Corriere della Sera – 7-3-2003
Presentato in Vaticano il poemetto che Giovanni Paolo II ha scritto tra agosto e dicembre dello scorso anno. Riprendendo un’antica passione che riteneva esaurita
Wojtyla si riscopre poeta. E canta «l’unione dei corpi»
di Luigi Accattoli Dall’estate scorsa il Papa sta meglio e da allora ha ripreso a scrivere poesie. L’aveva fatto per quasi quarant’anni: dal 1939 al 1978, l’anno dell’elezione. Ma Karol Wojtyla non è diventato mai completamente Giovanni Paolo II ed ecco che il poeta rispunta da dietro il Papa. Non è la prima volta che un Pontefice compone versi. Lo faceva Leone XIII, l’aveva fatto il Papa umanista Enea Silvio Piccolomini. Ma erano esercitazioni letterarie, qui invece abbiamo un Papa che mette la sua anima nei versi, al modo dei veri poeti.
Il poemetto si intitola Trittico romano . «Torrente», «Sulla soglia della Cappella Sistina», «Colle nel Paese di Moria» (sul monte Moria Abramo «sacrifica» Isacco) sono le intestazioni delle tre tavole , che riempiono una trentina di pagine.
Il Papa le ha scritte in polacco. L’originale (Editrice Santo Stanislao di Cracovia) e la traduzione italiana (Libreria editrice vaticana) sono state presentate ieri, a Cracovia e in Vaticano. In Vaticano il cardinale Joseph Ratzinger ha spiegato il contenuto del «trittico», Giovanni Reale (già curatore per Bompiani di un volume con tutti i versi di Wojtyla) ha descritto il rapporto tra pensiero e poesia che è tipico della scrittura wojtyliana, l’attore Nando Gazzolo ha letto dei brani.
Il portavoce Navarro-Valls ha riferito una battuta del Papa, di cinque anni fa, in risposta alla domanda se ancora componesse versi: «No! E’ un capitolo chiuso nella mia vita». Un capitolo «che oggi si riapre» ha detto il portavoce, precisando che il «trittico» è stato scritto tra l’agosto e il dicembre scorsi.
A proposito della «tavola» di mezzo del trittico, dedicata alla Cappella Sistina (ne riportiamo alcuni brani qui accanto), Ratzinger ha indicato come «più emozionante» il passo in cui il Papa parla della sua elezione – avvenuta appunto nella Sistina – e allude a quella del successore: «e così sarà ancora, quando se ne presenterà l’esigenza, dopo la mia morte». Come tutta la poesia wojtyliana, anche questo poemetto non è di facile comprensione. Gazzolo, che l’ha letto ai giornalisti, ha detto che si tratta di «un grande poema», ma «esporlo» è stata per lui «la prova più grande» incontrata «come attore».
Insieme ai molti riferimenti biblici, in questi versi troviamo una citazione di Orazio («Non omnis moriar»: non morirò del tutto) e una di Tibullo («Casta placent superis»: la purezza è ben accetta nel cielo): quando scrive versi, il Papa si fa aiutare dai maestri del settore.
Da cronista delle opere e dei giorni wojtyliani, il sottoscritto apprezza i brani – riportati qui accanto – su Adamo ed Eva che, nella Genesi e in Michelangelo, «erano ignudi tutti e due». E il significato di «autentici e trasparenti» che aveva quella nudità. E il «Magnificat dell’intimo umano» che i due cantano quando «divengono un corpo solo, la più stupenda unione». La suggestione poetica aiuta Papa Wojtyla a comunicare quella «teologia del corpo» che ha già abbozzato in prosa. Essa ha molti capitoli e c’è dunque da scommettere che gli detterà altri versi.
Luigi Accattoli
VERSI
Nella Sistina di Michelangelo la teologia dell’amore fisico
di KAROL WOJTYLA
Pubblichiamo alcuni brani della seconda tavola del «Trittico romano» (Libreria Editrice Vaticana) di Giovanni Paolo II, intitolata «Sulla soglia della Cappella Sistina». Il libro uscirà alla fine di marzo
Mi trovo sul limine della Sistina –
Forse tutto ciò era più facile interpretare nel linguaggio della “Genesi” –
Ma il Libro aspetta l’immagine.- E’ giusto. Aspettava
un suo Michelangelo.
