Coggi O.P., Dialogo sull’Eucarestia

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Padre Roberto Coggi O.P., Dialogo sull’Eucarestia. Incontrare, conoscere, amare Gesù Pane della vita, Editore Studio Domenicano Edizioni, Bologna 1997, Pp. 144, Euro 9.30, ISBN 88-7094-291-0,
http://www.esd-domenicani.it/

Esistono ancora i figli di san Domenico?
Almeno uno ne è rimasto, speriamo che non sia come «l’ultimo dei mohicani».
Padre Roberto Coggi edifica tutti i giorni la Chiesa che è in Bologna con la sua vita da religioso, i suoi studenti all’università con il suo tomismo incontaminato e gli ascoltatori di Radio Maria dal 1993. Le lezioni del «Corso per catechisti», che mensilmente tiene la domenica alle ore 18, sono luce per l’intelligenza della fede e gaudio per i cuori fedeli al Papa. Quale libro può, pertanto, essere di più indicato di quello che presentiamo in questo periodo in cui si svolge il Sinodo sull’Eucarestia sotto la guida di Sua Santità Benedetto XVI?
Come laici, di fronte alla profondità del mistero dell’Eucaristia, possiamo essere tentati di rinunciare in partenza a qualsiasi tentativo di comprensione. Tuttavia, così rischieremmo di non comprendere la grandezza del dono di Gesù. Il libro, usando la forma del dialogo, intende accompagnare il lettore nella conoscenza del mistero eucaristico, ben fondato sul catechismo della Chiesa Cattolica e grazie all’aiuto di San Tommaso. Come chi lo ha ascoltato alla Radio ben sa, l’«ultimo dei domenicani», oltre all’aspetto dottrinale, da’ grandissima cura all’aspetto spirituale, in modo da aiutare i fedeli a partecipare più consapevolmente alla Messa e alla Comunione.
Ma lasciamo ora la parola a padre Coggi stesso.
Fr. Luigi Maria G.d.F.
La presenza reale nell’Eucarestia
L’Eucarestia, come gli altri sacramenti, consiste in un segno esterno che indica e produce una realtà interiore. Il segno esterno, nel caso dell’Eucarestia, si ha nelle parole: Questo è il mio corpo, dato per voi e questo è il mio sangue, versato per voi, pronunciate dal sacerdote rispettivamente sul pane e sul vino. La realtà interiore è quella stessa che le parole significano: il corpo del Signore dato in sacrificio e il sangue sparso in remissione dei peccati.

Come si vede, il mistero eucaristico, nella sua semplicità, racchiude realtà profonde e sublimi. Innanzitutto vi è il fatto della reale presenza del corpo e del sangue del Signore. Vi è poi l’aspetto sacrificale, perché il corpo e il sangue del Signore sono presenti come “offerti” in sacrificio. Infine vi è l’aspetto del nutrimento spirituale, perché il corpo e il sangue vengono dati come cibo: Prendete e mangiate prendete e bevete. Di questi tre aspetti: presenza reale, sacrificio, nutrimento spirituale prenderemo in considerazione in questo articolo soltanto il primo, riservandoci (eventualmente… N.d.R.) di tornare in seguito sugli altri due.

Il dato biblico

Se esaminiamo la Scrittura vediamo come il mistero della presenza reale appaia in maniera netta ed inequivocabile, purché si prendano i testi per quello che sono, senza volerli diminuire o alterare.

Le parole di Gesù sono molto esplicite: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Esse indicano che quelle realtà che Gesù tiene fra le mani e offre agli apostoli in cibo e bevanda sono il suo corpo ed il suo sangue. Nulla di più e nulla di meno. Non si vede quale altro senso si possa trovare a meno di non ripiegare su interpretazioni arbitrarie e riduttive. Si potrebbe dire (e i Testimoni di Geova insistono sempre su questa obiezione) che Gesù aveva anche detto: Io sono la vite (Gv 15,1), ma nessuno prende alla lettera queste sue parole. E’ vero, ma in quest’ultimo caso il valore simbolico è chiaro e inequivocabile, mentre non si vede con altrettanta chiarezza ed immediatezza quale sia il valore simbolico delle parole: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Si aggiunga che l’affermazione di Gesù va letta alla luce della sua promessa fatta tempo prima a Cafarnao, quando Egli, scandalizzando i suoi uditori i quali prendevano giustamente alla lettera il suo discorso, aveva detto e ripetuto: “Il pane che io vi darò è la mia carne per la vita del mondo… La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Gv 6,51.54).

La testimonianza della Tradizione.

La Chiesa ha sempre interpretato alla lettera le parole di Gesù sull’Eucarestia. Le testimonianze in questo senso sono innumerevoli e non è certo possibile elencarle in questa sede. Ne riportiamo soltanto alcune fra le più significative.

