(Avvenire) Stop ai santi facili

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Cause dei santi, più rigore nella fase diocesana
 Nuova «Istruzione» dalla Congregazione vaticana

 DI GIANNI CARDINALE

S’intitola Sanctorum Mater (Madre dei Santi) la nuova «I­struzione per lo svolgimento delle inchieste diocesane e epar­chiali nelle cause dei santi». Si trat­ta di un documento di 46 pagine pubblicato all’interno del terz’ulti­mo fascicolo del bollettino ufficiale della Santa Sede, gli Acta Apostolicae Sedis, diffuso prima di Natale con la data 1° giugno 2007 (pp. 465-510). L’Istruzione, emanata dalla Congre­gazione delle cause dei santi e fir­mata dal cardinale prefetto José Sa­raiva Martins e dell’arcivescovo se­gretario Michele Di Ruberto, è stata approvata da Benedetto XVI il 22 febbraio 2007 e porta la data del 17 maggio successivo.
  Il documento, pubblicato in lingua italiana, si sviluppa in una Introdu­zione seguita da 150 paragrafi e da un appendice di altri 15 articoli de­dicati alla «Ricognizione canonica delle spoglie mortali di un servo di Dio» (dove tra l’altro si descrivono le procedure da seguire per il trasferi­mento delle reliquie).
  I contenuti dell’Istruzione riflettono quanto auspicato da Benedetto XVI nel suo Messaggio ai partecipanti al­la Sessione plenaria della Congrega­zione che si era tenuta nell’aprile 2006 e che aveva come primo tema all’ordine del giorno proprio un documento che salvaguardasse una fe­dele applicazione delle Normae ser­vandae in inquisitionibus ab Epi­scopis faciendis in Causis Sanctorum (Norme da seguire nell’inchiesta diocesana) emanate nel 1983 dal medesimo dicastero vaticano «al fi­ne di salvaguardare la serietà delle investigazioni che si svolgono nelle inchieste diocesane sulle virtù dei Servi di Dio oppure sui casi di asse­rito martirio o sugli eventuali mira­coli ».
  «Le cause – ribadì nell’occasione Be­nedetto XVI – vanno istruite e stu­diate con somma cura, cercando di­ligentemente la verità storica, attra­verso prove testimoniali e docu­mentali omnino plenae (del tutto complete, ndr), poiché esse non hanno altra finalità che la gloria di Dio e il bene spirituale della Chiesa e di quanti sono alla ricerca della ve­rità e della per­fezione evange­lica. I pastori diocesani, deci­dendo coram Deo (di fronte a Dio, ndr) quali siano le Cause meritevoli di es­sere iniziate, valuteranno anzitutto se i candidati agli onori degli altari godano realmente di una solida e diffusa fama di santità e di miracoli oppure di martirio». «Tale fama – continuava il pontefice – che il Co­dice di Diritto Canonico del 1917 vo­leva che fosse ‘spontanea, non arte aut diligentia procurata, orta ab ho­nestis et gravibus personis, conti­nua, in dies aucta et vigens in prae­senti apud maiorem partem popu­li’ (can. 2050, § 2), è un segno di Dio che indica alla Chiesa coloro che meritano di essere collocati sul candelabro per fare ‘luce a tutti quelli che sono nella casa’ (Mt 5,15)». «È chiaro – concludeva papa Ratzinger – che non si potrà iniziare una Cau­sa di beatificazione e canonizzazio­ne se manca una comprovata fama di santità, anche se ci si trova in pre­senza di persone che si sono distin­te per coerenza evangelica e per par­ticolari benemerenze ecclesiali e so­ciali ».
  Nell’Istruzione le autorevoli indica­zioni pontificie sono state ovvia­mente puntualmente eseguite. Tan­to che il citato canone del Codice pio-benedettino è diventato quasi alla lettera il comma 2 del paragrafo 7: «La fama (di santità o di martirio,
 ndr)
deve essere spontanea e non ar­tificiosamente procurata. Deve es­sere stabile, continua, diffusa tra per­sone degne di fede, vigente in una parte significativa del popolo di Dio». Il documento, diviso in sei parti, de­scrive minuziosamente tutti gli atti che le diocesi devono seguire per i­niziare e portare a termine la fase diocesana del processo di beatifica­zione. Nella prima parte si ricorda, come già visto, la necessità dell’esi­stenza di una autentica fama di san­tità per iniziare il processo e si spie­gano le figure dell’attore, del postu­latore e del vescovo competente del­la causa. Nella seconda parte si de­scrive la fase preliminare della cau­sa che arriva fino alla concessione del Nulla Osta della Congregazione vaticana. Nella terza si parla dell’I­struzione della causa. Nella quarta delle modalità da seguire nella rac­colta delle prove documentali e nel­la quinta di quelle ‘testificali’ (in questa sezione c’è anche un capito­letto dedicato all’«utilizzo del regi­stratore e del computer»). Nella se­sta infine si indicano le procedure per gli atti conclusivi dell’inchiesta diocesana.
  Nell’Introduzione alla Sanctorum Mater si spiega che tra i fini dell’i­struzione, oltre a quello di mettere a punto elementi procedurali riguar­danti le inchieste sui miracoli che negli ultimi vent’anni si sono dimo­strati «problematici nell’applicazio­ne », c’è quello di salvaguardare la «serietà delle inchieste» diocesane in genere. Esigenza che è stata con­fermata dal cardinale Saraiva Mar­tins nell’intervista concessa all’Osservatore romano di ieri lad­dove ha ribadito che nelle cause di beatificazione è «necessario proce­dere con ancor maggiore cautela e con più accuratezza». Intervista che è stata ben sintetizzata nel titolo: «Sarà chiesto più rigore nei proces­si diocesani di canonizzazione».
 S’intitola «Sanctorum Mater» il documento che vuole salvaguardare la serietà delle inchieste nelle Chiese locali