L’omelia dell’Arcivescovo
S. E. Mons. Carlo Caffarra
Presidente della Conferenza Episcopale Regionale Emiliano-romagnola
del 4 ottobre 2005 in occasione della festa di S.Francesco patrono d’Italia
1. «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli». Carissimi fedeli, offrendo il divino sacrificio ci uniamo alla lode e alla benedizione che Cristo fa salire al Padre, perché ha rivelato «queste cose» a Francesco. Quali cose? Che niente conta – come ci dice l’Apostolo – se non «l’essere nuova creatura» in Cristo. Niente conta alla fine se non l’avere conosciuto Cristo, poiché non ci può essere per l’uomo «altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo».
Questo è stato l’avvenimento centrale della vita di Francesco: l’essere stato afferrato da Cristo così profondamente da porre in Lui tutto il senso della sua esistenza, comprendendo tutta la realtà da questo punto di vista. Nel suo Testamento Francesco descrive questo “capovolgimento di prospettiva” colle seguenti parole: «ciò che mi sembrava ripugnante si è mutato in me in dolcezza dell’anima e della carne». Come era accaduto prima all’apostolo Paolo: «Ma quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù» [Fil 3,7-8].
È in questa luce, il rapporto di Francesco col suo Signore, che comprendiamo il vero significato del “capovolgimento di prospettiva” più conosciuto: quello riguardante la scelta della povertà. Francesco fu veramente povero. Non cessava mai di raccomandare e chiedere ai suoi frati la povertà. Nella “Ultima volontà inviata a Santa Chiara” egli scrisse: «Io, piccolo frate Francesco, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre». Ciò che conquista Francesco non è un qualsiasi ideale o progetto di povertà; ancor meno un’utopia sociale. È la «povertà» di chi è «altissimo Signore»: è l’umiliazione di Dio nel mistero della sua Incarnazione. Afferrato e conquistato da Cristo, egli non ha più bisogno di niente. La povertà è il segno esterno di chi ha fatto una rinuncia ben più radicale, l’unica assolutamente necessaria: a se stesso per far posto a Cristo per seguirne interamente la vita. Solo chi si svuota di se stesso può essere riempito della pienezza della vita che è Cristo.
Tutta questa straordinaria esperienza non avviene fuori o contro la Chiesa. Per una ragione che Francesco espone nel modo più semplice e più profondo: «niente in questo mondo io vedo, secondo il corpo, dello stesso altissimo Figlio di Dio, se non il suo santissimo corpo e il suo santissimo sangue». E a causa di questa presenza reale di Cristo che Francesco scrive: «e io voglio temere e amare e onorare loro [: cioè i sacerdoti] e tutti gli altri come miei signori». L’intuizione è centrale per capire la fede cristiana: ministero apostolico ed Eucarestia sono strettamente e necessariamente connessi. Essi sono i sacramenti della presenza di Cristo nella sua Chiesa «e neppure voglio considerare il loro peccato, perché in loro discerno il Figlio di Dio, e sono miei signori». Francesco non è un evaso verso esperienze spiritualistiche. Egli vuole, desidera vedere il Corpo di Cristo: lo vede nell’Eucarestia donata dal ministero sacerdotale.
Carissimi fedeli, guardiamo a Francesco. Egli ci mostra che il valore della nostra vita dipende dal nostro rapporto con la persona di Cristo e che questo rapporto è oggi possibile perché esiste la Chiesa apostolica ed eucaristica.
2. Ma questa celebrazione ha un carattere particolare. È qui presente la nostra Regione emiliano-romagnola, rappresentata a tutti i livelli istituzionali.
Saluto con deferenza il Signor Presidente, on. Vasco Errani, con gli Assessori e Consiglieri; saluto i Presidenti delle Province coi loro Consiglieri e Giunte; saluto i Sindaci tutti, in particolare dei capoluoghi di Provincia. A voi tutti assicuriamo in questo momento così solenne la nostra preghiera ed ancora una volta la nostra collaborazione leale.
Ma la vostra presenza richiama l’attenzione sul fatto che Francesco e la grande corrente di cui è stato la sorgente, ha anche una forte rilevanza civile. La storia della nostra Regione lo dimostra incontrovertibilmente. Stupende opere d’arti, grandi laboratori culturali, soprattutto la capillare presenza dei figli di Francesco in mezzo al nostro popolo testimoniano che l’ispirazione francescana è stata uno dei fattori che hanno plasmato l’identità della nostra comunità regionale.
Se il riconoscimento di questo dato è semplicemente richiesto dalla nostra obiettività storica, esso deve soprattutto ispirare il nostro futuro: che cosa oggi Francesco ha da dire a noi Regione Emilia-Romagna? Egli ha fatto sì che il mistero centrale della fede cristiana, l’incarnazione del Verbo, diventasse una realtà vissuta nel e dal popolo, nella sua vita quotidiana: fosse l’orizzonte ultimo entro cui collocare il proprio vivere.
Qual è l’orizzonte ultimo entro cui oggi vive il nostro popolo? Quale è il suo senso di orientamento? È solamente l’orizzonte di un benessere materiale? Stiamo custodendo tutta la consistenza, tutta l’identità del nostro popolo, che anche dal francescanesimo ha attinto quei caratteri di ricca umanità, di fattiva solidarietà e di indefessa laboriosità che lo hanno fatto grande nei secoli? Quale eredità, quali beni stiamo trasmettendo alle giovani generazioni?
La risposta a queste domande è affidata a ciascuno di noi secondo contenuti, responsabilità e competenze istituzionalmente propri. Ciò che tutti e ciascuno dovremmo evitare è di rinunciare a dare risposte sulla base di una male intesa tolleranza che porta a perdere la memoria di sé. Ed un popolo senza memoria non ha futuro.
Ma noi, Regione Emilia-Romagna, quest’oggi in questo luogo portiamo alla tomba di Francesco in un certo senso l’intera nazione italiana, qui presente nell’on. P.F. Casini, Presidente della Camera dei Deputati e che rispettosamente saluto.
Che il Signore per l’intercessione di Francesco voglia donare ad essa la forza di una speranza vera. Così sia.
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