Continua l'offensiva rosso-verde

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Sorprendente Ddl sui cappellani militari

 

di Marco Tarquinio

Dovrebbe prendere avvio oggi a Palazzo Madama, in sede di Commissione, l’iter parlamentare di una proposta di legge che, per contenuti e obiettivi, induce a serissima perplessità. E’ stata fatta propria dall’intero gruppo rossoverde (quello composto dai senatori dei Comunisti italiani e del Sole che ride) e mira, in estrema sintesi, al netto di citazioni accattivanti e di voli pindarici, a metter fuori dalle caserme i cappellani militari cattolici.

Il verbo è "smilitarizzare" e alle orecchie di qualcuno potrà suonare anche bene, addirittura benissimo. Ma non sempre quel che suona bene è anche buono in sé. E questo è, precisamente, ciò che caratterizza il caso di cui ci stiamo occupando.

Forse non tutti sanno che tra le varie "intese" che continuano a dare efficace attuazione al principio concordatario di collaborazione tra Stato e Chiesa ce n’è una ancora da definire e relativa, appunto, all’assistenza spirituale prestata dai cappellani cattolici alle nostre Forze armate. Tutti però possono rendersi conto di quanto strampalata sia l’idea che il primo passo per "ripensare" una casa ben strutturata, tutt’altro che cadente e felicemente abitata, sia quello di raderla semplicemente al suolo. Questo, prima di tutto, viene da pensare al cospetto dell’iniziativa parlamentare assunta dal gruppo rossoverde. I cui rappresentanti utilizzano, a più riprese, la parola e il sentimento della pace per motivare il tentato colpo di maglio contro la figura stessa dei cappellani militari, ma dimenticano di ricordare che un esercito di pace – costituzionalmente difensivo – come quello italiano è una struttura di persone che nessuno (e tantomeno un legislatore) dovrebbe consentirsi di etichettare come radicalmente altra rispetto al messaggio cristiano e alla presenza pastorale attiva di sacerdoti della Chiesa cattolica.

Del resto, e questo è un secondo e cruciale punto, l’esperienza accumulata in tutta la tormentata seconda metà del Novecento e in questo teso avvio del nuovo secolo p roclama la straordinaria importanza del ruolo svolto dai cappellani militari tra gli uomini e le donne in divisa impegnati nelle tante missioni di stabilizzazione e di pace che sono state svolte e tutt’ora vengono sviluppate, con umanità e onore, nelle situazioni più delicate e difficili. Può sembrare retorico, ma è la realtà: dai Balcani all’Africa, dal Medio Oriente all’Afghanistan, chi dice "missione italiana" pensa e parla di soldati al servizio dei popoli e della loro speranza, obbedienti alle leggi della Repubblica e alle indicazioni delle Nazioni Unite, espressione di una cultura fondata sul rispetto della persona umana – esso sì – "senza se e senza ma". E questi militari, questi uomini e donne in divisa, sono i primi a testimoniare dell’imprescindibile e preziosa opera svolta tra loro e con loro dai cappellani.

Già, "con loro". E questo è un terzo e decisivo punto, terribilmente sottovalutato nel testo messo a punto dai senatori rossoverdi e, in genere, da quanti polemizzano astrattamente con la presenza di "sacerdoti con le stellette". Chi conosce almeno un po’ il mondo militare e le sue regole, sa che per risultare efficaci al suo interno bisogna esserci. E, da anni e anni, i cappellani militari vivono con efficacia la loro missione pastorale e umana tra i soldati – dimostrando, con Sant’Agostino, che l’autorità e il "grado" coincidono con impegnativi doveri di servizio – proprio perché non sono e non appaiono come un "corpo estraneo". Non sono, insomma, una Chiesa lontana e fuori dalla caserma e dai teatri d’impegno, ma come don Gnocchi coi "suoi" alpini una Chiesa che è, e si fa, anche tra quelle mura e in quelle situazioni. E’ una realtà che non merita di essere attaccata, che non può e non deve essere dispersa. A partire dalla quale Stato e Chiesa – ne siamo certi – sapranno ancora e sempre collaborare e intendersi.

(C) Avvenire, 19-7-2007