(CorSera) Gli Esercizi di S.Ignazio ovvero la ricerca dell’essenziale

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Nel nuovo libro l’ex arcivescovo di Milano ha raccolto due lezioni tenute a Gerusalemme sull’insegnamento del padre dei Gesuiti
Martini: un aiuto per l’anima sulle tracce di Sant’Ignazio

VIE D’USCITA

 Gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia del Gesù, uscirono a Roma nel 1548. Articolati in quattro settimane, durante le quali si è messi in condizione di «cercare la volontà di Dio e trovarla nell’ordine della propria vita per la salvezza dell’anima», restano una delle guide per eccellenza dell’educazione spirituale. Hanno una caratteristica: se gli Eser cizi non vengono realizzati nell’ambito di un solido sistema pedagogico, sono incomprensibili. In essi entra soltanto chi sta cercando una via e, per trovarla, ha rinunciato alle cose superflue del mondo. L’ultimo libro di Carlo Maria Martini, cardinale e gesuita, è appunto un corso di esercizi spirituali. O meglio, vi sono raccolti due di essi: il primo tenuto in Kosovo, presso il santuario di Letniça, ai seminaristi albanesi; il secondo a Nazareth, a un gruppo di sacerdoti milanesi. Gli incontri si svolsero tra il settembre e l’ottobre del 2003. Il titolo potrebbe sembrare macchinoso, La trasformazione di Cristo e del Cristiano alla Luce del Tabor , ma tale apparirà soltanto a coloro che cercano una religione da vivere senza fede, più o meno cervellotica. Martini spiega la scelta: «Nel mese di giugno, trovandomi a Gerusalemme, ho fatto i miei otto giorni di esercizi sul monte Tabor, al fondo della pianura di Esdrelon. È un luogo paradisiaco: lì Gesù ha pregato di notte, lì si è trasfigurato, lì sono apparsi Mosè ed Elia, lì Pietro, Giacomo e Giovanni hanno voluto costruire tre tende, lì si è reso manifesto il raccordo di Gesù con il Primo testamento e con la passione, la morte e la resurrezione».
Quando si parla del monte Tabor e del prodigio ricordato, il riferimento va a un episodio descritto nei Vangeli: davanti ai tre apostoli, Gesù – ricorda Matteo (17,2) – «fu trasfigurato… il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce». L’evento è caro soprattutto alle Chiese orientali, lo si considera un’icona del cristiano, ciò che è chiamato a divenire. Da qui il titolo e l’appello a «trasformarci in Cristo». Del resto, anche San Paolo aveva raccomandato: «Trasformatevi rinnovando la vostra mente». Pagine nate in giorni di intensa meditazione, sono un piccolo breviario per ripensare la propria vita.
Martini non dimentica Sant’Ignazio, né quanto il padre maestro raccomandava dando gli esercizi. Egli fece il terzo anno di noviziato in Carinzia, a St. André, e quindi rivive le antiche parole: «Vor allem sich ruhig vor Gott werden lassen» (così traduce lui stesso: «In primo luogo lasciati calmare, diventare tranquillo, quieto davanti a Dio»). Ed è fermando la corsa dei giorni, il moltiplicarsi degli affanni che si ritrova il tempo per lo spirito. Il lettore, anche se è lontano mille miglia da questa dimensione ed è frastornato dalle nuove meditazioni sulla «morte di Dio» (è la terza stando al computo di André Glucksmann), resterà colpito dalle possibilità racchiuse nel silenzio e nella preghiera, dal tempo che si trasforma in qualcosa in cui immergersi (non è un problema da inseguire!), da questi esercizi in cui Dio si rivela alle anime. E lo farà eternamente, così come lo ha fatto prima di Cristo.
In molti ricordano Martini cardinale a Milano, altri ne rimpiangono le lezioni. Ora, dopo essersi spogliato delle cariche e di ogni cosa (vive in povertà), dopo aver ripreso i suoi studi, ci offre forse la cosa più preziosa: un aiuto per l’anima. Con la ferrea disciplina mentale che vive in ogni discepolo di Sant’Ignazio, sta percorrendo quell’itinerario che conduce verso le cose essenziali e ultime, le uniche per cui vale la pena vivere.
Xavier Tilliette in un suo recente saggio Che cos’è cristologia filosofica (edito da Morcelliana) scrive con arguzia: «La filosofia cristiana ha tutti i torti di esistere ma esiste». Utilizziamo queste parole anche per l’anima: c’è, malauguratamente per qualcuno, ma c’è; e finché esiste, ci sarà qualcosa che si può chiamare fede. Se all’anima guardiamo come alla porta interiore dell’uomo che si apre al trascendente, allora ogni idea religiosa perde senso se non si confronta, appunto, con la fede. Perché anima e fede si abbracciano. Da sempre.


Il libro: Carlo Maria Martini, «La trasformazione di Cristo e del cristiano alla luce del Tabor», Rizzoli, pp. 208, 15


Armando Torno


Corriere della Sera 15-6-2004