Fra le testimonianze più antiche va ricordata quella di S.Ignazio di Antiochia il quale afferma: “L’Eucarestia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il padre nella sua benignità ha resuscitato” (Ad Smyrn. 7,1). S.Giovanni Crisostomo, fra l’altro scrive: “Quanti adesso dicono: Vorrei vedere il suo volto, la sua persona, le sue vesti, le sue calzature! Ma nell’Eucarestia è lui stesso che tu vedi, lui stesso che tu tocchi, lui stesso che tu mangi!” (De Poen. hom. 9,1). Anche S.Ambrogio si esprime con grande chiarezza: “Questo che noi realizziamo (conficimus) è il corpo nato dalla Vergine… E’ veramente la carne di Cristo che è stata crocifissa, che è stata sepolta: è veramente dunque il sacramento della sua carne” (De mist., 9,53).

L’insegnamento del Magistero ecclesiastico.

Molte volte il magistero ecclesiastico è intervenuto per affermare e ribadire la verità di fede della presenza reale del Signore nella Eucarestia. In particolare il Concilio di Trento, che si trovava di fronte alle negazioni dei protestanti, espone con ampiezza e precisione la dottrina cattolica: “Apertamente e semplicemente affermiamo che nel sacramento della Santissima Eucarestia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente sotto l’apparenza di quelle cose sensibili. Pertanto il nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo alla destra del Padre, secondo il modo di esistere naturale, ma insieme anche nel Sacramento dell’Eucarestia secondo un modo di esistere che, sebbene sia inesprimibile per noi a parole, tuttavia con la mente illuminata dalla fede possiamo intendere e dobbiamo fermissimamente credere che è possibile a Dio” (DS 1636).

Sul mistero della presenza reale è tornato qualche anno fa Paolo VI nel Credo del Popolo di Dio. Dopo aver ricordato la dottrina espressa dal Concilio di Trento il Papa conclude: “E’ dunque per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato che essi non possono vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi”.

L’approfondimento teologico di S.Tommaso.

La teologia, come sappiamo, parte dal dato di fede, accettato senza discutere, e lo approfondisce mediante la riflessione razionale. Quale sarà dunque l’atteggiamento del teologo di fronte al mistero della presenza reale? Guardiamo come si è comportato S.Tommaso, il principe e il maestro dei teologi e il cantore insuperato dell’Eucarestia.

Nell’articolo della Somma teologica dedicato alla presenza reale (III, q.75, a.1) S.Tommaso innanzitutto ricorda che la presenza eucaristica non può essere colta dai sensi, ma deve essere accettata soltanto in forza della fede che si basa sulla parola del Signore. E cita S.Cirillo Alessandrino il quale scrive: “Non dubitare se ciò sia o non sia vero, ma piuttosto accogli nella fede la parola del salvatore: essendo egli la Verità, non può mentire”.

Tuttavia S.Tommaso non si limita a ribadire il dato della fede ma, da vero teologo, porta anche degli argomenti razionali di convenienza a favore della presenza reale: porta cioè delle argomentazioni che mostrano come questa verità si accordi mirabilmente con gli altri dati della fede. Non si tratta di provare con la ragione una verità rivelata da Dio, ma solo di indagarne tutta la profondità e la bellezza.

Dice dunque S.Tommaso che conviene alla perfezione del Nuovo Testamento che il Signore sia presente nell’Eucarestia veramente e realmente, e non soltanto simbolicamente. Infatti la differenza fra l’Antico e il Nuovo Testamento sta proprio in questo: che nel primo si avevano solo delle prefigurazioni e degli annunci, nel secondo invece si hanno delle realtà. Ritenere che Cristo sia presente nell’Eucarestia solo simbolicamente significherebbe dunque restare al livello dell’Antico Testamento.

Inoltre, continua S.Tommaso, la presenza reale conviene mirabilmente alla perfezione della carità di Cristo. E’ infatti caratteristica del vero amore di amicizia il voler restare vicini alla persona amata. Ora Gesù, prima di lasciarci per risalire al Cielo, ha voluto trovare il modo di rimanere accanto a noi. Per cui, conclude S.Tommaso, “questo sacramento è il più grande segno della carità e sostegno della nostra speranza, a motivo di una così intima familiarità di Cristo con noi”.

Infine, aggiunge l’Angelico Dottore, è conveniente per la perfezione della nostra fede che in questo sacramento ci rimanga nascosta non solo la divinità, ma anche l’umanità del Signore. In tal modo infatti l’Eucarestia può diventare il mistero della fede per eccellenza, credendo al quale noi dimostriamo nel modo più evidente la nostra totale fiducia nelle parole di Gesù, al di là di quanto possiamo vedere, toccare e gustare con i nostri sensi.

Quest’ultimo richiamo alla fede fa tornare alla mente le calde parole conclusive dell’inno eucaristico Adoro Te devote, parole che possono diventare anche la nostra preghiera:” Gesù, che ora contemplo velato, fa’ che avvenga ciò che tanto desidero: che contemplandoti un giorno a volto scoperto, possa divenire beato nella visione della tua gloria” (Jesu, quem velatum nunc aspicio,/oro fiat illud quod tam sitio:/ ut te revelata cernens facie,/visu sim beatus tuae gloriae).

P. Roberto Coggi o.p.
da: Bollettino di S.Domenico n° 6 del 1985
http://www.sulrosario.org/db.asp?id=81&pag=pag=art_inter&spag=