Corriere della sera 14-2-2003
Consultabili i «fondi» riguardanti i rapporti tra Santa Sede e Germania sotto il Pontificato Pio XI
Vaticano, quattro passi nell’Archivio segreto.
Il prefetto: «In attesa non sono soltanto gli studiosi della Shoà ma anche i medievalisti»
CITTA’ DEL VATICANO – «Custodiamo documenti che coprono 85 chilometri di scaffalature e siamo solo in cinquanta a fare tutto! Questa è la ragione della nostra lentezza e non la volontà di nascondere chissà che cosa»: così si sfoga il padre Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio segreto vaticano, alla vigilia dell’apertura di quattro «fondi», riguardanti i rapporti tra Santa Sede e Germania sotto il Pontificato di Pio XI (1922-1939). L’apertura è prevista per domani.
C’è attesa tra gli studiosi della Shoà: che cosa troveranno in queste quattrocento buste , o poco meno, che ora diventano accessibili?
«Troveranno gli originali completi di testi noti indirettamente, o parzialmente. Troveranno riscontri, elementi di contesto e qualche novità di dettaglio, ma probabilmente non troveranno novità clamorose. Dico probabilmente, perché ancora nessuno le ha viste per intero, queste carte».
Perché esclude che vi siano vere novità?
«Perché qui abbiamo la documentazione dei rapporti con la Germania, siamo cioè sul piano diplomatico e dunque abbiamo a che fare con corrispondenze che hanno riscontro in altri archivi già aperti alla ricerca storica. Studiosi come Giovanni Miccoli, o Guenter Lewy, che hanno setacciato gli archivi di mezzo mondo per ricostruire le vicende della Shoà e il loro rapporto con la Chiesa cattolica, io credo che per ora neanche verranno a consultare i nostri fondi. Facilmente si suppone che l’Archivio vaticano sia il più ricco, per questi temi, ma non sempre è vero e i competenti lo sanno».
Mantiene la sua previsione fredda anche per l’apertura completa del periodo 1922-1939?
«No! Quando sarà aperto tutto il Pontificato di Papa Ratti, e cioè tra tre anni, è probabile che avremo del materiale più originale e anche i meglio informati verranno a cercare qui».
Che proporzione c’è tra quanto diviene consultabile domani e l’intera documentazione di quel periodo?
«All’incirca di uno a cento».
E come mai le cose più originali sulla questione ebraica non si troverebbero nella documentazione riguardante i rapporti con la Germania?
«Perché in questi fondi manca tutto il lavoro interno alla Santa Sede! Quando, per esempio, il Papa preparava l’enciclica Mit brennender Sorge sul nazismo, o l’altra sulla persecuzione degli ebrei che non fu pubblicata, le bozze o i carteggi interni che le riguardavano, se ci sono, non sono qui – nei quattro fondi che diventano accessibili da domani – ma nei fondi della Prima Sezione della Segreteria di Stato. Qui abbiamo solo la Seconda sezione, che è quella dei rapporti con gli Stati».
Mi può dare un’idea del materiale che viene messo a disposizione…
«Sono 233 buste della nunziatura di Monaco di Baviera (1922-1934) e 101 buste della nunziatura di Berlino (1922-1930), più le corrispondenze della Seconda Sezione della Segreteria di Stato con queste due nunziature, per un totale di 800 fascicoli, equivalenti a circa 60 buste. Ecco per esempio, la busta 91 della nunziatura di Berlino che porta il titolo: “Questioni politiche e religiose. Partito tedesco nazionale. Separazione Chiesa-Stato”».
Il titolo è invitante! Che potrebbe esservi in questa busta?
«Non lo sappiamo, perché manca ancora l’inventario analitico. E’ pronto invece l’inventario analitico della nunziatura di Monaco. Lo studioso che arrivi domani dovrà orientarsi sui titoli. Con l’inventario analitico, invece, ha l’indicazione del contenuto dei singoli documenti. Inoltre l’inventario analitico è disponibile anche in compact e la versione informatizzata permetterà di cercare per parole, o per nomi».
Da quanto tempo l’Archivio vaticano dispone di inventari informatizzati?
«Da ora! Questo è il primo che abbiamo realizzato».
Quanto ci vuole a compilare un inventario di questa mole?
«Per i tredici anni della sola nunziatura di Monaco, un archivista specializzato ha lavorato per un intero anno. E questo spiega la nostra lentezza, che tanti attribuiscono alla volontà di mantenere i segreti! Pensi che l’Archivio di Stato italiano – che non arriva alle dimensioni del nostro – ha 120 dipendenti e quello di Budapest ne ha 250».
Ho sentito che siete stati autorizzati a fare nuove assunzioni, proprio per poter realizzare – per volontà del Papa – questa apertura anticipata della documentazione riguardante la Germania…
«Eravamo 38 e ora siamo 50. Se qualcuno volesse aiutarci ad anticipare altre aperture, o a redigere inventari analitici di fondi più antichi, non avrebbe che da finanziarci! Si tratta di numerare, rilegare, timbrare e schedare milioni di documenti di ogni epoca. Non pensi che siano in attesa solo gli studiosi della Shoà, ci sono anche quelli del Medioevo che protestano! Per loro gli archivi sono aperti, ma anche lì, spesso, mancano gli inventari».
C’è chi si aspetta – da questa apertura – nuova documentazione sui rapporti tra la Chiesa e il partito cattolico tedesco, lo Zentrumspartei e c’è chi spera di conoscere meglio la preparazione del concordato del 1933, o le prime reazioni cattoliche alla persecuzione degli ebrei…
«Tutto questo ci sarà, ovviamente. Ma chi ha passato al vaglio l’archivio della Conferenza episcopale tedesca, per esempio, la sostanza di questi fatti la conosce già».
C’è qualche lacuna, nella vostra documentazione?
«Una grossa: i tanti documenti della nunziatura di Berlino per gli anni che vanno dal 1931 al 1944, che andarono distrutti sotto i bombardamenti. Si sono salvate soltanto le buste che il nunzio Orsenigo aveva con sè, nella sua residenza provvisoria fuori Berlino».
Luigi Accattoli