in là, in alto, al terzo piano del Mondadori Multicenter, Mario Giordano, direttore di questo giornale, dovrebbe presentare il suo ultimo saggio: 5 in condotta (editore Mondadori).
Il falò, ideale, dei libri negli ultimi anni è tornato di moda. È capitato anche a Pansa, quando ha cominciato a riscrivere la storia. C’è sempre qualcuno che si alza, urla, strepita e manda tutti a casa.

Questa volta si parla di scuola, che con la Resistenza è nella casta dei tabù intoccabili. E c’è Mariastella Gelmini, il ministro, il nemico di tutti quelli che difendono le rovine, quel che resta di una scuola scarnificata, malandata, sventrata, che perde cultura, carisma e futuro da ogni breccia. È quello che racconta Giordano nel suo 5 in condotta.
L’incontro non è ancora iniziato e già c’è qualcuno che urla. «Vergogna», «Vergogna». Sono un gruppo di maestri e professori delle scuole milanesi, i pasdaran del «nulla si tocca».
Quello che grida di più è un signore grosso, pelato, tanti muscoli, che da lontano ricorda un lottatore greco-romano, contaminato da un po’ di wrestling.
Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, anche lui lì a parlare del libro del Giordano, chiacchiera di narrativa americana e dell’autobiografia di Obama, Dreams from my father. Obama lo affascina, per questa vita da middle class bianca, con un padre nero e lontano, inesistente. Obama e la sua identità, tutta da definire, come capita a chi si muove lungo un confine. Confalonieri parla e non sembra dare troppo peso ai rumori di fondo della protesta in arrivo. È una questione di orizzonti.

Giù gli studenti iraniani cantano contro la dittatura. Su sono già passate le sei e trenta della sera e bisogna cominciare. La sala è piena.
Giordano prova a dire mezza parola e un’onda di insulti, concetti vaghi in difesa della scuola pubblica, frasi buttate a voce alta qua e là, chiasso e rumore sommergono tutto.
Giordano ci riprova e niente. Qualcuno tra il pubblico comincia a innervosirsi, dice a maestri e professori di fare silenzio. «Siamo qui per ascoltare Giordano, Confalonieri e la Gelmini, se a voi non interessa, andate a casa».
I contestatori rispondono, gli ospiti rivendicano il diritto di ascoltare. C’è un gran caos. Su una cosa sono tutti d’accordo: non si capisce nulla.
Maestri e professori non vogliono che si parli di scuola, di 5 in condotta e neppure di letteratura americana, tanto per far contenti Confalonieri. L’obiettivo principale e dichiarato è oscurare la Gelmini, farla innervosire, boicottarla, toglierle la parola. A lei a Giordano, a Confalonieri. A tutti.
«Via via, vergogna, vergogna», urla il lottatore greco-romano, di professione maestro elementare. «Fascisti». Il ministro prova a dire: «E questa voi la chiamata democrazia?». Fischi. C’è gente che si lamenta perché era lì, in libreria, per sentir parlare di libri. Una signora racconta che ha preso tre tram, ed è partita da casa alle quattro e trenta. «Perché non mi fanno sentire nulla?». Qualcuno chiede se non è il caso di chiamare la polizia. È uno strano tempo questo: c’è bisogno della polizia per difendere i libri. Brutta storia.
Giordano prova con il dialogo: «Vi abbiamo ascoltato, ora fate parlare un po’ anche noi». Niente. Questa presentazione non s’ha da fare. E così sia.
Dopo un quarto d’ora di caos si annulla tutto. Non è il caso. È la vittoria dei sabotatori. È il paradosso di un libro che parla di scuola, e di cinque in condotta, zittito da un gruppo di maestri e professori. È la censura di chi dovrebbe avere con i libri un rapporto quasi sacro.
C’è qualcosa che non torna.

In Iran ci sono libri che non si possono leggere. Sono quelli non graditi alla casta degli ayatollah. Gli studenti fuggiti da Teheran stanno ancora lì sotto con le loro parole, quelle che nessuno può sentire. È quasi un suono, un coro amaro di rabbia e nostalgia. Ahmadinejad è troppo lontano, e non vuole sentire.
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