Perché Colui che creava, “vedeva” – vide, che “ciò era buono”.
“Vedeva”, ed allora il Libro aspettava il frutto della “visione”.
O uomo che vedi anche tu, vieni –
Sto invocandovi “vedenti” di tutti i tempi.
Sto invocandoti, Michelangelo!
Nel Vaticano è posta una cappella, che aspetta il frutto della tua visione!
La visione aspetta l’immagine.
Da quando il Verbo si fece carne, la visione, da allora, aspetta.
Stiamo sulla soglia del Libro.
Questo è il Libro delle Origini – Genesis.
Qui, in questa cappella lo ha descritto Michelangelo,
non con le parole, ma con una ricchezza
affluente dei colori.
Entriamo, per rileggerlo,
passando dallo stupore allo stupore.
“Dio foggiò l’uomo a Sua immagine e somiglianza,
lo creò maschio e femmina –
e Dio vide, che ciò era buono assai,
l’uno e l’altra erano ignudi e non ne avevano vergogna”.
Questo è possibile?
Non chiederlo ai contemporanei, ma chiedi a Michelangelo,
(o forse anche ai presenti!?).
Chiedi alla Sistina.
Così tanto raccontano queste mura! (…)
Perché proprio di quell’unico giorno si è detto:
“Dio vide che ciò che aveva fatto era buono assai”?
Perché, allora, sembra che la storia contraddica tutto questo?
Pure il nostro ventesimo secolo! E non solo il ventesimo!
Però, nessun secolo riuscirà ad offuscare la verità
su immagine e somiglianza. (…)
Anche loro, sulla soglia degli eventi,
vedono se stessi in assoluta autenticità:
erano ignudi tutti e due…
Anche loro sono divenuti i partecipanti di questa visione
che il Creatore ha trasmesso su di loro.
Non vogliono forse rimanere tali?
Non vogliono forse riacquistare questa visione di nuovo?
Non vogliono forse, per se stessi, essere autentici e trasparenti –
come già lo sono per Lui?
Se è così, cantano l’inno del ringraziamento,
un Magnificat dell’intimo umano
ed è allora che sentono profondamente
che proprio “in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” –
Proprio in Lui!
E’ Lui che gli permette di partecipare a questa bellezza
che aveva ispirato in loro!
E’ Lui che gli schiude gli occhi.
(…)
E quando divengono “un corpo solo”
– la più stupenda unione –
dietro il suo orizzonte si schiude
la paternità e la maternità.
E proprio qui, ai piedi di questa stupenda policromia sistina,
si riuniscono i cardinali –
una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno.
Giunge proprio qui.
E Michelangelo li avvolge, tuttora, della sua visione.
“In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo…”
La policromia sistina allora propagherà la Parola del Signore:
Tu es Petrus – udì Simone, il figlio di Giona.
“A te consegnerò le chiavi del Regno”.
La stirpe, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi,
si riunisce qui, lasciandosi circondare dalla policromia sistina,
da questa visione che Michelangelo ci ha lasciato –
Era così nell’agosto e poi nell’ottobre, del memorabile
anno dei due conclavi,
e così sarà ancora, quando se ne presenterà l’esigenza
dopo la mia morte.
All’uopo, bisogna che a loro parli la visione di Michelangelo.
“Con-clave”: una compartecipata premura del lascito delle chiavi,
delle chiavi del Regno.
Ecco, si vedono tra il Principio e la Fine,
tra il Giorno della Creazione e il Giorno del Giudizio.
E’ dato all’uomo di morire una volta sola e poi il Giudizio!
Una finale trasparenza e luce.
La trasparenza degli eventi –
La trasparenza delle coscienze –
Bisogna che, in occasione del conclave, Michelangelo insegni
al popolo –
Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius .