Dramma di Rivoli
Non facciamo come Pilato
di Maria Paola Tripoli – Ispettore Ministero Istruzione Università Ricerca
Il dramma di Rivoli che ha coinvolto non solo due giovani adolescenti, ma le
loro famiglie, i compagni di scuola, gli amici e la gente comune, può
costituire l’occasione per un momento di riflessione serena quanto sincera.
Mi si permetta allora da questo giornale di rivolgere all’opinione pubblica,
agli amministratori di Regione, Comune e Provincia, ai nostri legislatori ed
infine a quanti svolgono funzioni educative primarie, genitori, docenti,
educatori, alcune domande.
1. Qual è il compito dei consultori familiari (così si chiamano perché
riguardano tutta la famiglia e non soltanto i singoli membri)? rispetto alla
legge sull’aborto è rilasciare – con flemma notarile – il certificato
previsto dalla legge 194/78 dopo i sette giorni di riflessione o aiutare a
rimuovere le cause per cui viene chiesta l’interruzione di gravidanza come
recita l’art. 2 della stessa legge?
2. Se si tratta di fare i notai perché costringere a passare dal consultorio
familiare quando può bastare u na dichiarazione del ginecologo o del medico
curante?
3. Se il consultorio di Rivoli si è mosso secondo la legge può essere
sottoposto al pubblico ludibrio e ad una condanna plateale solo perché ha
agito in base a quanto prevede la legge?
4. È davvero così criminale chiedere a due adolescenti di coinvolgere i
genitori nella decisione tanto grave di sopprimere un figlio?
5. Quei due ragazzi avevano davvero paura di parlare con i loro genitori?
Temevano il giudizio di questi o quello della gente?
6. Perché in nostri ragazzi sono tanto fragili da crollare davanti ai veri e
seri problemi della vita? Che cosa fanno gli adulti, gli educatori, la
scuola per accompagnarli nel difficile sentiero della vita soprattutto nel
cammino dell’educazione morale che è educazione alla responsabilità anche in
campo sessuale ed affettivo?
7. Perché si parla esclusivamente di due protagonisti e non del terzo,
proprio quello che ha causato in modo innocente e silenzioso la tragedia?
Quel bambino sgorgato non da violenza bensì da un atto di amore forse un po’
sprovveduto, ma che ha la freschezza e/o l’incoscienza della spontaneità,
non ha davvero alcun diritto al punto che se avessero abortito tutto andava
liscio e tranquillo?
8. È possibile che si possa considerare normale che un consultorio familiare
certifichi soltanto una volontà di abortire e non aiuti a capire le cause e
a mediare con la famiglia?
9. Possibile che si consideri normale che una ragazza di 15 anni possa «per
legge» nascondere un dramma più grosso di lei ai genitori, che un ragazzo di
17 possa sentirsi così solo da non avere un adulto cui far riferimento per
chiedere un consiglio, per piangere, per confidarsi?
10. Nessun atto commerciale e finanziario può essere fatto da minorenni – se
si tratta di soldi ci vogliono i genitori o un adulto maggiorenne, se si
tratta di vita o di morte bastano i minorenni? Ma vi sembra tutto normale?
11. Che dire allora delle sentenze che obbligano i genitori a mantenere i
figl i che non hanno voglia di lavorare e leggi come la 194/78 che escludono
i genitori da decisioni di valore etico e sociale fondamentali?
12. Infine: la maternità e la paternità sono evento privato o di grande
rilevanza pubblica e sociale come dice la stessa legge sull’aborto
all’art.1?
L’emozione ed il rispetto davanti al dolore di tutti, dei familiari, degli
operatori, di una città dell’hinterland torinese tranquilla e attenta da
sempre ai problemi della vita e dei giovani non ci esimono, anzi ci
impongono, di affrontare con serietà problemi veri e seri.
La legge 194/78 afferma testualmente e solennemente: «L’aborto non può
essere assunto come mezzo di limitazione delle nascite… (art. 1); i
consultori familiari devono poter rimuovere le cause sociali che inducono a
chiedere l’interruzione di gravidanza, anche ricorrendo al volontariato
(art. 2). Solo parole? Quale educazione alla legalità è possibile se le
leggi valgono non per intero ma alcuni articoli sì ed altri no?
Grazie se vorremo aiutarci ad una riflessione comune: anche questo sarà un
modo per ricordare il giovane papà Massimo che lassù adesso potrà guardare
quel cucciolo d’uomo che «è figlio a te» direbbe De Filippo in Filomena
Marturano ed aiutare la giovane mamma Marta.