(Avvenire) Pregare per la fine dello scisma

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Lo scisma di Econe(30 agosto 2005)


«Lefebvriani: per gradi verso la comunione»


di Salvatore Mazza

Procedere «per gradi» e «in tempi ragionevoli» per arrivare «alla perfetta comunione». Poche parole per dire davvero molto sull’incontro, avvenuto ieri «in un clima d’amore per la Chiesa», tra Papa Raztinger e monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità scismatica fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre. Parole che, al di là della loro stringatezza, dicono che la ricomposizione del dissidio sfociato nello scisma del giugno del 1988 potrebbe essere davvero vicina.

«Benedetto XVI – ha dichiarato ieri il direttore della Sala Stampa stampa vaticana Joaquin Navarro Valls – ha ricevuto questa mattina nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il superiore generale della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, che ne aveva fatto richiesta. Il Papa era accompagnato dal cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, incaricata di comporre il dissidio con i seguaci di monsignor Lefebvre. L’incontro si è svolto in un clima di amore per la Chiesa e di desiderio di arrivare alla perfetta comunione. Sebbene consapevoli delle difficoltà, si è manifestata la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli». Parole, quelle pronunciate da Navarro Valls, che appaiono improntate all’ottimismo. Lo stesso ottimismo che trapela, del resto, nel comunicato diffuso da Fellay: «L’udienza è stata l’occasione per la Fraternità di manifestare che è sempre stata attaccata e sempre lo sarà alla Santa Sede, Roma Eterna. Abbiamo ricordato le serie difficoltà già note in uno spirito di grande amore per la Chiesa. Abbiamo trovato un consenso sul procedere per tappe nel tentativo di risolvere i problemi.

La Fraternità San Pio X prega affinché il Santo Padre possa trovare la forza di porre fine alla crisi della Chiesa instaurando tutte le cose in Cristo». Ci sarà ovviamente bisogno di tempo per capire dove questi colloqui potranno portare. D’altra parte, si può dire che i contatti tra la Fraternità e la Santa Sede non si siano mai interrotti, neppure al momento della “frattura”, che anzi arrivò proprio quando il dissidio sembrava sanato, con addirittura l’intesa già firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, all’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e dall’arcivescovo francese ribelle. Fu infatti il 6 maggio, all’indomani della firma dell’accordo con il quale Lefebvre riconosceva di dover accettare il Vaticano II e le affermazioni del magistero post-conciliare “secondo l’autorità propria di ciascun documento”, che il presule annunciò in una lettera al suo interlocutore che «il 30 giugno avrebbe comunque proceduto a una nomina episcopale anche senza il consenso di Roma». E l’allora cardinale Ratzinger, che solo il giorno prima, faccia a faccia con Lefebvre, aveva rivendicato al Papa la decisione circa l’ordinazione episcopale, di fronte al tentativo dell’arcivescovo di “alzare la posta”, non esitò un minuto a sbarrare la strada alla nuova pretesa.

Qualche tempo dopo, in un’intervista, Lefebvre raccontò di aver firmato l’accordo perché «non volevo si dicesse che non stavo ai patti», salvo ripensarci il giorno dopo. È probabile che a ispirare di forzare la mano fosse stata, all’epoca, l’ala più dura della Fraternità, quella stessa che oggi fa capo al vescovo Richard Williamson, uno dei quattro ordinati quel 30 giugno 1988 da Lefebvre. Un contrasto, quello tra “colombe” e “falchi” della Fraternità, che negli ultimi diciassette anni ha sempre finito per condizionare molto pesantemente il dialogo con la Santa Sede.

E ci avrebbero provato anche in occasione dell’incontro di ieri: secondo alcune indiscrezioni, sarebbero stati infatti i duri di Williamson a rivelare, la scorsa settimana l’appuntamento di Fellay con il Papa, che sarebbe dovuto restare “riservato”. Nella speranza di farlo saltare.