(Avvenire) Una Parola da sbriciolare in famiglia

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CONVEGNO
La Scrittura strumento ordinario della pastorale? Incontro dell’Apostolato biblico Cei

Una Parola da sbriciolare in famiglia

Da Roma
Andrea A.Galli
Il vescovo Ghidelli: non servono grandi strategie, cominciamo a far entrare il Libro in tutte le case

Può la lettura della Bibbia diventare uno strumento, anzi “lo strumento” della pastorale e della catechesi ordinarie, o è destinata a rimanere una pratica “intimistica”, tutt’al più riservata a gruppi scelti, ad appassionati della formula dellalectio divina?
A questa domanda, al come «costruire una comunità in ascolto della Parola di Dio», è dedicato l’XI convegno nazionale dell’Apostolato biblico Cei, apertosi ieri a Roma alla presenza di alcune tra le voci più coinvolte in questo ambito pastorale, sia di biblisti che di formatori.
Un problema fuori tempo, visti i decennali sforzi del mondo cattolico, soprattutto nel “dopo Concilio” per recuperare un rapporto vivo e diffuso con la Sacra Scrittura?
Per don Rinaldo Fabris, presidente dell’Associazione Biblica Italiana, il tema è quanto mai attuale, poiché «nonostante i progressi notevoli compiuti fino ad oggi, il nodo del rapporto ca techismo/Bibbia non si può ancora dire risolto», e a riguardo «pesa ancora la mancanza di familiarità dei fedeli comuni con il testo sacro, la scarsa alfabetizzazione biblica generale».
Anche per monsignor Carlo Ghidelli, vescovo di Lanciano-Ortona, biblista di lunga e brillante navigazione, il problema è assolutamente centrale: «Se da una parte si registra fra la gente una richiesta crescente di possedere una Bibbia, assieme ad un desiderio velleitario ma sincero di addentrarsi autonomamente nella sua interpretazione, dall’altra non si può non constatare una certa resistenza comunitaria all’approccio scritturistico».
Quali le vie concrete per arrivare ad un cambio sensibile di mentalità? Monsignor Ghidelli ne sottolinea una, particolarmente sottovalutata: «Prima di pensare a grandi strategie, far entrare la Bibbia in famiglia, farla diventare propria del se ntire domestico. Solo con una tale preparazione alla base, pastorale biblica potrà operare un salto di livello».

Necessità di un certo aggiornamento metodologico, quindi, ma che non perda di vista i fondamenti del problema, anzi che parta da essi, come sostiene anche da don Guido Benzi, direttore dell’ufficio catechistico della diocesi di Rimini e membro dell’Associazione Biblica Italiana. Un aggiornamento che cerchi di valorizzare le esperienze positive di tante diocesi italiane, e che, fra le altre cose, sappia tenere lontano il rischio dell’intellettualismo nell’accostamento al testo sacro, o di un avvicinamento ad esso attuato sotto la suggestione di un certo “revival biblico” che si registra esternamene alla Chiesa.

Riguardo al primo rischio, per don Benzi «è necessario non perdere mai di vista come la Bibbia, in quanto voce di Dio che parla al suo popolo, deve essere messa in mano a tutti e non solo a pochi». In riferimento al secondo problema «bisogna ricordare ai fedeli, ma soprattutto ai non cattolici, che l’autentica interpretazione della Sacra scrittura è data solo all’interno di una dimensione di fede. O come diceva Sant’Agostino, che la Scrittura va letta seduti sulle ginocchia di Madre Chiesa».